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Massime, norme e valori giocano un ruolo in tutte le scelte della vita, e la ricerca scientifica non ne fa eccezione. In presenza di contrasti ed equivoci gli scienziati si affidano ai criteri soggettivi, che non funzionano come regole, ma come valori che influenzano la scelta.

Questo processo decisionale permette agli scienziati di essere razionalmente in disaccordo, cosa che sarebbe impossibile se esistesse un algoritmo certo decisionale. La scelta di teorie è simile ad una scelta di gusto, sulla quale però possiamo discuterne le basi. Questo poiché i fatti dipendono dalle teorie con le quali li guardiamo, e il passaggio da una teoria all’altra assomiglia ad una sorta di conversione. Le discussioni tra due sostenitori di diverse teorie sono quindi simili a quelli tra due persone che parlano lingue diverse, dovranno comunicare attraverso traduzioni. In questo modo il confronto può avvenire su risultati tecnici, da valutare in base ai criteri condivisi.

In questa prospettiva può rivelarsi utile anche il valore estetico, utile come strumento, criterio di scelta tra teorie che sono da altri punti di vista confrontabili. Il criterio soggettivo di bellezza gioca un ruolo nella retorica della scienza.

È vero che la rivoluzione scientifica è stata promossa dall’abbandono della scolastica e dell’utilizzo della retorica nell’indagine della natura, a favore di uno studio diretto dei fenomeni. Tuttavia abbiamo visto come sia improprio semplificare eccessivamente questo procedimento di apprendimento dalla natura.

ancora un ruolo fondamentale nella scienza, ed ogni ricercatore che deve presentare la propria ricerca ad un convegno di specialisti ne è ben consapevole. Per la scienza è infatti necessario giustificare come si acquisisca, si trasformi e si diffonda la conoscenza83.

Se le analisi di Feyerabend hanno posto in luce il fatto che il metodo scientifico non può essere univocamente determinato, ma varia con il progredire della storia, diviene necessario trovare un nuovo tipo di giustificazione per la conoscenza; una possibile risposta può essere data dalla retorica della scienza.

Essa è infatti uno strumento di convinzione, e diviene necessaria una volta che si ammetta che gli scienziati debbano andare oltre il puro fatto, verso valori condivisi. In questo modo si possono discutere e valutare le affermazioni cognitive, e la retorica può fornire le regole del gioco per la discussione razionale all’interno della comunità scientifica.

Il tipo di retorica che riteniamo essere utile a questo fine non deve essere intesa come quell’arte dell’ingannare, nascondendo le proprie intenzioni tramite stratagemmi linguistici, quale tal volta viene presentata; bensì come quell’arte utile per evitare una cattiva comunicazione tra gli scienziati e per focalizzare l’attenzione del lettore sugli obbiettivi rilevanti. La persuasione viene ad essere inoltre un passaggio essenziale non solo verso altri membri della comunità scientifica, ma anche tra differenti stadi del pensiero dello stesso scienziato in epoche diverse84.

Infatti coloro che esaminano concezioni nuove devono trovare il modo di sintetizzare le parti dell’argomento complessivo. Guardando gli appunti

83 M. PERA e W. R. SHEA (a cura di), L’arte Della Persuasione Scientifica, Guerrini e associati,

Milano1992.

84 Si veda P. KITCHER, in M. PERA e W. R. SHEA (a cura di), L’arte Della Persuasione

degli scienziati li troviamo pieni di immagini vivide e di ripetute tattiche retoriche. Kitcher porta l’esempio degli appunti di Darwin sull’origine delle specie; nelle pagine iniziali questi appunti sono pieni di ipotesi e di aspettative da dover confermare. Queste ipotesi sono sollevate in un processo di auto-persuasione, rivelando gli aspetti che dovrebbero deporre a favore della sua tesi evoluzionista. In questo processo retorico non è affatto chiaro da subito quali fatti dovrebbero confermare la sua teoria e quali falsificarla, ed è proprio in questo processo retorico interno che Darwin tenta di risolvere questa questione, in una sorta di dialogo interno tra i suoi precedenti io di cui il risultato fu l’Origine delle specie.

Kitcher conclude che se possedessimo un sistema di riferimento perfetto non avremmo bisogno della retorica nella scienza, in quanto tutto sarebbe riconducibile con precisione al dato sensibile, e saremmo in grado di cogliere le giuste conseguenze indipendentemente da come le teorie ci vengono presentate. Dato però che i nostri sistemi cognitivi sono limitati e le conclusioni corrette dipendono sempre dal modo di presentare il materiale scientifico, per chi nella scienza si avventura in territori inesplorati e tenta di avanzare nuove teorie è necessario affidarsi a strumenti retorici come immagini, metafore e forme ben architettate di argomentazione per persuadere il pubblico che ciò che vediamo ha attinenza con le loro teorie.

