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34 alla dottrina "operaista” , emersa negli anni Sessanta

risultati della mia ricerca mostrano, in effetti, che molti gruppi armati trassero le loro risorse iniziali all'interno di organizzazioni politiche dotate di ideologie che giustificavano l'uso della violenza come strumento di pressione politica.

Prescindiamo in queste valutazioni dalle organizzazioni clandestine nate dalle fratture operatesi all'interno di gruppi già illegali, per le quali l'adesione ad ideologie violente non ha bisogno di essere dimostrata, e delle quali ci occuperemo meglio nell'analisi delle dinamiche evolutive del terrorismo. Concentriamo, invece, la nostra attenzione sui gruppi legali più spesso accostati alla crescita delle organizzazioni clandestine: Cpm, Le, Po, e i collettivi

33. Tribunale di Milano, Sentenza-ordinanza del Gl, in Pocedimento penale n. 226/81.

34.Questa ipotesi è avanzata in Ventura, 1980; e Galante, 1981.

organizzati attorno a "Rosso". E' certo che tutti questi gruppi sottolinerono spesso la necessità della "lotta armata": 1'inevitabilità dell'insurrezione per costruire una società socialista. Il giornale dei Cpm scrisse della necessità di convincere "le masse proletarie in lotta del principio che non c'è potere politico senza potere militare" Po e Le sono spesso state accusate di avere esaltato la violenza politica, di avere approvato nei loro giornali le prime azioni delle Br, di avere costruito efficienti strutture semi-militari. Molti membri dei comitati di redazione di "Rosso" e "Senza tregua" sono stati perseguiti per reati di insurrezione armata contro i poteri dello stato, in procedimenti penali nei quali venne è stata rilevata la propaganda a favore della violenza politica e sociale contenuta nelle due riviste.

L'ideologia sembra dunque avere giocato un ruolo importante nello spingere i militanti di alcune organizzazioni verso il terrorismo. Per almeno tre ragioni, tuttavia, la portata del suo intervento va delimitata. In primo luogo, il contenuto generale di queste ideologie - la definizione del nemico, la prefigurazione della società futura - non è stato un'esclusiva solo dei gruppi dai quali le organizzazioni terroriste provennero. Viceversa, questi principi ideologici erano ampiamente presenti anche in altri gruppi che pure non diedero origine a formazioni terroriste.

In secondo luogo, neanche le teorizzazioni sulle strategie da adottare - più o meno direttamente derivate da quelle ideologie - furono proposte solo da quei gruppi che scelsero pratiche terroriste. Se è vero che Cpm e Po

propagandavano l'insurrezione e il giornale "Lotta continua" scriveva "tutto e subito", è anche vero, però, che a l l ’inizio degli anni Settanta queste "parole d'ordine" erano adottate anche 'da organizzazioni che rifiutarono la costruzione di strutture militari.

In terzo luogo, dalle stesse organizzazioni dalle quali i gruppi terroristi trassero le loro risorse iniziali provennero anche individui e gruppi che criticarono il terrorismo. Non occorre ricordare che solo pochi dei militanti non solo di Le e Po, ma anche di "Rosso" e "Senza

tregua" entrarono in clandestinità.

Piuttosto che come cause determinanti di un comportamento collettivo, le ideologie sembrano operare come fattori facilitanti, ~come risorse o vincoli nella costituzione di un attore politico e nella definizione delle sue st-rategie. Nessuna spiegazione comprensiva delle azioni di una organizzazione può risiedere solo sulle credenze politiche dei suoi militanti. Viceversa, come si vedrà meglio in seguito, le ideologie sembrano piuttosto funzionare come razionalizzazioni ex-post di una già esistente escalation violenta nelle forme d'azione.

E' utile ricordare, comunque, che in Italia una giustificazione diffusa per l'uso di repertori violenti fu consentita dalla prevalenza, nel settore dei movimenti collettivi, di un particolare tipo di cultura politica. Essa può essere descritta come caratterizzata dalla supremazia dei modelli provenienti dalla Terza internazionale, dalle elaborazioni volontaristiche dell' "operaismo", dall'estremismo verbale dei gruppi cresciuti in competizione

con il "revisionismo" del Pei 3 6 . Nella cultura del movimento erano, cioè, presenti e radicati dei principi ideologici che potrebbero avere preparato il terreno allo sviluppo di ideologie terroristiche.

