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LE IMPOSTE DIRETTE ED INDIRETTE Fasecontenziosaamm inistrativadell’ accertamento

V - RIMEDI DI IMPUGNATIVA: ORDINARI E STRAORDINARI II. — Rim edi o rd in a ri: l’appello (fine) (1).

d) la decisione, tanto può essere definitiva che in terlo cu to ria : rite­ niamo che in questa materia e salve le esigenze proprie del processo tributario che per lo più si delineano a traverso particolarità di forme e di modi, ed anche di termini, valgano in difetto di disposizioni spe­ ciali le norme del processo civile, perchè il sistema giuridico processuale tende ad una visione e ad una attuazione unitaria del processo in ge­ nere, con la coordinazione delle norme comuni. Ma qualunque possa essere la decisione, definitiva o non, è ovvio che la medesima sia neces­ sitata per quanto riguarda la sua validità da inderogabili presupposti, gli stessi che accennammo trattando in via generale l’argomento in que­ sta rassegna (v. anno 1941) - fase. II, p. 298-390 ed anno 1950 - fase. IV - p. 384-388) che in materia di appello — specie se si ha riguardo al grado del giudizio ed alle possibilità ivi riservate alle parti — offrono ta li pre­ supposti una casistica se non di peculiarissimi aspetti certo meritevole di segnalazione : e l ’esame della medesima ci confermerà nella fondatezza del rilievo fatto sopra circa la ricorrente necessità dell osservanza di determinate leggi che per davvero costituiscono, la ossatura della disci­ plina del gravame qualunque sia il processo (ordinario o speciale) nel quale si inseriscono.

I presupposti di validità della decisione in genere e quindi anche di quella pronunziata in grado di appello si riassumono nelle norme r i­ guardanti la composizione del collegio, il contradditorio, i limiti ogget­ tivi della contestazione, l’obbligo della motivazione, il difetto di pro­ nuncia. Vi è qui in sintesi delineata una disciplina ed una logica e 1

(1) Si completa l’argomento dei r i m e d i o r d i r u r i che nella R a s s e g n a a pag. 286 e segg. di questa R i v i s t a 1951, era rimasto interrotto.

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attorno ad esse si appuntano, si svolgono, le delicate questioni dello

ju s e del modus procedendo Vediamone le più significative applicazioni giurisprudenziali di questo ultimo decennio.

e) la composizione del Collegio, configura una delle più fondamen­ tali garanzie che la legge fornisce al contribuente per la giusta deter­ minazione del tributo e come tale le norme che la disciplinano vanno osservate nel modo più rigoroso. Esattamente quindi la C.C. con pro­ nuncia del 27-IV-1940, n. 28751 (G iur. imp. dir., 1941, n. 94} ha statuito la nullità di una decisione della C. prov. con l ’interventó di un com­ missario che abbia già conosciuto della vertenza in primo grado come membro della Comm. distrettuale. Applicazione della norma generale che sancisce 1 obbligo dell’astensione del giudice nei casi previsti e discipli­ nati dall’art. 51 c.p.c. e precisamente dal n. 4 di detto articolo. Ea sol- tanto meraviglia che nella specie nè il giudice commissario abbia sen­ tito il dovere dell’astensione nè alcuna delle parti (contribuente od uf­ ficio) siasi valsa del rimedio della recusazione (art. 52 C.p.c.) evitando così un ozioso ricorso alla C. Centrale.

A ltra interessante fattispecie è quella - sempre in argomento - decisa dalla C. C. in data 21-X-1941, n. 46385 {Giur. imp. dir., 1942 n 90) secondo ia quale se si può ammettere in analogica applicazione del- 1 art. 3o6 C.p.c. che la decisione di una vertenza non debba essere neces­ sariamente presa nella stessa udienza in cui ebbe luogo la trattazione della causa e 1 audizione personale del contribuente, tuttavia conside­ rata la particolare istruttoria del processo tributario si deve ritenere che, ove non vi sia un impedimento imprevedibile, la decisione debba essere presa nell’udienza immediatamente successiva a quella in cui ebbe luogo 1 audizione personale. Conseguentemente è nulla la decisione presa cinque mesi dopo il giorno in cui fu sentito il contribuente. Su di che ci permettiamo una rispettosa riserva: primo, non trovasi nella leeee comminata consimile nullità; e neppure da un criterio di opportunità ci sembra consigliabile questa strettoia di termini che in definitiva pos­ sono anche riuscire pregiudizievoli alla stessa giustizia. Conveniamo nel ritenere consigliabile una certa sollecitudine all’emettere la pronuncia ma trattasi questa di materia che lo stesso presidente della Commis­ sione deve invigilare, nei suoi poteri disciplinari. Ad ogni modo è esatta 1 ulteriore affermazione della stessa decisione là dove precisa che il Col legio che decide un ricorso non può essere diversamente formato da quello che ha assistito a ll’audizione personale del contribuente: nel caso specifico la nullità della dee. venne ritenuta in quanto fu presa dal pre­ sidente e da due membri effettivi mentre a ll’udienza il Collegio era for mato dal Presidente e quattro membri effettivi. In senso conforme la

