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5. I CENTRI PER LA PRODUZIONE OLEARIA E GLI ATELIERS ANFORICI:

5.2 Byzacena

5.2.1 La Byzacena orientale: il Sahel

Il Sahel è un territorio costituito dalla fascia litoranea compresa tra le antiche città di Hadrumetum (attuale Sousse) e Thysdrus (El Jem) e dal suo immediato entroterra. Si tratta di un'area nella quale l'olivicoltura era già estesamente praticata nel corso del I secolo, come dimostrano i molti resti di siti legati alla produzione olearia risalenti all'età romana e tardoantica, i quali, però, risultano spesso in cattive condizioni di conservazione298.

I frantoi erano tendenzialmente localizzati nelle zone dell'interno, dove le fornaci ceramiche sembrano essere quasi del tutto assenti. Gli ateliers anforici erano infatti concentrati attorno alle città costiere, come Sullecthum (Salakta) e Leptiminus (Lamta), le quali erano collegate con l'entroterra attraverso un'efficiente rete stradale299.

296 BRUN J.P.2004,p. 224. 297 CONANT J.2012,p. 140.

298 MATTINGLY D.J.1988,pp. 44-48. 299 PEACOCK D.P.S.et alii 1990, p. 61.

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Fig. 97 Carta degli ateliers ceramici della Zeugitana e della Byzacena (tratta da BONIFAY M.2007,p. 15).

5.2.1.1 Sullecthum

Sullecthum, che corrisponde all'attuale Salakta, era un centro urbano della Byzacena dotato di un importante complesso portuale. Attraverso quest'ultimo, la città intratteneva rapporti diretti con l'Urbs, verso la quale, in particolar modo nel III secolo, esportava,

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oltre ad altre merci, notevoli quantità di olio d'oliva prodotto all'interno della provincia, soprattutto nel territorio dell'antica Thysdrus300.

Sullecthum ha suscitato un forte interesse tra gli studiosi, in quanto non era semplicemente un sito legato alla commercializzazione dell'olio per via marittima, ma ospitava, inoltre, un elevato numero di ateliers anforici. Nella fattispecie le fornaci ceramiche, almeno per quanto riguarda il periodo compreso tra il II e il IV secolo, erano localizzate quasi totalmente nel suburbio cittadino. In questa fase essere erano legate soprattutto alla produzione di Africane IA e IB (generalmente associate alla conservazione e al trasporto dell'olio), Africane IIA e Keay 25.1301.

L'alto grado di organizzazione delle installazioni produttive di Salakta e la buona qualità dei prodotti realizzati al loro interno permette di ipotizzare, con una certa sicurezza, la presenza di artigiani specializzati sul sito, dediti esclusivamente alla lavorazione della ceramica. Questa osservazione permette di differenziare il tipo di produzione di Sullecthum da quello tipicamente utilizzato nella Tripolitania, nel quale, come ho già sottolineato302, l'occupazione principale degli operai legati alla fabbricazione delle anfore era, in realtà, l'agricoltura.

Le produzioni ceramiche di Sullecthum risultano ad oggi ben riconoscibili e facilmente distinguibili rispetto alle altre anfore nordafricane, non tanto per la presenza di bolli impressi, i quali sono stati rinvenuti in quantità piuttosto scarse, quanto per le caratteristiche peculiari dell'impasto. Questo, infatti, si presenta spesso in due colori, rosso mattone con nucleo grigio, e contiene generalmente numerosi inclusi bianchi di piccole dimensioni. È nota, però, anche una seconda produzione, il cui impasto è di colore rosso chiaro.

Nel corso del IV secolo gli ateliers anforici di Salakta dovettero entrare in una fase di declino, che probabilmente portò ad un loro abbandono. Sono dell'opinione che questo cambiamento non debba essere collegato con una crisi di carattere generale che investì la provincia, poiché in questo periodo la Byzacena era ancora un territorio florido, la qual cosa è testimoniata anche dalla vivacità degli scambi commerciali con Roma e con le altre province303. Probabilmente dobbiamo pensare ad un fenomeno di riorganizzazione della produzione, le cui motivazioni necessitano di ulteriori e più approfondite indagini. In questa sede mi limiterò a mettere in evidenza che nel corso

300 FRANCO P.2012,p. 310.

301 FRANCO P.2012,p. 98; PEACOCK D.P.S.et alii 1990, p. 82. 302 Vedi infra cap. 5, par. 5.1.3.

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della prima metà del V secolo i centri legati alla produzione anforica vennero trasferiti dal suburbium della città ad alcune località rurali situate nell'entroterra, ma non eccessivamente lontane da Sullecthum e dalla fascia litoranea304. Nel sito di Henchir ech Chekaff, attivo fino al VI-VII secolo, è stata individuata una di queste più recenti installazioni; i ritrovamenti dimostrano che presso di esso venivano prodotte soprattutto anfore del tipo Keay 61C e 62A305. Questo trasferimento dei centri produttivi potrebbe essere legato ai cambiamenti portati dalla dominazione vandala.

