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La brand notoriety: tra proliferazione di marchi e contraffazione

CAPITOLO 3. L’ITALIA IN CINA

3.1 Il Made in Italy in Cina

3.1.3 La brand notoriety: tra proliferazione di marchi e contraffazione

L’internazionalità dei marchi rappresenta sicuramente un vantaggio e una fonte di attrazione per molte persone, fino al punto che alcune imprese hanno registrato il proprio brand e hanno aperto dei punti vendita in Europa per inserirsi nel mercato cinese.

Tutti in Cina sono interessati ai marchi occidentali ma non li conoscono e non li distinguono. Infatti, nonostante la sempre maggiore attenzione e propensione verso di essi, sono pochi i consumatori cinesi capaci di riconoscere la loro provenienza. Si tratta d’individui inesperti nel settore dell’alto di gamma e ancora poco abili nel distinguere se un brand è americano o europeo o ancor più se è italiano, francese o spagnolo. Sicuramente l’entrata di un’infinità di marchi stranieri nel mercato cinese ha

In tal senso il primo passo da compiere per le aziende occidentali è la creazione della notorietà di marca. Non basta entrare nel mercato per avere successo ma è fondamentale farsi conoscere e questo richiede importanti investimenti e un impegno costante. La formazione di una brand notoriety che permetta di sviluppare una domanda coerente non risulta facile a maggior ragione in un mercato come quello dell’alto di gamma in cui i beni in questione non sono di primaria necessità e il desiderio si sostituisce al bisogno. Questo problema risulta già in parte affrontato da quei brand -pochi- che godono già di un riconoscimento a livello globale come Louis Vuitton, Chanel, Prada, Gucci, Armani, per i quali attualmente gli investimenti in questo senso sono minori grazie all’importante background valoriale che sono riusciti a sviluppare e trasmettere nel tempo. Ma la maggior parte delle aziende come Fornarina, Corneliani, MaxMara non sono così forti a livello di brand image e brand reputation e per questo hanno dovuto crearsi una loro immagine agli occhi dei consumatori cinesi.

Un ruolo importante è ricoperto dai primi players che si sono inseriti nel mercato cinese come Zegna, Louis Vuitton e Ferragamo che hanno creato la domanda iniziale e hanno definito le regole del gioco. Queste maison hanno mosso i primi passi agli inizi degli anni Novanta attraverso l’apertura dei loro primi punti vendita nel Paese del Dragone e solamente negli ultimi anni stanno raccogliendo i frutti di tutti i loro sforzi.

Un altro elemento che contribuisce a generare confusione e una scarsa brand

recognition è il fenomeno della contraffazione che rappresenta uno dei problemi più

rilevanti all’interno del sistema moda alto di gamma in un contesto oramai globalizzato. Infatti, questa tendenza riguarda principalmente quei prodotti in cui le componenti intangibili prevalgono e conta più possedere il brand che il prodotto nella sua fisicità. I fattori che hanno consentito lo sviluppo del mercato del falso sono molteplici e sicuramente l’elevato costo dei prodotti, la facile reperibilità dei beni contraffatti e l’allargamento della prospettiva in un’ottica internazionale sono stati decisivi. A ciò si aggiunge il contesto di crisi economica in cui i prodotti falsi permettono alle persone di esibire il loro - apparente - status sociale e tenore di vita. Dal punto di vista dell’offerta, la polverizzazione e il decentramento del sistema industriale italiano che non consente un pieno controllo da parte dell’impresa leader stimola la produzione di merce contraffatta. Accade di imbattersi in situazioni d’insider counterfeiting in cui un terzista poco fedele viola il contratto con l’impresa centrale e le regole di corretta distribuzione.

Il pubblico di riferimento è costituito principalmente dai “fashion victims”, seguaci incalliti della moda alla ricerca di approvazione sociale e spesso inconsapevoli del danno che apportano acquistando tali prodotti, sia nell’aumentare la criminalità sia per il rischio personale a cui si espongono.

