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Il ruolo della metafora nella conoscenza porta a due importanti conclusioni sia sul piano normativo che su quello analitico di storia della scienza.

Se da una parte la concezione paradigmatica della scienza si fonda sul superamento della dicotomia linguaggio osservativo/linguaggio teorico, l’aver notato come le metafore e i modelli svolgano un ruolo di primaria importanza all’interno dell’impresa scientifica ci porta al superamento della separazione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione. Infatti in primo luogo lo studio di come funzioni l’analogia e la metafora ad un livello pre-teorico permette di indagare razionalmente parte di quel processo che era stato attribuito al solo intuito del genio da parte della prima tradizione neopositivista, rendendolo inspiegabile logicamente. L’intuito dello scienziato è infatti spesso guidato nelle fasi iniziali da meccanismi metaforici, che tramite le loro lenti, permettono di indagare il fenomeno come se fosse un altro già noto, permettendoci di compiere inferenze analogiche che chiariscano le relazioni causali all’interno del fenomeno studiato56.

In secondo luogo il piano della giustificazione non è così logicamente determinato come si credeva, infatti l’interpretazione dei termini teorici necessita di modelli per poterli collegare agli enunciati osservativi. La relazione tra i termini teorici e gli enunciati osservativi non può dunque essere rigidamente collegata dalla logica deduttiva, ma c’è sempre spazio per quegli slittamenti di significato determinati dalle relazioni metaforiche tra i due. Non esiste dunque una netta separazione tra le congetture iniziali

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che indagano il fenomeno, formando induttivamente una teoria, ed il piano deduttivo formale che dalla teoria fa derivare i fatti da verificare, in quanto entrambi utilizzano gli stessi strumenti concettuali; non è quindi necessario separare il contesto della scoperta da quello della giustificazione.

Un’ulteriore osservazione che vale la pena compiere riguarda il confronto tra teorie rivali. Sappiamo essere i fatti impregnati di teoria, ovvero non esiste un piano osservativo puro da qualsiasi teoria nel quale sia possibile confrontare due teorie rivali. Le lenti della teoria dalle quali guardiamo il fenomeno determinano il mondo nel quale lo interpretiamo, dunque ogni enunciato osservativo sarà sempre dipendente in qualche modo dalla teoria di riferimento, e d’altra parte non è possibile compiere alcuna osservazione senza una teoria in grado di leggere il dato57.

Questo in particolare vale anche per la determinazione dei termini teorici che utilizziamo; ad esempio parlare di massa alla luce della meccanica classica o della teoria della relatività cambia di fatto il riferimento empirico

verso il quale ci stiamo rivolgendo58. La traduzione di un termine teorico da

una teoria all’altra non è sempre possibile, rendendo le due teorie non

confrontabili, incommensurabili59.

Le regole di corrispondenza tra i termini teorici e il dato empirico non sono però date in maniera determinata, ma interpretate tramite modelli che ne rendono la relazione non fissa ma continuo cambiamento. Dunque per analogia sarà possibile confrontare le due teorie rivali, cercando di determinare nella maniera più precisa possibile le relazioni verticali ed orizzontali di analogia positiva o negativa presenti tra le due teorie. Se ad

57 T. S. KUHN, La tensione essenziale.

58 G. GIORELLO, Introduzione Alla Filosofia Della Scienza, Strumenti Bompiani, Milano 1994, p.

388.

59

esempio si volessero confrontare le teorie T1 e T2 si potrebbe determinare per ogni termine teorico x di T1 quale sia l’analogo y in T2 tramite l’analisi

delle relazioni causali presenti all’interno delle teorie, senza preoccuparsi del fatto che i due determini abbiamo riferimenti empirici diversi, in quanto l’estensione metaforica del linguaggio osservativo ne garantisce comunque la fluidità.

Questo ovviamente non può portare ad una traduzione completa del termine teorico da una teoria all’altra, ma non preclude d’altra parte un confronto razionale tra le due, che sarà più forte quanto maggiore saranno le relazioni orizzontali di analogia positiva presenti tra T1 e T2.

