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La storia dello sviluppo delle teorie atomistiche è molto antica, risale ai tempi dell’Antica Grecia. L’idea che la materia sia composta di atomi, ovvero particelle indivisibili, risale a Leucippo di Mileto nel V secolo a. C. Secondo l’atomismo, elaborato in seguito dall’allievo di Leucippo, Democrito, la materia è composta da piccole particelle indivisibili e immutabili; le loro infinite combinazioni danno luogo alle molteplici proprietà della materia. Questa dottrina fu generata in contrapposizione alle filosofie eleatiche che affermavano la divisibilità della materia all’infinito, l’atomismo pensava invece la realtà come una molteplicità di singoli essenzialmente discontinua117. L’atomo è l’indivisibile, così viene definita la sostanza nella sua forma pura elementare ed indistruttibile; condizione logica dell’indivisibilità è ciò che permette la separazione tra i singoli, ovvero il vuoto.

Già Leucippo e Democrito si posero il problema di determinare la sostanza dell’atomo, in modo da poterne far derivare tutte le proprietà distinte nella materia sensibile. Definirono l’atomo come essenzialmente forma, e nella varietà delle forme atomiche fecero risiedere le molteplici qualità del

sensibile118; questa definizione poggiava su una concezione geometrica

della realtà. Già in queste prime formulazioni dell’atomismo possiamo ritrovare tre concetti che resteranno fondamentali- anche se assumeranno caratterizzazioni molto diverse, in alcuni casi persino opposte- per la

117 V. E. ALFIERI, Atomos Idea, l’origine Del Concetto Dell’atomo Nel Pensiero Greco, Congedo

Editore, III, p. 15.

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determinazione dell’atomo fino ai nostri giorni, ovvero l’indivisibilità, la proprietà geometrica e il vuoto. Un’altra grande intuizione degli antichi fu quella di associare all’atomo un movimento intrinseco, proprietà che sarà riscontrata empiricamente dai contemporanei.

Sin da allora molte altre ipotesi sono state avanzate circa la composizione ultima della materia; l’atomismo non fu tuttavia mai del tutto abbandonato, poiché riusciva a spiegare abbastanza bene alcune proprietà della materia negli stati solido, liquido e gassoso. Il susseguirsi di ipotesi è rimasto per lungo tempo sul piano meramente speculativo per mancanza di strumenti che permettessero di indagare come fosse composta effettivamente la materia. Si arrivò in epoca moderna ad affermare che data la dimensione troppo ridotta dell’atomo non si poteva mai arrivare a conoscerlo e dunque l’ipotesi atomica doveva rimanere solo un assioma in grado di spiegare bene le proprietà chimiche della materia, come ad esempio la costanza delle proporzioni nelle combinazioni chimiche. Un utile strumento concettuale sul quale non si doveva, né si poteva, interrogarsi oltre.

La comunità scientifica dell’Ottocento ancora dibatteva ardentemente circa la natura atomistica o meno della materia119;

le prove che portavano gli atomisti erano spesso di natura qualitativa e non riuscivano quindi a convincere gli avversari che esigevano prove sperimentali120. Data l’inafferrabilità ai sensi degli atomi, spesso questi ultimi venivano utilizzati semplicemente come espressione per indicare divisioni piccolissime della materia, senza azzardare ipotesi su la loro

119 R. MAIOCCHI, La ‘Belle Époque’ Dell’atomo, Ricerche Sulla Vittoria Dell’atomismo Nella

Fisica Del Primo Novecento, Franco Angeli Libri, Milano.

120 Avversaria principale dell'atomismo fu la scuola detta 'energetica' in cui si possono raggruppare

costituzione ultima. Tuttavia agli inizi del XX secolo la cultura media presentava un quadro favorevole all’atomismo, anche se non erano ancora state presentate prove certe121 i testi antiatomisti erano pochi e poco convincenti, mentre gli atomisti erano numerosi e convinti, anche se prudenti nelle loro affermazioni. Non si può quindi parlare di una scoperta vera e propria dell’atomo o di una rivoluzione all’interno della comunità scientifica, quanto piuttosto di un graduale cambiamento di atteggiamento durante l’arco del Ottocento.