essa . C. in data 5-II-1942, n. 50758 {Giur. imp. dir., 1942, n 93) men T,WPer nÒ Che riguarda la Partecipazione al Collegio dei membri sup-1948V 90*5 7 1 7® la C' “ data 5 marzo 1947 (G iur- ™P- dir., r i ; ' 7 7 Se dettl membr i .supplenti hanno voto deliberativo tutte le volte in cui essi intervengano per formare il numero normale

di cui è composto il Collegio (ossia il numero di cinque) e non solo quando intervengono per formare il numero minimo richiesto per la validità della decisione. Con che la C. C. repudiando il precedente suo diverso insegnamento, contrastatissimo in dottrina, ha posto fine ad una situazione di grave incertezza determinata dalle oscillazioni giurispru­ denziali in materia che non erano valse per altro a superare la diversa ed irrazionale soluzione per cui si riteneva che l ’intervento dei membri supplenti che non fossero relatori, fosse legittimo soltanto quando i membri effettivi presenti non raggiungessero il numero legale*

Infine a conclusione dell’argomento relativo alla composizione e fun­ zionamento della Comm. di appello e delle facoltà discretive del presi­ dente ci riportiamo a quanto già detto ed alla giurisprudenza richia­ mato nella precedente Eassegna (in questa R iv ista , 1949, p. 298-299) specie per i principi rigorosamente precisati nella notevolissima decisione della C. C. 29 maggio 1945, n. 76503 (in Giur. imp. d ir. 1946, n. 24).

f ) re g o la rità del contradditorio : audizione del contribuente. — Già ne abbiamo accennato trattando della decisione in genere come fine dei processo tributario (in questa R iv ista , 1950, fase. IV, p. 384-388). Ag­ giungiamo qualche ulteriore richiamo di giurisprudenza: e precisamente ricordiamo la dee. C. C. 28-XI-1947, n. 93553 (in Giur. imp. dir. e ind., 1950, n. 21) in materia di imposte indirette, secondo la quale la omis­ sione della richiesta di audizione personale importa che l ’organo giudi­ cante non ha l’obbligo di notificare al contribuente la data dell’udienza. Di conseguenza nel caso in cui l ’Ufficio trasmetta alla C. prov. (che però nella specie giudicava quale organo di primo grado) la domanda con la quale il contribuente chiede il rimborso di quanto pagato in più all’atto della registrazione di un contratto di appalto a corrispettivi presunto, e la Comm. decida senza aver sentito il contribuente, tale de­ cisione è pienamente valida. E per il caso contrario, ma inspirato ad identica affermazione di principi, si può vedere la decisione della C. C. Sez. Un., 29-VI-1940, n. 28698 (G iur. imp. reg. e neg., 1941, n. 20); e che poi la nullità derivante dalla tardiva notifica dell’avviso di compari zione, sia sanato dalla comparizione del contribuente che non proponga la relativa eccezione all’atto della comparizione avanti il Collegio, è con­ fermato dalle decisioni della C. C. 31-III-1943, n. 68905; 22-X-1940, n. 31238; 6-X-1942, n. 590602, rispettivamente in Giur. imp. dir. 1946, n. 1 ; 1942, n. 5; 1943, n. 69.

g) lim iti d ella contestazione. — I casi di ultrapetizione sono in­ dubbiamente quelli che si prestano, pur nei confini della specie decisa, ad una interessante rassegna critica di giurisprudenza consentendo di determinare con rigore di principi il concetto di limite nei rapporti della contestazione. Così è viziata di extra ed u ltra petizione la decisione della Comm. Prov .le, che aumenta il valore imponibile quando le parti avevano limitato la discussione solo alla natura dell’atto (C.C., 8-IX-1939, n. 19176 in Giur. imp. re g , e neg., 1940, n. 86). Mentre ovviamente non si ha extrapetizione se di fronte a ll’accertamer to ex novo di un reddito

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precedentemente non tassato e quindi tassabile con decorrenza dal secon­ do anno anteriore a quello della notifica dell’avviso, la C. prov. ritenga ti aitarsi invece dell’aumento di un reddito già accertato e quindi con­ siderando l ’accertamento come revisione parziale, lo confermi con effetto dall'anno successivo a quello della notifica (Casa., Sez. Un., 20-11-1947, in Giur. imp. dir., 1948, n. 25). Ma francamente non vediamo come dal principio così affermato possa dedursi come ha fatto il B erliri nella nota a detta sentenza, una riprova sia pure indiretta secondo cui r a v ­ viso di accertamento costituisce la domanda giudiziale con tutte le con- seguenze ch.6 da tale affermazione possono derivare.

