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Osservazioni sulle tecniche di esecuzione 2.1 Introduzione

Capitolo 3 Porta Appia

3.2. La ricostruzione di Richmond

E’ necessario premettere che l'evoluzione architettonica e la relativa periodizzazione che Richmond ricostruisce per la Porta Appia non sempre risultano chiare e lineari. Pur organizzando la trattazione in modo sistematico, egli torna spesso su temi già trattati e aggiunge particolari omessi in precedenza, dando l’impressione di rimettere in discussione elementi dati per assodati. Inoltre Richmond non fornisce una descrizione organica delle varie parti che costituiscono la porta: essa va ricavata ricomponendo alcune osservazioni inserite in parte nel capitolo dedicato ai Repairs (pp. 87-90), in parte nei 5 paragrafi in cui descrive la porta dividendola in macroelementi (con alcuni aspetti ricapitolati nelle conclusioni a pp. 121-142) e, ancora, nei quattro capitoli finali nei quali affronta l’attribuzione storica delle diverse murature descritte (pp. 241-267). Di certo va tenuta presente la difficoltà oggettiva di descrivere nel dettaglio una struttura che ha perso evidenza di molte delle sue originarie scansioni, rendendo in alcuni casi equivocabile lo stesso oggetto dell’analisi. Esemplificativo a tale riguardo è un rilievo in cui Richmond rappresenta, tra le altre, la pianta del second floor della porta293, ma dove di fatto risultano sullo stesso livello il secondo piano della torre ovest e un piano intermedio (tra primo e secondo) della torre orientale. Con lo schema della figura 3.2, nel quale è stata evidenziata in rosso la linea di sezione della pianta di Richmond, si vuole dare un'idea precisa dello scarto di quota, corrispondente a circa 1,5-2 metri. Sebbene questo scarto possa considerarsi irrilevante,

291 La documentazione di cui ai punti C-E è stata appositamente elaborata nell’ambito di questa ricerca. 292DEY 2011.

90 esso riveste comunque una sua importanza quando si voglia tentare di ricostruire la storia dell’organizzazione degli spazi interni delle torri, considerando che, se nella torre ovest la sezione intercetta le aperture che si aprivano all’altezza originaria del secondo piano, parallelamente, nella torre est, la sezione passa invece in corrispondenza di una volta originaria successivamente rimossa294.

La storia architettonica di Porta Appia in base alle periodizzazioni ricostruite da Richmond può essere illustrata come segue (figura 3.3):

- Primo periodo (attribuito ad Aureliano): sin dalla sua fondazione aurelianea Porta Appia si

identifica tra le porte più importanti del circuito. Grazie alla rilevanza delle strada cui dava accesso, la Regina Viarum, essa venne infatti dotata di un doppio varco295, ridotto a uno in un periodo successivo. Le torri semicilindriche che all'epoca la fiancheggiavano erano rivestite con cortina laterizia e al centro ospitavano il vano scala, a pianta quadrata, che attraverso sei rampe metteva in comunicazione il livello del piano stradale con il primo piano. La parete curva delle torri si addossava da un lato alla cortina in travertino sulla quale si aprivano i due fornici per il passaggio stradale296, e dall’altro si legava direttamente al paramento esterno delle mura. Richmond riferisce di aver potuto chiarire come dovesse apparire l’originaria struttura della porta di Aureliano grazie ad una esplorazione effettuata nella torre est durante i lavori di restauro del 1926-27. Nonostante in quel momento l’originario vano scale presentasse la porta di accesso murata, egli riuscì a penetrarvi attraverso una cavità nella attuale cortina marmorea, potendo così rilevare indizi molto significativi. Egli vide, ad esempio, che le scale furono successivamente

294All’epoca dei sopralluoghi di Richmond ancora non era stata ripristinata la volta con il nuovo pavimento del

piano secondo.

295 Nell’illustrare le tre categorie che ritiene adottate nelle porte delle Mura Aureliane Richmond spiega che

l’appartenenza alla prima classe era riservata a quelle che si aprivano sulle grandi vie di comunicazione con il nord e con il sud (ovvero Porta Flaminia e Porta Appia), e con i grandi porti di Ostia e Porto (ovvero Porta Ostiense Est e Porta Portuense). Cfr.RICHMOND 1930, p. 245; RICHMOND 1927, p. 63.

