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Capitolo 3. L'oggetto della ricerca

4. L'ostaggio veniva rapato a zero e fotografato con un cartello inneggiante alla rivoluzione.

3.4. I bersagli del terrorismo

Molte definizioni del terrorismo sottolineano la particolare rilevanza che l'agire simbolico assume nell'attività dei terroristi. Seguendo una logica di comportamento razionale rispetto allo scopo, l'azione terroristica si proporrebbe di raggiungere i suoi fini non tanto - attraverso i danni materiali o fisici arrecati a l l ’avversario - come avviene, per esempio, nel caso della guerriglia - quanto piuttosto puntando sugli effetti psicologici che gli agguati e gli attentati producono. Le vittime colpite divengono strumenti per la diffusione di un messaggio. Spesso la stessa azione è destinata a trasmettere contenuti differenti per i diversi strati della popolazione: accentuare l'apatia di alcuni gruppi, demoralizzare i diretti avversari, rafforzare una fazione dell'organizzazione clandestina contro un'altra.

Come si è anticipato nel secondo capitolo, abbiamo rilevato tre diversi indicatori della finalità delle azioni: il bersaglio, l'attività del bersaglio, l'obiettivo dell'azione. Nella prima variabile è stata classificata la categoria, cioè la caratteristica rilevante dell'oggetto o della persona colpita che ne ha determinato la selezione da parte dell'organizzazione clandestina. La distribuzione fra le diverse categorie viene presentata nella Figura 3.2.

In primo luogo, si può osservare che i bersagli "economici" sono stati • più colpiti di quelli direttamente politici. Un maggior numero di episodi (43,7%) si concentrò contro le imprese. Meno frequenti furono, invece, le azioni contro i partiti (14,9%) e altre organizzazioni degli interessi (5,6%). Per guanto riguarda le azioni contro le istituzioni dello stato, pochi episodi complessivamente riguardano la pubblica amministrazione o gli organi di governo (5,6%), mentre invece numerosissime sono le azioni contro gli apparati (27,4%).

L'analisi può essere approfondita se si esamina la composizione interna di queste categorie più generali. Le frequenze rilevate sono presentate nella Tabella 3.5..

. (Tabella 3.5. approx. qui)

Si * può in generale osservare che, non sorprendentemente, il terrorismo ha colpito principalmente i simboli della "classe dominante” . Fra i partiti, è la De quello di gran lunga più preso di mira, concentrandosi su di esso il 10,4% delle azioni complessive e il 70% di quelle rivolte contro organizzazioni politiche. I partiti di destra sono il secondo più frequente bersaglio - con il 23% degli episodi orientati contro i partiti politici - ¡na i loro valori sono decisamente più bassi, non giungendo al 5% dell'attività complessiva. Anche nell'ambito delle azioni contro gruppi d'interesse, le organizzazioni degli imprenditori sono quelle più colpite, con il 2,8% delle azioni sul totale e il 50% di quelle orientate contro le organizzazioni di categoria. Segue il sindacato di destra, Cisnal, con 1*1,2% degli episodi. Per quanto riguarda, poi, le imprese, quelle industriali sono di gran lunga il

bersaglio più colpito (21,9% sul totale), anche se frequenti sono pure le azioni contro attività commerciali (10,2%).

L'indicatore preso in esame ci indica il "settore" ' colpito, ma non dice nulla sulle professioni più prese di mira. Se, infatti, l ’obiettivo è in alcuni casi direttamente l'istituzione in un suo simbolo "materiale" - una sede, un'insegna - in altri casi essa viene invece colpita tramite un suo "agente", cioè una persona che vi presta la sua attività professionale o volontaria. In questo secondo caso, per arrivare alla comprensione dei messaggi diffusi - volontariamente o no - dalle organizzazioni clandestine, è necesario analizzare anche quali gruppi sociali sono stati -più coinvolti, quali livelli gerarchici più frequentemente

selezionati.