L’inizio dello studio moderno dell’atomo avviene tuttavia in seguito alla scoperta delle radiazioni, a questo proposito furono fondamentali gli

esperimenti di Becquerel sulle proprietà dell’uranio122 nel 1896.

Con la scoperta delle radiazioni si intuì inoltre che l’atomo non era indivisibile come era stato sostenuto sin dagli antichi greci, ma che anch’esso era composto da particelle, e si capì la necessità di iniziare a studiarne la struttura.

L’indagine della struttura interna dell’atomo iniziò con Thomson e la sua scoperta dell’elettrone. Questa scoperta avvenne in seguito agli studi effettuati sul tubo di Geissler, dentro il quale si riusciva a generare una corrente elettrica visualizzabile attraverso l’incandescenza di una lamina di solfuro di zinco123. Thomson partì dal presupposto che ciò che rendeva incandescente la lamina di zinco fosse un urto continuo di tante piccole particelle, riuscì inoltre a deviarne il corso avvicinando un magnete al tubo; in questo modo si poteva facilmente determinare la carica e la massa degli elettroni.

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Alcuni fenomeni a favore erano ad esempio l'accordo con la teoria cinetica dei gas, i calcoli molecolari forniti da Amedeo Avogadro, la spiegazioni di Reyleigh sulle caratteristiche della luce che giunge dal cielo o lo studio del moto Browniano.

122 G. BRUZZANITI, La Radioattività, Da Becquerel a Rutherford ,Loescher editore, Torino 1980. 123

After long consideration of the experiments it semmed to me that there was no escape from the following conclusions:

1. That atom are not indivisible, for negatively electrified particles can be torn from them by the action of the electrical forces, impact of rapidly moving atoms, ultraviolet light or heat.

2. That these particles are all of the same mass, and carry the same charge of negative electricity from whatever kind of atom they may be derived, and are a constituent of all atoms.

3. That the mass of these particles is less than one-thousandth part of the mass of an atom of hydrogen.124

Thomson riuscì così a scoprire una massa molto inferiore della più piccola nota fino ad allora, più piccola cioè dell’atomo di idrogeno. La massa dell’elettrone stava infatti in un rapporto di 1/1840 con l’atomo di idrogeno;

124

si intuì così che l’atomo non era indivisibile, ma anch’esso presentava una struttura interna.

In particolare era necessario determinare come gli elettroni stessero all’interno dell’atomo, ed è a questo punto che due noti modelli vennero fuori dando inizio ad un periodo di febbrili ricerche sulla struttura della materia come non ve ne erano stati in precedenza. Nel momento in cui i modelli furono formulati dunque i “fatti” noti intorno alla materia erano i seguenti: la materia è composta di atomi, ovvero particelle minuscole nelle quali risiedono le proprietà degli elementi; gli atomi sono composti in parte da elettroni, ovvero particelle più piccole dell’atomo e cariche negativamente; infine gli spettri atomici suggerivano un movimento intrinseco associabile all’atomo.

Il primo modello avanzato fu quello dello stesso Thomson, il quale sostenne che gli elettroni stanno all’interno dell’atomo come uvetta all’interno di un panettone: il panettone è composto di carica positiva uniformemente distribuita, mentre gli elettroni sono l’uvetta elettricamente negativa; viene in questo modo garantita la neutralità elettrica della struttura. Il secondo modello proposto, successivo di qualche anno rispetto a quello di Thomson, è l’atomo come sistema solare in miniatura nel quale la carica positiva giace centralmente come il nostro Sole, mentre gli elettroni vi ruotano attorno come pianeti, e fu proposta da Rutherford nel 1911.

