AL PROBLEMA EDUCATIVO
1. Importanza e necessità dell’ed ucazione
Don Bosco, più che persuaso, era, ben si può dire, veramente dominato dall’importanza e neces
sità dell’educazione cristiana. Per una convinzione precocemente radicata nell’anima, confermata poi e resa sempre più salda e sicura da continue ma
nifestazioni celesti, egli si dedicò, come abbiam visto, fin dalla più tenera età, alla missione edu
catrice. È questo un fatto quasi unico nella sto
ria dell’educazione.
DelFimportanza, necessità e vantaggi delFedu- cazione, egli parlò e scrisse del continuo, special
mente nelle conversazioni e spiegazioni, che si vide spesso obbligato a dare, per legittimare il
suo modo di agire, a coloro che, non compresi della necessità dell’opera educatrice, specie in quei tempi, lo ostacolarono in mille modi.
L’argomento dell’educazione fu da lui trattato frequentemente nelle conferenze ai suoi figli e cooperatori, come pure quando ricorreva ai pri
vati e alle autorità per avere aiuti e appoggi a sostegno delle sue opere. Ne daremo un breve saggio.
Sebbene Don Bosco fosse così convinto dell’im
portanza fondamentale dell’educazione della gio
ventù, tuttavia non ne parlava mai in astratto, in veste di teorico o di pedagogista puro. Infiam
mato di zelo per il bene delle anime, egli ne ra
gionava da Santo, e cioè come d’una necessità pratica che mirava alla salvezza dei giovani e ai bisogni dei suoi tempi, i quali offrivano già allora lo spettacolo d’una gioventù minacciata, per cause gravi e diverse, da squallida miseria mo
rale e materiale.
Mentre egli adunque additava ai buoni le cause della triste e paurosa situazione che si andava creando, da uomo pratico ne indicava pure i rimedi. E precisamente avvertiva che il vero e radicale rimedio sarebbe stato questo: la cristiana educazione della gioventù.
« Una delle prime necessità dell’epoca nostra,
— scriveva, — è di venire in aiuto alla povera gio
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ventù maschile abbandonata, onde educarla cri
stianamente e farne dei buoni cittadini, operai e capi di famiglia cristiani, e dei buoni sacerdoti e religiosi, debitamente coltivando la vocazione di ciascuno » (16).
L’esperienza aveva persuaso il Santo che questo era l’unico mezzo per sostenere la civile società: poiché i giovani « se non trovano — di
ceva — una mano soccorrevole che li raccolga, son destinati a diventare in brevissimo tempo il flagello della società. Son quelli che riempiranno le prigioni e che verranno presto, non più sola
mente infelici, ma purtroppo, lo ripeto, il flagello della società in generale, e della famiglia in parti
colare » (17).
« La porzione dell’umana società, — insisteva ancora, — su cui sono fondate le speranze del pre
sente e dell’avvenire, la porzione degna dei più at
tenti riguardi è senza dubbio la gioventù. Questa rettamente educata, vi sarà ordine e moralità: al contrario, vizio e disordine»^ (18). « I l bene della società e della Chiesa risiede nella buona edu
cazione della gioventù» (19). Per questo « in ogni tempo fu speciale sollecitudine dei ministri della nostra santa cattolica Religione di adoperarsi con zelo a fine di promuovere il bene spirituale della gioventù; perciocché dalla buona o cattiva edu
cazione di essa dipende un buono o tristo avvenire 65
ai costumi della società» (20). Diceva altra volta:
« Secondo la parola di uno dei più illustri pre
lati, Mons. Dupanloup, la società sarà buona se voi darete una buona educazione alla gioventù;
se voi la lascerete andare dietro l’impulso del male, la società sarà pervertita» (21).
Sottolineava quindi l’urgenza di adottare que
sto mezzo, sia per il futuro rinnovamento della società, sia per il bene della gioventù: « È difficile,
— scriveva, — ridurre un pomo fracido alla pri
miera maturità; sarà dunque più facile seminare quei grani che porta in sè, i quali a tempo suo daranno poi frutto stagionato e salubre. Con ciò s’intende che non vi è altra maniera di sperare la riforma della società che applicandosi ad allevar bene la gioventù, la quale poi arrecherà un mi
glioramento universale nei popoli » (22).