Questo secondo indicatore, definito come attività del bersaglio,.« riportato alla Tabella 3.6..

(tabella 3.6. approx. qui)

Le professioni connesse alla fabbrica rappresentano le attività più spesso prese a bersaglio. Le azioni hanno riguardato in egual misura (15%) i livelli più elevati e quelli intermedio-bassi. Nel caso dei militanti politici,

invece, i "professionisti", o dirigenti, appaiono leggermente più colpiti dei militanti di base (12% delle azioni nel primo caso, 8% nel secondo). Opposto è, invece, il caso delle forze del'ordine: la grande maggioranza delle ^azioni (l'87% di quelle contro questa categoria) interessa il livello gerarchico più basso, dei semplici agenti, e solo molto raramente (5 casi) i livelli più elevati.

Si può dire cioè che, almeno al livello dei dati aggregati, si rivela falso uno dei principi della propaganda delle organizzazioni terroriste: che esse misurino, cioè, le

"pene" sulla base delle responsabilità delle vittime, oppure, che esse colpiscano i più responsabili. Queste scelte possono essere dovute in alcuni casi - per esempio, per guanto riguarda la fabbrica - alla volontà di rendere più efficace il messaggio, scegliendo come bersaglio gli "oppressori" più vicini nella scala gerarchica e, quindi, più immediatamente identificabili. Ma in molti casi - quello delle forze dell'ordine è solo il più evidente - la scelta di colpire ai livelli gerarchici più bassi può essere una necessità rispetto alle maggiori difficoltà "militari" che obiettivi più protetti comporterebbero.

I dati fin qui presentati non sono ancora sufficienti a farci comprendere la gamma di finalità che possono assumere le azioni terroriste. Per esempio, un'azione contro un'impresa commerciale o un libero professionista può essere orientata.alla propaganda di un messaggio, o invece* a raccogliere solo risorse materiali. Appare perciò opportuno introdurre un altro indicatore: l'obiettivo dell'azione. Le sue frequenze sono riportate nella Figura 3.3..

(figura 3.3. approx. qui)

Un primo gruppo di azioni ha obiettivi genericamente definibili come propaganda, cioè orientati a diffondere messaggi all'esterno, presso un ambiente che si vuole convincere della necessità di utilizzare forme più radicali di azione. Un maggior numero di episodi si è concentrato sulla propaganda in fabbrica, con il 28% sul totale delle azioni e il 45% delle azioni dì propaganda. Il 16% del totale delle azioni si è invece orientato ad una propaganda più direttamente politica. Ancora, il 16% degli episodi è stato orientato alla "propaganda sociale", cioè ha colpito individui o istituzioni individuati come responsabili di

alcuni problemi sociali. In questa categoria sono confluite le campagne su temi economici (lavoro nero» disoccupazione, caro-vita, casa), quelle connesse alla "qualità" della vita (salute, droga) o quelle più in generale contro il "controllo sociale". Ridottissimo è invece il numero di azioni sulla scuola, assente quello sull'ambiente.

Elevatissimo è anche il numero delle azioni contro gli apparati repressivi dello stato, distinguibili tra azioni premeditate e azioni di "difesa" in caso di scontri accidentali con la polizia. Essi ammontano complessivamente al 23% delle attività complessive. Un altro 16% delle azioni fu ancora rivolto ad attività di sopravvivenza: il finanziamento. Complessivamente dunque, quasi la metà delle attività ha avuto finalità non di propaganda.

La diversa funzione delle azioni rivolte ad obiettivi differenti è, infine, confermata dalla diversità ‘del repertorio utilizzato. La forma più sanguinosa - l'agguato - è ad esempio più utilizzato (36% dei casi rispetto ad una media del 18%) contro gli apparati repressivi che nel caso delle azioni di propaganda, dove invece è più diffuso l'attentato (66% contro una media del 50%).