296 Richmond segnala la presenza di parte dell’originario arco occidentale sul fronte settentrionale della porta, e

precisa che il primo a notarla fu LUGLI 1924, p. 317, anche se non riuscì a ricostruirne la funzione (RICHMOND 1930,

p. 134).

Figura 3.2 Porta Appia, schema dei livelli delle torri. In blu le

quote dei livelli delle torri considerati da Richmond; in rosso le diverse quote della pianta del second floor redatta da Richmond (RICHMOND 1930). Rilievo Studio Di Grazia (SBCAD 5B1, 380), elaborazione D’Ippolito.

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ristrette in conseguenza di un aumento di spessore della muratura di fondo e che poi vennero del tutto troncate da una grande massa di calcestruzzo. Dal vano scale, attraverso un altro cunicolo anch’esso scavato entro un solido calcestruzzo, Richmond riuscì a spingersi, verso sud-ovest, fino al punto di contatto tra la torre semicircolare e la cortina in travertino della porta. Qui, attraverso una rottura, poté vedere, dietro l’attuale paramento marmoreo del bastione quadrangolare e incastrata in un “muro più recente” (relativo al II periodo), la facciata curva dell’antica torre in opera laterizia. Gli fu così possibile notare che era la muratura della torre ad appoggiarsi alla cortina in travertino della porta, anch'essa per un breve tratto rimasta inglobata nella nuova struttura di II periodo297.

Tramite il tratto curvo individuato, e stabilito che il pozzo delle scale apparteneva all’originario impianto, Richmond stimò in 13 piedi la misura approssimativa del raggio della torre semicilindrica, in perfetta corrispondenza con le torri delle Porte Nomentana e Latina e con la torre orientale di Porta Ostiense298. Dopo aver ricostruito il raggio della torre est di Porta Appia, Richmond, attraverso una serie di considerazioni, ritenne di poter attribuire le stesse proporzioni anche alla torre ovest299. Infine, poiché resti dell'arco del fornice occidentale dell’impianto di Aureliano sono ancora visibili nella faccia interna della porta, Richmond ha potuto ipotizzare

297RICHMOND 1927, pp. 59-63; 1930, pp. 122-124.

298 Similitudini con l'originaria Porta Ostiense vengono richiamate anche dal doppio fornice con arco in travertino

che in questo I periodo costituiva l'ingresso alla città.

299 RICHMOND 1930, p. 132.

Figura 3.3 Piante dei livelli di Porta Appia secondo Richmond. Da RICHMOND 1930, p. 123, fig. 20, (ground floor, first floor), p. 127, fig 21 (second floor, third floor).

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che, relativamente all’intero circuito murario, nelle porte a due vie esistesse una tipologia “standard” utilizzata sia per le torri che per le cortine300.

- Secondo periodo (attribuito a Massenzio): le torri esistenti furono sostituite dalle due torri

circolari in laterizio che in parte vediamo ancora oggi e la cui parte inferiore, per raccordarsi con le mura, presentava una conformazione esterna a U attualmente mascherata dai bastioni quadrangolari (Richmond le chiama round-fronted towers e qui le chiameremo torri a fronte circolare o, per brevità, torri circolari o a U)301. Esse, molto più alte e dal diametro maggiore delle precedenti torri semicircolari di Aureliano, a partire dal primo piano (il piano terra era infatti costituito da muratura piena) furono collegate al corridoio del camminamento retrostante tramite un corpo scale a pianta rettangolare ancora esistente. Anche il camminamento dietro la porta fu infatti sopraelevato, così come accadde in gran parte delle mura, anch'esse innalzate addossando sul precedente cammino di ronda una galleria a volta che, verso la città, si apriva con grandi arcate e in sommità sosteneva un nuovo camminamento scoperto. In questo stesso momento nel lato interno della porta, alle estremità della cortina in travertino, che di per sé non venne alterata, furono aggiunte due costruzioni che si sviluppavano verso nord definendo l’area di una controporta con due bracci a tenaglia che si concludevano in un doppio fornice corrispondente a quello della porta. All’interno di questi lunghi corridoi furono collocate delle rampe che permettevano di raggiungere direttamente il primo piano della porta, mentre il precedente sistema di accesso dal piano di campagna risultò completamente estromesso (cfr. paragrafo 5.2). Entrambe le scale originarie vennero interrate e ostruite dalla massa di calcestruzzo della volta realizzata per sostenere il corridoio del primo piano, sul quale affacciavano gli ingressi delle nuove rampe302. Richmond riteneva che l’impianto della controporta raggiungesse l’arco di Druso inglobandolo, e anche se le indagini archeologiche condotte nel 1931 hanno smentito tale ipotesi, resta comunque valida la ricostruzione degli addossamenti, di cui ha potuto vedere direttamente molte tracce prima che venissero nascoste dai successivi interventi303.

