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Un contesto produttivo particolare: la città di Volubilis (Mauretania Tingitana)

3. L'OLIO D'OLIVA NEL MONDO ROMANO E TARDOANTICO

3.4 Un contesto produttivo particolare: la città di Volubilis (Mauretania Tingitana)

circa 30 Km a Nord di Meknès. La sua esistenza è documentata con certezza a partire dal III secolo a.C., ma è stato con la conquista romana della regione e con l'elevazione della città allo stato di municipium da parte dell'imperatore Claudio nel 44 d.C. che Volubilis è divenuta oggetto di un rapido sviluppo e di un'espansione piuttosto considerevole, anche in collegamento con l'incremento dell'olivicoltura, molto praticata nei suoi dintorni151. In particolare si assiste all'allestimento di frantoi oleari a partire da un periodo successivo all'ultimo quarto del I secolo d.C., anche se i dati a nostra disposizione non permettono di risalire ad un momento preciso per questo evento152. Sicuramente queste installazioni vennero inserite all'interno di edifici che, originariamente, avrebbero dovuto avere una funzione differente153.

149 PEÑA CERVANTES Y.2010,pp. 82-84. 150 PEÑA CERVANTES Y.2010,pp. 85-87. 151 BRAHMI N.2008,pp. 11-14. 152 BIGI L.2016,p. 145. 153 BIGI L.2016,p. 52.

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Fig. 17 Localizzazione di Volubilis (tratta da BRAHMI N.2008,p. 10).

È probabile che la coltivazione dell'olivo fosse praticata nella zona già in epoca preromana. Ad ogni modo, si può supporre che la romanizzazione della Mauretania Tingitana abbia favorito lo sviluppo di nuovi collegamenti commerciali, anche interregionali, che potrebbero aver incentivato ulteriormente l'olivicoltura e la produzione olearia.

A livello di installazioni produttive, il sito di Volubilis si presenta come del tutto peculiare non soltanto nell'ambito delle province nordafricane154, ma anche in quello

154 Quest'affermazione deve essere collegata con il fatto che non sono molti i contesti produttivi indagati in modo tanto approfondito nelle regioni dell'Africa settentrionale; in particolare, sono pochissimi i frantoi oleari effettivamente scavati nel territorio della Mauretania Tingitana. Ulteriori indagini potrebbero condurre all'identificazione di caratteri simili nell'ambito di altri siti, fino a giungere a delle considerazioni che valgano per tutta la provincia. Fino ad oggi, però, questo non si è ancora rivelato possibile.

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dell'intero mondo romano. Infatti ad oggi non è nota altrove una tale concentrazione di edifici produttivi in ambito urbano, i quali, oltretutto, sembrano da riportare a una datazione piuttosto alta, compresa tra il II e gli inizi del V secolo155.

Per quanto riguarda la particolarità di questo contesto produttivo rispetto agli altri territori dell'Africa Romana, probabilmente è dovuta anche al forte legame che si è stabilito in epoca remota tra la Tingitana e le province iberiche, in particolare l'Hispania Baetica. Proprio questo collegamento, infatti, sembra aver condotto alla trasmissione di alcune caratteristiche tecniche proprie dei frantoi oleari iberici e riscontrate solo sporadicamente all'interno dei territori corrispondenti alle province africane o, addirittura, documentate per la sola Volubilis.

All'interno della città sono state rinvenute e scavate ben tra le 56 e le 59156 installazioni legate alla produzione di olio d'oliva; altre 20 sono state individuate nel territorio rurale circostante157, come, ad esempio, presso la villa di Bab Tisra158, situata a Nord di Volubilis e caratterizzata dalla presenza di due frantoi.

Gli oleifici urbani erano tendenzialmente posizionati nelle insulae in modo da avere uno sbocco diretto sulla rete viaria, al fine di facilitare le operazioni di trasporto della materia prima e del prodotto finito159.

155 BIGI L.2016,p. 176.

156 Non possiamo, per il momento, riportare un numero esatto, in quanto 3 delle 59 installazioni produttive individuate a Volubilis non sono ancora state collegate con certezza alla produzione olearia; BIGI L.2016,p.53.

157 LIMANE H.,MAKDOUN M.1998,p. 336. 158 BRUN J.P.2004,p. 259.

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Fig. 7 Localizzazione dei frantoi oleari all'interno della città di Volubilis (tratta da BIGI L.2016,p. 53).

