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Bloch e la «realtà delle immagini» secondo Klages

Excursus IV: Ernst Bloch e Ludwig Klages. Temporalità e filosofia del soggetto alle soglie del mito

2. Bloch e la «realtà delle immagini» secondo Klages

Guardando alla teoria della realtà delle immagini di Klages, che costituisce il nucleo del suo vitalismo,682 Bloch ne rileva quattro aspetti fondamentali. Le immagini vengono innanzitutto

presentate come «oggetto di un’intuizione interiore, l’uomo sogna con esse, nella crescita e nella

fluorescenza di un fiore» (ET, p. 283), In secondo luogo sono un’esperienza istantanea e unica,

attimo in cui appare l’anima dell’esperienza estatica, capace di fondere insieme uomo e mondo. Le immagini sono poi caratterizzate dalla lontananza, quell’atmosfera azzurrina che impedisce la loro

presa di possesso diretta, rendendole riproducibili solo mediante i simboli. Infine, esse sono caratterizzate dal continuo mutamento, non sono essenze statiche, ma in divenire: «tratto

fondamentale dell’intero essere mitico è la metamorfosi» (ET, p. 284) Bloch contempla le immagini

682

Nell’ampia bibliografia sulla centralità della teoria della realtà delle immagini nel pensiero di Klages si vedano

di Klages nella loro funzione vitale, riconoscendone la vastità della portata conoscitiva dopo il «venir meno del calcolo». Tuttavia, per Bloch le immagini di Klages restano legate ad un passato irrimediabilmente lontano, ancorandosi a quel «panvitalismo selvaggio» che la filosofia klagesiana sembra talvolta assumere (ET, p. 280).

Secondo Klages infatti solo l’uomo capace di abbandonarsi all’ebbrezza dionisiaca, di

sciogliere le catene della volontà di potenza «vede sprofondare di fronte a sé il mondo dei fatti e risorgere, con tutta la potenza in una realtà che si impone, il mondo delle immagini» (EC, p. 78).

Abbandonandosi agli abissi senza fondo dell’inconscio l’uomo vede riemerger la dimensione

fluttuante delle immagini, dimensione pre-logica e precedente ogni solidificazione concettuale del

reale. L’inizio, di fronte a un soggetto devitalizzato e agli sgoccioli, assume i tratti delle profondità

infernali del mondo ctonio, della madre terra che garantisce il continuo riciclarsi della vita. Vi è dunque per Klages una scissione dualistica tra passato e futuro, coscienza e inconscio, mondo ctonio e mondo solare, mito e storia. È solo con il «venir meno del calcolo», che le immagini mostrano la vastità della loro portata conoscitiva.

Bloch non può accettare il dualismo della metafisica klagesiana, il ritorno al mito può

avvenire solo all’insegna della volontà di futuro. In questo consiste la filosofia utopica di Bloch.

Solo una classe capace di guardare al futuro, si rivela capace di estrarre dalle immagini il loro «significato futuro, incapsulato in un passato che non è stato liquidato» (ET, p. 283), e quindi realizzarle anche praticamente e nella prossimità (ET, p. 284). Non vi è spazio nell’utopia per «le

lontananze vaporose all’orizzonte». Le immagini evocate da Klages restano per Bloch fantasmi inafferrabili, sintomi di un disagio troppo grande da sopportare. L’utopia di Bloch è quella di voler

guarire i solchi del tempo: le immagini autentiche sono infatti per Bloch le immagini di desiderio contenute nelle fiabe, in particolare le immagini di speranza e di commossa meraviglia, capaci di farci presagire la nostra felicità futura (ET, p. 286).

Tali immagini diventeranno concretamente visibili solo dall’alto della coscienza in viaggio, dal punto di vista di quel totalmente nuovo che porta con sé l’«antichissimo» solo per dissolverlo ed ereditarlo in piena lucidità. In Klages ciò non avviene affatto, il suo sguardo ritroso è talmente lontano dall’immagine autentica quanto la moratoria della tecnica

