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Excursus I: Monoteismo e divieto delle immagini

4. Maschile e femminile. L’essenza della modernità

4.1. Georg Simmel, Lou Andreas-Salomè e Ludwig Klages

4.1.1. Il femminile e la differenza di genere nei movimenti femministi tedeschi di fin-de-siécle

4.2.1.2. La bella vita: dis-emancipazione femminile

La forte aspirazione alla libertà non si traduce per l’autrice in una rivalutazione del lavoro

come mezzo per ottenerla. Reventlow non prende dunque in considerazione l’emancipazione

effettiva della donna, ritenendo il lavoro non come dispositivo di elevazione sociale, ma come una condanna che assimilerebbe la donna all’uomo invece che riservarle la sua piena autonomia. In

linea con la propria prospettiva edonistica, l’autrice non ha come scopo un buon lavoro e/o una

229

H. Stöcker, Unsere Umwertung aller Werte, in: Id., Die Liebe und die Frauen, J.C.C. Bruns, Minden 1897, p. 14.Cfr. sul confronto tra Reventlow e Stöcker von Hammerstein 1999, pp. 300-301.

230 Secondo Nietzsche qualsiasi tentativo di corrompere le caratteristiche materne naturali della donna tramite

l’aspirazione alla carriera e all’indipendenza economica aveva un risvolto negativo. Nietzsche rifiutava qualsiasi tipo di

emancipazione della donna, e non accettava quel tipo di donna che preferiva il lavoro alla cura della casa. Molte donne al volgere del secolo condividevano questa opinione. Evans,1976, p. 177.

buona formazione, ma una buona vita. Il valore assoluto accordato da Reventlow alla libertà intesa come unico mezzo per aver garantita una vita buona, va dunque a scapito di una rivalutazione

concreta dell’importanza dell’occupazione femminile. Come già negli scritti politici degli anni

Novanta, in cui il lavoro sia fisico sia mentale viene riservato al genere maschile, ancora in un romanzo tardo come Der Geldkomplex, pubblicato nel 1916, Reventlow sostiene che «il lavoro è rovinoso per la donna». Invece di voler risolvere il problema dalla radice, ammettendo la difficoltà per la donna di lavorare in considerazioni di disparità, Reventlow sostiene molto ingenuamente – in confronto ad esempio a Stöcker – che alla donna dovrebbe essere garantito «un sussidio economico» in modo da poter esprimere al meglio la propria natura di «oggetto di lusso» [Luxusobjekt] (CD, pp. 23-4).

Tu lo sai, Maria, che non tollero di sentirmi dire che sono una scrittrice, per la sola parola ho una vera e propria

idiosincrasia. […] Però, devo pure guadagnare dei soldi in qualche modo, e allora scrivo, ma solo perché non ho imparato a fare altro. Esattamente come i disoccupati che d’inverno spalano la neve – e l’ho invitata a domandare a uno

di loro se per caso si identifica con questa attività e se gli piacerebbe che la gente lo seccasse vita natural durante apostrofandolo così: «Ah lei è uno spalatore» (CD, p. 24).

Ciò che più colpisce, in ogni caso, è il rifiuto da parte di Reventlow del lavoro creativo, considerato come impedimento alla gioia vitale. Anche se è vero che la scrittura diventa inevitabilmente un luogo in cui prendere coscienza di sé,231Reventlow giunge a rinnegare il proprio impegno come artista. Nonostante i numerosi romanzi, le traduzioni e i contributi saggistici, la contessa non vede se stessa né come scrittrice né tanto meno come artista. Le lunghe e faticose

traduzioni dal francese per l’editore Langen hanno come unico scopo la sussistenza economica

prima di tutto di suo figlio. Analogamente, non solo Ellen Olestjerne, come testimonia anche Klages, ma tutti i romanzi della contessa vengono scritti in primo luogo per ragioni pecuniarie.232 La scrittura rappresenta per Reventlow una costrizione, una possibilità per guadagnarsi da vivere, ma anche un impegno con se stessa, nonostante se stessa. La fatica, la perseveranza, la disciplina che descrive ad esempio nelle lettere inviate a Klages durante la stesura del proprio romanzo autobiografico, e ancora, anni dopo, le lettere a Stern, con il contributo del quale scrive il romanzo

Herrn Dames Aufzeichnungen233 sono un chiaro esempio del suo impegno e della sua creatività. Creatività che Reventlow vorrebbe esprimere, ma con scarso successo, nella pittura non riconoscendosi mai come scrittrice.

231Tebben 1997, p. 180.

232Cit. in Schroeder 1966, p. 300. 233

Si veda ad esempio Br., pp. 346-347 e le relative annotazioni sul diario TB, pp. 189 e segg; p. 212. Per quanto riguarda la stesura di Herrn Dames Aufzeichnungen si veda in particolare Br., p. 542 e segg. (Ascona, fine luglio 1912).

