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L’allisciatura delle malte e la presenza della patina

Osservazioni sulle tecniche di esecuzione 2.1 Introduzione

2.5 L’allisciatura delle malte e la presenza della patina

Quanto sopra detto conferma che l‟esame delle caratteristiche di una muratura dovrebbe effettuarsi dopo l‟individuazione di un‟area rimasta priva da sovrapposizioni estranee alla sua unità costitutiva, e soffermarsi, più che sui materiali che la compongono, in grado se databili di documentare solo un terminus post quem, sullo studio della loro tessitura e degli impasti usati per il loro assemblaggio. L‟approntamento delle malte, il tipo di apparecchio scelto per la posa in opera degli elementi costruttivi e il contestuale trattamento dei giunti di malta affiorante sono risultati di azioni svoltesi certamente durante la costruzione della struttura muraria, e quindi è importante dedicare una attenzione particolare a questi aspetti. Ciò appare tanto più rilevante nel caso di un monumento così complesso come il circuito di Aureliano, che inaugura la pratica del riuso come base fondante del costruire, risultando così in secondo piano la possibilità di datare i mattoni considerando le loro caratteristiche intrinseche. Del resto, del decalogo adottato da

217 COZZA 1955, p. 17. Dalla descrizione che delinea del posto, dicendo che è osservabile da vicino «uscendo sul

triangolo ottenuto tra la parte inferiore della torre quadrata e la superiore cilindrica» si direbbe che la traccia di colore rosso “evanide” da lui individuata sia la stessa rilevata da chi scrive e localizzata nella mappatura di cantiere durante i restauri del 2000 contrassegnandola con numero 15 e riportata anche negli allegati 4.1, 4.2 e 6.1 con lo stesso numero. Si tratta del margine della ghiera della finestra onoriana EA 109, in fase con la USM 112.

Figura 2.3 Porta Appia, torre occidentale, esposizione est, terzo piano. Ghiera della finestra EA 109. Lungo il margine della ghiera della finestra onoriana (compresa nella USM 112), erano visibili nel 1999 debolissime tracce di un colore rossastro indicate con nota 15 negli allegati 4.1, 6.1. A sinistra, l‟USM 140 di VIII-IX secolo. Foto D‟Ippolito.

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Lugli218 come strumento di periodizzazione delle strutture murarie in laterizi dell‟edilizia romana, i primi punti, riferiti alle caratteristiche dei mattoni, non sono determinanti nel caso di riuso, e solo gli ultimi quattro, dedicati all‟esame della malta, si rivelano insostituibili.

Tra gli aspetti altamente connotativi per specifici ambiti di produzione va quindi certamente incluso il trattamento che viene conferito ai letti di malta tra i mattoni (figura 2.4) indicato tradizionalmente col termine di “allisciatura”,219 cui si è accennato prima con riferimento alle murature di Onorio. Tale finitura si è spesso conservata grazie anche alla persistenza di un sottile strato compatto che ricopre la superficie del giunto assumendo l‟aspetto di una patina tendenzialmente ocracea.

Il primo riconoscimento del ruolo altamente caratterizzante dell‟allisciatura è emerso in uno studio sulle murature delle chiese paleocristiane di Roma dove la sua conformazione viene considerata come “una delle più notevoli peculiarità costruttive” che distinguono le strutture laterizie appunto delle chiese paleocristiane220. A determinare il piano liscio e inclinato verso il basso del letto di malta si ritiene essere il gesto della sua rabboccatura operato dalle maestranze con il passaggio della cazzuola, fatta

218I dieci punti nei quali Lugli compendia le caratteristiche dell‟opera laterizia sono i seguenti: “A. - Qualità del

«mattone» o del laterizio in generale. B. - Forma del «mattone». C. - Impasto dell‟argilla. D. - Colore dell‟argilla. E. - lunghezza del lato in facciata. F. – Spessore del lato in facciata. G. – Distacco fra i giunti verticali. H. –Spessore della malta tra un filare e l‟altro. I. – Qualità e aspetto della malta. L. – Modulo di 5 filari di mattoni e di 5 strati intermedi di malta” (cfr. LUGLI 1957, p. 583).

