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CALAMATTA E IL CLASSICO CALAMATTA E IL CLASSICO

CALAMATTA E IL CLASSICO

CALAMATTA E IL CLASSICO

CALAMATTA E IL CLASSICO

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2.1. La collaborazione con Thorvaldsen: i disegni ritrovati nel museo di . La collaborazione con Thorvaldsen: i disegni ritrovati nel museo di . La collaborazione con Thorvaldsen: i disegni ritrovati nel museo di . La collaborazione con Thorvaldsen: i disegni ritrovati nel museo di

Copenaghen.

Copenaghen.

Copenaghen.

Copenaghen.

Feci il disegno ed incominciai ad incidere una Madonna del Raffaello: questo lavoro mi fu ordinato dal mio maestro Marchetti per aiutarmi. Essendo in seguito partito, lo terminò da se. Feci a Torwaldsen i disegni del General Potoscki le Tre Grazie e la Venere in un altro punto e mi comprò anche il primo disegno che feci per lo studio.157

Se per l’opera commissionata da Marchetti allo stato attuale non si ha che un probabile riferimento di un esemplare conservato nel Gabinetto di stampe del Museo dell’Accademia Croata di Scienze dal titolo La Beata Vergine, ancora non verificabile,158 i disegni eseguiti

per Thorvaldsen sono stati invece rintracciati nel fondo della collezione privata dello scultore presso il Museo a lui intitolato a Copenaghen. Si tratta di quattro disegni a matita nera su foglio bianco: una sola versione della statua di Venere159 (Fig. 27) terminata in marmo dallo scultore nel 1816 (Fig. 27a), due disegni del Generale Wlodzimierz Potocki160 (Figg. 28, 29) modellato a Roma nel 1821 (Fig. 28a), tratti da due punti di vista differenti, l’ultimo disegno eseguito dal bassorilievo del bozzetto in gesso delle Tre Grazie che ascoltano il canto di Cupido161 (Fig. 30) scolpito anch’esso nel 1821, lastra frontale del monumento funebre di Andrea Appiani (Milano, Pinacoteca di Brera) (Fig. 30a).

Al di là delle precisazioni circa la discordanza delle versioni tra ciò che Calamatta descrive nelle sue Memorie e i fogli effettivamente ritrovati al museo Thorvaldsen – plausibilmente imputabile ad una svista mnemonica o alla dispersione di una delle due versioni della Venere – e circa la possibilità di datare i disegni sulla base del riferimento post quem

157 Memorie, in Corbucci, p. 31.

158 Nel sito dell’Accademia viene riportato l’esemplare di un’incisione dal titolo "La Beata Vergine” dedicato

“Al nobil uomo il signore avvocato Andrea Barberi, cavaliere del ordine civile di S. Gregorio Magno, collateralo di Campidoglio, academico di religione cattolica e socio di altre academie”, i cui esecutori sono Domenico Marchetti per l’incisione e Luigi Calamatta per il disegno. Gli autori del catalogo ipotizzano la datazione tra il 1820 e il 1823, periodo nel quale Calamatta studiava a Roma sotto la guida di Marchetti (cfr. Museum of the Croatian Academy of Science, Cabinet of Engravings, Zagreb – KG HAZU, inventory number 548 (http://www.kabinet-grafike.hazu.hr).

159 Misure: 542 x 348 mm; iscrizione a penna in b. a ds.: “ Luigi Calamatta dis.”; Copenaghen, Museo

Thorvaldsen, inv. D51. Tratto dalla scultura in gesso conservata nello stesso museo (inv. n. A12). Per notizie sulla scultura cfr. Bertel Thorvaldsen, 1989, cat. n. 33, pp. 166-167.

160 Misure: 585 x 407 mm; iscrizione a penna in b. a ds.: “ Luigi Calamatta dis.” e l’altro, misure 522 x 363

mm, senza iscrizioni Copenaghen, Museo Thorvaldsen, invv. D52 - D53. Tratti dalla scultura in gesso conservata nello stesso museo (inv. n. A155). Per notizie sulla scultura cfr. B. Jørnæs Bertel Thorvaldsen: la

vita e l'opera dello scultore, Roma 1997, pp. 157-160.

