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Osservazioni sulle tecniche di esecuzione 2.1 Introduzione

Capitolo 3 Porta Appia

3.9 Da Benedetto XIV a Pio

Nel 1749 Benedetto XIV intraprese una campagna di restauro delle mura, di cui rimane ampia documentazione, a partire da Porta Ostiense fino a Porta Flaminia377. Tramite la dettagliata relazione di spesa è possibile localizzare esattamente gli interventi, dei quali viene data anche una esatta descrizione tecnica che ne precisa le caratteristiche.

A Porta Appia i restauri riguardarono soprattutto la ricostruzione di gran parte dei merli e diverse reintegrazioni. La muratura, costituita da frammenti molto piccoli di mattoni “stuccati a cortina” (cfr. figura 6.21), è ben riconoscibile, e l’incisione di Giuseppe Vasi (figura 3.25), che raffigura la porta nel 1747 (con ampie parti diroccate e molti merli mancanti), fornisce, messa a confronto con un'acquaforte di Uggeri378 databile tra la fine del '700 e l’inizio dell’800, un preciso riscontro dei lavori eseguiti (figura 3.26).

376 A Porta Appia se ne hanno due casi ancora ben distinguibili nel fianco est della torre orientale (cfr.

CECCHERELLI-D’IPPOLITO 2006, p. 100.

377 A.S.R. Commissariato delle soldatesche e galere-Mura e fortificazioni di Roma, B. 18 “Conti de’ lavori fatti

d’ordine della Sa. Me. Di Benedetto XIV per il ristauro delle mura di Roma, dal 1749 al 1752”.

378 ING, Fondo Uggeri, inv. 2366/16262.

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In questa ultima veduta della porta inoltre compare per la prima volta un tetto a spioventi come copertura di una torre, inserito tra i merli della terrazza. Il fatto che venga raffigurato solo nella torre orientale potrebbe stare ad indicare che l’altro era ancora in fase di realizzazione.

E’ di particolare interesse poi un documento del 1828 redatto da Valadier in seguito a un sopralluogo di controllo effettuato dopo la segnalazione della caduta di materiale lapideo dai torrioni. L’architetto consiglia di eseguire restauri alla torre est, di posizionare delle biffe, di ripetere il diserbo e di realizzare una muratura a scivolo sugli angoli di risulta tra i bastioni e le pareti curve delle torri circolari379.

Alcune fotografie storiche documentano altri eventi e trasformazioni che hanno interessato porta S. Sebastiano nel giro di pochi anni. Confrontando la foto del 1852 di Flacheron (figura

3.27) e la foto AF 1553 databile a dopo il 1870 (figura 3.28)380 si notano il rifacimento quasi

integrale della cortina laterizia tra le due torri e gli esiti del cannoneggiamento del 1870381.

379 A.S.R., Lavori Camerali, fasc. 27-Roma porte della città, 1828-35. 380 Rispettivamente di BNF Gallica e di Palazzo Braschi.

381 Cfr.O’CLERY 1893, p. 542, dove si narra di come la batteria di Angioletti attaccasse la porta senza successo.

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La prima foto mostra la cortina della galleria intonacata, con le finestre del secondo piano parzialmente tamponate e quelle del primo piano completamente chiuse. La AF 1553 documenta un intervento a tappeto, probabilmente fatto fare da Pio IX, che rimuove l’intonaco e rifodera con mattoni la galleria laterizia tra le torri. Nel lato sud del piano superiore l’intervento sembra molto radicale e si riconosce la tipica tessitura di Pio IX, con laterizi disposti per testa e per

taglio, mentre in corrispondenza del piano inferiore sud e in tutto il lato nord il risarcimento sembra meno integrale. I lavori dell’epoca di Pio IX, seguiti da Vespignani, vedono l’uso caratteristico di mattoni nuovi di colore giallo chiaro (cfr. anche capitoli 1, 6 e allegato 2, scheda tipologica n. 8). Oltre ai restauri della cortina centrale si notano anche risarcimenti parziali lungo i fianchi dei bastioni laterizi. Osservando attentamente la foto si possono riconoscere pure le gravi conseguenze provocate dal cannoneggiamento del 1870, non limitate alle lacune dei punti degli impatti ma, per le ripercussioni delle vibrazioni, distribuite sotto forma di discontinuità e distacchi parziali in aree estese.

