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Il gusto, non l’argomentazione, guida le nostre scelte scientifiche; il gusto, non l’argomentazione, ci fa compiere determinate mosse all’interno della scienza (il che non vuol dire che le decisioni sulla base del gusto non siano circondate, anzi interamente ricoperte di argomenti, proprio come un gustoso pezzo di carne è talvolta circondato, o interamente ricoperto, di mosche). Non c’è motivo di farsi deprimere da una considerazione del genere. La scienza, dopo tutto, è la nostra creatura, non la sovrana; ergo, dovrebbe essere la schiava dei nostri capricci, e non il tiranno dei nostri desideri.91

Con queste parole Feyerabend conclude la sua Tesi sull’anarchismo. L’anarchismo metodologico che egli sposa non lascia spazio ad altri criteri di scelta tra teorie se non quello del gusto dello scienziato.

Le ragioni che lo spingono a conclusioni così estreme sono sia logiche che storiche. Dal punto di vista logico la moderna crisi del metodo ha posto in luce che non esistono criteri stabili nel tempo per valutare due teorie a confronto. Storicamente si può dimostrare che qualsiasi programma di ricerca in fase regressiva può riprendersi, e rivelarsi come il migliore a disposizione92.

Entrambe le ragioni derivano da una costatazione semplice quanto fondamentale; le teorie sono difficilmente messe a confronto direttamente con i “fatti” o “l’evidenza”. Ciò che conta o non conta come evidenza pertinente, dipende tanto dalla teoria come da altre teorie ausiliare che fanno parte del programma di ricerca. Queste teorie ausiliare possono

91 I. LAKATOS e P. K. FEYERABEND, Sull’orlo Della Scienza. Pro e Contro Il Metodo,

Raffaello Cortina Editore, 1995, p. 169.

92 Esempi ne possono essere l'atomismo, proposto in età antica e rivelatosi progressivo in epoca

funzionare come premesse addizionali per derivare asserti controllabili, e possono anche contaminare il linguaggio osservativo stesso. Gli assunti teorici dai quali partiamo dunque funzionano sia da premesse che da criteri per valutare e costruire le nostre osservazioni93.

L’attività di interrelazione tra diverse teorie è d’altra parte essenziale per la crescita della conoscenza, in quanto le teorie poste in competizione tra di loro tenteranno di guadagnarsi un posto nel panorama scientifico, andando alla ricerca di prove per auto-confermarsi. Il confronto tra teorie rivali non può però avvenire sul piano osservativo, come abbiamo visto infatti teorie diverse non utilizzano il medesimo linguaggio osservativo. Restano dunque per Feyerabend solo i giudizi estetici, giudizi di gusto e i nostri desideri soggettivi. Questioni di gusto però che non devono sfuggire il dibattito razionale, analizzando, confrontando e discutendo sulle teorie proprio come accade per le poesie.

Se come abbiamo visto il giudizio soggettivo sul bello gioca un ruolo all’interno della ricerca nel continuo scontro tra teorie rivali, esso detiene anche una posizione significativa come stimolo per lo scienziato nell’indagare la natura e nel riconoscerne le sue leggi.

[…] se l’estetica dello scienziato risulta coincidere con quella della natura, essa gioca un ruolo nello sviluppo della scienza.94

Prima della rivoluzione scientifica e della divisioni dell’anima umana in tre grandi branche distinte, ovvero quelle dell’etica, dell’estetica e

conoscenza 95 , l’armonia era un fatto aritmetico. Tutti i musicisti

93 P. FEYERABEND, Consolazioni per lo specialista, in I. LAKATOS e A. MUSGRAVE (a cura

di), Critica e Crescita Della Conoscenza (Feltrinelli, 1976), p. 284.

94 T. S. KUHN, La tensione essenziale, p. 379. 95

conoscevano bene la matematica e tutti i matematici conoscevano l’armonica. La relazione profonda tra musica e matematica è durata millenni, dai Pitagorici all’alba della Rivoluzione Scientifica. L’armonia musicale era dovuta a consonanze fra suoni esprimibili come rapporti tra numeri interi piccoli eseguiti su una corda di lunghezza variabile: 1:2 per l’ottava, 2:3 per la quinta, 3:4 per la quarta ecc. in questa concezione dell’armonia non c’era spazio per il gusto personale, che era considerato semmai dovuto a problemi di ignoranza o peculiarità percettive. Dal Settecento in avanti la “bellezza” musicale si staccò dall’oggettività per trovare la sua dimora nell’espressione.