161

Copenaghen, Museo Thorvaldsen, inv. D50; misure: 482 x 401 mm; iscrizione a penna in b. a ds.: “ Luigi Calamatta dis.” Tratto dalla bassorilievo in gesso conservato nello stesso museo (inv. n. A602) (Per notizie sul

Monumento ad Andrea Appiani cfr. F. Mazzocca, Thorvaldsen e i committenti lombardi, in Bertel Thorvaldsen, 1989, pp. 113-120.

dell’esecuzione delle statue tra il 1820 e gli inizi del 1823 (data della partenza per Parigi), vale qui sottolineare un aspetto all’apparenza contraddittorio sull’effettivo impiego dei quattro disegni. Nonostante fossero stati eseguiti in maniera compiutissima a chiaroscuro, annoverandosi quindi nella categoria dei disegni di traduzione che Stefano Susinno, richiamando Rosenberg, identifica come “grafica di qualità”,162 e nonostante l’ammirazione e le lodi suscitate in Thorvaldsen – tanto da compiacersi di Calamatta presagendone i trionfi con il suo allievo Pietro Galli,163 – essi non furono immediatamente utilizzati per trarne incisioni (obiettivo dello scultore, stando alle parole di Calamatta): allo stato attuale si conosce solo una litografia di ignoto e senza data derivata da una delle due versioni del Generale Potocki,164 (Fig. 29b) mentre della Venere e delle Tre Grazie sono note solo alcune incisioni di altri artisti tratte da disegni eseguiti in tempi diversi (Figg. 27b, 27c, 30b, 30c).165

Tale risultato potrebbe essere giustificato con la sfortuna iconografica dei soggetti pagani scelti da Calamatta che in quel momento erano già divenuti “fuori moda”. Proprio nel 1821, con l’esecuzione della statua del Cristo, Thorvaldsen stava pervenendo alla terza tappa della sua evoluzione, quella del “purismo trascendentale”, dopo aver superato quella del “classicismo eroico del Giasone” e del “purismo plastico-lineare del Fregio di Alessandro” al Quirinale.166 Negli anni Venti, infatti, si erano maturate a Roma le premesse stilistiche del Purismo poggiatesi sulla diffusione dei disegni di Flaxman illustranti Omero, Eschilo e Dante, le cui incisioni a contorno tratte dal Piroli (1793) furono ampiamente adoperate come modelli sia dal gruppo dei Nazareni, che dagli artisti pervenuti al Purismo anche tramite la riscoperta del classicismo greco, come Thorvaldsen ed Ingres. In breve tempo, i nuovi

162 S. Susinno, 1995, vol. II, p. 1. 163

Ojetti, 1879, p. 10.

164 Museo Thorvaldsen, inv. E86. La litografia è di dimensioni più ridotte (496 x 317 mm) e corrisponde al

disegno di Calamatta inv. D53. Essendo un esemplare ante litteram essa non riporta alcuna iscrizione che possa fornire ulteriori dati circa la sua esecuzione.

165

Per la Venere nel museo danese sono conservati due disegni a contorno con le relative incisioni: il primo (D164) eseguito prima del 1811 da Ferdinando Mori per la pubblicazione dell’album Le statue e li bassirilievi

inventati e scolpiti in marmo dal cavaliere Alberto Thorwaldsen scultore danese. Disegnati ed incisi dai Riepenhausen e da Ferdinando Mori, Roma 1811; il secondo, opera di ignoto (inv. D193), fu eseguito tra il

1816 e il 1831 per l’incisione di Francesco Garzoli inserita nella raccolta Intera collezione di tutte le opere

inventate e scolpite dal. cav. Alberto Thorwaldsen. Incisa a contorni con illustrazioni del chiarissimo abate Misserini, pubblicata a Roma nel 1831.

Mentre per le Tre Grazie Thorvaldsen fece addirittura eseguire un nuovo disegno nella stessa modalità di quello di Calamatta ma in formato più piccolo successivamente al 1821 dal tedesco Anton Krüger (Museo Thorvaldsen, disegno a matita, inv. D49, misure 242 x 200 mm), dal quale un altro tedesco, Moritz Edwin Kluge, ne trasse l’incisione nel 1834 (inv. E72, misure 273 x 194 mm).

contenuti religiosi di ascendenza pietista, condivisi anche dalla corrente minardiana e dagli esponenti legati allo Stato Pontificio come Canova e Consalvi, avevano declassato a vacuo e senza “alcun significato”167 le opere ispirate alla iconografia della classicità greco-romana che poco tempo prima erano state ritenute “sublimi”, decretando l’urgenza della diffusione dei nuovi modelli della cristianità attraverso la rapida esecuzione dei disegni e delle corrispondenti incisioni, come ad esempio, accadde per il disegno che Minardi eseguì del Cristo commissionatogli forse direttamente dallo stesso Thorvaldsen, inciso a tamburo battente da Giovanni Folo nello stesso 1821.168

Nonostante, dunque, la mancata occasione di un successo immediato che Calamatta poteva ottenere cominciando a far circolare subito il suo nome nel mercato europeo attraverso le traduzioni delle opere dello scultore più in voga del momento, egli preferì assecondare il suo istinto nella ricerca della perfezione del bello raggiunta, come egli stesso dirà più tardi nelle sue Memorie, solo dai Greci, da Raffaello e da Ingres,169 prendendo in questo modo sempre più le distanze dalla cultura classicista camucciniana dalla quale i suoi maestri (specialmente Giangiacomo) lo avevano messo in guardia già nell’Ospizio.