In altra circostanza diceva ancora: « L ’espe
rienza ha fatto conoscere che ordinariamente la gioventù, prima dei dodici anni, non è capace di fare nè gran bene e neppure gran male, e che passati i diciotto anni riesce assai diffìcile il far deporre abitudini altrove formate per uniformarsi ad un nuovo regolamento di vita (23). Come una tenera pianta, sebbene posta in un buon terreno dentro un giardino, prende tuttavia una cattiva piega e finisce male se non è coltivata, e, per dir così, guidata fino ad una certa grossezza, così
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i giovani piegheranno sicuramente al male, se non si lasceranno guidare da chi ha cura della loro educazione e del bene dell’anima loro. Que
sta guida la avranno nei genitori e in quelli che ne fanno le veci, cui devono docilmente obbedi
re » (24).
Richiamava infine l’attenzione sul fatto che anche i cattivi, quando si tratta di educazione della prole, ne sentono la responsibilità, in pieno contrasto con la propria condotta: « La bontà è anche stimata dagli uomini perversi, benché essi non la pratichino. Guardate: vi sono dei padri che conosceranno anch’essi di essere cattivi ori
ginali, ma vogliono che i loro figliuoli si man
tengano, o diventino buoni, se non lo fossero, e sono contenti che siano educati nella religione. Vi sono dei padri dati al vino, ubriaconi veri; ma guai se sanno che il loro figliuolo mette piede nell’osteria! Un tale sarà un giocatore che gioca tutto il suo, ed anche quello che non è suo, ma guai se sorprende il figliuolo a giocare! Un altro sarà sboccato nelle conversazioni, ma guai se sa
pesse che alla presenza di suo figlio si è detta qualche parola scandalosa! E ciò perchè? Essi sanno quanto gravi danni possono portare questi vizi. Mi ricordo, per recarvi un esempio, di un uomo già avanzato in età, coi capelli bianchi, ri
spettabilissimo, ma senza religione, che veniva a
farmi queste raccomandazioni, non sono molti giorni :
— Guardi che il mio figliuolo frequenti le di
vozioni del collegio, che ascolti le sue Messe, che faccia la confessione e la comunione e che si pre
pari alla cresima, che tenga buona condotta.
— Ma lei, gli dissi, conosce l’importanza di queste cose?
—· Ah, sì, le conosco!
— E le mette in pratica?
— È vero, soggiunse, che sono cattivo, che so
no disgraziato; ma appunto per questo non vo
glio che mio figlio divenga tale » (25).
Per stimolare poi tutti i buoni a prendersi cu
ra della educazione dei fanciulli e delle ragazze, Don Bosco lodava i pregi e l’eccellenza di questa missione. « Volete fare una cosa buona? Educa
te la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educa
te la gioventù. Volete fare una cosa santissima?
Educate la gioventù. Volete fare cosa divina? fi
d i a t e la gioventù. Anzi questa tra le cose divine è divinissima. I Santi Padri vanno d’accordo nel ripetere quei detto di San D ionigi: Divinorum di
vinissimum esi cooperari D eo in salutem anima
rum. (Cosa divinissima tra le divine è cooperare con D io alia salvezza delle anime) » (26). E ne mostrava anche l’utilità ed i vantaggi non indiffe
renti per l’individuo, per la società, per le fami
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glie e per la Chiesa, dicendo: « Imperocché mi
gliaia di ragazzi, — che, dispersi, privi di educazio
ne e di religione, sarebbero divenuti la maggior parte il flagello della società, e forse non pochi andati a bestemmiare il Creatore nelle carceri,
— per mezzo dell’istruzione religiosa, dell’educa
zione, dello studio o di un mestiere imparato, si ritraggono al contrario dalla mala vita, e noi ab
biamo la più soave speranza che essi diventino buoni cristiani, onesti ed utili cittadini» (27).