219 Questo termine viene utilizzato nella stessa accezione indicata nei testi di Venanzi (VENANZI 1943, pp. 8-9;

VENANZI 1953, pp. 34-39), ed in quelli che proseguirono gli studi sull‟architettura romana a partire dall‟ambito

paleocristiano. Cfr.BERTELLI et al. 1977; CECCHELLI 2001; HERES 1982.

220 APOLLONJ-GHETTI et al. 1945, pp. 231-232. Gli autori considerano inaugurato questo tipo di finitura nel

Mausoleo di Costantina e accennano anche ad allisciature concave.

Figura 2.4 Finitura dei letti di malta. Da VENANZI 1953, p. 34.

Stilatura: a) solco alla base del letto di malta diffusa dal I secolo (scompare in epoca severiana); b) solco al centro del letto di malta, diffusa nei secoli XI, XII e XIII.

Allisciatura: c) a sottosquadro, diffusa nel XIII secolo; d) concava, iniziata alla fine del III secolo come derivazione del tipo e), diffusasi con Massenzio e Costantino, più marcata nel IV e V secolo e proseguita nel VI; e) a scivolo dal I secolo all‟epoca paleocristiana; f) inclinazione a doppio spiovente data in casi di estrema altezza del giunto.

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scorrere sugli spigoli inferiori dei laterizi con funzione di guida (figura 2.5). Vi si descrive inoltre l‟occasionale comparsa sulla superficie lisciata della malta di una sostanza a volte stesa con un pennello e talmente resistente da non venire attaccata dall‟acido cloridrico, e si individua la presenza della pellicola colorata, che si ritiene di origine artificiale, attribuendo così ad essa una finalità conservativa o estetica. La stessa ricostruzione viene successivamente avanzata da Marta,221 e non sembrano esserci dubbi sul

fatto che entrambi gli studi si riferiscano alla stessa patina, probabilmente ad ossalati222, anche da noi più volte osservata sulla superficie inclinata dei giunti orizzontali di malta tra i mattoni delle Mura Aureliane223. Di fatto la sua solidità e la sua durevolezza, richiamate dagli studiosi, vengono confermate sia dal riscontro visivo diretto che dalla letteratura scientifica224.

Sebbene sia innegabile che la

morfologia della patina suggerisca in molti casi che possa aver avuto origine dall‟applicazione di una stesura a pennello, sembra però opportuno richiamare l‟attenzione sul fatto che sono possibili altre spiegazioni, se non altro per ragioni pratiche e logistiche225. La patina può determinarsi infatti anche per processi di altra natura226, ed il suo conformarsi in pellicola essere un fenomeno incidentale e non programmato, conseguenza indiretta della necessità di imprimere

221 L‟autore al riguardo dice: “(t)alvolta sulla lisciatura a scivolo si trovano delle pennellate date dalle maestranze

con sostanze tanto resistenti da riuscire inattaccabili financo all‟acido cloridrico” (MARTA 1989, p. 78).

222 Cfr. FRANZINI–GRATZIU 1984, p. 17 “Con la dizione “patine ad ossalati” si intendono i sottili films superficiali,

caratterizzati dalla presenza di ossalati di calcio nella fase monoidrata (Whewellite) o biidrata (Weddellite), che si rinvengono prevalentemente sopra litotipi calcarei ma frequentemente anche su materiali molto diversi, naturali od artificiali, che fanno parte di strutture monumentali e non monumentali”.

223 CECCHERELLI–D‟IPPOLITO 2006, pp. 88, 90, 92-93. L‟analisi di diffrazione di raggi X che ha confermato la

presenza di Weddellite nella pellicola superficiale dei giunti di malta è stata però eseguita solo su due campioni provenienti dai bastioni quadrangolari della torre orientale di Porta Appia durante i lavori di restauro per il Giubileo del 2000 (cfr. CARDELLINI–GUIDI–PIERDOMINICI 1999).