Ben diverso a nostro parere il principio secondo il quale le Comm. non potendo estendere il loro giudizio oltre i limiti della contestazione, i limiti obbiettivi della medesima sono determinati dall’ accertamento così e come notificato dall’Ufficio; nel quale intervengono con efficacia anche modificativa ed amplificativa le ragioni dell’opposizione del con­ tribuente, onde i limiti veri della contestazione vengono ad essere se­ gnati dalla combinazione dell’ accertamento e del reclamo del contri­ buente (cfr. Cass. 12-YI-1947, n. 912, in Giur. imp. dir., 1949, n. ). L’ac­ certamento è il prius, la premessa storica e logica della contestazione, determinata soltanto dalla opposizione del contribuente che pertanto nel giudizio assume veste di attore (azione di accertamento negativo).

In base ai principi aifermati in materia ci sembra ineccepibile che non importi mutamento della causa petendi, la istanza di rettifica nella denominazione del reddito (C. C. 22-XII-1942, n. 64429, in Giur. imp. dir., 194o. n. 20) nè la richiesta di detrazioni per spese di personale (C. C. 22-III-1945, n. 74748; in Giur. imp. dirette, 1947, n. 50).

h) Sufficiente motivazione. — Anche per questo punto rimandiamo alle già richiamate precedenti rassegne: ma rispetto agli obblighi par­ ticolari del giudice di appello si può ancora ricordare che è nulla la decisione della C. Prov., con conseguente rinnovazione del giudizio di secondo grado, che abbia confermato puramente e semplicemente la va­ lutazione compiuta dalla C. distrettuale (C. C. 7 maggio 1941, n. 40969 in Giur. imp. dir., 1942, n. 52); e in tema di determinazione del valore imponibile ai fini della imposta di registro, le decisioni della C. prov. con le quali si determina tale valore, sono nulle ai sensi dell’art. 29 B. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, soltanto quando nella loro motivazione non risultino sia pure sommariamente, gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione del valore. (Oass. 12-YIII-1949 n. 2289 Giur.

imP* dir., 1950, n. 137). Sono invece ed ovviamente nulle per difetto di motivazione e quindi da annullarsi con rinvio, le decisioni della C prov quando siansi limitate a fissare il reddito di un fabbricato, senza moti­ la re in ordine al rigetto delle singole eccezioni sollevate dal contribuente circa la legittimità della revisione promossa dall’ufficio (C. C. l-V-1940 n. 26567, Giur. imp. dir., 1941, n. 97).

i) Un preteso caso di difetto di pronuncia si è voluto denunziare nell omessa decisione su questioni assorbite dall’accoglimento della tesi

principale: e cioè la dichiarazione che una determinata operazione non ha prodotto alcun reddito e che, ad ogni modo, l’azione della finanza per colpire tale reddito sarebbe ormai prescritta, assorbe ogni altra que­ stione subordinata e connessa (C. C., Sez. Un., 15-VII-1946, n. 83725,

Giur. imp. dir., 1947, n. 3). Su di che nessun dubbio, trattandosi di ovvi principi che attengono al diritto processuale per cui nella logica e nella economia stessa del processo è ovvia la inutilità di soffermarsi a con­ siderare questioni subordinate e connesse con quella decisa in via principale.

II. — (cont.) Rim edi o r d in a r i: L a terza istan z a, così da noi intesa in quanto la C. C. giudica e solo nei casi previsti dalPart. 50 Legge di imposta con pienezza di giurisdizione del merito e non soltanto su que­ stioni di legittimità (cfr. in arg. il nostro voi. L’im posta su i red d iti

