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4. LE ANFORE OLEARIE

4.5 I collegamenti con Roma

4.5.1 Monte Testaccio

Il nome Mons Testaceus compare per la prima volta in alcuni documenti risalenti al periodo medievale218 e da allora è stato universalmente adottato per indicare una collina artificiale situata a S-E del colle Aventino, a Roma, nelle vicinanze dell'antico complesso portuale della pianura subaventina e in collegamento diretto con gli horrea che sono stati costruiti in questa zona a partire dal II secolo a.C219.

Il sito è considerato un unicum nel panorama internazionale, in quanto la collina è costituita quasi unicamente da frammenti di anfore olearie provenienti dall'Hispania

215 BERNI MILLET P.1998,p. 23.

216 GARCIA BROSA G.,OZCARIZ GIL P.2007,p. 549-554. 217 Vedi infra cap. 2.

218 RODRIGUEZ ALMEIDA E.1984,p. 121. 219 REVILLA CALVO V.2013,p. 3.

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Baetica e dalle province africane, databili a un periodo compreso tra il I e la metà del III secolo.

Fig. 86 Il Monte Testaccio nella pianura subaventina (tratto da BLAZQUEZ MARTINEZ J.,REMESAL RODRIGUEZ J.2010, p. 16).

Il Testaccio presenta delle dimensioni davvero notevoli: è alto 50 m sopra il livello del mare, ha un perimetro di circa 1400 m e un'area di 22000 mq. Le prime attività di scavo che vi sono state realizzate risalgono addirittura al 1872220, ma, nonostante sia trascorso

più di un secolo da allora, il lavoro da fare sul campo è ancora molto, non solo per via

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dell'estensione della collina, ma anche a causa delle notevoli difficoltà che gli archeologi hanno riscontrato nello scavare un sito composto esclusivamente da frammenti ceramici.

Fig. 87 Foto della stratigrafia di Monte Testaccio (tratta da BLAZQUEZ MARTINEZ J.,REMESAL RODRIGUEZ J.2010,p. 22).

Secondo alcuni studiosi, il numero delle anfore olearie che compongono il Testaccio ammonterebbe a 25 milioni221, più dell'85% delle quali sono del tipo Dressel 20. Oltre a questi contenitori di origine iberica, sono presenti soprattutto Africane IA e IB, Africane IIA, IIB, IIC e IID, Ostia XXIII, Ostia LIX e Tripolitane I e III222.

La collina è costituita da tre diverse piattaforme:

221 REVILLA CALVO V.2013,p. 7.

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1. Piattaforma 1: è andata formandosi probabilmente dall'età di Augusto223 al 149

d.C.;

2. Piattaforma 2: è collocata a Ovest rispetto alla prima e sembra risalire ad un periodo compreso tra il 161 d.C. e l'età severiana (224-230 d.C.);

3. Piattaforma 3: è situata a Est rispetto alla prima; risale alla metà del III secolo ed è probabilmente rimasta in uso fino al 257 d.C. Questa piattaforma presenta delle dimensioni ridotte se paragonata alle altre due.

Secondo Rodriguez Almeida, inizialmente lo scarico di materiale ceramico avrebbe avuto un carattere casuale e, quindi, non avrebbe seguito alcun criterio specifico. Quando il volume dei frammenti cominciò ad aumentare in maniera notevole, però, dovette rendersi necessaria una loro organizzazione, in quanto è probabile che la prima piattaforma avesse cominciato a manifestare una certa instabilità strutturale. Al fine di continuare ad utilizzarla senza pericoli, furono realizzate delle file composte da anfore il cui puntale era stato preventivamente spezzato e rimosso; a loro volta, queste venivano riempite da frammenti di altri contenitori anforici. Queste file avevano la funzione di delimitare una serie di spazi, all'interno dei quali veniva gettata la maggior parte della ceramica. Quando lo spazio a disposizione era terminato, si procedeva con la creazione di una fila superiore, leggermente arretrata rispetto a quella sottostante, la qual cosa ha conferito alle tre piattaforme un profilo con un'inclinazione di circa 45° e un aspetto che potrebbe essere considerato simile a quello delle piramidi a gradoni.