224 Riferendosi all‟ossalato di calcio nella fase monoidrata delle patine presenti su substrato marmoreo Matteini e

Moles scrivono: “(l)‟ossalato di calcio è [...] da considerare una specie chimica decisamente stabile in differenti ambienti aggressivi e ciò rende perfettamente conto della sua permanenza sulle superfici esposte agli agenti atmosferici. Una volta formatosi, anche il tenore di acidità determinato dai prodotti inquinanti odierni non riesce apprezzabilmente a solubilizzarlo e dilavarlo, salvo fenomeni di aggressione indiretta del substrato (…) su cui aderisce e che provocano il distacco localizzato della patina” (MATTEINI–MOLES 1986, p. 67).

225 Sembra infatti poco credibile l‟idea che maestranze impegnate in una smisurata costruzione di tipo militare

abbiano dovuto ripassare la superficie dei giunti di malta con una sostanza imprecisata, utilizzando barattoli e pennellini e senza mai debordare sui laterizi: la patina infatti è stata rilevata esclusivamente sui giunti di malta.

226 Torraca al riguardo scrive: “(a)lcuni aspetti degli strati che farebbero pensare a film applicati a pennello

(rugosità, sovrapposizione di più strati) sono anche interpretabili come derivanti dalla lunghissima serie di cicli naturali di dissoluzione e riprecipitazione dei materiali superficiali (…)” (TORRACA 1986, p. 35).

Figura 2.5 Allisciatura del letto di malta (struck joint). Disegno D‟Ippolito.

63 una adeguata compattazione alla malta

(figura 2.6). Per ottenere infatti una buona

coesione del sistema eterogeneo costituito dalla malta e dai laterizi è di fatto necessario non solo utilizzare materiali con determinati requisiti, ma soprattutto rispettare metodi e procedure in fase di realizzazione. Al momento dell‟utilizzo, l‟impasto della malta deve essere tanto ricco di acqua che la sua consistenza semi liquida avvolga

completamente gli elementi rigidi colmando le minime irregolarità sia dei laterizi da montare che delle cariche in grani più o meno grandi disperse nel legante. Ma per garantire che la perfetta compenetrazione ottenuta in fase umida delle due categorie di materiali, ovvero del cementante (legante a base di calce) e degli inclusi (elementi/cariche naturali e artificiali, inerti o idrauliche), si mantenga anche in seguito all‟essiccamento dell‟acqua, è necessario esercitare una adeguata pressione, perché è comprimendo e riducendo gli spazi provvisoriamente occupati dall‟acqua che si assicura una buona forza di aggregazione al sistema drenando parte dei liquidi meccanicamente227.

E‟ per questo motivo che, dopo la posa in opera di un tratto murario, la malta rifluente lungo i giunti veniva ricompattata con forza verso l‟interno, e che, per ottenere un saldo ancoraggio, l‟impasto veniva spinto verso un bordo dei mattoni, imprimendo così una decisa inclinazione ai giunti228 (figura 2.7). L‟allisciatura rappresenta quindi un espediente tecnico adottato per migliorare i processi produttivi e gli effetti conservativi delle strutture murarie, e infatti non a caso compare quando aumenta notevolmente lo spessore dei letti di malta229.

227 La conferma dei validi effetti dovuti alla pressione meccanica esercitata sulle malte sta nel fatto che, ad

essiccamento ultimato, non si presentano in superficie i cretti da ritiro. I Romani avevano afferrato perfettamente la potenzialità tecnica di tale modo di procedere e di fatto, benché fossero consapevoli di ottenere degli ottimi nuclei cementizi anche semplicemente percolando impasti molto liquidi arricchiti con frammenti e pietrame vario disperso casualmente, hanno sempre preferito, specie in delicati snodi architettonici, realizzare la costipazione del nucleo interno manualmente, come dimostra l‟orientamento e la disposizione degli scapoli quando la perdita delle cortine permette di ispezionarne il sacco.

228 Se lo strumento fosse stato allontanato in direzione inversa a quella dell‟applicazione della malta, omettendo di

comprimerla anche lateralmente, questa lo avrebbe seguito rimanendovi in parte attaccata al di sotto.

