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Il calcolo finanziario può essere considerato come l’elemento fonda- mentale per giustificare i diversi ordinamenti tributari. Purtroppo, però, sorgono quasi sempre non lievi difficoltà per una sua precisa e completa attuazione. Infatti, si può ritenere, die esso rappresenti il risultato, da un lato, dell’apprezzamento « soggettivo » da parte dello Stato del costo collettivo dei servizi pubblici e, dall’altro, dell’utilità per la collettività dell’azione statale nel campo finanziario; di guisa che, per analizzare quella che dovrebbe essere la base di qualsiasi attività dello Stato nei riguardi dell’ordinamento tributario, occorrerà mettere a raffronto il costo collettivo e l ’utilità per la collettività dei servizi pubblici. Ma p ra­ ticamente, come potrà attuarsi con esattezza tale corretta valutazione? Va da sè che il calcolo finanziario appare estremamente difficile e, quindi, soltanto approssimativo, anzi più arduo ancora di quello edoni­ stico individuale, posto a fondamento di tutta la teoria dell’equilibrio. Calcolo edonistico, che possiamo facilmente riscontrare nella quotidiana esperienza delle azioni economiche, classificate dal Pareto, appunto per il carattere speciale che esse presentano, fra le « azioni logiche » (1). Quan­ do un individuo va ad acquistare un bene qualsiasi sul mercato, fa un calcolo edonistico apparentemente semplice : paragona, cioè, l ’utilità m ar­ ginale presunta o già nota dei prodotti che vuol comprare, con la somma di sforzi necessari per procacciarsi il denaro occorrente agli acquisti ed eseguisce, praticamente, in modo relativamente soddisfacente, un calcolo, sia pure approssimativo, in base ai principi teorici stabiliti dal Menger, dell’utilità marginale ponderata dei va ri beni che egli potrebbe comprare con quella data somma.

Il calcolo edonistico individuale appare approssimativo soprat­ tutto allorché si tenti di distribuire il reddito tra il soddisfacimento di bisogni presenti e di bisogni futuri. In fatti — come afferma il Mar­ shall — « nel calcolare l’utilità marginale presente di una fonte lontana di piacere occorre tener conto di due cose: anzitutto della sua concretez­ za (ossia di una proprietà oggettiva, che tutte le persone ben informate calcoleranno al medesimo modo); e, in secondo luogo, della differenza di valore che ha per la persona un piacere lontano in confronto con uno presente (ossia di una proprietà soggettiva, che diverse persone calcole- 1

(1) V. Pareto, T r a t t a t o d i s o c i o l o g i a g e n e r a l e , Firenze, Barbera, 1916, Voi. I, pag. 64 e segg.

ranno in differente guisa secondo i loro caratteri individuali e le loro cir­ costanze temporanee) » (2).

Siffatto calcolo, però, nonostante la sua difficoltà e la sua approssi­ mazione, appare meno complicato, sia dal punto di vista astratto sia sotto l'aspetto pratico, del calcolo finanziario, nel quale è lo Stato che deve fare un apprezzamento del costo collettivo dei servizi pubblici ed, in pari tempo, dell’utilità per la collettività da essi derivante.

I l Ferrara, pur ammettendo che il calcolo finanziario si possa fare sia pure approssimamente — in quanto, nel compiere un raffronto fra i tr i­ buti tirannici e quelli razionali, riconosceva essere per questi ultimi « la spesa delle imposte una delle meglio ideate », tale da recare « tutti i van­ taggi dell’associazione» (3) —, riconduceva tutto il problema alla sua base essenziale, all’esame, cioè, del calcolo del rapporto esistente tra il valore sacrificato ed il valore ottenuto. « L'imposta — egli affermava infat­ ti — sarà giusta od ingiusta, buona o cattiva, utile o nocevole secondo che il valore sacrificato corrisponda al valore ottenuto » (4). Senonchè questo principio, come già si è osservato, qualora venga sottoposto a sottile ana­ lisi, non appare certo di facile attuazione, dato che appunto in questo ra f­ fronto tra costo ed utilità collettiva sta tutta la difficoltà del calcolo finanziario.