223 In realtà il momento in cui il Testaccio ha iniziato a formarsi è tutt'oggi dibattuto tra gli studiosi. Alcuni ritengono che la formazione risalga al regno di Ottaviano Augusto, ma altri la riportano alla fine del I secolo, quindi all'età flavia; REVILLA CALVO V.2013,p.8.

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Fig. 88 Ricostruzione delle piattaforme occidentale e orientale del Testaccio (tratta da BERNI MILLET P.1998,p.16).

Solo quando la prima piattaforma raggiunse i 50 m sopra il livello del mare fu abbandonata per intraprendere la costruzione della seconda, seguendo gli stessi criteri. Quest'ultima, però, presenta un'altezza più ridotta224.

Gli interstizi tra le anfore, già durante il periodo d'uso del sito, vennero riempiti con della calce, per fare in modo che questa assorbisse i residui di olio d'oliva ancora presenti al momento dello scarico e, quindi, per impedire il diffondersi di odori sgradevoli legati alla degradazione degli stessi225. Questo particolare indica in modo incontrovertibile, insieme al tipo di organizzazione che caratterizza le tre piattaforme, che il Testaccio non è il risultato di un deposito casuale o improvvisato, ma, al contrario, la sua costruzione fu frutto di un'attenta pianificazione.

Sebbene la grande maggioranza delle anfore olearie che compongono il Monte Testaccio provenga dall'Hispania Baetica, è fondamentale sottolineare anche l'importanza dei contenitori anforici africani, che videro un aumento nel corso dei tre secoli d'uso del sito. Durante la metà del II secolo questi costituivano circa il 15-17% del totale e provenivano soprattutto dalla Tripolitania (si trattava in particolare di

224 REMESAL RODRIGUEZ J.2004a, pp. 1080-1082. 225 RODRIGUEZ ALMEIDA E.1984,p. 114.

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Tripolitane I)226; le anfore tunisine più rappresentative per questa fase sono invece le

Africane IA227.

Intorno alla metà del III secolo si verificò probabilmente un'inversione di tendenza per quanto riguarda le importazioni africane, in quanto le anfore tunisine (soprattutto Africane IB) risultano adesso più numerose rispetto a quelle tripolitane228. Questo potrebbe essere collegato con la caduta dell'ultimo esponente della dinastia dei Severi, Alessandro Severo, nel 235 d.C., che comportò una diminuzione dell'importanza della Tripolitania. La provincia, infatti, aveva vissuto un periodo di grande floridezza economica anche grazie ai privilegi che aveva ricevuto da Settimio Severo e dai suoi discendenti in quanto loro terra di origine. Con l'estinguersi della dinastia, però, la Tripolitania fu colpita da una crisi generalizzata, che andò aggravandosi nel corso dei secoli successivi229.

Oltre a questo cambiamento, bisogna sottolineare che alla metà del III secolo le anfore africane al Testaccio costituiscono il 26% del totale230.

Per quanto riguarda le fase precedenti alla metà del II secolo, purtroppo ad oggi le notizie sono molto scarse, a causa del fatto che gli strati pre-antoniniani sono coperti da quelli più recenti231.

Prendendo in considerazione il numero dei frammenti anforici presenti sul sito e collegandolo alle varie tipologie, sembrerebbe che, almeno fino al 247 d.C., la città di Roma abbia ricevuto olio d'oliva soprattutto dall'Hispania Baetica. In realtà, malgrado i quantitativi di olio betico che raggiunsero la capitale tra il I e la metà del III secolo siano sicuramente notevoli, nello studiare il deposito del Testaccio potrebbe essere necessario osservare e studiare anche le caratteristiche fisiche delle diverse anfore. Infatti le Dressel 20 presentano delle pareti molto spesse, che portano ad una frammentazione di questi contenitori in pezzi di grandi dimensioni, difficilmente riutilizzabili per altri scopi232. Le anfore africane, invece, sono caratterizzate da pareti

226 REVILLA CALVO V.2007,p. 324. 227 REVILLA CALVO V.2013,p. 16. 228 REVILLA CALVO V.2007,p. 325. 229 Vedi infra, cap. 2, par. 2.4. 230 REVILLA CALVO V.2013,p. 14. 231 BROEKAERT W.2011,p. 603.