Sempre più questa realtà si sta evolvendo dal punto di vista produttivo grazie all’innovazione e alla tecnologia. I falsi, oltre ad essere più simili agli originali dal punto di vista qualitativo, sono immessi nel mercato in tempi oramai ridottissimi in quanto diventa più facile reperire le informazioni utili per la produzione dei modelli da copiare.

Anche il ruolo del punto vendita incide sul processo d’acquisto e sulla qualità percepita del falso. Generalmente questi prodotti sono venduti in mercati all’aperto, in bancarelle di strada e in piccoli negozi, anche se talvolta chi li vende è proprio il negozio ufficiale. Nei tempi più recenti, le merci contraffatte hanno fatto la loro comparsa anche online attraverso l’e-commerce che è considerato uno dei mezzi più profittevoli in quanto ha una dimensione globale e la distanza non permette di valutare direttamente la qualità del prodotto. Il cliente difficilmente riesce ad analizzare accuratamente il bene e crede di trovarsi da fronte a un prodotto originale collegando il minor prezzo alla tipologia di canale di vendita.

“Il target interessato a tale tipo di vendita è quello giovanile, con un potere di acquisto sempre maggiore e capace di usare con disinvoltura le tecnologie informatiche. Esistono più di 5000 siti che vendono prodotti contraffatti dei marchi più preziosi. Il motore di ricerca più utilizzato è Yahoo e permette di trovare 350 siti per lo shopping di Gucci, 200 per Montblanc, 250 per Chanel e 450 per Cartier. Il 4-8 % dei siti che vendono prodotti Gucci, Prada, Rolex, Montblanc propongono merce falsa”.75

Tuttavia, se per alcuni aspetti la contraffazione può stimolare la creazione della brand

notoriety dando la possibilità al marchio di entrare molto più velocemente in

circolazione e farsi conoscere; gli aspetti negativi e le problematiche che ne derivano sono sicuramente maggiori. Tale fenomeno danneggia i consumatori, lo Stato e le imprese. Queste ultime oltre ad una contrazione in termini di mancate vendite e quota di mercato, subiscono una perdita d’immagine e di prestigio. È un danno difficilmente quantificabile ma rilevante e non facile da gestire soprattutto per le imprese di moda che

si posizionano nella fascia dell’alto di gamma. Conseguentemente, le problematiche che si presentano all’azienda si riversano anche sull’immagine Paese e sul concetto di “Made in Italy”.

3.1.4 “L’esperienza del Made in Italy” nel punto vendita

L’attrazione verso il “Made in West” acquisisce con il tempo sempre maggiore fascino e la voglia d’italianità predomina. I cinesi desiderano negozi, vetrine, immagini e prodotti europei, gli stessi che sono presentati nelle passerelle parigine e milanesi. La voglia di brand internazionali e prodotti di qualità prevale e spinge le aziende straniere a differenziarsi e affermare la propria identità non adattandosi alla realtà locale come avviene per il mercato dei beni di massa. Così, quando Giorgio Armani entrò in Cina con il suo primo negozio nel 2001 a Pechino, per avvicinarsi alla tradizione cinese fece installare una grande porta laccata di rosso che rispecchiava i classici canoni estetici della Nazione. Ma tale tentativo di commistione di stili non fu apprezzato dai cinesi che vogliono acquisire lo “stile di Armani” e i negozi successivi furono creati secondo l’identità globale del brand.