Anche nei nostri giorni è riconosciuto dai matematici stessi che essi mirano sempre a rispondere ai problemi posti, anche da altre discipline, in maniera

matematicamente bella96. Citando il matematico Boffi:

Il matematico ascolta le melodie, cioè i fenomeni esibiti in specifici contesti osservabili, ma poi costruisce nel mondo della matematica melodie non ascoltate che trascendono i confini del particolare.97

Secondo Boffi se possiamo definire la logica come la grammatica della matematica, il senso estetico ne è allora la sua guida. L’eleganza matematica può essere vista come adeguatamente generale, e che utilizza tutto e solo quello che occorre. Un esempio di eleganza matematica è sicuramente dato dall’equazione

P. BARROTTA (a cura di), Scienza e Valori. Il Bello, Il Buono, Il Vero, Armando editore, Roma 2014.

96 G. BOFFI, La matematica è vera, bella e buona, in P. BARROTTA (a cura di), Scienza e Valori.

Il Bello, Il Buono, Il Vero

97

eiπ+1=098

In questa equazione cinque dei numeri più importanti di tutta la matematica sono legati insieme da una relazione di stupefacente semplicità.

Studi di neuroscienze recenti hanno confrontato il responso fisiologico del cervello di individui posti di fronte al bello matematico o al bello artistico. Da ciò è emerso che lo stimolo celebrale causato dal vedere una formula matematica bella è lo stesso di quello ricevuto in risposta ad un’opera d’arte bella. Il bello matematico produce dunque una stessa risposta fisiologica al bello artistico, a differenza però del bello artistico non può essere colto da tutti in quanto la formula per essere apprezzata necessita di essere capita. Questo apre l’orizzonte ad un interessante dibattito tra la correlazione tra conoscenza e bellezza, se tutto ciò che genera in noi una certa conoscenza debba essere ritenuto anche bello. Zeke conclude il suo studio citando Dirac, e chiedendosi se la bellezza sia indice di una verità in natura99.

Per quanto riguarda la fisica è ormai appurato che essa non trova il vero, ma vi si avvicina. Secondo Dirac le soluzioni dei problemi posti dalla fisica vanno ricercate nelle equazioni matematiche belle.

It was very mysterious, but because of its mathematical beauty one felt that there must be some deep connection between the waves and the particles illustrated by this mathematics100

Dirac sulle scoperte di De Broglie, ringraziando per essere stato eletto vincitore del primo premio Oppenheimer.

98

La celebre formula di Eulero.

99 S. ZEKI-J. P. ROMAYA- D. M. T. BENINCASA-M. F. ATIYAH, The Experience of

Mathematical Beauty and Its Neural Correlates, in «Frontiers in Human Neuroscience», VIII

(2014).

100

La scienza naturale non descrive semplicemente la natura; la descrive in rapporto ai sistemi usati da noi per interrogarla. È qualcosa, questo, cui Descartes poteva non aver pensato, ma che rende impossibile una netta separazione fra il mondo e l’Io.101

Inoltre per citare il grande fisico Richard Feynman :

You can recognize truth by its beauty and simplicity. When you get it right, it is obvious that it is right – at least if you have any experience – because usually what happens is that more comes out than goes in.102

Un’ altro esempio riguardante il passato è quello dell’astronomia rinascimentale. È stato più volte sostenuto che gli astronomi antichi e medievali erano vincolati dalla perfezione estetica della circonferenza, e che quindi era richiesta la nuova percezione spaziale del Rinascimento prima che l’ellisse potesse giocare un ruolo nella scienza. La visione pitagorica di Keplero delle armonie matematiche della natura fu strumentale per la sua scoperta che le orbite ellittiche si accordavano con la natura. Anche in questo caso era richiesto un certo grado di simmetria per poter attribuire l’orbita al moto dei pianeti. L’estetica dunque sia in matematica che in fisica può spesso rilevarsi uno strumento utile per la soluzione dei rompicapo.

Chandrasekhar103, importante astrofisico, distingue la scienza in due rami principali, ovvero la scienza pura e quella applicata, e la prima a sua volta

101

W. HEISENBERG, Physics and Philosophy. The revolution in modern science, George Allen & Unwin Ltd, Great Britain 1959 (trad. it. di G. Gignoli, Fisica e Filosofia, Il saggiatore, Milano 2003, p. 162).

102 R. FEYNMAN e D. FREEMAN, The pleasure of finding things out, 1981, p.240. 103

in scienza di base e scienza derivata. I valori scientifici vanno ricercati nella scienza di base, la quale cerca di analizzare la costituzione ultima della materia e i concetti basilari dello spazio e del tempo. Un esempio di una grande scoperta nella scienza di base è quello dell’esperimento di Rutherford sulle particelle α, che portò al modello nucleare dell’atomo. Un altro esempio è la sopra citata scoperta astronomica di Keplero.

Scopo dello scienziato è quello di estendere e riconoscere le uniformità della natura, o facendo nuove scoperte fondamentali nella scienza di base, o

applicando quelle già note al numero maggiore possibili di fenomeni104.