Seguendo Marcello Pera nel suo ragionamento85, si può tentare di capire meglio il ruolo che può assumere la retorica all’interno della scienza utilizzando la concezione aristotelica di sillogismo scientifico.

Prendendo spunto da Aristotele, Pera tenta di definire le varie tipologie di

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sillogismi scientifici, in particolare sillogismi dimostrativi. Il sillogismo scientifico ideale, per quanto riguarda le scienze empiriche, dovrebbe essere del tipo:

A: Sensazione- Definizione- Dimostrazione- Conoscenza

in cui il primo legame è dato dall’induzione, il secondo è il sillogismo vero e proprio ed il terzo legame è dato dall’uguaglianza.

A questo sillogismo è necessario aggiungerne un altro, che è necessario ogni qual volta non è possibile definire l’essenza di un fenomeno e perciò ne nasce una situazione problematica. In quel caso avremo:

B: Sensazione- Problema- Dialettica- Conoscenza

questo sillogismo dovrebbe essere di ausilio alla prima tipologia, preferibile per la sua certezza dimostrativa86. Il sillogismo di tipo B non mette comunque al bando l’esperienza, l’osservazione può infatti spesso essere utilizzata per confutare una tesi rivale, ed inoltre per la confutazione è necessario esaminare criticamente tutte le obiezioni e le tesi che sono proprie della materia87.

L’epoca moderna tuttavia è stata contrassegnata dall’abbandono delle vecchie concezioni aristoteliche della scienza e della conoscenza, e non è

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Il dibattito sulle due tipologie di sillogismi utilizzati da Aristotele è comunque aperto. Un'altra interpretazione sostiene che il secondo sia da utilizzare in quei domini in cui è impossibile arrivare ad una definizione certa dell'essenza del fenomeno, come confermato dal frequente uso che ne fa Aristotele in fisica e cosmologia. Si veda E. BERTI, Le ragioni di Aristotele, Laterza, Roma-Bari 1989.

87 Purtroppo la Scolastica Medioevale ha spesso indebolito il ruolo dell'esperienza nel sillogismo

di tipo B, fino al punto di ridurre la scienza a dispute verbali o giuramenti dogmatici sulle opinioni di Aristotele.

più auspicabile un totale ritorno agli schemi del passato. Da Bacone, passando poi per Newton e Galilei, si è tentato di fondare la scienza sull’esperimento ed il riscontro empirico, in un dialogo aperto con la natura. In termini schematici quello che è stato proposto può essere visto come:

C: Osservazione- Assioma- Deduzione- Conoscenza

in cui la Matematica sostituisce il sillogismo aristotelico. Questo può essere visto come il sostitutivo Galileiano del sillogismo A. Mentre per il sillogismo B la nuova versione proposta è del tipo:

D: Osservazione- Ipotesi- Deduzione- Conoscenza

Galileo sostiene che questa procedure vale nella fisica e specialmente nella cosmologia, dove non possiamo raggiungere gli assiomi, che devono essere sostituiti da ipotesi da sottoporre al vaglio dell’esperienza.

La critica scientifica e filosofica ha però messo in luce che anche una procedura come quella dell’ultimo tipo non è sufficiente per definire in maniera univoca il procedimento scientifico. Questo poiché le ipotesi che portano ad una medesima conoscenza possono essere molteplici, non definibili in maniera univoca a partire dal dato. Dunque poiché neanche le ipotesi possono essere determinate in maniera univoca e spesso ci troviamo a confrontarci con più teorie rivali, rendendo di fatto indeterminabile quale teoria sia giusta per spiegare un fenomeno, l’ultimo sillogismo proposto al posto di D è :

E: Osservazione- Ipotesi- Metodo- Conoscenza

grado di definire la teoria di riferimento adeguata. In questa ultima tipologia di sillogismo scientifico si nota che il primo legame dei termini può essere logico, nel caso in cui sia induttivo o deduttivo, alogico, quando venga considerato creativo o inventivo. Il secondo invece varia se viene considerato sotto il contesto della scoperta o quello della giustificazione, ma abbiamo già osservato come una separazione tra i due contesti non è necessaria, dunque le regole del metodo sono intese sia come norme per la generazione di ipotesi, sia come norme per la prova di conclusione. In entrambi i casi il metodo è richiesto per assicurare il passaggio dall’esperienza alla conoscenza.