Figura 3.27 F. Flacheron, Porta Appia, prospetto sud (1852). Foto da BNF Gallica, disponibile online all’indirizzo

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Una pratica conservata presso l’archivio Capitolino e risalente al maggio del 1874 testimonia dello stato disastroso in cui versavano la porta e soprattutto il torrione orientale in quella data382. Non essendo stati presi tempestivamente i provvedimenti suggeriti, tra i quali anche l’inserimento di altre catene, la minaccia di crollo si concretizzò con la caduta di parti di muratura del torrione sopra la caserma delle guardie daziarie e solo al 31 luglio del 1874 i lavori di consolidamento risultano eseguiti. Tiranti sulle torri sono individuabili già dal 1817 in una incisione di Rossini in cui la porta è vista da nord383, mentre in un’altra incisione di Rossini del 1829 si notano già in opera i tre tiranti superiori nella parete nord della galleria384. Ancora però nella documentazione tecnica di fine '800 conservata presso l’A.S.C. si lamentano problemi gravi

382 A.S.C. TIT 52 – busta 1, fasc 12, anno 1874. In un rapporto prodotto dall’architetto del comune si legge: “(…) è

necessità di provvedere il più presto possibile ai danni cagionati parte dal tempo e parte dalle cannonate, giacché ho osservato, che quasi tutte le volte sono precipitate e le macerie delle medesime giacciono al basso con perenne discapito delle restanti pareti; i torrioni sono fortemente lesionati, ed il muro sovrastane la porta dalla parte della città oltre che è tutto forato da palle e corroso, strapiomba in modo che si è distaccato dall’ultima terrazza che ricopre detta porta”.

383 Veduta di porta Capena in oggi Porta S. Sebastiano, in ROSSINI 1818, tav. 22. 384 ING Inv. 2378/17973.

Figura 3.28 Porta Appia dopo il 1870. Sulle murature si notano chiaramente i danni del cannoneggiamento del 1870. Foto Museo di Roma, AF 1553.

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Figura 3.29 Porta Appia, torre orientale. Disegno allegato a una pratica di restauro conservata presso l’A.S.C. Il grafico rappresenta il sistema che si intendeva adottare per rinforzare la torre e contrastarne la tendenza al ribaltamento. Lungo la fessurazione son visibili le spie applicate per controllare i movimenti delle murature.

ai tetti smantellati e a inizio '900 si richiama l’efficacia delle catene utilizzate per la torre occidentale e si propone di applicare una soluzione analoga per la torre orientale385.

3.10 Il XX secolo

Un'altra serie di documenti relativi a lavori per cui venne data l’autorizzazione di spesa nel 1908 e che vennero eseguiti intorno al 1911 fornisce informazioni molto dettagliate sullo stato della torre orientale386. La pratica dell'Archivio Storico Capitolino in cui sono elencate le voci dei lavori è corredata da grafici e relazione. Il quadro che se ne ricava è di uno stato conservativo davvero grave, dovuto alla presenza di

una lesione verticale nella parte superiore (V. tipo allegato) lungo l’innesto della parte anteriore circolare con la posteriore rettangolare, e che si prolunga in basso per quasi tutta l’altezza del secondo ordine. Questa lesione, che corre parallelamente su ambedue i fianchi del torrione, interessa tutto lo spessore del muro, presenta il suo massimo verso la metà della sua lunghezza, e accenna ad aumentare, poiché, mentre alcune altre spie messe su altre lesioni meno importanti restarono intatte, quelle messe su questa lesione - come vedesi nel disegno – sono tutte spezzate.