232 MATTINGLY D.J.1998,p. 55. Nonostante ciò, si trovano spesso riutilizzate come riempitivo in alcune costruzioni dell'area di Roma, risalenti al II o al IV secolo, come la Basilica di Massenzio (308-315 d.C.), l'arco di Giano al foro Boario e il circo di Massenzio sulla via Appia. Le Dressel 20, quando si trovano reimpiegate in questo modo, sono spesso affiancate dalle Dressel 23; PEÑA J.T.2007,pp. 165-175.

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più sottili, la qual cosa le rende particolarmente adatte per il reimpiego (ad esempio, nell'ambito di varie opere di costruzione)233.

Oltre a questo fatto, bisogna anche considerare che non tutte le anfore olearie che giungevano nella zona di Roma venivano svuotate e depositate al Testaccio; come dimostrano i ritrovamenti, una buona parte, ad esempio, veniva scaricata a Portus e a Ostia. Inoltre è probabile che molti privati acquistassero delle partite di olio d'oliva che venivano trasportate direttamente alle domus234.

Questi elementi dimostrano la necessità di prestare un'attenzione particolare nell'avanzare ipotesi sulla composizione del Testaccio e sul tipo di scambi commerciali ad esso connessi, per evitare di scadere in generalizzazioni che potrebbero rivelarsi inesatte.

L'utilizzo del sito è cessato con il 260 d.C. Molti studiosi avevano inizialmente collegato questa data con la presunta fine delle importazioni di olio betico a Roma, ma, in realtà, le evidenze mostrano che questo prodotto, sebbene in quantità più ridotte rispetto a quanto è avvenuto nel corso del I e del II secolo, durante la seconda metà del III secolo continuò a raggiungere regolarmente la capitale235, anche all'interno di nuovi contenitori, come le Dressel 23.

Secondo altre ipotesi, il Testaccio non venne più utilizzato dopo questa data a causa della costruzione delle mura Aureliane, avvenuta alcuni anni dopo236. Secondo la mia

opinione, questa ipotesi non può essere considerata del tutto convincente. La costruzione della nuova cinta muraria, infatti, iniziò soltanto nel 271 e terminò nel 279237. Dato che l'imperatore Aureliano salì al trono nel 270, è poco probabile che nel corso del 260 le mura fossero già in progetto. Nonostante il fatto che l'introduzione di questo nuovo elemento strutturale abbia innegabilmente comportato profondi cambiamenti nella Regio Aventinus, determinando in modo definitivo la perdita del ruolo economico e commerciale che questa zona aveva detenuto probabilmente a partire dall'età augustea238, fu introdotto ben undici anni dopo rispetto all'abbandono del Testaccio. Per questo motivo ritengo che le mura Aureliane non possano essere considerate la causa della cessazione dell'uso del sito.

233 PEÑA J.T.2007,p. 176.

234 RODRIGUEZ ALMEIDA E.1984,p. 118. 235 Vedi infra cap. 2, par. 2.4.

236 REMESAL RODRIGUEZ J.2004a, p. 1088. 237 CARAFA P.2013, pp. 85-89.

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Sappiamo però che durante il 262 alcune forti scosse di terremoto colpirono le regioni del Mediterraneo e, come è possibile leggere nella Historia Augusta, furono percepite anche nella città di Roma239. Trovo assolutamente verosimile che questa serie di fenomeni di tipo sismico possa aver causato il danneggiamento di alcune strutture localizzate nella pianura Aventina. Se consideriamo il Testaccio come parte di un sistema complesso, all'interno del quale tutti gli elementi (l'Emporium, i vari horrea e, appunto, il Monte Testaccio) erano strettamente collegati tra di loro, gli eventuali danni strutturali dovuti ai terremoti potrebbero aver provocato dei notevoli e forse decisivi rallentamenti a livello degli scambi commerciali. Questo potrebbe aver condotto all'ideazione di un sistema alternativo legato all'immissione dell'olio d'oliva di origine provinciale all'interno dell'Urbs, che, sebbene avesse inizialmente un carattere temporaneo, avrebbe progressivamente sostituito quello utilizzato fino al 262.

Questa è chiaramente un'ipotesi che, se considerata valida, dovrebbe essere corroborata attraverso lo studio delle fonti e, in particolar modo, dei dati materiali attualmente a disposizione.

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