Capitolo 3,

Valori estetici e valori epistemici

Abbiamo sostenuto che i modelli e le metafore ricoprono un ruolo primario all’interno della scienza, ciò è stato supportato sia dalle analisi teoriche sulla conoscenza sia dagli esempi storici portati. In particolare le analisi di Hesse sul ruolo dei modelli nella scienza hanno evidenziato che le teorie scientifiche possono essere viste in parallelo alle metafore nella letteratura. Ciò a cui aspira la scienza è un modello perfetto della realtà nel quale il suo riferimento corrisponda perfettamente al dominio dell’explanandum. Questo è un ideale non sempre raggiungibile per la scienza, ma rappresenta un limite verso il quale deve tendere; in contrapposizione con le metafore letterarie, dove spesso si cercano sorprendenti salti di significato per aumentare l’effetto poetico della metafora stessa, nelle metafore -teorie- scientifiche si cerca un’analogia materiale e teorica tra modello e fenomeno, ed il più possibile esplicitata.

Il progresso scientifico sarà costituito dall’inter-relazione tra modello e realtà, come tra i diversi significati di focus e frame nelle metafore interattive. A questo punto, visto il carattere creativo del modello da accostare alla realtà, che deve possedere delle analogie con il fenomeno studiato ma non ne può derivare direttamente, possiamo chiederci se i valori estetici possano determinare le scelte dei modelli per studiare i fenomeni, e quindi se possano ricoprire anch’essi un ruolo all’interno dell’impresa scientifica. Infatti nella creazione di modelli, lo scienziato si trova ad inquadrare il fenomeno all’interno di un sistema semplificato, nel quale si può meglio orientare grazie sia alla maggiore familiarità con le

leggi che lo governano, sia grazie al fatto di poter riconoscere delle regolarità che altrimenti non riuscirebbe ad identificare.

A causa di un altro retaggio della filosofia Neopositivista si tende a considerare i valori come entità soggettive, di cui è impossibile un’analisi razionale, quantomeno sul piano decisionale. Ad esempio parlando di valori morali, i giudizi etici che compiamo non sono affermazioni di dati di fatto, ma, in ultima analisi, solo espressioni di sentimenti o imperativi mascherati60.

Ciò si riconduce ad un’altra dicotomia sostenuta dai Neopositivisti, ovvero quella tra fatto e valore; i fatti sarebbero dominio dei giudizi sintetici e dunque analizzabili o empiricamente o tramite trasformazioni del linguaggio- che in fondo dovrebbero sempre rifarsi ad osservazioni empiriche-, i valori sarebbero invece riconducibile ai soli giudizi soggettivi e dunque non indagabili con strumenti razionali. Ma i valori non sono riconducibili solamente al piano soggettivo; ci sono altre tipologie di valore che hanno un dominio oggettivo e che determinano il modo stesso in cui guardiamo ai fatti. Valori per esempio come semplicità e coerenza possono e devono essere indagati sul piano oggettivo.

L’analisi di Hilary Putnam61 ha chiarito che la scienza presuppone valori epistemici, senza i quali non potrebbe svilupparsi.

La scelta di una teoria presuppone sempre dei valori.62

60

H. REICHENBACH, La Nascita Della Filosofia Scientifica. Si veda in particolare il capitolo 17.

61 H. PUTNAM, The Collapse of the Fact/Value Dichotomy and other essay, President and Fellows

of Harvard College, 2002 (trad. it. di G. Pellegrino, Fatto/Valore: Fine Di Una Dicotomia, Le terre, 2004).

62

Anche se Putnam prediligeva per le sue teorie il riferimento a valori epistemologici, che possono essere più facilmente determinabili oggettivamente, sin dalle analisi di Kuhn sulla successione di paradigmi all’interno dell’impresa scientifica è apparso chiaro che la comunità degli scienziati ha bisogno di affidarsi anche a valori soggettivi per la scelta tra paradigmi rivali.

Infatti, come spesso abbiamo visto, le risposte sperimentali della natura da sole non bastano per permettere allo scienziato di scegliere univocamente tra due teorie rivali. In questi casi solitamente ci si affida a valori che non dipendono direttamente dalla teoria che stiamo studiando, ma che comunque fanno parte del nostro paradigma di riferimento. Questi valori variano dunque da paradigma a paradigma, sia come presenza o meno del valore nel paradigma, sia come importanza relativa data al valore stesso.

Visto il ruolo che hanno le metafore all’interno della ricerca scientifica viene da chiedersi se possano rientrare all’interno di questi valori anche i valori estetici. Già dal punto di vista matematico sappiamo che spesso vengono promosse teorie per la loro eleganza, la loro simmetria, ed alle volte si parla persino di bellezza matematica.

Tenteremo in questo capitolo di analizzare il ruolo che questi valori hanno anche nelle scienze empiriche.