Osservazioni sulle tecniche di esecuzione 2.1 Introduzione
2.6 La malta nell’VIII e IX secolo
Le caratteristiche della lavorazione e della composizione della malta nell‟VIII e IX secolo meritano in effetti ulteriori approfondimenti perché possono risultare rilevanti per la datazione delle strutture murarie. Non solo, come si è detto, i letti di malta sono ora di spessore ridotto, ed i filari assumono un tipico andamento ondulato. Ma proprio questo andamento ondulato dei filari laterizi (figura 2.8), troppo spesso spiegato banalmente come espressione di ridotte capacità tecniche delle maestranze dell'epoca,
risulta in realtà essere indice di un importante passaggio tecnico nella realizzazione delle murature. Venanzi sostiene che “(n)el IX secolo non si sapevano quasi mettere a piombo i muri, né questi si sapevano fare continuativamente diritti. (…) (N)on si sapevano lavorare cortine con filari di mattoni, che avessero un andamento regolare, ma i muri stessi riuscivano bombati e
238 BERTELLI et al. 1977, p. 115. La prima volta che si individua il cambio di inclinazione dell‟allisciatura a scivolo
in quella a sottosquadro è nella struttura muraria di S. Agnese f.l.m.. Nello stesso testo vengono riportati i casi riferibili ad altre murature di VII secolo: l‟Oratorio di S. Venanzio; S. Valentino, cripta; S. Giorgio al Velabro.
239 BERTELLI-GUIGLIA 1976, pp.331-335.
Figura 2.8 Settore tra Porta Ostiense e il Tevere, Torre M14.
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ondulati, gonfi o con concavità” arrivando ad affermare che “(b)en si possono chiamare «muri brutti»”240.
In epoca paleocristiana si tendeva a bilanciare il differente spessore dei mattoni e delle tegole di reimpiego attraverso l‟uso di notevoli quantità di malta, cercando in questo modo di regolarizzare l'andamento dei filari. Tale accorgimento comportava però sia un aumento dei costi per la committenza, dovuto alle spese per la calce, che un rallentamento nei tempi di posa in opera, dovuto alla necessità di pressare adeguatamente i giunti e, in parte, anche a quella di attendere il tiraggio delle malte. Nel IX secolo, invece, l'assottigliamento dei letti di malta, con il conseguente abbassamento della misura del modulo a valori spesso inferiori ai 30 centimetri, permette di evitare il trattamento superficiale dell‟allisciatura (i giunti sono tirati a filo dei mattoni) e di risparmiare sull'impiego di calce semplicemente assecondando le differenze di spessore dei laterizi. Non si cerca più di forzare l‟eterogeneità dei mattoni disponibili ad una resa regolare mediante la correzione delle assise con la costosissima malta, bensì si accettano i dislivelli di spessori avendo la sola cura di seguirli in modo sufficientemente graduale interponendo tra essi uno strato più fine possibile di malta (figura 2.9).
240 VENANZI 1953, pp. 57, 59.
Figura 2.9 Settore Porta Flaminia – Porta Pinciana, tra le torri A22 e A23. Nella zona centrale è evidente un‟area in cui i mattoni
sono disposti in modo molto ravvicinato, con giunti di malta ad andamento ondulato, dimezzati rispetto a quelli della muratura circostante. Foto D‟Ippolito.
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Il risultato dei filari ondulati non compromette in alcun modo la stabilità dell'edificio, e non sembra dovesse rappresentare un problema estetico molto grave nell‟edilizia ecclesiastica che per prima li introduce, considerando che in quell‟ambito le costruzioni erano spesso intonacate. Il fatto che frequentemente si riscontri il confluire di due filari in uno esclude che l'andamento ondulato possa invece derivare da assestamenti della muratura posteriori alla sua realizzazione sopravvenuti prima che il tiraggio della malta fosse completo. Si può inoltre supporre che a determinare una tale mancanza di regolarità nella tessitura contribuisse una diversa organizzazione logistica del cantiere, ed il possibile abbandono dei ponteggi continui con sviluppo parallelo alla costruzione. Un ponteggio poco esteso in lunghezza rende sicuramente molto difficoltoso il controllo dell'orizzontalità, ma ciò evidentemente non si riteneva più essere essenziale.