229 Lugli nota il rapporto che si stabilisce tra l‟altezza dei mattoni e l‟altezza dei letti di malta, e che lo spessore di

questa ha avuto un andamento inversamente proporzionale a quello dei mattoni aumentando fino all‟epoca di Settimio Severo e raggiungendo in seguito valori più alti per correggere i dislivelli dei vecchi laterizi di reimpiego inseriti nelle murature. Lugli tuttavia non mette in relazione l‟incremento di tale spessore con la comparsa del piano inclinato dei giunti, da lui definito col termine di “stilatura” al posto di “allisciatura”, che anzi considera in uso nei primi due secoli dell‟impero e in declino in quelli seguenti (LUGLI 1957,pp.570,572-573).

Figura 2.6 Porta Appia: Torre orientale, lato sud verso estremità ovest, in corrispondenza del II piano. Foto D‟Ippolito.

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Heres ha potuto stabilire che questo trattamento (struck joint e negative struck joint) fu usato dopo il periodo dei Severi e divenne molto popolare nel tardo IV e inizio V secolo230.

La progressiva diminuzione di disponibilità di laterizi ha determinato il rialzamento dei letti di malta per bilanciare le diverse altezze di quelli recuperati introducendo l‟uso di giunti sempre più alti fino a superare lo spessore dei mattoni. In questo utilizzo alla malta veniva richiesta la funzione di elemento strutturale e portante oltre a quella di legante e di sigillante. Questo supplementare ruolo di armatura dei giunti è stato reso sostenibile con l‟introduzione di cretoni e cariche di dimensioni maggiori del solito accanto alla percentuale di particelle molto piccole comunque indispensabili a garantire il massimo contatto tra impasto plastico ed elementi rigidi.

Ma comprimere e costipare un amalgama così composto determina la migrazione verso la superficie, ovvero verso la faccia che subisce l‟esercizio della forza, delle particelle più sottili con un localizzato addensamento di calce. Si ritiene che proprio questa concentrazione di legante e cariche sottilissime affacciata alla superficie dei giunti, a seguito del passaggio dello strumento metallico, tenda a connotarsi come pellicola subendo specifici processi di trasformazione con connessi viraggi cromatici231.

Un ulteriore elemento che potrebbe essere considerato anche in riferimento a problemi di datazione della struttura muraria in cui appare è la tipologia dell‟allisciatura adottata232. La

230HERES 1982, p. 51.

231 In relazione a patine presenti su monumenti esclusivamente marmorei, in GRATZIU–MELUCCO VACCARO 1989, p.

184 si spiega che il “loro studio petrografico ne evidenzia la complessità stratigrafica ed una composizione in cui assai spesso entra non solo l‟ossalato di calcio, ma anche prodotti silcatici, sia come carico che amorfi, che richiamano la composizione di un intonaco idraulico.” Sul ritrovamento di ossalato di calcio nei letti di malta di Porta San Sebastiano cfr. supra, nota 223.Per un aggiornamento sul tema si veda ALESSANDRINI 2005.

232 Cfr. al riguardo la classificazione operata da VENANZI 1943; 1953 e da APOLLONJ GHETTI et al. 1945, adottata

come riferimento da HERES 1982 e anche da BERTELLI et. al. 1977 per analisi delle strutture murarie degli edifici religiosi di Roma dal VI al IX secolo. Al fine di evitare equivoci interpretativi va tenuto presente che Lugli si discosta da questa impostazione attribuendo ai termini citati significati molto diversi: con “stilatura” egli sembra infatti riferirsi alla pratica dell‟allisciatura, mentre con “lisciatura” – che definisce come “il contrario di stilatura

Figura 2.7 Porta Appia, torre orientale, lato est, zona

centrale, all‟altezza del primo piano, verso sud. Foto D‟Ippolito.

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compresenza in uno stesso tratto, all‟apparenza riferibile a una stessa unità, di più di una di esse suggerisce i termini entro i quali ci si possa avvalere di questo tipo di dato, che in una costruzione come quella delle Mura Aureliane deve comunque essere valutato in base a logiche produttive fuori scala233.

