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Excursus II: Il tema dell’Eros in due scritti di Ludwig Klages

1. Stefan George: Eros pagano e Caritas cristiana

Nel saggio su George pubblicato nel 1902,300 Klages, accompagnando il lettore negli abissi

dell’opera del poeta, illustra la differenza tra Eros pagano e Caritas cristiana, i due termini attorno a cui, secondo il filosofo, si dipanano le fasi della storia poetica dell’artista (AF, 28). Nel saggio in

questione, Klages prende in considerazione le raccolte poetiche pubblicate fino ad allora da George nei «Blätter für die Kunst»,301partendo dunque dall’analisi degli Inni, del 1890, fino ad arrivare a Il tappeto della vita e i canti del sogno e della morte con un preludio del 1899 (AF, 67). Nell’arco di

neanche un decennio Klages sembra rinvenire all’interno dell’opera di George «l’alterno

298Doerr 2007, p. 16. 29921.09.1903.

300(AF). In realtà tale libro compare negli ultimi giorni del novembre 1901, con su indicato come anno di pubblicazione il 1902. Le prime reazioni al testo risalgono pertanto già al dicembre 1901, così ad esempio Gundolf commenta il saggio già il 06.12.1901. Cfr. Seekamp/Ockenden/Keilson 1972, p. 117. Si veda anche Klages, RR, p. 513 del dicembre 1901.

301«I Fogli per l’Arte» appaiono in fascicoli con cadenza differenziata dal 1892 al 1919. La rivista, inizialmente pubblicata dall’editore Bondi di Berlino, ha visto una nuova edizione: Blätter für die Kunst, I-XII (1892-1919), 6 voll.,

predominio» di due concezioni opposte del desiderio (AF, 27-28). In un primo momento, secondo Klages, George propone una concezione del desiderio come Eros pagano, ovvero l’Eros dionisiaco che abbraccia la pienezza vitale anche nel più piccolo degli elementi, in cui vita e morte si confondono e non sono che attimi nel grembo materno della Terra da cui tutto nasce e muore. In un secondo momento invece il desiderio assume un aspetto meno tellurico e diventa cristiano. «Caritas cristiana» chiama Klages quel desiderio che traspare in alcune delle opere più tarde di George. In

questo paragrafo, a partire dall’esposizione klagesiana, si prenderanno in considerazione i diversi aspetti dell’Eros enucleati da Klages nelle poesie di George. L’intento è quello di mostrare come già

in questo testo il filosofo anticipi il concetto di «Eros della lontanza», rinvenendolo per l’appunto nelle parole del poeta.

Gli Inni, secondo la prospettiva klagesiana, sono una chiara espressione «dell’alta marea

della sensualità dionisiaca», in cui traspare «l’aurora della vita», promettente «incerte lontananze».

Già così lontano sono dagli anni sacrificali? dolce voluttà mi profana, della morte – e non cantai con fanfare sovrastanti

l’ode solare dell’amore per la felicità?

Klages sembra trovare nelle parole di George l’espressione del desiderio, non più inteso come

brama e tensione, ma come contemplazione. Il passato resta incontaminato nella lontananza che gli è propria e, sebbene inaccessibile, è pur sempre presente nella contemplazione nostalgica. La vita, nella sua intrinseca contiguità alla morte, è essa stessa che si manifesta nella sua pienezza, lasciando «colui che arde desidEroso accanto al flusso delle cose» (AF, 32). Klages rileva dunque negli Inni quello spazio dedicato alla contemplazione della vita tellurica dove «le forme sfioriscono morbide e profumi di tarde aiuole alitano di morte».

Grigie foglie vorticano verso i fossi. Dalie, violaciocche, rose

spandon profumo in orchestra forzata,

cercano il sonno presso morbidi muschi. (AF, 33)

Guardando ai Pellegrinaggi, e in particolare al Siedlergang, Klages mette in luce come in questa poesia George abbia rappresentato meglio che in qualsiasi altro luogo della sua opera «la misteriosa

tensione dell’anima», la quale è spinta a vagare non da una necessità esteriore ma dal suo «demone

interiore» (AF, 36-37). Il mondo delle cose svanisce nell’attimo dell’estasi dove anima e mondo

febbrile» e «inquietudine dei sensi», certamente non rivolti alla soddisfazione di un bisogno

tangibile, ma a pervenire all’estasi davanti alle immagini vitali (AF, 35). L’assenza di coscienza connessa all’ebbrezza rende possibile la percezione erotica del reale.

L’Eliogabalo [Algabal] realizza infine agli occhi di Klages il compimento annunciato negli Inni e nei Pellegrinaggi. Si assiste all’accendersi «dell’Eros pagano, che celebra feste blasfeme

senza che il mondo degli spiriti freni oltre le sue aspirazioni» (AF, 39). Secondo Klages, lo sprofondare della coscienza a cui si assiste in questo poema, evoca lontananze mai più raggiunte in nessuna delle poesie successive di George. Età preistoriche risorgono nei versi del poeta, rendendo presente il passato e vano il mondo oggettivo.

A partire da I libri delle pastorali e delle laudi, delle leggende e dei canti, e dei giardini

pensili si esaurisce agli occhi di Klages la cosiddetta fase dionisiaca dell’opera di George. Si esaurisce l’ebbrezza, e si assiste al chiudersi di «una qualche lontananza» (AF, 42). Secondo Klages l’ellenismo della forma e dell’armonia, unito alla chiarezza plastica di goethiana memoria si compie ora nell’opera di George. Tuttavia, nonostante il lato apollineo che emerge da questi versi più tardi,

si è ancora davanti ad uno degli aspetti dello stato erotico. Attraverso i versi di George, Klages

descrive la poliedricità dell’Eros. Poesie come Die Lieblinge des Volkes e Preisgedichte auf einge junge Männer und Frauen dieser Zeit testimoniano per Klages «la calda sensualità» che pervade il poeta «nella zona superiore di un’armoniosa contemplazione di sé». L’Eros non è più solo

lontananza, ma pure «nostalgia che rode» (AF, 51), e ancora «estasi priva di passione» (AF, 52), oppure «azzurra benignità, beatitudine che si strugge in silenzio» (AF, 53). Tutti questi versi di George, nonostante si allontanino dal paganesimo degli Inni, sono per Klages ulteriori configurazioni del desiderio, che dunque può assumere tratti molteplici, ma «quando diventa amore

per gli uomini non è più Eros, ma Caritas». Eros è il dio che tutto dona, e mai la sua “furia” potrà

essere rivolta alla persona come soggettività singolare, come Io, oppure come ente. La «follia finalistica» della modernità ha sopraffatto secondo Klages «l’innocenza dell’antichità», e con essa

«il primigenio mondo delle immagini», lasciando il posto all’utilitarismo e «alle macchine

scalpitanti» (AF, 28-29). L’Eros è sempre rivolto alla manifestazione dell’essenza del reale, che nel

caso degli esseri umani è l’immagine dell’anima del singolo. Quando però si riduce a desiderio rivolto al possesso di un’altra persona svanisce, diventando caritas. Questo è il segreto della

lontananza, essenza del desiderio erotico. L’Eros è sempre diretto alle immagini e l’immagine svanisce dinnanzi al possesso, lasciandosi piuttosto contemplare.

Dovranno crollare prima che ritorni Eros, il dio che tutto rimescola, il giorno senza dèi, che preme su di noi, l’oggi delle rotaie d’acciaio, della penuria e dell’invidia, oppure il sole potrà innalzarsi sui domestici vapori di città brulicanti e