La concezione dialogica vedeva la conoscenza come una partita a due, tra la natura e il soggetto che conosce, mentre la concezione metodologica vede la conoscenza come una lotta a tre. Il metodo è come un giudice in un tribunale- così come lo era la dialettica nel sillogismo B-, nella lotta a tre tra natura, mente che ricerca e mente che discute sulla risposta più adeguata. Dovrebbe condurci alla conoscenza della natura come essa è, indipendentemente dalle nostre opinioni o dai nostri pregiudizi; impersonale ed a priori ci dovrebbe fornire le definizioni universali della scienza.

La dialettica ha bisogno di un uditorio e di opinioni condivise, mentre il metodo le elimina entrambe. La dialettica prova in modo meno cogente, mentre il metodo prova in modo necessario, le sue conclusioni sono infallibilmente valide o invalide, oppure probabili a quel preciso grado stabilito.

Il trionfo del metodo sulla dialettica è stato sicuramente un trionfo

vantaggioso, ma ultimamente anche le sue basi hanno iniziato a tremare88.

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La storia della scienza mostra che essa ha uno spettro di metodi possibili, ciascuno dei quali può essere adeguato ad una certa disciplina per certi scopi e in certi periodi89. D’altra parte i metodi scientifici sono strumenti intellettuali per raggiungere certi fini cognitivi, ed una volta abbandonata l’idea che esiste una “ragione” astorica in grado di indicarci le regole di ricerca, dobbiamo abbandonare la via del a priori per abbracciare un punto di vista storico.

Questo principio di indeterminazione metodologica porta alla difficile questione della scelta tra metodi rivali, ed un aiuto plausibile può essere cercato nella retorica. Infatti la retorica come arte di usare argomenti persuasivi allo scopo di cambiare o rafforzare le opinioni di una comunità scientifica su questioni di valenza cognitiva, può aiutare lo scienziato nel dibattito razionale sulle metodologie da utilizzare. Questo dibattito deve avvenire prima che siano compiuti esperimenti, dopo i quali l’unico linguaggio a parlare deve essere quello logico-matematico. Pera definisce la retorica scientifica come l’arte di usare argomenti persuasivi allo scopo di cambiare o rafforzare opinioni in una comunità scientifica, un argomento persuasivo è un argomento che non è né formalmente stringente né empiricamente obbligante. La retorica è l’insieme di quelle tecniche argomentative di persuasione che lo scienziato usa per raggiungere le proprie conclusioni.

La retorica può dunque svolgere un ruolo nello scegliere uno stile o una linea di ricerca, interpretare una regola, giustificare un punto di partenza, rifiutare ipotesi rivali e attribuire plausibilità a delle ipotesi.

Secondo Pera necessitiamo di una base logica per governare questa discussone, dunque di fattori procedurali e fattori sostantivi, per poterci

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accordare su come debba svolgersi la dialettica scientifica. I fattori sostantivi includono fatti, teorie, valori, assunzioni, luoghi, presunzioni; questi fattori variano in epoche diverse, introducendo un certo relativismo nella scienza. Mentre nei fattori procedurali sono incluse le regole con cui deve essere condotto il dibattito scientifico, ovvero regole di apertura, di conduzione e di chiusura del dibattito.

In questi fattori il valore estetico può giocare un ruolo importante, ed anche se Pera sostiene che la sua retorica della scienza abbia a che fare solo con le tecniche dello scienziato per raggiungere le proprie conclusioni senza alcuno spazio allo stile e al modo in cui le teorie sono presentate, una volta sostenuto che «C’è solo la discussione e la capacità degli interlocutori di

volgere tesi concesse e fattori ammessi a proprio vantaggio»90 mi pare che

sia lecito ammettere che anche lo stile ed il gusto degli scienziati giochi un ruolo in questa discussione; perlomeno nel rendere alcuni argomenti maggiormente comprensibili e preferibili sul piano estetico, preferibili sul piano soggettivo di scelta.

La definizione del bello varia di epoca in epoca, e solitamente è strettamente correlata a ciò che nella natura viene ritenuto valevole di essere indagato. Dunque nella discussione scientifica non sarà raro trovare che bello e vero siano connessi riguardo ad una teoria, e sarà anzi difficile trovare che una teoria ritenuta brutta possa essere presa per vera dalla comunità.

D’altra parte possiamo sostenere con Feyerabend che il fine della scienza dovrebbe essere quello di allietare la vita dell’uomo, renderla più semplice e piacevole, e ciò è possibile in quanto essa è una nostra creatura, non una

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chimera a più teste in grado di divorarci in qualsiasi momento.

A questo proposito si noti inoltre come, rifacendoci alla tesi modellistica, la costruzione dei modelli da parte della comunità scientifica sia un’attività puramente creativa, nella quale il confronto con il dato empirico avviene postumo. Sia la creazione dunque, che la discussione su quale modello sia effettivamente il più adeguato può essere- e di fatto lo è- guidata da valori estetici; tanto nella costruzione che nel dibattito che ne consegue.