Ed invero come potrà lo Stato, per mezzo dei suoi organi amministra­ tivi, effettuare con esattezza tale calcolo, se si vuol anche considerare l ’ utilità della ricchezza sottratta al contribuente sotto forma di tr i­ buti necessari per apprestare i servizi pubblici? Prescindendo dalla con­ siderazione, già da parecchi anni fatta dal Wiksell, che assai di rado i governi e le assemblee legislative sono quel che dovrebbero effettivamente essere, cioè «p u ri e semplici organi della collettività sempre intenti a cercare di migliorare il benessere generale», ma, per quanto riguarda 1 approvazione dei tributi, troppo spesso scendono a compromessi e pat­ teggiamenti senza tener conto di un vero e proprio calcolo finanziario e dei reali interessi della nazione (5), è facile osservare come la valutazione dei vantaggi recati alla collettività da qualsiasi servizio pubblico crea­ to dallo Stato non debba lim itarsi solo al raffronto, da un lato, del cosid­ detto costo monetario ossia delle spese necessarie per apprestare il ser­ vizio, e, dall’altro, dell’utilità derivante da questo alla collettività. Per un preciso calcolo finanziario si dovrebbe, al contrario, paragonare l ’uti­ lità dei beni sottratti ai privati sotto forma di imposte necessarie per 1 istituzione dei servizi pubblici, con l ’utilità che questi presentano ef­ fettivamente per la collettività, tenendo conto delle modificazioni avvenute nelle condizioni dell’equilibrio economico turbato dal prelievo. 2 3 4 5

(2) A . Marsh axi., P r i n c i p i d i e c o n o m i a , in « Biblioteca dell’eoonomista », serie IV, volume 9°, parte III, pag. 176.

(3) P. Ferrara, L e z io n i d i e c o n o m i a p o l i t i c a , Bologna, Zanichelli, 1934 voi. I, pag. 639.

(4) p. Ferrara, op. cit., voi. I, pag. 649.

(5) K . ÌVic k se i.l, I n t o r n o a d u n n u o v o p r i n c i p i o d i g i u s t a t a s s a z io n e , nel voi. IX della « Nuova Collana di economisti stranieri ed italiani », pag. 91 segg.

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Siffatto calcolo appare particolarmente arduo, qualora lo si voglia compiere con esattezza, sia nei riguardi dei privati cittadini, sia nei con­ fronti dello Stato. Infatti, i singoli contribuenti potranno, è vero, affron­ tare il vantaggio ritratto dal servizio pubblico, con quello cbe avrebbero potuto ottenere dalla somma di ricchezza ad essi prelevata dallo Stato sot­ to forma di tributi al fine appunto di apprestare detto servizio pubblico; ma si tratta di valutazioni variabili a seconda dell’apprezzamento di essi, a cui, inoltre, fa generalmente difetto un’adeguata considerazione dell’interesse generale e delle finalità presenti e future che possono esse­ re connesse alla attività finanziaria dello Stato. D’altra parte, manca la possibilità di una precisa valutazione dell’andamento della curva di de­ crescenza del valore soggettivo della parte di reddito eccedente il minimo vitale.

Non soltanto, però, è diversa da individuo ad individuo, l ’utilità de­ crescente dei beni, bensì varia pure, a seconda delle condizioni e del gu­ sto degli utenti, l’apprezzamento dei vantaggi derivanti, ad esempio, da nuovi servizi pubblici creati dallo Stato.

Che il calcolo finanziario sia irto di particolari difficoltà già era stato messo in luce, tra gli altri, dal Sax sovrattutto nella parziale rielabo­ razione della sua teoria fatta nel 1924. Egli osservava, infatti, che l ’azio­ ne dello Stato può, sì, basarsi su motivi e scelte individuali, ma deve esplicarsi come azione collettiva e soltanto previa una scelta di natura collettivistica. Considerando l ’imposta quale fenomeno di valutazione col­ lettiva egli, però, — pur parlando di due valutazioni coincidenti in una sola, che può dirsi complessiva e per cui è ristabilito « l ’equilibrio degli ambiti di scopo (6), e precisamente l ’equilibrio tra i due ordini di bi­ sogni e due campi diversi della vita umana » — non riuscì a dimostrare in maniera abbastanza convincente come siffatta valutazione collettiva per mezzo degli organi della collettività, qualora la si voglia effettuare in tutta esattezza, praticamente avesse luogo (7). Si tratterebbe, in real­ tà, di giungere a soluzioni perfette di tutti i complessi problemi che la valutazione del costo e dell’utilità marginale fa sorgere. (8). 6 7 8

(6) E. Sa x, La t e o r i a d e l l a v a l u t a z i o n e d e l l ’i m p o s t a , in « Giornale degli economisti », maggio 1924, pag. 297.

(7) Secondo il Sax, due valutazioni determinano e regolano' i trasferi­ menti dagli individui agli enti pubblici : si ha una valutazione collettiva da parte dei singoli i quali considerano non soltanto l ’importanza connessa alla sottrazione dei mezzi di soddisfacimento per i loro bisogni individuali, ma anche, sotto l ’influsso esercitato dal nesso spirituale del collettivismo, il cor­ rispondente vantaggio della vita sociale ; si ha ancora una valutazione collet­ tiva da parte della società, per mezzo dei suoi organi attraverso cui è stabi­ lita la graduazione dei bisogni collettivi in confronto a quelli individuali. Le due valutazioni coincidono in una sola, che può dirsi complessiva e per la quale è ristabilito l ’equilibrio fra i due ordini di bisogni ed i due campi diversi della vita umana.