I frantoi volubilitani sono stati analizzati nel dettaglio da Akerraz e Lenoir, in un illuminante articolo del 1981160. Innanzitutto i due studiosi hanno messo in evidenza l'utilizzo di una variante del trapetum nell'ambito dell'operazione di molitura, che non è descritta nelle opere degli autori antichi e della quale sono noti pochi esempi al di fuori di questo sito, tutti pertinenti alle Mauretania Tingitana e alla penisola Iberica. Si tratta della cosiddetta "macina rotatoria". Questa installazione era costituita da un anello, il catillus, che ruotava intorno a un elemento fisso di forma sferica o troncoconica, la meta; quest'ultima presentava un foro quadrangolare sulla sommità e dei solchi lungo la superficie esterna. La macina rotatoria era solitamente posta al di sopra di un piedistallo in muratura o costituito da un singolo blocco lapideo, ubicato al centro di una vasca

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apposita161. Questa particolare variante del trapetum presenta degli elementi che la

avvicinano alle macine granarie, ma, a differenza di esse, è caratterizzata da una serie di striature e non è realizzata in arenaria162.

Sempre legato alla molitura è un tipo di installazione che risulta attestato unicamente presso la città di Volubilis: la macina a cilindro. Questo macchinario presenta un elemento mobile costituito da un cilindro in calcare, il quale è attraversato da un foro in cui veniva inserito un asse di rotazione; il cilindro, una volta azionato, ruotava all'interno di una base di forma circolare con i bordi rialzati.

La macina rotatoria e quella a cilindro sono state rinvenute insieme in cinque diversi oleifici. Le caratteristiche tecniche di queste due tipologie di installazione permettono di ipotizzare che servissero per due scopi leggermente differenti: la macina rotatoria, infatti, doveva essere utilizzata per frangere le olive, mentre la macina a cilindro era probabilmente legata all'operazione di gramolatura, vale a dire al mescolamento e all'uniformazione della sansa, in preparazione alla fase successiva163.

Per quanto riguarda la premitura, i torchi utilizzati dovevano essere del tipo a leva e a verricello. La maggior parte dei contrappesi rinvenuti è di tipo cilindrico164; si ritiene che abbiano sostituito quelli parallelepipedi tra il 150 e il 180 d.C. Infatti, mentre quelli a forma di parallelepipedo risultano in gran parte reimpiegati come materiale di costruzione all'interno dei frantoi stessi, i contrappesi cilindrici, con una sola eccezione, sono stati tutti ritrovati in situ e sono da riportare a una fase più recente.

Secondo Akerraz e Lenoir a questo cambiamento non corrisponderebbe l'introduzione di un'innovazione tecnologica, nella fattispecie del torchio a leva e a vite, bensì un semplice aumento della forza di trazione dei macchinari. Mattingly e Brun, al contrario, ritengono che l'adozione del torchio a vite indiretta, il quale, oltretutto, nel corso del II secolo si è diffuso ampiamente anche nella Baetica, sia assolutamente verosimile165. Solitamente, però, i contrappesi cilindrici legati all'uso del torchio a leva e a vite presentano sulla faccia superiore una cavità circolare; in questo caso, il foro ha una forma quadrangolare, la qual cosa lascia adito ad incertezze tra gli studiosi166.

161 BIGI L.2016,p. 55; pp. 67-68.

162 AKERRAZ A.,LENOIR M.1981,pp. 71-72. 163 BIGI L.2016,pp.- 56-57; pp. 70-71.

164 Ad oggi sono noti 51 contrappesi, dei quali la maggioranza (31 esemplari) sono di forma cilindrica; BIGI L.2016,p. 102.

165 PEÑA CERVANTES Y.2012,pp. 44-45. 166 BIGI L.2016,pp. 112-113.

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Le vasche per la decantazione dei frantoi di Volubilis sono realizzate in mattoni o in muratura e possono essere a pianta quadrata o rettangolare; solitamente sono rivestite in malta idraulica. Sebbene la maggior parte degli oleifici sia caratterizzata dalla presenza di un'unica vasca, un buon numero ne presenta almeno due; in questo secondo caso è possibile notare una divisione tra vasche di dimensioni minori e maggiori, che sembrerebbe testimoniare la produzione di due diverse qualità di olio d'oliva167. Sul fondo di dodici tra queste vasche è stato individuato un pozzetto di forma conica, legato alle operazioni di pulitura. Un terzo dei bacini, inoltre, presenta un foro situato nell'angolo tra la parete e il fondo, talvolta rivestito in piombo, che trova sbocco sull'esterno, appena sopra al piano pavimentale. In assenza di ipotesi più convincenti, è stato proposto che anche questo tipo di soluzione fosse atto a facilitare la pulitura delle vasche168.