3. Bloch e l’utopia

Alla base del pensiero utopico di Bloch vi è senz’altro il concetto di negazione. Riprendendo il

concetto di negazione dalla dialettica hegeliana, in cui la negazione appare come «ciò che spezza

l’entificazione dell’esistente», essendo «critica che non accetta il dato e che quindi mette in

movimento il processo di riunificazione del vero con il reale»,683 Bloch articola l’utopia nei due

aspetti fondamentali della negazione e della anticipazione: «negazione delle concretizzazioni

presenti» e anticipazione di accadimenti futuri. Come rilevato da Zecchi, l’utopia di Bloch è contenuta nella «negazione dialettica dell’esistente: essa non può quindi essere soltanto semplice negazione perché finirebbe con l’avere la funzione di un’inerte nullificazione che cristallizza il

reale, né semplice visione del futuro perché risulterebbe priva di concretezza nella vana ricerca

dell’aurora di una nuova epoca»,684nella sua duplice essenza negante-anticipante essa è innanzitutto

contrapposizione dialettica al presente. Il presente, l’attimo appena vissuto, rappresenta per Bloch un enigma, o meglio «la tenebra dell’immediato». Nel punto in cui ci troviamo in ogni attimo, non

vediamo; il vissuto è talmente immediato che non riusciamo ad averne l’Erlebnis, poiché in esso manca il distacco necessario per passare alla coscienza.

Solo l’istante dopo posso tranquillamente avere tutto questo sotto gli occhi e quasi farmelo girare davanti. In questo

modo è presente solo il passato, che coincide con quanto si sperimenta come apparentemente esistente. È dunque questo

che dobbiamo vivere? […] Non essere mai presenti: è dunque questa la vita «reale» di una certa donna e di un certo

uomo - ancora vent’anni e questa sarebbe tutta la realizzazione? Quando viviamo veramente, quando siamo coscientemente presenti dentro i nostri istanti? Malgrado tutta l’intensità di questo sentimento, l’oscuro attimo che

scorre continua a sfuggirci insieme al suo significato (SU, p. 216).

Il contenuto di ciò che viene vissuto nell’immediatezza non può essere colto nella pienezza del suo significato. È in questo senso che Bloch accoglie all’interno dell’immediato sensibile il valore della

mediazione dialettica in senso hegeliano. Egli mira, infatti, come sottolinea ancora una volta Zecchi, «a mettere in questione il significato del vissuto della coscienza, e, con esso, il valore del tempo nella storia: il passato nel vissuto presente della coscienza, e il futuro anticipato nel vissuto della coscienza».685 L’impostazione dialettica di Bloch si ricollega dunque ad una precisa

riconsiderazione del tempo e della coscienza del vissuto temporale. Bloch, assume sì lo storicismo di Hegel, ma solo parzialmente, in quanto rifiuta la chiusura e la limitazione del processo storico.

683Zecchi 2008, p. 80. 684

Ivi, pp. 82-83. 685Zecchi 2008, p. 70.

La realtà storica si presenta agli occhi di Bloch come una struttura aperta al processo «dove il sapere stesso è in divenire: esso non guarda soltanto al passato, bensì a un reale divenire con un suo futuro ancora da conoscere».686

Dunque posso vedere le cose che volevo e vivevo interiormente solo quando sono già trascorse e trasformate. […] Ma il volere passato e l’esperienza passata non cessano di sussistere e di avere degli effetti pur se non sono più consci nel

presente (SU, p. 216).

L’impossibilità di cogliere l’attimo presente nella sua immediatezza non determina un abbandono al

passato come unica fonte di conoscenza. Il passato, nella filosofia del tempo di Bloch, esiste solo in quanto categoria del futuro: passato che non ha ancora disposto il suo risultato, che è ancora inconcluso e carico di tensione.687 Così il Rinascimento e l’Illuminismo hanno concepito Atene,

Sparta o Roma: non come grandezze passate, irrimediabilmente alle spalle, ma come il loro proprio futuro, come risultato del loro specifico divenire.688 Questa tensione interna al passato,

l’Überschuss, ovvero quell’eccesso nel passato che penetra nell’attualità del presente anticipando il

futuro è per Bloch ciò che non resta saldato nei conti della storia; è ciò che si trova «nel luogo o nel posto dove qualcosa è stato compiuto, ed interrotto mentre era in fermento, e dunque non è giunto a

compimento e a piena maturità» e ancora il diveniente, l’incompleto, l’impedito, «ciò che non ha

fatto una buona riuscita soprattutto per le circostanze esterne e che quindi non ha trovato la sua ricompensa» e che intrattiene un rapporto specifico con «il possibile futuro del passato».689 Se

dunque l’attimo può essere colto nel proprio significato solo a ritroso, rivivendo nella memoria ciò

che è passato, questo passato è carico di futuro ed è proprio il rimando al futuro a costituire

l’essenza ultima dell’immediato.