(8) H. DAlton, P r i n c i p l e s o f p u l l i c f i n a n c e , London, 1929, pag. 19 e segg. ;

Non possono, péltanto, presentare carattere d’esattezza assoluta le parecchie teorie fondate appunto sopra detta valutazione.

Anche quando si considera il principio produttivistico nella sua pra­ tica attuazione per mezzo di imposte cosidette « economiche » — intese, cioè, a turbare il meno possibile l’equilibrio preesistente o ad alterarlo in guisa tale da accrescere la produttività della nazione — è implicito, nel ragionamento connesso alla realizzazione di tale principio, la possibilità di eseguire in guisa corretta il calcolo finanziario, sia nei riguardi dei singoli contribuenti, sia per quanto si riferisce a ll’apprezzamento da parte dello Stato, valutando da un lato, i servizi pubblici da que­ sto apprestati e quindi, anche l’ utilità della ricchezza sottratta ai contribuenti sotto forma di tributi e, dall’ altro, l ’ utilità per la col­ lettività dei servizi stessi. La stessa teoria deU’ammortamento dell’im­ posta presuppone, essa pure, un calcolo finanziario, naturalmente assai difficile da effettuare in modo esatto, in quanto in essa si parte da un presupposto edonistico approssimativo (9). Le considerazioni sinora fatte possono pure rife rirsi alla teoria fondata sul cosiddetto « sacrificio ugua­ le tra uguali » del Mili, al principio del « sacrificio minimo collettivo » dell’Edgeworth, ed a quello del sacrificio « equi-marginale » del Pigou.

Quando, adunque, si tra tta di raffrontare nel calcolo edonistico l’uti­ lità del servizio pubblico apprestato dallo Stato coll’utilità dei beni sot­ tra tti al contribuente sotto forma di tributi, si cade, naturalmente, in un calcolo finanziario, che per la natura stessa degli elementi che si deb­ bono valutare, è non meno approssimativo di quello che si presume — se­ condo la teoria edonistica, dovuta essenzialmente al Sax — faccia il con­ tribuente nella valutazione dell’utilità marginale delle somme necessarie per soddisfare i bisogni individuali e di quelle occorrenti per i bisogni pubblici, in modo da avere lo stesso grado finale di utilità, tanto dei beni privati consumati, quanto di quelli pubblici utilizzati.

Come potrebbe, dunque, lo Stato attuare un calcolo finanziario ve­ ramente preciso? Esso riuscirebbe a basare il suo apprezzamento, nei riguardi dell’utilità dei servizi pubblici, sulle informazioni che potreb­ be procurarsi dai singoli utenti, tenuto conto della loro varia sensibilità di fronte ai vantaggi derivante dai servizi stessi. Ma, pur ammettendo che lo Stato riesca ad essere informato in misura adeguata sull’utilità dei servizi pubblici nei riguardi della grande massa dei cittadini, oc­ correrà anzitutto distinguere tra il m assimo edonistico collettivo, cioè, di una serie distinta di momenti, ed il massimo edonistico in d ivid u ale cioè di un solo istante (10). Evidentemente è la prima concezione del mas­ simo edonistico quella che dovrà essere tc iuta in particolare considera­ zione; la sua determinazione appare, però, per la considerazioni pre­ cedentemente fatte, estremamente difficile. 9 10

(9) L. Ein a u d i, O s s e r v a z i o n i c r ì t i c h e i n t o r n o a l l e t e o r i e d e l l ’a m m o r t a m e n t o d e l l ’i m p o s t a , in « A tti dell’Accademia delle scienze » di Torino, 1918-19), pag. 30 e seg. (dell’estratto).

(10) M. Pantaleoni, E r o t e m i d i e c o n o m i a , Bari, Laterza, 1925 voi II pag. 29.

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Se, poi, ci si volesse basare sul concetto paretiano del punto di mas­ simo di utilità o di ofelimità per la collettività (da tenersi distinto dal punto di massimo d ella collettività, coincidente con la somma di massimo di ofelimità individuali), il problema si complicherebbe ancora: in­ fatti, tener conto di un massimo di utilità o di ofelimità sociolo­ gica, in quanto le valutazioni dei singoli cittadini dovrebbero venir sot­ toposte al giudizio dell’autorità politica superiore in base ad un criterio sociologico, dando, cioè, ad esse una diversa importanza e tenendo conto di speciali criteri (11).