Entrambe le metafore servirono a fornire dei modelli per la struttura interna dell’atomo, in modo da poter iniziare ad indagarla empiricamente. Inizialmente i modelli servirono per determinare un riferimento per gli elettroni appena individuati; tramite questo primo riferimento gli scienziati poterono studiare meglio il fenomeno e con strumenti più appropriati. Thomson ad esempio, in accordo con il suo modello, tentò di determinare

delle configurazioni di equilibrio che potevano assumere gli elettroni su orbite; in modo da poter così interpretare le periodicità presenti nella tavola degli elementi. Il problema matematico era quello del moto di un anello di n particelle negative poste all’interno di una sfera uniformemente carica. Per rendere conto degli spettri atomici125 Thomson supponeva che gli elettroni potessero oscillare intorno alla loro posizione di equilibrio. In questo modo gli elettroni si venivano a trovare in una serie di anelli giacente su un piano perpendicolare all’asse di rotazione, ed il loro numero diminuiva al diminuire del raggio dell’anello. Tramite calcoli matematici Thomson provò a determinare il moto di un anello composto di n particelle posto in una sfera uniformemente carica. Supponendo una sfera contenente una certa carica positiva sulla cui superficie giacciono elettroni distribuiti ad uguali intervalli angolari, essi riceveranno una forza attrattiva lungo il raggio della sfera che dovrà essere bilanciata dalla repulsione esercitata dagli altri elettroni- altrimenti il modello collasserebbe immediatamente.

Le proprietà che Thomson riusciva così a spiegare, avvalendosi delle leggi di stabilità del suo modello, trovavano ottimi riscontri con le proprietà chimiche note degli elementi, in particolare notando che le proprietà chimiche dipendevano dal peso atomico e si ripetevano in maniera periodica, in accordo alle leggi della tavola periodica degli elementi126. Questo primo esempio ci mostra come il modello iniziale, anche se non confermato da alcun esperimento, permetta agli scienziati di compiere calcoli e determinare proprietà che possono essere in seguito verificate

125 Lo spettro in fisica è la figura di diffrazione creata dalla scomposizione della luce o, più in

generale, da quella delle radiazioni elettromagnetiche proveniente da una sorgente in funzione della lunghezza d'onda mediante il passaggio attraverso un prisma di vetro o un reticolo di diffrazione.

126 La tavola di Mendelèev era stata composta in ordine crescente di peso atomico, notando che

sperimentalmente. Il modello fu determinante per la ricerca sia fornendo il riferimento per i fenomeni studiati, sia permettendo calcoli che potessero azzardare previsioni e spiegare altre proprietà già note. Fu costruito partendo da una metafora, che permise di indagare qualcosa di ignoto con strumenti noti; infatti il modello di Thomson partiva dalla fondamentale analogia che il comportamento degli elettroni fosse simile a quello di particelle cariche in un campo elettrico, anche se di questa proprietà non vi era alcuna evidenza precedente, solo ammettendola riusciva a spiegare e a calcolare le proprietà degli elettroni.

Lo stesso vale per la metafora con il sistema solare proposta da Rutherford. Per studiare la composizione interna dell’atomo Rutherford si avvalse degli studi sulla radioattività, in particolare sulle sue scoperte riguardanti la natura delle radiazioni α. Completando gli esperimenti già compiuti da

Marie Curie e da William Ramsay127, Rutherford scoprì che le particelle α

erano dotate di due cariche positive, avevano una massa maggiore dell’elettrone e se ne poteva formare un fascio dotato di grande velocità. Le caratteristiche di queste particelle conferivano loro la possibilità di penetrare la materia, e dunque si presentavano come strumenti perfetti per indagarne la costituzione. Una volta sparati contro una sottile lamina d’oro si notò che la maggior parte delle particelle oltrepassava la lamina come se non avesse incontrato alcun ostacolo, mentre solo alcune di esse deviavano lungo il loro corso. L’atomo appariva dunque come contenente il vuoto al contrario di quanto si fosse sospettato- e di quanto ritenevano gli antichi-, in quanto permetteva il passaggio di molte particelle α senza alcuna deviazione: era dunque necessario rivedere la struttura atomica alla luce delle nuove scoperte sulla radioattività.