I frantoi volubilitani erano con tutta probabilità sufficienti non soltanto ad assicurare l'approvvigionamento interno del prodotto, ma anche ad alimentare flussi commerciali interni, e forse esterni, alla provincia.

Non siamo in grado di individuare, ad oggi, quale tipo di contenitore fosse utilizzato per trasportare l'olio di Volubilis; infatti nel territorio della Mauretania Tingitana non sono ancora state individuate fornaci per anfore olearie, mentre sono piuttosto significative le importazioni betiche e africane. In anni piuttosto recenti, ad ogni modo, sembrerebbe essere stata identificata la cosiddetta "anfora di Volubilis", per la quale si potrebbe supporre una destinazione olearia; gli studi al riguardo, però, sono ancora allo stato embrionale169.

Negli anni '80 del III secolo Volubilis, così come il resto della provincia, è stata abbandonata dall'esercito romano; nonostante ciò, pare che la città non sia scomparsa, ma abbia continuato ad essere popolata tra IV e V secolo, malgrado questa fase sia stata documentata con una minor precisione rispetto alle precedenti170.

La Volubilis altoimperiale si configura quindi come un contesto produttivo fortemente legato all'olivicoltura171, le cui installazioni, particolarmente numerose e ben indagate a livello archeologico, presentano caratteri che le accomunano maggiormente a quelle

167 BIGI L.2016,p. 61. 168 BIGI L.2016,p. 122. 169 BIGI L.2016,p. 203. 170 BRAHMI N.2008,pp. 15-16.

171 Bisogna comunque tener presente che nel territorio di Volubilis era ampiamente praticata anche la cerealicoltura; GOZALBES E.1998,p. 356.

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iberiche rispetto, ad esempio, ai frantoi della Tripolitania e della Proconsularis, i quali, nello stesso periodo, sono attestati soprattutto in ambito rurale e presentano dimensioni davvero notevoli, nonché caratteristiche tecnologiche talvolta differenti.

3.5 Le analogie con la produzione vinaria

Il ritrovamento di installazioni produttive comprendenti torchi e bacini pone spesso gli archeologi di fronte al problema di una loro sicura interpretazione. Infatti i frantoi oleari presentano in concreto forti analogie con gli impianti legati alla produzione di un altro importante prodotto compreso nella cosiddetta "triade mediterranea": il vino.

Un elemento che deve essere assolutamente preso in considerazione per discernere tra i due tipi di produzione è la presenza di installazioni per la molitura, associate ad uno o più torchi: quando, sul campo, si riscontra una situazione di questo genere, è possibile affermare con certezza che l'impianto è legato alla produzione olearia. Come ho già sottolineato nel par. 3.3.3, però, le macine, in materiale lapideo, molto spesso venivano reimpiegate altrove come materiale da costruzione e, inoltre, erano solitamente meno numerose rispetto ai torchi. Ne consegue che spesso non vengano rinvenute all'interno delle installazioni. Nel caso in cui le macine non siano presenti, perciò, non bisogna associare immediatamente l'intero impianto alla produzione vinaria, ma piuttosto passare ad analizzare altri elementi172.

Anche la disposizione delle vasche può suggerire che tipo di lavorazione si verificasse all'interno di un determinato impianto produttivo. In particolare, quando vengono rinvenute due vasche attigue di dimensioni diverse, è probabile che debbano essere associate alla produzione del vino; infatti gli impianti a destinazione vinicola erano comunemente provvisti di una vasca di ampiezza ridotta nella quale veniva pigiata l'uva, collegata ad un bacino più grande in cui iniziava il processo di fermentazione. Gli oleifici, invece, erano di solito dotati di una serie di vasche, spesso non troppo grandi, situate l'una accanto all'altra e ad altezze diverse, per favorire il passaggio dell'olio durante la fase di decantazione173.

A volte i resti delle installazioni risultano eccessivamente deteriorati e non permettono di giungere ad un'identificazione sicura e corretta del tipo di produzione che vi si svolgeva. In situazioni di questo tipo, un aiuto fondamentale è costituito dalle tecniche archeometriche: analizzando, se presenti, i residui organici che sono stati assorbiti dai

172 BRUN J.P.1993,pp. 518-519.

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bacini e dai piani pavimentali è spesso possibile stabilire con certezza la destinazione degli impianti.

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