La nostra ipotesi è che non alla ideologia in sé occorra guardare, ma piuttosto alla cultura politica, come

insieme di strategie ma anche di comportamenti concreti. Si cercherà, cioè, di dimostrare che sia stata la degenerazione delle forme d'azione prodotta dalla lunghezza del ciclo a determinare l'emergere di domande non negoziabili e la radicalizzazione delle ideologie. Le organizzazioni che sopravvissero fino alla fine del ciclo, senza- trovare spazi di istituzionalizzazione, videro al loro interno un graduale processo di compartimentazione del loro modello organizzativo, da cui i gruppi clandestini emersero.

Durante il ciclo della protesta, gruppi che avevano ritenuto insufficienti i risultati delle forme non-violente di intervento politico, iniziarono a usare varie forme di "pratica degli obiettivi", alcune delle quali - come i "blocchi stradali" o gli scioperi "selvaggi" - produssero la reazione violenta degli organi repressivi dello stato. Alcune componenti del movimento reagirono agli interventi delle forze di polizia durante le manifestazioni pubbliche con un graduale processo di armamento. Durante le

36. Componenti ideologiche quali il mito della rivoluzione imminente, la definizione della democrazia come una maschera che nasconde lo sfruttamento, il disprezzo per la vita umana, la sovranità della ideologia sulla teoria, il sacrificio dell'individuo al bene comune, la propaganda per l'abbattimento violento delle istituzioni statali sono state considerate come precondizioni culturali per l'emergere del terrorismo. Si veda su questo punto dalla Chiesa, 1981 e

manifestazioni, le "armi" usate dai dimostranti per scopi "difensivi" mutarono gradualmente: dalle pietre ai bastoni, dai bastoni alle barre di ferro, dalle barre di ferro alle bottiglie incendiarie, dalle bottiglie incendiarie alle pistole. Nelle grandi fabbriche, alcuni casi di danneggiamento delle macchine o di violenza fisica durante i cortei interni erano state tollerate nella fase di maggiore espansione della protesta. La radicalizzazione delle forme d'azione - influenzata dalla presenza di organizzazioni armate - fu il principale fattore che produsse la crisi prematura del movimento del 77, "liberando" un certo numero di militanti inclini, per la loro socializzazione politica, all'uso di repertori illegali d'azione 3 ? .

Due indicatori mostrano che la nascita dei gruppi armati è associata allo sviluppo dei repertori violenti: le aree geografiche in .cui essi emersero e l'evolversi temporale degli episodi di violenza.

I miei dati sulle organizzazioni clandestine indicano che esse crebbero nelle città che più sperimentarono forme

37. Anche in altre democrazie occidentali il terrorismo di sinistra crebbe dall'evoluzione violenta dei repertori politici prodotti durante l'interazione tra attori collettivi e apparati represivi dello stato. Negli Stati Uniti, per esempio, il movimento per i diritti civili iniziò la sua attività con un'ampia campagna di sit-ins che declinò nella seconda metà degli anni Sessanta, lasciando spazio alle rivolte violente nei ghetti neri e, in seguito, all'attività delle Pantere nere. I mezzi di comunicazione di massa e la polizia riuscirono ad isolare il movimento, ma ciò produsse una degenerazione delle forme d'azione (Gurr, 1984). Nella Germania Occidentale, il movimento giovanile che era emerso con domande di riforma del sistema universitario, iniziò le sue azioni più politiche solo dopo il restringimento degli spazi di protesta pacifica (Fetscher, 1984).

violente d'azione politica. Le Br emersero a Milano, proprio dove le lotte di lavoratori e studenti erano state più strettamente intrecciate e la loro intensità aveva facilitato il prodursi di episodi di violenza. Fu proprio a Milano che, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, alcuni militanti vennero uccisi nel corso di interventi delle forze dell'ordine o in scontri fisici con avversari politici dell'estrema destra. Ancora nella capitale lombarda, venne compiuta da gruppi neo-fascisti la prima strage della storia italiana del dopoguerra. Sempre qui, altri gruppi armati - PI, Fcc, Rea, Gr, Brigata Lo Muscio, Pac, per nominarne solo alcuni - crebbero nella seconda metà degli anni Settanta, in un periodo in cui questa città vide il maggior numero di eventi violenti: dagli espropri proletari che iniziarono nel 1974 alle

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