L’odierno interno cilindrico del primo piano della torre est corrisponde, secondo Richmond, alla struttura originaria del secondo periodo costruttivo della porta, per lui riferibile a

300 RICHMOND 1930, pp. 134-135.

301 Una sagoma simile si ritrova anche a Porta Asinaria.

302Dalla descrizione che riporta Richmond risulta chiaro che ha potuto constatare l’effettiva ostruzione del vano

scale della torre orientale, di fatto impraticabile, con la massa di calcestruzzo della volta del nuovo primo piano soprastante, mentre è meno chiara la situazione a vista nel vano delle scale occidentale del primo periodo tramite il quale accede effettivamente all’interno della porta. Richmond comunque afferma che anch’esso venne murato con le strutture del secondo periodo. (cfr. RICHMOND 1927, p. 60; 1930, pp. 122, 124 e 132).

303 Cfr. al riguardo COZZA 1990, pp. 169-171; DI COLA 2011, pp. 193-201); MARCELLI 2007, p. 214; 2011, pp. 153-

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Massenzio e per l’attuale posizione della maggioranza degli studiosi a Onorio. Nell'interno di questa camera circolare sono visibili nove finestre: tre si trovano a sud, due a est, due a ovest, una a sud-est e una a sud-ovest. Le prime sette, internamente sagomate come finestre ad arco, hanno fianchi a sguancio e uno sbocco esterno come feritoie304. Le ultime due, più grandi, sono vere e proprie finestre (attualmente obliterate, nel loro sbocco esterno, da una muratura che si addossa alla torre e della quale si parlerà più avanti). Al di sotto di questo primo piano troviamo una muratura piena, che ingloba i resti della preesistente torre semicilindrica. Nel 1926 l'interno della torre cilindrica si presentò a Richmond totalmente privo di divisioni interne tra i piani, cosicché egli poté osservare tutta la muratura della torre cilindrica in un unico colpo d'occhio. Nella zona tra primo e secondo piano egli individuò grandi interventi ricostruttivi e, più in alto, vere e proprie aggiunte. Secondo la sua interpretazione, oltre il secondo piano, che riteneva originariamente sostenuto da una spessa e piatta volta adatta a sostenere le pesanti artiglierie, la torre di secondo periodo era composta da un solo ulteriore piano, corrispondente all’altezza del primo giro di finestre attualmente visibile oltre il bastione quadrangolare305.

- Terzo periodo (attribuito a Onorio): Richmond attribuisce a questo periodo l’aggiunta, alla

base delle torri circolari, di bastioni quadrangolari i cui paramenti sono costituiti nel registro inferiore (corrispondente al livello cieco della costruzione) da grossi blocchi marmorei, e in quello superiore (corrispondente ai primi due piani attualmente agibili all’interno) da cortina laterizia.

Per cercare di stabilire quale dovesse essere la struttura corrispondente ai vari momenti costruttivi Richmond osservò in modo particolare la torre orientale perché, tra le due, è senz’altro quella i cui successivi interventi hanno alterato meno lo stato dei luoghi. Richmond considerò l'aggiunta dei bastioni come un'occasione «to strengthen the cracking towers of the

second period», e la attribuì senza dubbi ad Onorio precisando che, a distanza di pochi anni,

porte analoghe sarebbero apparse nelle mura di Costantinopoli306.

A questo periodo Richmond riferì anche importanti modifiche alla porta vera e propria, con la riduzione da due fornici a uno solo e la sostituzione del paramento in travertino con un paramento marmoreo uguale a quello della parte inferiore dei bastioni quadrangolari.

304 Tale conformazione, con lievi varianti, è visibile in molti punti del camminamento coperto del circuito e

rappresenta la soluzione più idonea per coniugare l’esigenza di una interruzione nella continuità della muratura con un’apertura adatta alla funzionalità delle armi con quella di non indebolire la solidità della parete.

