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Brevi considerazioni sulla definizione di Don Bosco

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 122-128)

AL PROBLEMA EDUCATIVO

4. Brevi considerazioni sulla definizione di Don Bosco

E ora crediamo opportuno far qualche breve considerazione sulla definizione data da Don Bo­

sco a riguardo delY educazione.

Notiamo anzitutto come egli sottolinei il ca­

rattere pratico dell’educazione, dicendola la gran­

de arie di formare gli uomini.

In ciò concorda con l’uso comune, nel quale per educazione s’intende appunto l’azione diretta a sviluppare tutta quanta la personalità dell’edu­

cando.

Con la parola pedagogia (o, come si diceva nel secolo scorso, pedagogica) s’intende invece la scienza che illumina, guida e giustifica l’arte del­

l’educazione.

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Se Don Bosco qualche volta disse che l’edu­

cazione è la scienza e Varie di educare, si spiega facilmente pensando che egli non si impegnava in sottili distinzioni e che, del resto, la pratica di un’arte non è concepibile senza un pensiero che la diriga. Più spesso però Don Bosco, le cui preoccupazioni erano, come si è detto, di natura prevalentemente pratica, designò l’educazione col puro e semplice nome di arte o di grande arte: e Don Barberis, scrivendo i suoi A ppunti, si fa eco, come abbiamo visto, di questo orientamento del suo grande Padre e Maestro.

Don Bosco, nella sua definizione, parla di for­

mazione, che è quanto dire di un lavoro che deve tendere a perfezionare il fanciullo sino a farne un uomo. Tutti i pedagogisti ed educatori sono d ’accordo su questo punto fondamentale, che cioè l'opera educatrice sia opera di perfezione; ma noi sappiamo che, proprio dal modo diverso di con­

cepire la perfezione, ebbero origine, presso i d if­

ferenti popoli, differenti indirizzi educativi.

Gli Ateniesi, ad esempio, reputavano perfetto l’uomo che in sè riunisse la felice armonia del­

la perfezione morale e della perfezione fisica.

Platone, facendosi eco della scuola socratica, a f­

ferma appunto che l’educazione ha per fine di dare allo spirito e al corpo tutta la bellezza e la perfezione di cui sono capaci. Anzi, Pitagora,

aveva già affermato essere fine dell’educazione la somiglianza con Dio.

Ma questo concetto, che può essere accettato senz’altro anche dalla pedagogia cristiana, non fu, presso i pagani, base e fonte di perfezione, ma triste fermento di corruzione, a causa del loro falso concetto della divinità.

Sappiamo infatti che le divinità pagane erano la personificazione delle più abbiette passioni:

creazioni tanto abbominevoli da meritare, se fos­

sero realmente esistite, la punizione che si inflig­

ge agli scellerati. Tanto che i migliori pensatori greci e romani volevano bandito l’insegnamento religioso dalla scuola, perchè ritenevano le divi­

nità deH’O lim po mostri d ’immoralità.

Anche la scuola positivistica moderna, pre­

scindendo da D io e da ogni concetto sopranna­

turale, ha della perfezione del fanciullo e dell’uo­

mo un ideale naturalistico, che esclude perfino l’ombra della Fede e di princìpi religiosi.

Analoghe considerazioni si possono fare ri­

spetto all’altro elemento fondamentale che entra nella definizione dell’educazione: l’uomo.

Sappiamo in qual conto fosse tenuta la digni­

tà dell’uomo presso i pagani. Partendo dall’errore che la natura umana non è uguale in tutti, essa veniva misconosciuta negli schiavi, diventati pro­

prietà del padrone; misconosciuta nella moglie, 100

che il marito poteva ripudiare a suo talento; mi­

sconosciuta nei figli, che potevano essere abban­

donati o cacciati, anche per minimi pretesti. Il materialismo poi, insozzato d’epicureismo, e la dissolutezza, facevano sì che il corpo e la mate­

ria trionfassero sovrani.