Il disegno (figura 3.29) in effetti documenta questo stato e, con segno tratteggiato, rappresenta anche le spie che si trovano nella parete interna dello stesso fianco ovest. Con l’esame delle murature condotto prima dell'intervento viene stabilito che il problema non dipende dalla base, vista l’assenza di cedimenti, ma da una forma di “sbracamento” (cit.) del torrione nella zona centrale dovuto alle manomissioni strutturali eseguite nel retrostante corpo scale, a un carico eccessivo dei pavimenti, alla bassa qualità della costruzione e, infine, allo stato di abbandono in cui è stata lasciata questa

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Un carteggio tra la Direzione Generale per le Antichità e le Belle Arti del Ministero dell'Istruzione Pubblica e il Comune di Roma del giugno-luglio del 1903 esplicita questo stato di cose: la torre occidentale era già stata rinforzata con 5 catene, mentre per quella orientale ci si accingeva a farlo (A.S.C., Ufficio V Edilità, divisione 1, busta 49, f 1).

386 A.S.C. Ufficio V Edilità, divisione 1, busta 49, f 1. Sezione 2 “Progetto di rinforzo del torrione sinistro della

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Figura 3.30 Porta Appia, torre orientale, vista da est (1911 – 1940). Nel 1911 vengono fatti i cerchiaggi mentre nel 1940 è

aggiustato l’angolo dello spigolo sud-est della sommità del bastione. Si faccia anche il confronto con la figura 3.14, scattata recentemente. Foto Biblioteca di Storia e Topografia antica dell’Università La Sapienza di Roma, inv. 4532.

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parte della struttura, piena di macerie accumulate. Questo grande intervento, di cui si conservano anche i documenti di contabilizzazione, fu affidato alla ditta di Antonio Pinci nel 1911387.

Una foto della biblioteca di Storia e Topografia antica dell'Università La Sapienza mostra (figura 3.30) quale dovesse essere lo stato dei luoghi all’epoca in cui Richmond faceva i suoi studi sulle mura, offrendo anche l’opportunità di prendere visione dei lavori dettagliatamente descritti nei documenti di contabilità dell’Impresa Pinci Antonio nel 1911388. Dalla foto, che ritrae il lato est della torre orientale di Porta Appia, si vede che erano già state rimosse alcune grandi biffe di controllo collocate nel XIX secolo nei punti in cui insistevano pericolose fessurazioni, e che al loro posto erano stati inseriti tratti di nuova muratura assieme a robuste fasce poste a cingere la torre circolare, insieme anche a tiranti per legare le opposte pareti in corrispondenza del corpo scale. La foto mostra inoltre che la superficie muraria era stata completamente rimaneggiata e le feritoie del primo piano tamponate, cancellandone il profilo389. Questo è probabilmente il motivo per cui Richmond considera queste feritoie come obliterate dalla fodera quadrangolare della base della torre. La foto di Palazzo Braschi già analizzata in precedenza (figura 3.15) documenta invece, all’interno della torre, un momento (1940) in cui i lavori del 1911 sono stati già eseguiti e le spie risultano riposizionate per verifica. La foto aerea che inquadra la porta da sud (figura 3.31 - archivio Cederna) è certamente successiva ai lavori del 1911 perché sono presenti i vistosi cerchiaggi inseriti in quegli anni. E’ posteriore anche al 1916, anno in cui crolla la parte anteriore e sommitale della prima torre a est della porta (K12). Essa mostra la grave situazione in cui versa la copertura della torre occidentale, forse non crollata completamente grazie alla presenza del setto con archi in opera listata. Un “ristretto estimativo”molto particolareggiato del 1924 inserisce tra i lavori da effettuare la riparazione del tetto della torre occidentale390. Nel 1925-26 (figura 3.32) iniziano però i restauri cui fa cenno Richmond, ai quali si deve tra l’altro lo smantellamento dei tetti a capanna, la realizzazione delle terrazze, il risarcimento integrale di tratti di muratura e il loro rivestimento con laterizi. Gran parte di queste integrazioni è resa riconoscibile per l’uso di mattoni molto alti, ferrigni e di