Espressione tangibile dell’universo valoriale del marchio che rende vivo e concreto il

desiderio di “vivere il Made in Italy” è il punto vendita che deve essere attentamente pianificato in ogni minimo dettaglio, dai materiali al personale. Entrare in un negozio per il cliente deve significare “entrare in un mondo”, quello del brand, percepire delle atmosfere uniche e vivere delle esperienze indimenticabili. Negli ultimi anni la maggior parte delle aziende ha capito come tutto questo rappresenti un’importante variabile di successo, al punto che si sono sviluppate all’interno della struttura aziendale delle figure responsabili della comunicazione visiva del punto vendita, come il visual merchandiser. Ed ecco come l’essenza del marchio Ermenegildo Zegna si ripropone a 360° nei suoi due nuovi flagship store in Cina. La sartorialità, l’attenzione ai dettagli, la raffinatezza sono rappresentate dai materiali d’eccellenza, dal buon gusto e dallo stile pragmatico. E ancora, l’idea di moda italiana e l’eleganza personalizzata sono raccontate dal design e dall’arredamento interno con i pavimenti con strisce di marmo, i fili in metallo nelle vetrine che ricordano la trama delle stoffe e le barre in acciaio inox dietro la parete di vetro che imitano l’anima del brand che intesse le fibre delle materie prime in una serie infinita di stoffe di qualità.

FIGURA 3.3 Esempio del tipico arredamento di un negozio Zegna. Store di Parigi.

Fonte: http://www.ice.it/lifestyle/newsletter/cina/2009_Agosto/Agosto_2009_cina.htm

Anche Bottega Veneta ha aperto da poco la sua prima boutique (quattordicesima in tutta la Cina) a Suzhou nel Metro Shopping Mall che rappresenta il luogo per eccellenza per lo shopping di lusso e qualità. Sia la location che la progettazione interna ed esterna dello store sono stati scelti con cura per rappresentare al meglio la filosofia del brand e far diventare il negozio un simbolo per l’acquisto dell’italianità e dei prodotti di qualità. Infatti, Suzhou esprime perfettamente i valori che Bottega Veneta vuole trasmettere al suo pubblico: una località ricca di storia e caratterizzata da un’architettura particolare che rappresentano l'eleganza senza tempo, il design distintivo e l'equilibrio tra tradizione e innovazione del marchio. I 130 mq del negozio progettati da Tomas Maier,

Creative Director del marchio, sono caratterizzati da un ambiente piacevole e

accogliente. Il design è innovativo con una particolare attenzione ai dettagli (come le tende verticali in legno di palma e acciaio inossidabile) ideati secondo principi di aerodinamica e i colori sono eleganti e naturali, con tonalità opache. Lo stesso Maier, esprimendo la propria soddisfazione, ha affermato come questo luogo offra un servizio eccezionale e un'esperienza di shopping indimenticabile.

FIGURA 3.4 Store di Bottega Veneta a Suzhou

Fonte:http://www.luxury-insider.com/luxury-news/2011/01/bottega-veneta-opens-new-boutique-in- suzhou

Il bisogno di “vivere il Made in Italy” è confermato dalle parole di Raffaello Napoleone, CEO di Pitti Immagine, che ha spiegato come “i buyer, gli operatori, i giornalisti cinesi

sempre più vengono a Firenze e a Milano per avere un’esperienza diretta della qualità italiana”.

Infine, un altro segno concreto di quanto l’esperienza dell’italianità diventi importante per la middle class cinese è il progetto tutto italiano firmato dagli architetti Gianbattista Burdo e Samuele Martelli. Si tratta della creazione, iniziata da ormai quasi un anno, di un’area multifunzionale di 110 mila mq nella città di Chendgu, una delle zone con il maggiore sviluppo commerciale nell’area ovest della Cina. L’idea va ben oltre il classico concetto di centro commerciale e prevede la convivenza di diversi elementi progettati fra loro in modo innovativo in cui anche la sostenibilità ha un importante ruolo. A differenza dei tradizionali centri commerciali asiatici, il Central Business Park si avvicina molto di più al modello europeo, in particolar modo italiano, riproponendo portici, gallerie, piazzette, vie, il tutto utilizzando materiali tipici come pietra e mattoni facciavista. Ci saranno boutique e negozi-hotel di brand prevalentemente italiani e lo

shopping si unirà all’intrattenimento con il cinema e il teatro. A contribuire alla creazione di una realtà esperienziale unica e ideale per qualsiasi fascia d’età saranno costruiti ristoranti e uffici.