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Il “Made in West” e la difficile riconoscibilità del marchio

CAPITOLO 3. L’ITALIA IN CINA

3.1 Il Made in Italy in Cina

3.1.2 Il “Made in West” e la difficile riconoscibilità del marchio

La popolazione asiatica è da sempre incuriosita e attratta dal mondo occidentale. L’interesse e il tentativo dei cinesi nel voler simulare gli stili di vita e le tendenze che dominano la moda dei paesi sviluppati è sempre più enfatizzato dalla pubblicità e dai mezzi di comunicazione. Questa propensione trova le sue origini nei secoli passati in cui il mondo occidentale si caratterizzava da ricchezza e prosperità, valori che si sono poi tramutati in simboli di cultura e stile di vita vincente. Così, la dicotomia fra locale e straniero è diventata fondamentale per la società cinese, in cui i prodotti esteri sono considerati migliori e maggiormente desiderabili perché offrono dei vantaggi principalmente sotto due punti di vista:

- la qualità; - lo stile.

L’elevato livello di qualità ed eleganza accomuna l’immaginario descritto dalla popolazione cinese nel momento in cui pensa al nostro Paese. Una ricerca condotta dallo studio Check-in China che si basa su una tecnica proiettiva chiamata Gestalt Room ha chiesto agli intervistati di immaginare di trovarsi nel “mondo” di un brand ed esprimere le proprie percezioni sensoriali. I risultati ottenuti sono positivi e rispecchiano il patrimonio della tradizione italiana: le sfilate di moda, le belle auto, i ragazzi affascinanti, i cuochi che cucinano la pasta e le partite di calcio. L’Italia, per i consumatori cinesi, è sinonimo di massima qualità, valore che si riflette nelle principali realtà delle metropoli cinesi, come lo shopping mall Plaza 66 a Shanghai che ospita 66 negozi monomarca e più della metà sono italiani.

FIGURA 3.2 La percezione dell’italianità in Cina

Fonte: “Italy Image Study”, N-Dynamic

I consumatori stranieri rappresentano anche degli importanti driver dal punto di vista comportamentale, concetti che vanno oltre il semplice utilizzo del bene e sono dei veri e propri modelli per i cinesi. L’emulazione degli stili di vita dei cittadini europei, enfatizzata sempre più negli ultimi anni, ormai rappresenta la quotidianità: Michela Vallalta, responsabile delle ricerche per Check-in China, durante uno studio ha spiegato come un intervistato abbia affermato di aver iniziato a usare un determinato profumo per emulare il suo responsabile francese che lo utilizzava tutti i giorni. Una tendenza all’imitazione che non è assoluta e acritica ma è invece attenta e ben calibrata. In questo senso la dicotomia locale- straniero non assume una valenza meramente spaziale ma anche temporale diventando un confronto fra tradizione e modernità.

In conclusione, se per molti aspetti si sta assistendo a un processo di modernizzazione in cui è evidente il tentativo di imitazione e la presenza di prodotti occidentali; dall’altra, i cinesi rimangono ancorati alle loro tradizioni, coscienti dell’importante patrimonio culturale che possiedono e che deve essere tramandato.

La finalità principale non è quella di acquistare un determinato prodotto per ottenere un’identificazione valoriale con il brand. Infatti, i consumatori cinesi sono ancora poco consapevoli dell’importanza del mondo culturale e della storia che si cela sotto ogni marchio occidentale e ciò è comprovato dalla realtà dei brand cinesi, molto recenti e

essere riconosciuti, avere successo, definire il proprio ruolo nella società e accedere agli elevati standard di vita che caratterizzano il mercato dal quale il marchio proviene. Parlando dell’immagine in Cina dei prodotti italiani, un’altra ricerca condotta dall’Istituto Piepoli per il Comitato Leonardo73 oltre a comprendere come il nostro Paese sia innanzitutto apprezzato per la qualità di vita, lo stile e il gusto, ha evidenziato come la prima categoria di prodotti italiani che viene in mente al 33% degli intervistati cinesi è l’abbigliamento seguito dalla pelletteria e dalle scarpe. Inoltre, le principali caratteristiche distintive di tali prodotti sono il design, l’attenzione ai particolari e la resistenza.

Lo studio prosegue analizzando l’importanza di fabbricare i prodotti italiani nella nazione d’origine. È stato mostrato come il 70% degli intervistati ritiene che produrre i beni italiani all’estero danneggi fortemente l’immagine del brand in quanto esiste un forte legame con l’artigianalità locale, mentre il restante sostiene che spostare la produzione non causa alcun tipo di problema. All’unanimità si ritiene che una produzione all’estero dovrebbe implicare dei costi minori. A riguardo ha parlato ampiamente Paola Zegna appartenente a una delle prime famiglie e aziende italiane che sbarcarono in Cina: “Abbiamo passato tanti anni a parlare del pericolo cinese, di

conquista cinese del mercato italiano. Oggi possiamo cominciare a parlare del fenomeno inverso. Siamo noi che stiamo conquistando i loro consumatori”. E, sicura

dell’importanza che può avere il retail italiano nel mercato cinese continua: “Purché,

ovviamente si parli di "Made in Italy". I cinesi sono tra i consumatori al mondo più attenti al fatto che il prodotto sia fabbricato in Italia”.74 E proprio per questo si arriva a situazioni paradossali in cui alcune case di moda italiane producono in Cina i beni destinati al mercato internazionale e affidano una minor parte di produzione alle aziende in Italia, questa piccola porzione rappresenta il vero Made in Italy destinato ai clienti cinesi.

73 Istituto Piepoli (2004) “L’immagine dei prodotti italiani in Cina, Russia, Svezia e Stati Uniti. Rapporto

Globale.”. Ricerca commissionata dal Comitato Leonardo e dall’ICE. http://www.docstoc.com/docs/34793453/LImmagine-dei-prodotti-italiani

74 FONTANELLI R., (2006) “Il Made in Italy all’assalto dello shopping cinese”. La Repubblica.it, 12

giugno.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/06/12/il-made-in-italy-allassalto-dello- shopping.html

In questo ultimo decennio, il continuo e rapido insediarsi di aziende estere, se da una parte ha spiazzato i consumatori cinesi che si sono trovati sommersi da un’infinità di

brand senza avere le competenze e i parametri adeguati per distinguerli; dall’altra, ha

reso tali soggetti sempre più consapevoli e coscienti di cos’è il Made in Italy e più predisposti a subire l’influenza dello stile, del fascino e della tradizione dei prodotti occidentali. I cinesi diventano sempre più “fashion victims” e le case di moda italiane si affrettano a inaugurare negozi in Cina: ad oggi sono presenti più di 100 marchi italiani con oltre 600 punti vendita, localizzati prevalentemente nei grandi centri urbani.

Tuttavia, esistono anche degli aspetti negativi. La popolazione cinese lega l’idea d’italianità e di Made in Italy a dei valori di super lusso accessibile a una ristretta cerchia di persone. I marchi italiani, sia per una questione di prezzo ma non solo, molto spesso sono percepiti come qualcosa di non facilmente raggiungibile, che il consumatore considera “not for me” e distante dalla sua quotidianità. Tale percezione limita le potenzialità di molti brand nostrani che in questo modo tendono ad allontanarsi dalla fascia di pubblico più giovane che costituisce la maggior parte della middle upper

class urbana cinese. Quindi fondamentale è l’introduzione, accanto all’idea di qualità, di

concetti come quotidianità e democratizzazione, rendendo i prodotti di alta gamma italiana più attuali e vicini al pubblico.