5.2.1.2 Leptiminus

Leptiminus, odierna Lamta, è un centro urbano situato a Nord di Sullecthum e a Sud di Hadrumetum, lungo la fascia costiera della Byzacena. Durante l'età romana e tardoantica il sito era dotato di un complesso portuale attraverso il quale era inserito nei circuiti commerciali extraprovinciali.

Esattamente come a Salakta e a Sousse, anche a Leptiminus giungeva olio d'oliva prodotto presso alcuni siti rurali localizzati nell'entroterra, ma, probabilmente, in quantità più ridotte rispetto al volume generalmente trasportato verso gli altri due centri portuali. Questa situazione era verosimilmente dovuta al fatto che i collegamenti tra Leptiminus e i territori dell'Alta Steppa, presso i quali la produzione olearia era estesamente praticata, erano particolarmente difficoltosi a causa della presenza del lago salato Sebkha Sidi el-Hani306.

Uno dei motivi principali per i quali Leptiminus può essere associata a Sullecthum è l'abbondante presenza sul sito di ateliers legati alla produzione anforica, tendenzialmente databili ad un periodo compreso tra il I e il III secolo e localizzati nel suburbium cittadino (in particolare nelle zone Sud e Sud-Est)307. In questa fase le fornaci di Lamta producevano soprattutto Africane IA, IB, IC e IID.

Le anfore provenienti da Leptiminus sono quelle che, fino ad oggi, hanno restituito il maggior numero di bolli dell'intera provincia della Byzacena. Questi riportano solitamente la sigla "LEP", che indica con certezza la provenienza dei contenitori, e risalgono soprattutto al III secolo, periodo nel quale, ricordiamo, il numero di queste attestazioni epigrafiche aumentò anche per le anfore tripolitane. Molti di questi bolli

304 BONIFAY M.2011,p. 23. 305 BONIFAY M.et alii 2002, p. 156. 306 MATTINGLY D.J.et alii 2011, p. 249. 307 FRANCO P.2012,pp. 329-330.

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sono stati associati alla produzione della fornace S290, situata nella zona orientale del suburbio308; questa installazione produttiva è una delle poche ad essere stata interamente

interessata da attività di scavo archeologico, le quali hanno permesso di ottenere maggiori dettagli riguardo al suo funzionamento309.

La buona qualità dei contenitori anforici prodotti a Leptiminus sembra suggerire la presenza sul sito di artigiani specializzati, dediti esclusivamente alla lavorazione della ceramica, proprio come a Sullecthum. Le caratteristiche dell'impasto, infatti, indicano che veniva prestata un'attenzione particolare durante le varie fasi produttive e permettono di distinguere queste anfore dalle altre produzioni nordafricane: a livello di inclusi risulta molto abbondante il quarzo, rispetto al calcare e ai microfossili, la qual cosa conferisce un aspetto estremamente granuloso310.

La produzione risulta piuttosto abbondante fino al IV secolo, ma, in relazione al V e, quindi, al dominio vandalo, è stato registrato un calo. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che, come nel caso di Salakta, le fornaci ceramiche in questo periodo siano state trasferite presso alcuni siti rurali dell'interno, ma, ad oggi, non si hanno evidenze tanto convincenti da permettere di accettare questa supposizione senza alcuna riserva. Dato che l'evoluzione e l'organizzazione del sito sono molto simili a quelle di Sullecthum, l'ipotesi è sicuramente sostenibile, ma necessita di essere corroborata da ulteriori dati derivanti, possibilmente, da nuove attività di survey e di scavo stratigrafico.

Notizie più precise si hanno per il VI e il VII secolo. Per questo periodo gli ateliers anforici risultano ancora una volta attivi in alcuni settori del suburbio cittadino e, addirittura, all'interno della città di Leptiminus, dove spesso sono stati inseriti nell'ambito di edifici che, durante l'età imperiale romana, avevano avuto una funzione di tipo pubblico. Un esempio è costituito dal ritrovamento di un'installazione legata alla produzione ceramica presso le terme orientali, situate nelle vicinanze della zona portuale311. La trasformazione degli edifici termali in ateliers ceramici è un fenomeno noto anche per altri siti dell'Africa Romana ed è dovuta al fatto che si trattava di strutture facilmente adattabili a questo nuovo tipo di utilizzo, in quanto erano

308 STONE D.L.2009,p. 132.

309 La fornace S290 ha restituito più di 3000 noccioli di oliva, che gli studiosi hanno interpretato come materiale utilizzato per la combustione; è possibile, però, che costituiscano semplicemente ciò che resta di alcuni sacchi di olive rimasti inutilizzati; MATTINGLY D.J.et alii 2011, p. 215.

310 BONIFAY M.2004,p. 35. 311 LEONE A.2003a, pp. 21-24.

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generalmente dotate di un buon numero di cisterne e, inoltre, alcuni ambienti erano costruiti con materiali edilizi resistenti al calore312.

Le fornaci databili a questa fase più tarda producevano soprattutto Keay 61C, Keay 62 e Keay 8A313.

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