Si tratta, in ogni caso, nel calcolo finanziario, di valutazioni neces­ sariamente approssimative — come è stato ripetutamente detto in questa breve nota — le quali saranno, però, meno imperfette, in quanto com­ piute dallo Stato. Questo lia, infatti, la possibilità — in base alle infor­ mazioni attinte dai singoli cittadini, e valutando le varie reazioni di questi di fronte all’imposizione di nuovi tributi necessari per apprestare sempre più progrediti servizi pubblici — di saggiare la situazione giun­ gendo, così, ad un calcolo finanziario meno inesatto di quello compiuto da ogni singolo contribuente, ma avente pur sempre carattere di relatività. A ragione il Wicksell, dopo aver messo in luce le difficoltà sorgenti per misurare il « valore subbiettivo » delle prestazioni dello Stato per i sin­ goli membri della collettività, trattandosi di un « valore, che nella mag­ gior parte dei casi non può essere misurato con alcun mezzo conosciu­ to », (11) concludeva che « la realizzazione dell’uguaglianza tra utilità fi­ nale e prezzi dei beni pubblici non solo non può essere l’opera di un sin­ golo individuo, ma dovrà nascere da consultazioni tra quell’individuo e tutti gli a ltri (od i loro rappresentanti). Ma, scorgendo le difficoltà anche della valutazione collettiva, egli si chiedeva, senza risolvere il grave que­ sito : come sarà possibile giungere a simili consultazioni in modo da rag­ giungere lo scopo voluto? (12).

E’ stato giustamente osservato che esistono correttivi spontanei degli errori inevitabili del calcolo finanziario, errori che si manifestano, sia nel momento della valutazione collettiva, sia in quello della realizzazione del processo economico della finanza, in quanto si avvera una naturale tendenza alla reciproca elisione dei numerosi fattori di perturbazione della valutazione collettiva (13). I l che non toglie, però, che questa spon­ tanea tendenza ad una situazione di equilibrio operi con lentezza ed iifìperfett amente.

Comunque, in pratica il calcolo finanziario può servire quale orienta­ mento dei sistemi tributari (14), sebbene l’indagine astratta ne riveli 11 12 13 14 15

(11) V. Pareto, op . cit., voi. II, pag. 513-15; M. Fabian i, 1 c o n t r i b u t i di P a r e t o a lla s c i e n z a d e l l e fin a n z e, in « Giornale degli Ecoonmisti », marzo-aprile, 1949, pag. 166.

(12) K. Wic k se l l, op. cit., l o c . cit., pag. 69.

(13) K . Wic k se l l, op. cit., l o c . c it ., pag. 86.

(14) P. Ricca Salerno, C o n t r i b u t o a l l a t e o r i a e c o n o m i c a d e l l a fin a nz a , Mi­ lano, Giuffrè, 1936, pag. 147 e segg.

qualche deficienza, determinata dalla relatività del giudizio umano nei confronti di alcuni elementi di fatto del mondo reale non suscettibili di esatta valutazione.

Dati i vasti confini dell'indagine scientifica, l’analisi astratta è, d’altro canto, giustificata, secondo il mio modo di vedere, dai vantaggi diretti ed indiretti che possono derivare dall’esame, compiuto sotto gli aspetti degli svariati problemi tanto finanziari quanto economici, sia che si tra tti di calcolo finanziario, sia che ci si riferisca ai fenomeni di traslazione e di diffusione dell’imposta o ad a ltri ancora, anche quando la considerazione di siffatti problemi presenta maggiore interesse dal punto di vista teorico che non sotto l’aspetto pratico.

Fr a n c e s c o Ga r in o Ca n in a

del prof. Griziottl, dei quali ricordiamo qui soltanto alcuni dei più notevoli : L e e n t r a t e i r r a z io n a l i, in « Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze », dicembre 1951, parte I, pag. 301 e segg. ; C la s s i fi c a z i o n e d e l l e p u b b l i c h e e n t r a t e , ivi, 1949, parte I, pagg. 223 e segg. ; I l p o t e r e fin a n z ia r io , ivi, 1950, parte I, pagg. 3 è segg. ; L a c o n t r o p r e s t a z i o n e e s u e a p p li c a z i o n i , ivi, 1950, parte I, Pagg. 117 e segg. ; I l p r i n c i p i o d e l b e n e f i c i o e l ’i m p o s i z i o n e d e l l e r e n d i t e f is c a li, ivi, 1950, parte I, pagg. 332 e segg. ; I l p r i n c i p i o d e l l a c a p a c i t à c o n t r i b u t i v a e s u e a p p li c a z i o n i , ivi, 1949, parte I, pagg. 15 e segg.

OSSERVAZIONI A UN PROGETTO DI RIFORMA