Ad imporre cambiamenti importanti nell‟organizzazione dei cantieri e con ciò nelle relative prestazioni tecniche concorrono le difficoltà di approvvigionamento di materiali che prevedevano un ciclo produttivo altamente specializzato, come la fabbricazione di laterizi o la coltivazione di cave, con la movimentazione, il trasporto, il montaggio e la regolarizzazione di blocchi lapidei. Per l‟attività edilizia solo la produzione della calce è risultata irrinunciabile come risorsa da confezionare ad hoc, mentre il resto viene recuperato dall‟immensa disponibilità di fabbriche dismesse, ed utilizzato con una forza lavoro non necessariamente altamente qualificata. Ciò è confermato dal Liber Pontificalis, in cui si evidenzia che proprio la calce era il solo materiale davvero insostituibile, per la cui produzione, per quanto relativamente semplice, andavano impiegate maestranze esperte241. Il che giustifica l‟attenzione che viene rivolta ad utilizzarne il minimo indispensabile.
Quello a cui quindi si assiste in questi anni è senza dubbio un importante cambiamento tecnico, a cui si accompagna anche una ulteriore peculiarità, costituita dalla mancanza di piombo delle pareti, che presentano spesso depressioni o spanciamenti rivelando ancora una volta una generale perdita di interesse nei confronti della regolarità esecutiva, che non sembra
241 L.P., I, p. 388, Sisinnius; p. 396, Gregorius II; p. 420, Gregorius III; p. 501, Hadrianus. Cfr. supra, par. 1.5.
Figura 2.10 Porta Appia, torre occidentale, bastione quadrangolare, lato ovest, altezza tra primo e secondo piano verso sud. Foto D‟Ippolito.
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però implicare una minore attenzione per la solidità della costruzione, peraltro testimoniata dall‟adozione di altri accorgimenti tecnici242.
Anche per quanto riguarda l'altro tipo di muratura frequentemente messo in opera in età carolingia, e cioè quella in grossi blocchi di tufo di spoglio, è possibile del resto riscontrare una grande attenzione agli aspetti tecnici relativi alla stabilità delle strutture. Essa risalta in primo luogo nel tentativo di regolarizzazione le facce di accostamento dei blocchi riempiendo le discontinuità e le lacune con frammenti di laterizi, ma anche di tufo con il quantitativo di malta necessario a costituire in alcuni casi degli innesti di murature in miniatura. In questo modo si creava un ostacolo nei confronti dei fenomeni di degrado esterni e, nel caso dei giunti orizzontali, si cercava inoltre di ottenere una corretta ripartizione dei carichi (figura 2.10).
Sia la distribuzione di questa sorta di integrazioni che il loro rapporto con i piani di contatto dei blocchi escludono la possibilità di una messa in opera dei blocchi a secco e di un successivo intervento volto a colmare le lacune tra essi, come invece proposto da Richmond243. Va poi detto che Mancini individua anche in questo apparecchio delle murature a grossi blocchi una progressiva perdita di regolarità, ormai pienamente realizzata nella prima metà del IX secolo. La fase pertinente a Leone IV sarebbe pertanto quella caratterizzata da una maggiore irregolarità nell'orizzontalità dei filari di conci244.
Vi è infine un altro genere di trattamento della malta tra i giunti, da Venanzi definito col termine di “stilatura”, che come indicatore effettivo di ambiti cronologici assume rilevanza per individuare strutture murarie successive al IX secolo. L‟uso di incidere la base del letto di malta nelle cortine laterizie romane si interrompe col periodo severiano per riapparire in ambito romano nella seconda metà dell‟XI secolo fino alla metà del XII. Oltre alle numerose varianti di stilature relative a cortine laterizie Venanzi ricorda esempi con incisioni nel mezzo dei letti di malta sia orizzontali che verticali in murature in opera listata del XII secolo245 (figura 2.11).
242 L'impiego di particolari accorgimenti statici risulta dal ricorso quasi costante all'uso della doppia ghiera negli
archi che contornano le aperture rendendo la parete in grado di sopportare un maggiore impegno statico.
243 RICHMOND 1930, pp. 42, 90 e 267. L‟ipotesi viene scartata anche anche in COATES–STEPHENS 1995, pp. 506-508
e in MANCINI 2001, p. 35.
244 MANCINI 2001, pp. 45-46. Come ulteriori esempi l'autrice segnala sia il restauro delle mura poligonali di Amelia
(L.P., II, Leo IIII, p. 127), eseguito con grandi blocchi di calcare spoglio e con gli interstizi tra i conci riempiti con frammenti di laterizio e scaglie di materiale calcareo, sia l‟intervento sulla cinta muraria di Porto (L.P., II, Leo IIII, p. 126) dove, nella parte occidentale, si ritrovano numerosi brani che presentano tutte le caratteristiche delle strutture con filari ondulati (cfr. MANCINI 2001, pp. 46-49, fig. 22).
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