Quale scrittrice Reventlow rifiuta dunque la paternità artistica. Tale rifiuto, come messo in luce da Günter, è tipico per le donne artiste della fin-de-siécle.234Alle avanguardie storiche è infatti

iscritta una differenza di genere, poiché in esse non si tratta d’altro che di superare una crisi fondamentale dell’essere maschile, evidentemente vissuta in modo diverso dai due sessi. È l’uomo,

scrive Günter, che davanti alla «“femminilizzazione decadente” della propria identità, afferma la necessità di porre sempre di nuovo al centro il proprio ruolo di artista maschio creatore».235 Da qui

l’estetica del genio, del “Meister”, che salvo rare eccezioni come ad esempio quella di Else

Lasker-Schüler,236 non viene assorbita dal punto di vista artistico femminile. Anzi, mentre davanti alla

dissoluzione dell’autore, la paternità e il culto dell’uomo vengono riproposte dagli artisti nella figura dell’artista-guerriero, le artiste donna sembrano ridicolizzare nelle loro opere tale figura. In questo senso, secondo Günter, va rivalutato il contributo delle donne nel contesto dell’avanguardia,

poiché anche qui si trova un tentativo di superamento della crisi, ma non tanto nella costruzione quanto nella decostruzione della paternità letteraria.237

In der Gelkomplex, ad esempio, Reventlow ridicolizza l’immagine dell’artista-poeta, che aspirando ad essere un uomo nuovo perde di vista la realtà, dimenticando che il mondo gira intorno

al denaro. La mascolinità, nelle opere di Reventlow, esiste solo nell’immaginazione femminile, ne diviene un effetto e l’unica cosa che interessa alla donna dell’uomo è la sua predisposizione al gioco

erotico e il poeta appare come il meno adatto. Le figure maschili, pur nella loro profondità, perdono il loro peso specifico riducendosi, - come si vedrà meglio nel prossimo capitolo nell’esempio del romanzo Da Paul a Pedro - , a due figure fondamentali di uomini, intorno a cui si concentrano tutte

le diverse variabili dell’essere maschile. Il vero soggetto è la donna che viene presentata in tutta la

superficialità e leggerezza che le è propria in opposizione alla profondità delle figure maschili. Il soggetto perde in se stesso la propria determinazione, fino a diventare a sua volta una variabile del

denaro e dell’erotismo. Sdrammatizzando la psicanalisi e il freudismo, Reventlow riduce la nevrosi, l’isteria, non più al termine vago della castrazione freudiana, bensì «al complesso del denaro», che

assume lo statuto metafisico di modello del reale. La prospettiva materialista di Reventlow è rappresentativa di un tipo di risposta alla crisi di senso della modernità diverso da quello tipico delle avanguardie storiche. Davanti alla crisi del soggetto maschile, la donna propone un’alternativa basata sulle questioni concrete e reali che deve affrontare ogni giorno per vivere una vita buona.

All’epoca della fin-de-siécle la scelta della libertà ha per la donna – più che per l’uomo – un

alto prezzo da pagare, tanto che per essa diviene difficile pure il raggiungimento del piacere

234Günter 2002, pp. 211-228. 235Ivi, p. 220.

236Tra le opere tradotte in italiano cfr. Lasker-Schüler 1995 e Id. 1995a. Tra le pubblicazioni italiane sulla poetessa si veda: Baioni 1963; Mittner 1971;Verrienti 2005.

derivante da piccole soddisfazioni. Nel caso specifico dell’esperienza personale di Reventlow, il

distacco dalla famiglia aristocratica e il conseguente venir meno dell’appoggio economico, ha

portato allo scontro con i problemi quotidiani, come appunto il denaro. Il sesso, l’altro “complesso” di Reventlow, o meglio l’altro perno intorno a cui ruota la sua realtà, appare in quest’ottica come

quel piacere garantito e facilmente raggiungibile. È per poter vivere liberamente la propria sessualità che Reventlow rinuncia al sussidio economico della famiglia prima e di un eventuale marito poi.

Ottenere la libertà sia economica sia sessuale era impensabile per una donna di fine

Ottocento. Questi aspetti, garantiti all’uomo borghese medio, non erano altrettanto sicuri per la

donna. A proposito, non si può non pensare a Virginia Woolf e al suo famoso saggio intitolato Una

stanza tutta per sé.238 Secondo Woolf è impossibile determinare se la donna abbia o meno le stesse

capacità creative e produttive dell’uomo se non viene posta nelle medesime condizioni di agiatezza

e sicurezza. Ovviamente, rispetto a Reventlow, Woolf insiste sul fatto che la donna ha queste capacità e anzi ne avrebbe anche più dell’uomo se avesse la possibilità di svilupparle. Il punto è che in ogni caso la realtà che si palesa dinnanzi alla donna al volger del secolo è del tutto diversa da

quella dell’uomo. Le forme e i mezzi con cui gli artisti del tempo rispondevano alla crisi restavano

ignoti alle donne. In questo senso, può essere affermato che anche Reventlow, nonostante se stessa,

appartenga all’avanguardia storica proprio perché non ne fa parte. Con questo si vuol dire che,

rifiutando la paternità letteraria sulle proprie opere, dando poca importanza al suo impegno come scrittrice, Reventlow mostra il modo del tutto femminile di affrontare la crisi della società moderna.

Al centro non c’è il soggetto e la necessità di creare un alterego capace di superare la decadenza,

bensì la sua decostruzione.239

Ciò appare evidente anche nella scelta stilistica di Reventlow: senza curarsi della squalifica sul piano estetico sceglie per i propri romanzi lo stile epistolare, declinandolo in una veste che si può dire agli antipodi rispetto al Werther goethiano.240 Ciò che emerge nei romanzi di Reventlow

non è mai l’interiorità e il sentimento di chi scrive, si tratta piuttosto di cronache di vita vissuta

riportate con estrema indiscrezione. Indiscreto, il modo in cui la contessa esplicita l’interesse della

donna per l’Eros e la sessualità, comunemente considerati tabù o in ogni caso appartenenti alla sfera

degli interessi maschili. Indiscreto, ma anche ironico: la realtà è di per sé così assurda che non c’è più bisogno della finzione.

238V. Woolf, Una stanza tutta per sé (1929); trad. it. M.A. Saracino (a cura di), Einaudi, Torino 2006. 239

Günter 2002, p. 219.