387 A.S.C. Ufficio V Edilità divisione 1. Busta 49, f 1. I lavori comprenderanno la fasciatura della torre circolare con

due robusti anelli di ferro e l’inserimento di quattro tiranti sud/nord a unire la torre circolare e il corpo di fabbrica rettangolare. La foto XC 3883 (visibile in figura 3.15) mostra due delle catene in opera.

388 Cfr. ancora A.S.C., Ufficio V Edilità, divisione 1. Busta 49, f 1, Servizio Strade 1910.

389 La mappatura di cantiere elaborata nel 1999 evidenzia che gli sguinci delle sei feritoie del primo piano della torre

orientale, che oggi sono nuovamente aperte all’esterno, sono stati pesantemente rimaneggiati e che solo una feritoia è invece ancora tamponata, quella più ad ovest della facciata sud, a causa dell’addossamento dall’interno di un pilastro di epoca successiva. Tutte le sette feritoie però, come si è visto, conservano in facciata, più o meno obliterati da strati successivi, gli architravi in travertino.

390 SBCAS, Faldone 174. Doc 45387. Tra le altre operazioni previste compaiono anche, tra le voci considerate

urgenti, i restauri del tetto dell’ambiente sopra la porta, la chiusura di finestre, il ripristino dello scolo acque, il ricollegamento merlature.

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colore arancio, nonostante la descrizione degli interventi di restauro pubblicata da Cornini391, titolare dell’impresa che si occupò del restauro della porta in questo periodo, sottolinei l'impiego di mattoni lavorati a mano, giunti volutamente irregolari, patinature «a fresco» sulla malta e sofisticati sistemi adottati al fine di rendere mimetiche le integrazioni apportate.

Nel sottolineare la particolare cura posta nell'evitare il disturbo intrusivo, per colore o per materia, delle parti aggiunte, il resoconto dei lavori trascura invece riferimenti più precisi all'intervento strutturale, descritto solo in modo molto generico. La scarsa attenzione per gli aspetti filologici del restauro era tra l’altro piuttosto frequente nelle pratiche di quegli anni.

Per quanto riguarda le finestre della cortina tra le due torri, dopo alterne situazioni in cui esse furono aperte, tamponate parzialmente o chiuse integralmente (come avvenne, almeno nel lato sud, con l’intervento dell’epoca di Pio IX) esse furono infine riaperte. Nel “Giornale dei

391 Capitolium II, 1926, pp.554-556. Non si ha certezza che i grandi interventi di risarcimento della cortina

caratterizzati dall’uso dei mattoni color arancio siano da attribuire all’Impresa Cornini, ovvero se gli operai all’opera nella foto siano suoi dipendenti.

Figura 3.31 Porta Appia, vista dall’alto e da sud (tra il 1916 e il 1925-26). Nel 1916 crollò la parte anteriore della sommità

della torre K12 e nel 1925-26 vennero rimossi i tetti a spioventi delle coperture delle torri della porta. Foto Archivio Cederna 00FA1.

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Figura 3.32 Porta Appia durante i lavori di restauro con i quali furono anche smantellati i tetti a spioventi delle torri (1925-26). Foto Palazzo Braschi AF 450.

lavori n. 2” redatto dagli assistenti della X Ripartizione AA.BB.AA. del Comune392 si legge precisamente che l’8 giugno 1929 vennero “riaperte” le finestrelle del tratto in corrispondenza della saracinesca, quindi del piano inferiore, mentre il primo giugno 1931 si costruiscono «ponti a sbalzo nel camminamento sopra la porta per l’apertura in breccia di n. 10 vani per finestre […]». In relazione alla sistemazione della struttura di collegamento tra le due torri è verosimile che ben presto, dopo l’apertura delle finestre del secondo piano e la riapertura di quelle del primo, sia stato ricreato il solaio tra i due ambienti. Alcune foto di Palazzo Braschi documentano il vano prima che questa divisione venisse ripristinata393.