Del resto, Thorvaldsen si era ben accorto del talento del giovane incisore e quando Calamatta decise di partire per Parigi lo rimproverò aspramente cercando di convincerlo a restare, al contrario del suo maestro Marchetti:

Fui presto deciso sul sì: ma siccome avevo incominciato un rame per Marchetti, se a questo fosse un poco troppo dispiaciuto la mia partenza, sarei restato: senza troppo approvarmi, sentiva bene che era un’occasione seducente e paternamente mi disse: – Va, dunque!

Thorvaldsen mi biasimò molto: diceva che nessun incisore a Roma disegnava come me: – vi avrei fatto incidere le mie opere e non vedo perché voi andate a Parigi dove

167 Con questo termine Dorothea Schlegel, dotta moglie di Friedriche madre del nazareno Philipp Veit si era

espressa nel suo diario dopo la visita all’atelier di Thorvaldsen nell’ottobre del 1818: “[…] di fronte a tutte queste opere squisite, neanche per un istante ho potuto nascondermi che queste divinità nude e queste provocanti danzatrici non ci riguardano più – sono e restano a noi estranee, e un animo cui esse siano gradite non può essere un animo cristiano […] dentro di me è sorto a questo riguardo uno strano conflitto, io non posso certo negare la maestria di queste opere d’arte, e nemmeno posso desiderare che non esistano, eppure esse non hanno per me alcun significato” (Dorothea Schlegel, Diario, ottobre 1818, in di Majo, Susinno, 1989, p. 12).

168 Il disegno è conservato presso il Museo Thorvaldsen (inv. D59). Cfr. M. V. Marini Clarelli, in Bertel

Thorvaldsen, 1989, p. 180.

troverete il cattivo gusto e il manierato. – Queste parole mi fecero molto effetto, ma quando mi recai dal celebre scultore avevo già deciso di partire.170

Lo sfidare le sue capacità e il volersi confrontare con un modo diverso di fare incisione in un Paese che in quel momento storico era il centro di riferimento per quest’arte, uscendo dagli stretti confini di una Roma che, sebbene “capitale delle arti” rimaneva sotto il giogo pontificio, vinsero sull’opinione seppure autorevole di Thorvaldsen, il quale del resto, quando nel 1838 volle ritornare nella sua città d’origine, forse potè comprendere il desiderio di evasione dall’ormai decadente clima romano, come lo sottolineava Giangiacomo a Mercuri:

Qui lo stato delle arti è deplorabile: per dirlo alla romanesca, tira un lume di luna che non so come terminerà. Pare che il prof. Thordwalsen [sic] abbandoni Roma e si ritiri in sua patria: già sta incassando i suoi affetti.171

La lontananza, tuttavia, non impedì a Thorvaldsen di continuare a seguire negli anni successivi la carriera folgorante di Calamatta a Parigi, data la presenza nella sua vasta collezione di alcune delle incisioni che decretarono il successo del suo giovane disegnatore.172

170 Ibidem, pp. 33-34.

171 Lettera di Giangiacomo a Mercuri del 5 luglio 1838, in Ciampi, 1879, p. 117.

172 Oltre la già citata Cristo che salva san Pietro dalle acque (inv. E402), presso il Museo Thorvaldsen si

conservano la Maschera di Napoleone, 1834 (inv. E401), il Voto di Luigi XIII, 1837 (inv. E403) e il Ritratto

del conte Molé , 1840 (inv. E402). Il fatto di essere esemplari di ultimo stato con le lettere (ad eccezione del Cristo e San Pietro) e senza alcuna dedica, fa supporre che non siano state donate da Calamatta, ma furono

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2.2. . . . L’incontro con L’incontro con L’incontro con L’incontro con AndréAndréAndréAndré----Benoit TaurelBenoit TaurelBenoit TaurelBenoit Taurel

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2.2..2..2..2.1.1.1. Taurel e la sua cerchia a Villa Medici1. Taurel e la sua cerchia a Villa Medici Taurel e la sua cerchia a Villa Medici Taurel e la sua cerchia a Villa Medici