-R. M., p. 245-246; e la preced. R assegn a in questa R iv ista , 1938, fase, di­ cembre, con ulteriori richiami). Ed infatti l ’orientamento della giuris­ prudenza ci sembra riconfermare la nostra tesi che soltanto nel caso dell’art. 50, si ha la deroga al principio fondamentale del doppio grado di giurisdizione: in tutti gli a ltri casi, si verte in tema di rimedio stra­ ordinario. La Cass. S. U. con sentenza 24-1-1947, n. 69 (G iur. imp. dir., 1949, n. 15) ha deciso che a norma dell’art. 50 T. U. leggi imp. E. M. la C. C. ha il potere di riconoscere e valutare la esistenza di un reddito anche quando dal titolo non apparisce stipulato alcun interesse; cioè ha il potere di stabilire quale sia, anche sotto il profilo giuridico, il vero rapporto costituitosi tra le parti e determinarne eventualmente il relativo reddito. Il che non sarebbe possibile se la C. C. in consimili ipotesi non funzionasse da giudice di terzo grado, con pienezza, come si è detto, di giurisdizione, perchè il giudizio di fatto le è precluso per legge (C. C. S. U., 3-III-1945, n. 74152, Giur. imp. dir., 1949, n. 2),

E soltanto nell’ ipotesi sopra prevista, esclusa ogni altra (fra le molte cfr. C. C. 12-IV-1940, n. 25002 ; 22-11-1945, n. 22; 8-V-1945, n. 75865, rispettiv. in Giur. imp. dir. 1941, n. 52; 1945, n. 27; 1946, n. 8) è am­ messa l ’audizione del contribuente ; il che significa sia pure da un aspetto prevalentemente formale, che in ta l caso la C. C. è giudice di terzo grado.

III. — Rim edi stra o rd in a ri di im p u gn ativa (2) - Prem esse. •— Anche qui non ostante le profonde diversità di struttura e dei fini tra l ’ordi­ nario processo civile e quello amm. tributario, dove facciano difetto norme particolari, il sistema deve costruirsi sulle tracce del Cod. di proc. civ. Quindi sono mezzi straordinari di gravame : a) l ’ opposizione del terzo; b) il ricorso in revocazione; c) il ricorso di legittimità alla C. Centrale.

a) D ell’opposizione del terzo, sulla proponibilità del quale non vi (2) Viene qui trattata di nuovo, con qualche aggiunta, la materia del ricorso in r e v o c a z i o n e , di cui al precedente fasci-'loo (I, 1952) p. 73 e segg.

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può essere serio dissenso, non vi sono casi decisi se non nella fase del processo di esecuzione, come a suo tempo vedremo: e se la speciale di­ sciplina del processo tributario fa sì eli e le ragioni del terzo estraneo al debito di imposta si debbano fa r valere in fase esecutiva piutto­ sto che nel giudizio di cognizione, perchè in questo caso più che il debito è in questione la responsabilità; ciò non significa che anche un terzo estraneo alla contestazione, ma con interesse proprio da fa r valere (si pensi all’obbligato di -imposta in via di rivalsa) non possa fa r va­ lere tale suo interesse in via di opposizione alla decisione pronunziata nei confronti del diretto contribuente. E anche.in materia di tributi in­ diretti, il vincolo di solidarietà sostanziale, come legittima l ’intervento nella contestazione avanti la Comm. tributaria, così a nostro fermo av­ viso legittima l ’opposizione di terzo alla decisione pronunciata nei con­ fronti del coobbligato.

b) del rimedio d e lla revocazione. — Dal punto di vista dogmatico ben poco da aggiungere alle linee ormai acquisite al sistema. Ed anche la giurisprudenza allineandosi a quelli che sono i principi fondamentali in materia, nella varietà dei casi decisi non offre particolari spunti alla critica: la C. C. con sua pronunzia 28-11-1940, n. 22718 (G iur. imp. dir., 1941, n. 37) confermata dalla successiva a S. TJ. in data ll-YI-1948, n. 98865 (ivi, 1949, n. 21) ha giustamente escluso il rimedio della revo­ cazione contro le decisioni della C. C. emesse in sede di legittimità; e diciamo giustamente data la possibilità del successivo ricorso all’ au­ torità giudiziaria avanti la quale possono denunziarsi tutte le even­ tuali violazioni alle norme processuali intercorse nella fase avanti le Commissioni in quanto si sustanzino in una vera e propria lesione di un diritto. Ma non sappiamo dar torto al B erliri che annotando la pre­ detta decisione e senza addentrarsi nella delicatissima questione dei rap- l)oi ti fra processo ordinario e amministrativa, si chiede perchè contro le decisioni della C. C. emesse in sede di legittimità non si ritenga pro­ ponibile il ricorso per revocazione nei casi previsti dall’art. 395, n. 1, 2, 3 e 6 C. p c.... Negarlo soltanto perchè tale rimedio non è proponi­ bile contro le sentenze della Corte di Cassazione, fa spingere l’analogia fra C. C. e Cassazione fino a ll’assurdo perchè come spiegammo altre volte l ’accostamento fr a i due collegi giudicanti non significa identità nè rispetto ai fini nè rispetto a modi. Certo è che il rimedio straordi­ nario del quale si tra tta è sempre ammissibile quando la C. C. funziona da giudice di terzo grado (art. 50 legge E. M.) oppure quale giudice di appello in materia di imposte indirette sugli affari (C. C. 18-1-1948, n. 94680, in Giur. im,p. dir., 1950, n. 77).