Da un punto i vista tecnico non può sfuggire il fatto che il tipo di inclinazione dei letti di malta abbia ricadute notevoli sul futuro della parete stessa. Adottando il tipo di allisciatura “a scivolo” che lascia in vista il margine superiore del mattone sottostante, coincidente con quello che Heres definisce negative struck joint, si ha una perfetta disponibilità della cortina laterizia a ricevere e a trattenere solidamente uno strato di intonaco, mentre con l‟inclinazione inversa si ottiene esattamente l‟effetto contrario. In questo caso la parete potrebbe resistere perfettamente agli agenti atmosferici senza strati protettivi, perché la pendenza dei giunti agevolerebbe l‟immediato allontanamento dell‟acqua di scorrimento evitando la sua permanenza in prossimità dell‟accostamento di diversi materiali234. Il fatto che gran parte delle cortine laterizie delle Mura presentino nei giunti la finitura a scivolo può comunque essere interpretato come una riproposizione meccanica delle maestranze di una tecnica ormai collaudata. Secondo Heres tra il I e il V secolo il modo più diffuso di trattare i giunti è quello di lasciare la malta a filo coi mattoni della cortina, ma elenca ben sei diverse tipologie di allisciatura che sono state adottate con diversa incidenza a seconda dei periodi. Venanzi tende a individuare un processo evolutivo nella scelta delle finiture che dalla inclinazione “a scivolo” si attesta in una conformazione concava con Massenzio e Costantino, per approdare con l‟ulteriore incremento dell‟altezza dei letti di malta all‟inclinazione a spioventi (per Heres negative vee joint)235.

Sebbene rivestano una notevole importanza, questi elementi tecnici possono aiutare a definire precisi ambiti produttivi solo, se correlati con altri indizi. Eccessivi schematismi finalizzati ad orientare nella datazione possono infatti risultare fuorvianti236. L‟allisciatura “a sottosquadro”, ad esempio, è stata indicata come “(u)sata con l‟inizio del XIII secolo” per scomparire “nel pieno dello stesso XIII secolo”237. Ma questa serrata e drastica periodizzazione

[perché] in luogo di togliere si aggiunge” – indica specificamente l‟applicazione di uno strato di malta liquida che chiama “colla” (LUGLI 1957, pp. 572-573).

233 Ci si riferisce ad esempio all‟allisciatura riscontrata sul lato est della torre orientale di Porta Appia all‟altezza del

bastione laterizio quadrangolare, dove nella maggior parte dei casi in cui essa è conservata (quasi sempre protetta dalla patina), si riscontra l‟uso del tipo negative struck joint che in alcuni casi tende a trasformarsi nel tipo concave

joint. Cfr. al riguardo D‟IPPOLITO2004, pp. 42-43 e allegato B2.1.

234 Per questo motivo HERES 1982, p. 51 chiama questo tipo di allisciatura “weather-struck joint”. 235 APOLLONJ GHETTI et al. 1945, pp. 34-35.

236 La conformazione dei giunti “a scivolo” ad esempio può venire presentata come “peculiarità dei costruttori delle

chiese paleocristiane” con una esclusiva connotazione ecclesiastica a causa della sua prima individuazione in quell‟ambito (MARTA 1989, p.78).

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si scontra con dei casi particolari in cui questa finitura viene riconosciuta come predominante nelle murature risalenti al VII secolo238.

Nondimeno, con l‟VIII secolo i letti di malta tra i mattoni tenderanno a perdere qualunque tipo di trattamento, anche perché si ridurrà drasticamente il loro spessore239, per cui di nuovo la malta sembra assumere un ruolo fondamentale nel definire il salto operativo che si riscontra nelle pratiche edilizie tra VIII e IX secolo. In questo periodo si ha un cambiamento rilevante nelle caratteristiche della malta, sia costitutivo sia tecnico-esecutivo. Nell‟impasto sempre a base di grassello di calce viene ridotta la percentuale di inerti che sono in gran parte sostituiti da cariche idrauliche di pozzolana rossa e nera a granulometria medio grande con frequenti cretoni di 3 mm (cfr. figura 6.11).