Un incisore pensionato dell’Accademia di Francia, chiamato Taurel aveva domandato un giovane uomo capace di aiutarlo, gli si propose inizialmente uno dei miei compagni di San Michele, egli lo provò non fu soddisfatto e allora si parlò di me. Egli mi fece domandare e mi propose di lavorare alle sue lastre. La mia prima idea fu di rifiutare e gli risposi che ne avrei parlato al mio maestro [Marchetti]. Quest’ultimo non mi incoraggiò affatto, ma uno dei miei compagni173 che aveva molto buon senso e che io stimavo mi disse: – Va, tu sei giovane, è buono di vedere e di conoscere un’altra maniera d’incidere e i Francesi sono celebri in quest’arte. – Mi ricordai che questa era anche l’opinione del Ricciani e malgrado la mia repulsione a lavorare per un altro quando avevo un’opera a firma del mio nome, andai per convenire con Taurel che lui e me ci saremmo provati mutualmente.174

Vincitore del premier prix de la gravure nel 1818 all’età di 23 anni e mezzo,175 André- Benoît Barreau, detto Taurel,176 allievo dell’atelier di Bervic, il più rinomato della Parigi del

173 Purtroppo non si conosce il nome del compagno, che si desume essere stto Pietro Mancion, nonostante

Corbucci abbia domandato notizie all’allievo di Calamatta a lui più vicino, Lucio Quirino Lelli (cfr. Corbucci, 1886, p. 176).

174 Notice biographique, ff. 12-13; il Corbucci (1886, pp. 32) non riporta il brano e trasmette informazioni

parziali.

175

Cfr. C. Giraudon, Procès-verbaux de l'Académie des Beaux-arts: 1816-1820, sous la direction de J.-M. Leniaud, t. II, Paris 2002, p. 439 e passim. Taurel aveva già partecipato al concorso del 1816 con uno studio di figura dal vero, ma a differenza di quanto riporta Jobert (cfr. B. Jobert, Ai margini, da Parigi a Roma.

L’incisione a Villa Medici nel XIX secolo, in Maestà di Roma, II, p. 70, fig. 2) non vincerà alcun premio.

176

Taurel (Parigi, 1794 - Amsterdam, 1859), d'origine modesta, divenne allievo di Pierre-Narcisse Guérin poi dell’incisore Charles-Clément Bervic, ottenne nel 1818, il prix de Rome dell’incisione.

All’infuori degli accadimenti che lo hanno legato ai personaggi più noti, Ingres, Thévénin e Calamatta (ai quali si darà spazio nel testo, relativamente al Nostro), di lui non si hanno che poche notizie che si diradano ancor più soprattutto dal 1828, anno in cui fu chiamato ad Amsterdam, essendo stato nominato professore

dell'Accademia di Belle Arti al fine di fondarvi la cattedra d’incisione che diresse fino al 1855. Nel 1836 sua moglie Ursule Claire morì lasciando a Taurel quattro figli, dei quali sono noti i nomi dei primi tre: Charlotte- Madeleine, Charles Edouard, Marie-André-Auguste. Dieci anni più tardi, l'artista si risposò dando alla luce altri quattro figli. Morì ad Amsterdam nel 1859.

Sebbene da giovane si fosse annunciato a Parigi come un “vigoroso bulinista destinato ad onorare la scuola francese” con opere quali Sextus Pompée della raccolta del Musée Royal, e i ritratti in piccolo formato de

Corneille, Molière, La Bruyère e J.-B. Rousseau (1824), pour les Classique di Lefèvre, del Tasse, e diverse

lastre per il Plutarque di Dubois, dopo il suo trasferimento ad Amsterdam, nonostante producesse varie incisioni da ritratti dei pittori olandesi – Nicolaas Pieneman (Guglielmo I e Regina Sofia), J.A. Kruseman (Guglielmo II e Guglielmo III), Kruger (lo zar Nicola) e Van der Hulst (la granduchessa Anna-Pauloivna) – egli lasciò soprattutto traccia nell’incisione olandese col suo importante contributo dell’insegnamento

accademico, coltivando diversi incisori di talento tra i quali il suo secondo figlio Charles Edouard, J.W. Kaiser e H.W. Couwenberg (per un primo approccio bibliografico su Taurel: Ch. Ed. Taurel, L’Album T. Douze eaux-

fortes d'après des dessins originaux et inédits de Jean Alaux, Léon Cogniet, Coutan, Henriquel-Dupont, Ingres, Léopold Robert et Etna Michalon avec texte explicatif et biographique, Amsterdam et La Haye, 1884;