Le motivazioni che guidano lo scienziato, soprattutto quello dedicato alla ricerca di base, possono essere ricercate nei criteri estetici, come le percezioni di ordine e modello, di forma e sostanza. Secondo Chandrasekhar non è infatti possibile distinguere del tutto l’attività dello scienziato da quella dell’artista, perlomeno nei loro modelli di creatività. Egli arriva a questa conclusione confrontando le opere di Shakespeare, Newton e Beethoven; in queste nota come differenza principale il fatto che le opere artistiche di Shakespeare e Beethoven subiscono un sostanziale miglioramento durante il periodo di attività, al punto che Beethoven afferma dopo i 40 anni e decine di produzioni musicali di saper finalmente come comporre. Dal altro canto Newton raggiunge le sue scoperte più importanti ancora ventenne, anche se li pubblicherà solo più tardi, e dopo i 40 anni smetterà del tutto di dedicarsi alla matematica e alle scienze naturali. Questa pare essere una regola generale per le produzioni artistiche e

104 Un interessante esempio di questa ricerca di uniformità può essere la corrispondenza tra il

“moto browniano” e i moti di ammassi stellari. Lo studio del botanico scozzese Robert Brown del 1827 riguardava il moto di piccole particelle, nel suo caso polline, sospese in acqua. Brown notò che le particelle anziché affondare entravano in uno stato di perpetua agitazione, oggi sappiamo che ciò è dovuto alla collisione delle particelle con le molecole del liquido in cui sono immerse, l'effetto cumulativo delle quali diviene apprezzabile. Ebbene gli stessi metodi usati per studiare il moto browniano si possono applicare allo studio dei moti stellare in un ammasso come le Pleadi.

scientifiche, ovvero che le prime subiscono una maturazione e miglioramento con la crescita dell’esperienza dell’artista, mentre per le seconde è vero semmai il contrario, e solitamente le migliori scoperte di uno scienziato sono raggiunte in giovane età.

La vera somiglianza tra chi pratica le arti e chi pratica le scienza sta nel fatto che in entrambe si ricerca un’elusiva qualità: la bellezza. La difficoltà di definire la bellezza è un tema noto sia in scienza che in arte, tuttavia Chandrasekhar si accontenta della definizione di Heisenberg presa dall’antichità, ovvero come conformità delle parti tra di loro, e con il tutto; questo lo ritiene essere valido per entrambe le produzioni dell’uomo, in accordo con i suoi esempi scientifici e artistici.

Sappiamo che lo cose non sono così semplici, che la definizione del bello cambia nel tempo, così come i valori perseguiti dagli scienziati. Tuttavia credo che la bellezza giochi un ruolo importante nella mente degli scienziati, e che lo studio dei suoi canoni in relazione a quelli di verità sia un campo meritevole di essere studiato, poiché la bellezza è ciò a cui la mente umana risponde nei suoi recessi più profondi e segreti105.

Che sia essa un modo di percepire della nostra mente quando trova una corrispondenza tra le sue leggi e quelle della natura, o che sia condizione necessaria del creare umano quella di rispondere a criteri estetici, e dunque riguardi anche i modelli e le metafore scientifiche da confrontare con l’esperimento; valori estetici e ricerca della verità non sembrano più così tanto distanti.

105

Capitolo 4,

Il modello atomico di Rutherford, un caso storico

Nel prossimo capitolo tenteremo di dimostrare quanto sostenuto teoricamente, circa il ruolo delle metafore all’interno della scienza, in un caso storico.

Come caso abbiamo scelto l’indagine della struttura atomica ad opera di Ernest Rutherford, ed in particolare la sua formulazione del modello a sistema solare in seguito alle esperienze di Geiger e Marsden.

La scelta è ricaduta su questo esempio poiché capace di evidenziare lo stretto rapporto tra metafore e modelli nella scienza. Il modello a sistema solare evidenzia quelle caratteristiche proprie di una metafora interattiva, tanto più significativa quanto maggiormente distanti i fenomeni messi a confronto.

Inoltre lo sviluppo delle ricerche e delle tecnologie in grado di sondare la struttura atomica hanno mostrato con il tempo che il modello era essenzialmente scorretto. Questo fatto dovrebbe farci interrogare sui motivi grazie ai quali il modello è riuscito ad avere un così grande successo, soprattutto una volta appurato che il riscontro empirico che forniva non era sufficientemente ampio neanche all’epoca in cui fu formulato.

Metafore, valori estetici e retorica possono dunque aver giocato la loro parte ed è ciò che tenteremo di indagare in questo capitolo.

Experiment, directed by the disciplined imagination either of an individual, or still better, of a group of individuals of varied mental outlook, is able to achieve results which far transcend the imagination alone of the greatest natural philosopher. Experiment without imagination, or imagination without recourse to experiment, can accomplish little, but, for effective progress, a happy blend of these two powers is necessary. The unknown appears as a dense mist before the eyes of men. In penetrating this obscurity we can not invoke the aid of supermen, but must depend on the combined efforts of a number of adequately trained ordinary men of scientific imagination.106

106 Ernest Rutherford, The Electrical Structure of Matter , in «Science, New Series», LIIX (1923),