Bloch, tramite la sua ontologia del non-ancora-essere, tramite la filosofia utopica rivolta al futuro, riesce a introdurre il Novum nel sistema della dialettica hegeliana, che altrimenti, nella sua razionalità perfettamente compiuta, restava vuoto riconoscimento del già-stato incapace di realizzare alcunché di nuovo. Rispetto a Hegel, che chiude la realtà storica intorno al primato della

ragion pratica, Bloch riconosce i limiti di una filosofia in cui il senso del processo è sin dall’inizio

determinato dal movimento dello spirito. Sebbene Bloch ritenga che il compimento, la continua spinta al completamento, caratterizzante il processo storico-ontologico, non possa essere conseguita

dal processo di per sé, senza l’intervento attivo del soggetto; tale soggetto non viene inteso in senso

686Ivi, p. 71.

687G. Ueding, Il ricordo riproduttivo, in AA.VV. 2003, p. 37

688E. Bloch, Experimentum Mundi. Frage Kategorien des Herausbringers, Praxis (1975); trad. Experimentum Mundi. La domanda centrale, la categoria del portare fuori, la prassi, Queriniana, Brescia 1980, p. 127.

hegeliano come soggettività agente nella storia in piena autonomia e coscienza delle proprie azioni.690 Davanti ad una realtà storica aperta anche il soggetto assume nuove determinazioni e responsabilità.

Vi è dunque la necessità di pensare ad una nuova filosofia del soggetto, poiché tanto

l’assoluta identità con il Sé quanto l’assoluta perdita di Sé vanificano la storia, impedendo la

comprensione del non-ancora-divenuto (SU, pp. 213-289).

La meta sarebbe raggiunta se riuscisse l’unificazione di ciò che finora mai coincise: del parlare in lingue con la profezia, dell’anima con il tutto cosmico; onde l’anima eclissi il vasto mondo con il suo splendore ma non rimanga debole come un mero idealismo soggettivo o umano. Occorre che al termine dei linguaggi ed avvenuto l’incontro con il

sé e con il noi, incominciamo il cammino nel mondo, nell’enciclopedia del mondo per il quale soltanto avviene

l’incontro con il Sé; non per perderci nel mondo, ma per annientare la vastità fittizia e oscura; per farne il mondo dell’anima, con l’omnia ubique del problema del Noi che ne siamo l’inizio e l’esito (SU, pp. 214-215).

Bloch sembra trovare in Nietzsche la risposta al suo appello per una nuova filosofia del soggetto.

Con l’intenzione di ereditare dalla filosofia nietzscheana il suo contenuto utopico, strappando in tal

modo il «bottino» dalle mani reazionarie delle interpretazioni politicizzanti alla Baeumler (ET, p. 300), Bloch riprende da Nietzsche alcuni temi che saranno poi centrali del suo pensiero. Primo fra

tutti la critica ad un’adesione passiva al sistema di valori tramandati dal passato e la conseguente

necessità per il soggetto di farsi portatore di nuovi valori. È quindi Dioniso come slancio verso il futuro, come trasvalutazione di tutti i valori, e non come «bestia bionda» e «superuomo» (che è già fascismo chiaro come il sole) (Ibidem), ciò che Bloch eredita da Nietzsche. «Un Dioniso in quanto

emblema di ciò che non è avvenuto, di ciò che non è divenuto nell’uomo, di ciò che è in fermento

ma cerca il vino e invoca la luce» (ET, p. 301). Di questo dio nietzscheano Bloch rifiuta però

l’indeterminatezza, il fatto che non sia possibile cogliere il «soggetto» del Dioniso, un soggetto che

quindi resta approssimativo: a metà tra il non-uomo e il superuomo (ET, p. 305). Per Bloch, in altri termini, il Dioniso di Nietzsche resta incompleto perché non è ancorato ed individuato in senso

sociale e di classe. Nell’ottica di Bloch Dioniso, in quanto soggetto, si trova nell’uomo «da un

punto di vista di classe, ossia nella classe rivoluzionaria di ogni epoca, e quindi oggi nel proletariato» (Ibidem). Nella filosofia nietzscheana l’anticipazione utopica resta pertanto indefinita, perché in essa manca il soggetto di classe, la mediazione dialettica fondata sul presupposto che la storia si muove dalle sofferenze concrete degli uomini.691

690

Sull’argomento si veda V. Scaloni, Nietzsche-Bloch. Alle origini dell’antistoricismo, in AA.VV. 2003., p. 137.