« Raccogliendo ragazzi abbandonati si diminui
sce il vagabondaggio, diminuiscono i tiraborse, si tiene più sicuro il danaro in saccoccia, si riposa più quieti in casa, e coloro che forse andrebbero a popolare le prigioni, e che sarebbero per sempre il flagello della civile società, diventano buoni cristiani, onesti cittadini, gloria dei paesi ove di
morano, decoro della famiglia a cui appartengono, guadagnandosi col sudore e col lavoro onestamen
te il pane della v ita » (28).
« Il raccogliere poveri fanciulli, l’educarli, il toglierli dal vestibolo delle carceri per ritornarli alla società buoni cristiani ed onesti cittadini, sono cose che non possono a meno d ’aver l ’ap
provazione di tutte le condizioni degli uomi
ni » (29).
« Cominciate dalle vostre proprie famiglie: al
levate bene i vostri figliuoli. Date buoni consigli
a quanti potete conoscere. Se presso di voi si trova qualche orfano, prendetevene una cura par
ticolarissima, insegnategli a servire Dio, aiutate
lo a evitare le tentazioni del vizio » (30).
« Si tratta, in somma, di liberarli dai pericoli che loro sono imminenti, dal mal fare, dalle me
desime carceri; si tratta di renderli onesti citta
dini e buoni cristiani » (31).
Ricordava spesso ai buoni il dovere di favo
rire preferibilmente l'educazione della gioventù povera ed abbandonata, dicendo: «Perseverate nelle vostre tradizioni di generosa carità per tutte le opere buone. La più importante è la cristiana educazione della gioventù » (32). E ne metteva in luce i vantaggi: « Prendendo parte a questa ope
ra di beneficenza, si provvede alla pubblica e alla privata utilità: e voi sarete benedetti da Dio e dagli uomini. D a Dio, presso cui non vi verrà me
no la ricompensa; dagli uomini, poi, avrete la più sentita riconoscenza; mentre uno stuolo di gio
vani benediranno ogni momento la mano genefica, che li ha tolti dai pericoli delle strade avviandoli al buon sentiero, al lavoro, alla salvezza delFani- ma » (33).
« La mercede — spiegava altra volta — sarà di avere contribuito a salvare dalla rovina spi
rituale, e fors’anco temporale, tanti ragazzi, che forse sarebbero andati perduti ed a finire in car
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cere, d’aver impedito che quei ragazzi divenis
sero il flagello della società. Credetelo pure, die, se adesso rifiutate l’obolo per la loro educazione, verranno forse un giorno a prendervelo in saccoc
cia. Ma se adesso procurate di venire loro in aiu
to, la cosa muterà ben di aspetto. Essi saranno quelli che vi benediranno, riconosceranno in voi tanti benefattori, e, all’occorrenza, saranno anche disposti a difendervi e a dare anche la loro vita per salvare la vostra. Inoltre essi pregheranno sempre per i loro benefattori: e la preghiera del povero sale sempre gradita al trono dell’Eter
no » (34).
Anzi, l’i i aprile del 1883, trovandosi a Lione, ospite al Patronage de Notre-Dam e, giunse a di
re, con apostolica franchezza, parole che ora han
no sapore di profezia: « La salvezza della socie
tà, o signori, è nelle vostre tasche. Questi fanciulli raccolti dal Patronage e quelli mantenuti dal- Y O euvre des Ateliers attendono i vostri soccorsi.
Se voi adesso vi tirate indietro, se lasciate che questi ragazzi diventino vittime delle teorie co
munistiche, i benefizi che oggi rifiutate loro, ver
ranno a domandarveli un giorno, non più col ca p
pello in mano, ma mettendovi il coltello alla gola, e forse insieme con la roba vostra vorranno pure la vostra v ita » (35).
A. un giornalista poi replicò: « Sono opere,
queste, che non solo i cattolici debbono sostenere oiribus unitis, ma anche tutti gli uomini cui stia a cuore la moralità dcH’infanzia. Gli umanitari bisogna che se ne interessino non meno dei cri
stiani. È lì l’unico mezzo per preparare un mi
gliore avvenire alla società ». E continuava di
cendo a quei signori: « Se voi non sostenete que
st’opera, ne pagherete il fio. Opere come questu sono necessarie all’equilibrio della società» (36).