Un articolo di Colini e Ricci pubblicato nel bollettino del Reale Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte394 e intitolato “Le imprese archeologiche del Governatorato di Roma nel decennio 1922-1932” cita Porta Appia come uno dei più importanti siti di intervento. Qui però non viene fornito un resoconto completo dei grandi lavori eseguiti, quanto piuttosto un elenco sintetico dei numerosi interventi susseguitisi in quegli anni. Certamente la situazione di estremo degrado documentata dalla foto pubblicata da Richmond395, che doveva riferirsi a tempi non troppo lontani da quelli della pubblicazione del suo testo nel 1930, dovette essere affrontata proprio in quel periodo. Un quadro complessivo viene tracciato in un articolo del 1926 dal titolo “Restauratio moenium” a firma di Francesco Randone396. Tessendo le lodi dell’impresa Cornini, Randone precisa che in quel periodo il lavoro più importante venne eseguito a Porta Appia

392 SBCAS, Faldone 174. Doc 45387. 393 Foto XC3892, XC 3893.

394 Anno V, fasc. I-IV, pp. 133, 142, 146

395 Richmond pubblica una foto dell’interno del primo piano della torre orientale in cui si vede che il livello dei

calcinacci arrivava quasi ad occludere completamente la luce delle feritoie (RICHMOND 1930, Tav XIII a).

396 RANDONE 1926. Il mensile “Cronache di Arte Educatrice” costituisce una fonte importante per la memoria di

molti avvenimenti riguardanti la storia delle mura perché curato dall’artista Randone, impegnato in prima persona nella salvaguardia del circuito.

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«[…] anche in considerazione di quella parte che nel suo complesso sembra un castello. Le due torri (158, 159) furono coperte mediante soffitto e travi di ferro di 18 cm, tavelloni e cretonato a pendenza ricoperto d’asfalto: di modo che ora si può arrivare su quei terrazzi merlati con scale alla fienarola (….). Si portarono via almeno 200 metri cubi di calcinacci che ingombravano i corridoi e le stanze fino al primo piano, fu rimesso il pezzo di catena svitato e rubato e fu aperta una porta per accedere alle nuove scale».

Nell’agosto del 1940 iniziarono altri lavori di restauro e adattamento dei locali interni della porta che avevano come oggetto dell’appalto “le opere murarie per il restauro dei locali, la costruzione delle volte, scale, pavimenti vari, demolizione di strutture murarie, impianti idraulico sanitario elettrico infissi di varia specie quanto altro occorre per il restauro e rifinitura completa di tutti gli ambienti”397. Contemporaneamente, nell'ottobre del 1940, si conclusero i lavori di allargamento della strada che da Porta Latina conduceva alla Via Imperiale (odierna via Cristoforo Colombo), ampliando la strada da 4 a 16 metri di larghezza. L’iniziativa comportò la distruzione dei caseggiati posti a sud della porta, sul fianco est dell’Appia Antica, e lo smontaggio e spostamento del portale di ingresso alla proprietà ancora oggi presente sul lato ovest della strada398. Benché Porta Appia fosse stata in precedenza aperta al pubblico399 e ci fosse già l'intenzione concreta di trasformarla in Museo delle Mura400, si accettò di renderla invece disponibile ad uso abitativo, con le necessarie trasformazioni, per il gerarca fascista Ettore Muti. L’architetto Moretti ebbe l’affidamento del progetto e della realizzazione401. Egli, come si è visto, operò trasformazioni strutturali notevoli, e sebbene presso l’archivio Centrale dello Stato siano disponibili numerosi disegni dei lavori eseguiti, essi non sono sempre facili da individuare a causa dell'assenza di qualunque precisazione scritta (figure 3.33, 3.34)402.