127

Rutherford ideò la sua struttura atomica in analogia con il sistema solare, ovvero una struttura nella quale la maggior parte della massa fosse concentrata in un nucleo centrale e gli elettroni che vi ruotavano intorno a grande distanza- ovviamente grande relativamente alle misure atomiche,

ovvero con un diametro di circa diecimila volte quello del nucleo128.

Determinò così anche la natura delle particelle α129, ovvero semplicemente

un nucleo atomico al quale sono stati staccati gli elettroni orbitanti.

Rutherford avanzò le sue teorie sulla struttura atomica nel celebre articolo del 1911 The Scattering of the α and β Particles by Matter and the Structure of the Atom130. Studiando le deflessioni subite dalle particelle α- rilevate da strumentazioni costruite appositamente da Geiger e Marsden- era infatti possibile analizzare la composizione interna della materia attraversata.

128

ivi, p. 72.

129 E. RUTHERFORD, Electricity and Matter, in «The Scientific Monthly», XX (1925), pp. 121–

128.

130 E. RUTHERFORD, The Scattering of Alpha and Beta Particle by Matter and the Structure of

131

L’argomentazione utilizzata da Rutherford nell’articolo, quindi

probabilmente la sua metodologia di ricerca ma sicuramente il suo mezzo retorico, consistette nel compiere congetture sulla composizione interna dell’atomo, in particolare confrontando il modello di Thomson con quello “saturniano” di Nagaoka132. Se la composizione interna fosse stata quella

indicata da Thomson allora le deflessioni sarebbero state dovute a molteplici urti tra le particelle α e gli elettroni dell’atomo, se la composizione interna fosse stata quella a sistema solare allora gli urti sarebbero stati frutto di singoli urti tra la particelle ed il nucleo atomico. La vittoria decisiva del secondo modello sul primo fu dovuta ad un inferenza analogica compiuta grazie alla metafora presentata. Infatti il modello di Thomson non riusciva a spiegare le deflessioni delle particelle α

131 Schema dell'esperimento di Marsden e Geiger.

132 Nell'articolo viene citato esplicitamente il modello “saturniano” di Nagaoka solo sul finale,

di grandi angoli- superiori ai novanta gradi- con i suoi scattering multipli, mentre si accordavano perfettamente con il modello atomico di Rutherford.

We shall first examine theoretically the single encounters with an atom of simple structure, which is able to produce large deflexions of an α particle, and then compare the deductions from the theory with experimental data available.133

Entrambi i modelli furono dunque essenziali allo scopo della ricerca: fornirono infatti le previsioni sui percorsi delle particelle α da confrontare

133 E. RUTHERFORD, The Scattering of Alpha and Beta Particle by Matter and the Structure of

poi con il dato empirico.

In comparing the theory outlines in this paper with the experimental result, it has been supposed that the atom consists of a central charge supposed concentrated at a point, and that the large single deflexions of the α and β particles are mainly due to their passage through the strong central field.134

Si noti inoltre che entrambi partivano dall’essenziale analogia che gli elettroni si comportassero come particelle puntiformi, anche se di questo presupposto non vi era alcuna conferma empirica, e lo sviluppo della fisica mostrerà in seguito che le cose non stanno precisamente così.

It is supposed that the principle of conservation of momentum and of energy applies and that there is no appreciable loss of energy or momentum by radiation.135

In such a collision the laws of dynamics ordinarily apply, and the relation between the velocities of the colliding atoms before and after collision are exactly the same as if the two colliding particles are regarded as perfectly elastic spheres of minute dimensions. It must, however, be borne in mind that in these atomic collisions there is no question of mechanical impacts such as we observe with ordinary matter.136

Il modello di Rutherford venne accettato dalla comunità scientifica grazie alla verifica empirica così fornita; si incentivò inoltre la ricerca che indagava dove effettivamente sistema solare ed atomo andassero a

134 ivi. 135 ivi. 136

corrispondere, e dove invece divergevano.

