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CAPITOLO 2. L’ALTO DI GAMMA IN CINA

2.4 Il sistema distributivo cinese 1 Una continua evoluzione

2.4.2 Il panorama imprenditoriale

La realtà dei dettaglianti e dei grossisti facenti parte del sistema distributivo cinese può essere classificata in base alla tipologia imprenditoriale venutasi a creare in:

E imprese statali (State-owned enterprises)

E imprese collettive (Collective-owned enterprises) E imprese private (Private enterprises)

E imprese a partecipazione estera (Foreign-invested enterprises)

Le imprese statali hanno rappresentato la principale forma d’impresa presente in Cina fino al 1978. In quel periodo l’obiettivo principale si legava alla capacità di garantire un’equa distribuzione dei beni senza considerare il problema dell’incontro fra domanda e offerta secondo le regole di mercato. Nonostante la capacità di accedere a un ampio

network distributivo e alla possibilità di sfruttare gli appoggi governativi, tali imprese si

caratterizzano per un alto grado di rigidità, poca professionalità e un elevato livello di burocrazia offrendo minori stimoli al cambiamento. Molte si sono così trasformate in

loro maggiori dimensioni, all’autonomia decisionale e ai legami con l’apparato pubblico. La loro proprietà è ripartita in quote fra soggetti direttamente correlati all’impresa come dirigenti, impiegati, comitati di residenti nell’area circostante e rappresentati di enti governativi. I legami con le autorità statali restano stretti, considerato che le posizioni di vertice sono ricoperte da ex funzionari statali. L’interazione tra il settore statale e quello privato si realizza sia in modo formale, attraverso i consigli di amministrazione in cui risiedono i rappresentanti statali; sia in modo informale in conseguenza alle relazioni personali con queste figure. Attualmente la maggior parte delle catene di supermercati cinesi possiede questa configurazione che si può distinguere in tre gruppi. Il primo gruppo è composto da piccole imprese nate da iniziative private nel periodo 1953-57, e che possono essere assimilate al concetto di impresa cooperativa. Il secondo gruppo è rappresentato da quelle imprese costituite per iniziativa statale all’inizio della grande riforma (1978), al fine di favorire la concorrenza fra imprese (si tratta d’imprese statali che venivano convertite in collettive). Infine, il terzo gruppo è formato da imprese private che operano con la licenza di collettive, hanno di conseguenza la possibilità di operare come le private ma senza incorrere nei controlli governativi, godendo dei vantaggi tipici delle imprese collettive, sia per quanto riguarda la tassazione, la buona reputazione, la possibilità di accedere a prestiti agevolati.

Le imprese private cinesi hanno iniziato a svilupparsi in seguito all’indebolimento della rigidità della struttura del regime pianificato che ne ha permesso la costituzione. Il loro capitale è completamente privato e in base al tipo di gestione si possono distinguere tre tipi d’imprese private:

- private business stores; - private welfare stores; - private “try-it” stores.66

Ad oggi i più grossi player sono costituiti da imprese statali, sia a livello di dettaglio sia di ingrosso. Le imprese statali al dettaglio solitamente operano attraverso grossi punti

66 Le Private business stores sono le imprese piccole e grandi, operanti sia nel settore del commercio

all’ingrosso, o al dettaglio, caratterizzate da una gestione realizzata ai massimi livelli di professionalità. Le Private welfare stores comprende una tipologia d’impresa avviata da persone che tramite essa si sono create una forma di sostentamento (disoccupati, pensionati, contadini immigrati in città), non perseguono dunque obbiettivi di sviluppo aziendale o di ottimizzazione della gestione, ma solo quello di sopravvivenza e permanenza nel mercato. Le Private try-it stores sono imprese gestite da persone che hanno impieghi fissi statali, ed hanno parallelamente un’attività commerciale. Il futuro di tali attività commerciali è legato all’ambiente circostante, in relazione al quale possono evolvere in vere e proprie imprese oppure scomparire dal mercato.

vendita e grandi magazzini puntando sulla loro reputazione di maggiore affidabilità e sulla loro capacità di sfruttare i network relazionali (guanxi). Questa logica vale principalmente nelle zone interne e rurali, mentre nelle grandi città avanzate le imprese collettive e soprattutto quelle private con il loro maggiore orientamento al mercato, stanno acquisendo importanti spazi di mercato.

Dopo aver brevemente classificato i tre modelli d’impresa è importante soffermarsi su uno dei fenomeni più recenti e importanti del sistema distributivo cinese riguardante lo sviluppo di imprese a partecipazione estera. Fino al 1992 tale problematica non esisteva in quanto il Governo vietava l’entrata a qualsiasi operatore commerciale straniero, sia attraverso investimento diretto, sia per mezzo di join venture con partner locali. Ma da quell’anno le cose cominciarono a cambiare e vennero definite le prime sei città (Pechino, Shanghai, Tianjin, Guangzhou, Dalin, Quingdao) e cinque ZES - Zone Economiche Speciali- (Shenzhen, Zuhai, Shantou, Xiamen, Hainan) nelle quali consentire gli investimenti stranieri nel settore della distribuzione commerciale, facendo una prima distinzione fra i distributori stranieri e gli Overseas Chinese-Invested Enterprises provenienti da Hong Kong, Macao e Taiwan. Tuttavia i vincoli rimasero molti e fra questi persisteva un forte controllo da parte delle autorità, l’impossibilità di effettuare attività all’ingrosso e delle limitazione nella creazione di join venture con distributori cinesi. Tali ostacoli cominciarono ad attenuarsi solamente nel 1995, anno in cui venne data la possibilità alle imprese straniere di aprire catene di punti vendita ed esercitare attività all’ingrosso. Iniziò una fase di liberalizzazione dei flussi d’investimento esteri attraverso tre format principali:

E FICE: sono società commerciale, costituite senza fini produttivi a totale capitale straniero;

E WOFE: sono assimilabili alle nostre Srl, anche queste sono istituite con capitale totalmente straniero, e possono operare sia con fini commerciali che produttivi; E JVC: Joint Venture Corporative, attraverso cui l’attore internazionale si affianca

a quello locale.

Nel corso degli anni segnali sempre più positivi arrivarono sia dal governo centrale che dalle autorità locali attraverso la concretizzazione di provvedimenti meno rigidi che

sull’amministrazione degli investimenti stranieri nel settore della distribuzione che permette la creazione di società a capitale straniero nell’ambito dell’ingrosso, dettaglio e franchising67 e il mese seguente la legge sul commercio internazionale che consente di costituire aziende di import/export a capitale anche interamente straniero.

La possibilità di costituire delle imprese a partecipazione estera, ha rappresentato uno dei prerequisiti per la partecipazione della Cina nell’Organismo Mondiale del Commercio, fu proprio questa liberalizzazione a portare una maggiore autonomia nel

sourcing delle materie prime all’interno del territorio nazionale e soprattutto

l’eliminazione di molte restrizioni di vendita nel mercato interno. L’ingente flusso d’investimento estero che è stato convogliato nel mercato cinese, era sia finalizzato a una penetrazione commerciale del paese ancora libero e aperto ai nuovi format commerciali, oltre che allo sfruttamento delle materie prime e della manodopera diretta a basso costo. La recente normativa inoltre tende a tutelare l’investimento estero nelle regioni meno sviluppate della Cina centro occidentale, con esenzioni fiscali e concessioni finanziarie.