305 RICHMOND 1930, pp. 124-125. 306 RICHMOND 1930, pp. 142 e 257-262.

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Un altro elemento che secondo Richmond indicherebbe una datazione onoriana dei bastioni e della cortina marmorea della porta è costituito dalla chiave dell’arco del nuovo fornice (verso l'interno della città), che reca incisa una croce greca che, su base stilistica, lo studioso attribuisce a un periodo anteriore al VI secolo307.

- Quarto periodo (attribuito a Valentiniano III): Richmond ha collegato a quest’epoca una

serie di interventi determinati da un’ulteriore esigenza di consolidamento delle strutture murarie e focalizzati soprattutto sugli spazi interni. Fondamentalmente ritiene che in questo momento le pesanti volte interne delle torri siano state rimosse e sostituite con solai in legno, e che il primo e il secondo piano siano stati unificati in un unico ambiente. A questa nuova configurazione dello spazio interno sarebbe dovuto il taglio di nuove finestre nei lati est e ovest delle torri (una per lato), proprio all'altezza della volta che precedentemente divideva il primo e il secondo piano308. La rimozione delle volte avrebbe rappresentato un modo per alleggerire la struttura, minacciata da ampie e pericolose lesioni.

Nel paragrafo dedicato ai repairs309 Richmond ha collegato all’epoca di Valentiniano III gli interventi riconoscibili in corrispondenza del secondo piano del bastione ovest di Porta Appia, caratterizzati dall’uso di lunghi blocchi di travertino e visibili anche in altri punti lungo il circuito (cfr. paragrafo 1.3), associandoli a restauri conseguenti al terremoto del 442310. A questa stessa campagna di ricostruzione ha riferito anche il nuovo paramento laterizio esterno del secondo piano del bastione orientale, anche se in questo caso sono assenti i ricorsi in travertino. Infine, sebbene nella descrizione della porta l'autore abbia dichiarato che solo nel sesto periodo alle torri fu aggiunto un quinto livello, nel paragrafo dedicato al IV periodo delle mura (nel capitolo finale del suo testo) afferma invece che in occasione dei lavori seguiti al terremoto ricordato, non solo si intervenne sul sistema delle pesanti volte, ma si costruirono anche i piani superiori delle torri, che raggiunsero così la piena altezza che ora possiedono311. Egli non omette però di specificare che la prova del fatto che questa soprelevazione appartenga al quarto periodo è limitata al confronto con la cortina laterizia dei bastioni realizzata sotto Valentiniano III, e potrebbe quindi non essere affidabile «[…] since the tile-facing of this date, and for some time beyond it, becomes

indistinct in style»312. Di una cosa però Richmond appare certo, ovvero che la soprelevazione

delle torri coincida con quella della cortina centrale della porta, e aggiunge che se qualcuno

307 Per maggiori dettagli sulle interpretazioni legate alla croce e all'iscrizione ad essa collegata cfr. paragrafo 5.1. 308RICHMOND 1930, p. 142.

309 RICHMOND 1930, pp. 88-89. 310RICHMOND 1930, pp. 131, 132, 263. 311 RICHMOND 1930, pp. 133, 264. 312 RICHMOND 1930, pp. 263-264.

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volesse ipotizzare che questi incrementi siano da attribuire a Teoderico, al presente stato delle conoscenze sarebbe impossibile negarlo. Così egli conclude che, nel caso di Porta Appia, è possibile che Valentiniano III si sia occupato dei restauri di consolidamento inferiori, e Teoderico della costruzione delle aggiunte313. Infine, nella ricapitolazione dei cinque periodi costruttivi di Porta Appia, Richmond ha inserito nel quarto periodo il risarcimento con blocchi di peperino resosi necessario quando gran parte del fronte del bastione occidentale collassò all’altezza del primo piano314. Tali blocchi, considerati come una fase di riparazione e non come un vero periodo costruttivo315 risarcirebbero quindi una grande lacuna in una muratura sempre di quarto periodo. Ciò però contrasta con il grafico da lui proposto nella figura 20, nel quale tale risarcimento all’altezza del primo piano riguarda l’intero spessore del fronte sud della torre ovest, ed è caratterizzato graficamente come afferente al quinto periodo.

- Quinto periodo (attribuito ipoteticamente a Teoderico): Richmond ascrive a questo

periodo le aggiunte dell’ultimo piano alle torri e alla galleria centrale con le quali ritiene completata l’evoluzione architettonica della Porta. Come si diceva, secondo lui la ricostruzione del lato sud del bastione ovest potrebbe inserirsi in questo periodo o in quello precedente316.