La teoria però portava ad una legge di scattering secondo la quale il numero di particelle scatterate entro un certo angolo risultava essere una funzione dell’angolo stesso, della velocità delle particelle incidenti, dello spessore della lamina e del numero di elettroni contenuti nell’atomo diffusore. La conferma sperimentale ad opera di Geiger nel 1910 tuttavia riguardava solamente la dipendenza angolare; inoltre si basava sull’assunzione che il numero degli elettroni atomici fosse la metà del peso atomico. La conferma empirica del modello era dunque tutt’altro che scontata.

Nello studio della struttura interna della materia i modelli hanno comunque avuto un ruolo di primo piano, e non possono essere intesi solo come ausili formali alla teoria di riferimento. È stato sostenuto da Boyd che nel caso di Rutherford la metafora con il sistema solare non sia stata essenziale alla ricerca, in quanto è possibile determinare precisamente quali aspetti sono comuni con il sistema planetario e quali no, rendendo la metafora una metafora morta. Boyd ritiene esplicitamente che la metafora tra atomo e sistema solare sia del tipo esegetico o pedagogico137, in quanto capace di offrire una comprensione teorica intuitiva, ma ciò non deriva né dall’adeguatezza della metafora né dal suo carattere aperto a successivi sviluppi. Dato che si può dire esattamente sotto quali aspetti la nozione di atomo assomigli a un sistema solare senza dover usare alcun espediente metaforico, la metafora atomo-come-sistema solare non apparterrebbe alle metafore costitutive di teorie, nelle quali l’interazione e l’apertura induttiva giocano un ruolo principale.

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Tuttavia bisogna notare che solo dopo svariati anni di ricerca successivi al 1911 fu possibile determinare quali aspetti erano comuni e quali non lo erano tra i due sistemi messi a confronto. Inoltre il modello a sistema solare fu più presupposto da Rutherford che scoperto; analizzando infatti l’esperimento di Marsden e Geiger si nota come sia impossibile scovare la deflessione a grandi angoli delle particelle α a meno che non siano presupposte.

L’interazione generata dal confronto tra atomo e sistema solare fu proficua per molti anni, si preferì addirittura non abbandonare il modello anche quando si mostrò in contrasto con la fisica classica138. Analogia positiva, negativa e neutra vi giocarono un ruolo essenziale- si pensi al fatto che ancora oggi si utilizza il modello a sistema solare per risolvere alcune incognite dell’equazione di Shrödinger- poiché dal continuo confronto tra i vari modelli e gli esperimenti creati per confermarli si scoprirono sempre più proprietà dell’atomo; la metafora dunque non solo fu costitutiva per la teoria atomica ma indirizzò la ricerca e spronò gli scienziati ad investigare la materia. Troppo spesso nel valutare l’opera dell’uomo di scienza tendiamo a sopravvalutare le sue doti logiche tralasciando le altre influenze cui è soggetto. Alle volte queste influenze possono essere negative, ma nel nostro caso il confronto metaforico con altri sistemi e le suggestioni delle antiche filosofie greche hanno aiutato gli scienziati a costruire utili modelli per indagare la realtà.

I modelli furono generati di fatto da metafore interattive interne alla ricerca scientifica, partendo da analogie con sistemi già noti ma anche dalle antiche teorie atomiche139.

138 Anche se in contrasto con l'elettromagnetismo classico Niels Bohr intuì che introducendo le

costanti quantistiche di Plank nell'atomo si sarebbero potuti risolvere i problemi di instabilità.

139 A questo proposito vorrei far notare come le caratteristiche essenziali degli atomi teorizzati

The nucleus atom has often been likened to a solar system where the sun corresponds to the nucleus and the planets to the electrons. The analogy, however, must not be pressed too far.140

mostrare quale tra il modello di Thomson e quello di Rutherford dovesse prevalere, l'indivisibilità fu negata empiricamente e il movimento fu ricercato da tutti gli scienziati che se ne occuparono. Nonostante inoltre l'indivisibilità dell'atomo fu negata, esso rimase il modello di riferimento per indagare la materia.

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4.3 Conclusioni

All’inizio della nostra trattazione la metafora sembrava essere molto