Purtroppo siamo obbligati a ripetere anche qui che il positivismo moderno, si chiami esso materialismo o naturalismo, non differisce sostan­

zialmente da quello pagano, e che, di conseguen­

za, identiche sono pure le tristi ripercussioni di siffatti malaugurati errori nel campo dell’educa­

zione.

Ed è proprio questo il motivo per cui credia­

mo sia indispensabile chiarire e precisare con esattezza -i concetti usati da Don Bosco nel defi­

nire l’educazione: la grande arte di formare gli uomini.

« D on Bosco, — dice il già citato Don Bar­

beris, —- spese tutta la sua vita nell’educare: egli si studiò sempre di fare degli uomini: uomini che, dietro le sue orme, cercassero a lor volta di salva­

re la società dal rovinìo che si sarebbe detto im­

minente » (70).

Ora fare o formare degli uomini, nel pensie­

ro di Don Bosco, era educarli in modo che essi raggiungessero il fine pel quale erano stati crea­

ti. Perciò la formazione che egli darà ai suoi al­

lievi sarà ispirata al raggiungimento della perfe­

zione indicata dal Divino Maestro quando disse:

Siate perfetti coin è perfetto il Padre vostro ch’è nei Cieli (71).

Perfezione senza limiti dunque, affinchè l’uo­

mo, tendendo a mete sempre più alte, possa rag­

giungere con la perfezione anche i meriti che gli assicurano l’ampia mercede. Perfezione, inoltre, tutta pervasa di soprannaturale, perchè, nella lu­

ce della perfezione di Dio, deve svolgersi la breve nostra vita presente, destinata a perpetuarsi poi negli ineffabili godimenti di quella eterna. Certo, in una trattazione di pedagogia sacra, non p o­

trebbe trovar luogo altra definizione all'infiio- ri di quella testé indicata.

L’uomo, anche se indebolito dal peccato d ’ori­

gine, è suscettibile di perfettibilità: egli, quasi mosso da una molla che mai rallenta, tende al possesso di perfezione sempre maggiore median­

te l’affinamento delle sue facoltà. Con ciò egli dimostra la sua educabilità, e, poiché D io lo dotò di perfettibilità senza misura, da ciò possiamo de­

durre quanto sia grande la sua capacità di edu­

cazione.

D ’altronde se D on Bosco, appoggiato alla dot­

trina del suo Patrono San Francesco di Sales e agli esempi di molti altri santi educatori, si de­

dicò durante tutta la sua vita all’educazione, è 102

appunto perchè riteneva l’uomo educabile e ca­

pace di perfezione. È questa, — ben possiamo di­

re applicando a Don Bosco ciò che fu affermato del nostro Patrono, —- la prova, anzi una buona prova pratica, della fiducia di Don Bosco nel­

l’uomo.

infatti il nostro Fondatore afferma categorica­

mente: « Siccome non v ’è terreno ingrato e ste­

rile che, per mezzo di lunga pazienza, non si possa finalmente ridurre a frutto, così è dell’uo­

mo, vera terra morale, la quale, per quanto sia sterile e restìa, produce nondimeno, presto o tardi, pensieri onesti e poi atti virtuosi, quando un di­

rettore, con ardenti preghiere, aggiunge i suoi sforzi alla mano di D io nel coltivarla e renderla feconda e bella. In ogni giovane, anche il più disgraziato, havvi un punto accessibile al bene:

e dovere primo dell’educatore è di cercare quer sto punto, questa corda sensibile del cuore, e trar­

ne profitto» (72).

Don Bosco, parlando di formazione, non p o ­ teva intenderla se non completa. L’uomo che si vuol formare è composto di anima e corpo: egli possiede facoltà spirituali e facoltà sensitive.

Dello spirito e del corpo egli si sforzerà dunque di raggiungere la maggior possibile perfezione.

L ’educatore quindi, secondo Don Bosco, deve ri­

volgere le sue cure soprattutto a coltivare nel fan­

ciullo la ragione e la volontà, senza trascurare alcuna delle altre facoltà (73).

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 122-128)