Si deve a questa ristrutturazione l’apertura, all'interno del conglomerato della base della torre orientale, di un grande ambiente che venne anche illuminato con una finestra a bocca di lupo affacciata sulla cortina laterizia del lato est. L'accesso avveniva dall’ingresso al vano scale di Aureliano, che all’epoca dei sopralluoghi di Richmond risultava inaccessibile. Dai disegni sembrerebbe ci fosse stata l’intenzione di aprire anche altre nuove finestre o varchi nella facciata

397 A.S.C. Contratti Pubblici, contratto dell’8 agosto 1940 “restauro e adattamento locali interni porta san

Sebastiano”, a nome di Averardi Mario.

398 RDZ 13, p. 161, 27.04.1940; p. 231, 18.11.1940.

399 In data 23.11.1939 era stato dato dalla X Ripartizione parere negativo per la concessione ad uso di studio artistico

proprio perché resa accessibile al pubblico. Comune di Roma, II Ripartizione, Demanio e Patrimonio, Conservatoria, Fondo Mura Urbane e Pomerio pos. 518 doc datato 25-6-1943

400 Nell’archivio della soprintendenza Capitolina, SBCAS, Faldone 15, doc 5230 è conservato un ritaglio del

giornale “Popolo di Roma” del 18 ottobre 1940 con un articolo dal titolo “Un Museo delle Mura di Roma”.

401 Per l’approfondimento di questo particolare momento storico si veda BATTISTI 2014.

402 Nell’archivio sono presenti gruppi di disegni, uno più tecnico col rilevamento dello stato dei luoghi, ed uno più

incentrato sulla scelta delle soluzioni logistiche inerenti la suddivisione delle finalità degli ambienti e il modo di arredarli. Un terzo gruppo è rappresentato dalle fotografie di Porta Ostiense con l’allestimento dell’elaborato arredamento.

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nord in corrispondenza della torre occidentale, e si notano stanze e ambienti che si sarebbero dovuti ricavare a livelli intermedi (si veda il paragrafo 5.2). Se molte di queste idee non vennero realizzate, altre invece vennero attuate, come la creazione del sotterraneo adibito a rifugio antiaereo, di cui si ha diretta testimonianza nella documentazione scritta (cfr. paragrafo 5.7)403. Certamente in questa fase vennero apportate modifiche alle scale della torre occidentale e, oltre ai pavimenti, vennero creati solai e finte volte. Al secondo piano della torre occidentale venne tagliata, come si è detto, la parte sommitale dell'arcone inferiore della parete-setto in opera listata, ricostruito aumentando la luce del fornice, e venne costruito un solaio per creare un piano in più404. Varchi, corridoi, bagni, impianti per l’uso delle cucine, camere, montacarichi e ballatoi in legno e muratura vennero realizzati senza limitazioni e sicuramente fu contestualmente a questi lavori che si volle provvedere a mascherare i soffitti piani delle torri con finte volte a intercapedine405.

403 RDZ 64 p. 58, 5-6 – 1943.

404 Nell’archivio della Sovrintendenza Capitolina sono conservate numerose foto che documentano questa

sistemazione prima di procedere a nuovi restauri nel 1970. Cfr. anche supra, nota 369.

405 Si può avere un’idea di alcune di queste trasformazioni leggendo il verbale della consegna dell’immobile dalla V

Ripartizione all’Amministrazione del Patrimonio del Governatorato in data 14 marzo 1942. (Comune di Roma, II Ripartizione, Demanio e Patrimonio, Conservatoria, Fondo Mura Urbane e Pomerio pos. 518 doc datato 25-6-1943).

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Con la morte di Muti Porta Appia venne sottoposta a nuove sistemazioni e adeguamenti per essere adibita nel 1946 a museo pubblico 406. Ma la breve fase in cui la porta fu modificata per essere usata come abitazione e come studio ha impresso su di essa delle alterazioni significative