Per delineare il ruolo che le metafore hanno nella ricerca scientifica, siamo partiti dal riscontro di alcuni casi storici che hanno mostrato come le metafore e le analogie siano importanti in diversi campi di studio. Per citarne alcuni, abbiamo visto come la metafora tra computer ed
apprendimento sia molto utile in psicologia cognitiva107, oppure come
l’analogia tra l’albero della vita e l’evoluzione delle specie sia stata fondamentale in biologia.
Questi esempi hanno mostrato che la metafora ricopre un ruolo molto più importante rispetto al piano solamente esegetico e pedagogico che saremmo tentati a riconoscere loro ad una prima analisi. Volendo esemplificare questa erronea interpretazione della metafora nella scienza, abbiamo esposto le concezioni epistemologiche della filosofia Neopositivista. L’estremo empirismo108, di cui i Neopositivisti si fecero paladini, non riesce a riconoscere alcun ruolo alla metafora se non puramente soggettivo per il ricercatore, come stimolo per indagare nuovi fenomeni, e perciò non analizzabile con strumenti logici od epistemologici.
A questo proposito fu creata la distinzione netta tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione109, il primo riguardante la psicologia dello scienziato o del gruppo di scienziati, dunque non analizzabile secondo i Neopositivisti- se non appunto come psicologia singola o di gruppo-, il secondo invece, riguardante la costruzione logica delle teorie e delle ipotesi,
107 R. BOYD e T. S. KUHN, op. cit.
108 H. REICHENBACH, L’analisi Filosofica Della Conoscenza Scientifica. 109
oggetto di studio proprio di filosofi ed epistemologi.
La filosofia Neopositivista riteneva che tutta la conoscenza fosse da riportare al dato empirico, e le teorie ne erano solo delle generalizzazione effettuate con l’ausilio della matematica, cioè delle trasformazioni puramente tautologiche. Il dubbio, che ha messo in crisi questo modello di conoscenza, è nato una volta scoperta l’impossibilità che un fenomeno diventi dato senza alcuna teoria in cui poterlo inserire. Gli infiniti modi in cui un fenomeno può essere letto infatti lo rendono indefinibile, almeno fin tanto che non sia inserito in un qualche tipo di schema.
È proprio per questa ragione che le metafore e le analogie hanno avuto un ruolo nella scienza più importante di quanto i Neopositivisti si aspettassero; nelle fasi in cui una teoria non è ancora del tutto formata, o non esiste una teoria generale di riferimento, spesso vengono accostati fenomeni più noti a quello indagato. In questo modo se ne possono ricavare differenze, analogie, costanti e leggi che di volta in volta vengono corroborate o abbandonate. In questo senso Boyd ha sostenuto l’importanza delle metafore per dare un riferimento non definitorio, ed inoltre ha riconosciuto il loro ruolo nell’ampliare il dominio delle teorie.
Le metafore che hanno valenza epistemica sono di natura particolare. Se le metafore letterarie prediligono grandi salti di significato per aumentare il senso poetico del risultato che se ne ottiene, quelle epistemiche mirano ad essere esplicitate in ogni loro aspetto.
Tuttavia non si può ritenere una metafora fondata sulle sole somiglianze che esistono tra i due fenomeni messi a confronto, come sottolineato da
Black110, le metafore che hanno rilevanza epistemica aprono uno spazio di
interazione, nel quale le somiglianze e le analogie vengono create piuttosto
110
che presupposte.
Il focus attraverso il quale guardiamo un fenomeno, modifica di fatto l’oggetto osservato e ci spinge a notare caratteristiche che altrimenti resterebbero latenti. Le caratteristiche comuni e quelle divergenti non vengono presupposte, ma indagate costantemente in un continuo confronto, attraverso il quale alla fine del processo sia il focus che il frame saranno cambiati. Quest’apertura induttiva sviluppa la ricerca, anche quando non esiste ancora una teoria complessivamente accettata in grado di fissare il riferimento dei termini teorici.
La metafora svolge inoltre un altro ruolo importante all’interno della scienza, ovvero la formazione di modelli. Il modello è un insieme di leggi o teorie il cui dominio è diverso rispetto a quello della teoria che stiamo sviluppando; fu Black il primo a notare che il modello nella scienza adempie allo stesso ruolo che ha la metafora in letteratura. Il modello infatti non è altro che una lente attraverso la quale guardiamo il fenomeno, permettendoci di coglierne aspetti che altrimenti non saremmo stati in grado di rilevare. Agendo dunque come una metafora di interazione, il modello all’interno della teoria ci guida nella scelta di strutture formali, interpreta i termini teorici, connette la teoria ai dati sperimentali e la estende a nuovi osservabili. Fondamentale a questo scopo è considerare come modello non solo le caratteristiche comuni tra i due fenomeni o strutture, ma anche quelle dove divergono; in questo modo infatti si apre quello spazio di interazione che in letteratura genera significati, mentre nella scienza permette alla ricerca di progredire.
Dunque i modelli sono parti integranti delle teorie111, e per essere validi
111
devono possedere proprietà fisicamente simili alle proprietà degli oggetti che vogliono descrivere. In questo modo lo scienziato può compiere inferenze analogiche a partire dal modello, cioè può avanzare delle ipotesi sul fenomeno osservato da confrontare poi con i dati forniti dagli esperimenti.
Le teorie così formulate possono essere viste come ridescrizioni metaforiche del dominio dell’explanandum, il cui scopo è quello di raggiungere una metafora perfetta ovvero una metafora nella quale dominio dell’explicandum e dominio dell’explanandum coincidano. Anche se questo si rivela in molti casi impossibile, rappresenta nondimeno l’ideale verso cui la scienza tende.
Abbiamo infine visto come nella scelta tra modelli differenti giochino un ruolo importante anche i valori estetici. I valori oggettivi indicati da Kuhn112 da soli non sono sufficienti a determinare scelte univoche, anzi spesso si trovano valori in contrasto tra di loro. In questo caso lo scienziato può avvalersi di criteri soggettivi di scelta, e spesso si affida al proprio gusto.
Come esempi principali abbiamo preso la simmetria e la bellezza, mostrando come valori estetici, ritenuti soggettivi, in realtà svolgano un compito importante sia nella formulazione delle teorie che nel dibattito scientifico che si crea ogni qual volta esistono teorie rivali113.
Nello specifico abbiamo visto come la simmetria sia fondamentale per determinare le leggi naturali in tutte le scienze, in accordo con la definizione moderna di simmetria: ovvero come invarianza rispetto a
112 T. S. KUHN, La Tensione Essenziale. 113
determinate trasformazioni114, dunque come operazione che genera costanti. La simmetria inoltre è spesso un fattore determinante per fornire il modello adatto da utilizzare. Nel formulare modelli infatti spesso uno dei criteri principali da dover tenere in conto è che il modello ed il fenomeno studiato presentino la stessa simmetria.
La bellezza agisce anch’essa su due piani principali all’interno della scienza: da una parte stimola lo scienziato alla ricerca del vero115, poiché la spinta alla ricerca del vero in natura spesso viene da una pulsione estetica, di ricerca di uniformità nella natura e nella nostra relazione con essa; dall’altro lato i criteri estetici svolgono un ruolo nella retorica della scienza116, nel dibattito tra teorie rivali che la crisi del metodo non rende più risolvibile sul solo piano empirico.
Nel paragrafo successivo tenteremo di verificare quanto abbiamo sostenuto teoricamente circa il ruolo delle metafore e dei valori estetici nella scienza. Per far ciò utilizzeremo le ricostruzioni storiche del processo scientifico che ha portato alla formulazione del modello atomico di Rutherford.
114 E. AGAZZI (a cura di), La Simmetria. 115 S. CHANDRASEKHAR, Verità e Bellezza. 116