Come vedesi, nei casi ricordati non si esce dalle linee sicure trac­ ciate inconfondibilmente dalla dottrina e giur. in materia (oltre ai nostri scritti già ricordati, veggasi per una precisa messa a punto in argomento Eotondi, L’istitu to d ella revocazione nel processo trib u tario , in D iritto e p rat. tr ib u ta ria , 1950, p. 46 e segg., con compiutezza di r i ­ chiami bibliografici). Tuttavia, non si possono sottacere i tentativi 1vie

zione, casi di vera e propria nullità della decisione per errores in pro­

cedendo: donde la giusta e chiarificatrice reazione della giurisprudenza.

La C. C. con pronunzia 29-1-1951, n. 29874 (D ir. e p ra t. trìb., 1951, n. 4, p. 226 e nostra nota) ha in fatti precisato ancora una volta che la que­ stione della nullità formale della decisione della C. Prov. in sede di valutazione di un trasferimento immobiliare per vizio « in procedendo » determinato dalla mancata specificazione dei motivi dell’ appello del­ l’Ufficio, va proposta con ricorso alla C. C., e non alla stessa C. Prov. già adita, in sede di revocazione. Ed anche la Comm. Prov. di Milano in data l-YI-1951, con decisione (in e d ita ) n. 366, stabilì che il mancato invito alla seduta di discussione, del contribuente che aveva chiesto di essere sentito, concreta un caso di nullità della decisione pronunziata in assenza della parte, demandato per ragioni di competenza alla C. C. e non forma materia di revocazione avanti la stessa C. Prov.; e la C. Prov. di B ari con decisione (pure ined ita) del 25-11-1951, n. 88, respinse per difetto di presupposto il ricorso in revocazione contro una sua pro­ nunzia emessa su appello dell’ufficio ed in assenza del contribuente che pure aveva prodotto rituale contro appello con la richiesta di audizione personale, contro appello che l ’ufficio non aveva trasmesso alla Comm. Non ostante questi autorevoli consensi della giurisprudenza che sono altrettanti moniti contro la faciloneria processuale delle parti e pur­ troppo degli Uffici (questa assolutamente non giustificabile) la fervida fantasia degli interessati è giunta, pur di eludere la legge processuale che, è bene ricordarlo, imponendo il rispetto delle forme, dei modi, dei termini, tutela nel modo più efficace le ragioni sostanziali delle parti in contrasto, a sostenere una nuova forma di rimedio straordinario ipo­ tizzando un preteso rimedio in revisione... La Comm. Prov. di Milano, infatti, con sua decisione 20-IV-1951, n. 100 (Riv. D iritto e p ra t. trib., 1951, p. 229 e segg. con nostra nota a commento) statuì che se l ’ufficio appellante avesse omesso di trasmettere alla competente Comm. Prov. unitamente al suo gravame anche il contro appello del contribuente e la decisione fosse quindi intervenuta in assenza della parte che pur aveva chiesto di essere sentita, ben avrebbe potuto la Comm., su istanza dello stesso ufficio — parte vittoriosa, badisi, e non soccombente — pro­ cedere ad un giudizio di revisione della propria decisione, così « come si verifica normalmente nel processo comunale » (sic).

Ora è facile rilevare che l ’istituto della revisione non si verifica nor­

malm ente nel processo civile ordinario, non è compreso fra i rimedi

di impugnativa nè ordinari nè straordinari, mentre è istituto tipico e particolare del processo corporativo (art. 428 c. pr. civ.) e non trova alcun riscontro nel sistema degli ordinamenti processuali (un certo lon­ tano riscontro si potrebbe con molta buona volontà e con criteri di cauta approssimazione vedere nel processo per la riduzione od aumento di assegni alimentari da parte della stessa autorità giudiziaria che già ebbe a fissarli in somma altrimenti determinata). Evidentemente, nel caso spe­ cifico, l’ estensore della decisione deve aver pensato all’ istituto della revisione quale previsto e disciplinato dal cod. di proc. pen. (art. 553 e

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segg.) e senza riflettere che in ogni modo non era possibile trasportarlo d’arbitrio nell’ambito del processo tributario per assoluta mancanza di legittimazione attiva e di identità nei presupposti obbiettivi e subbiet- tivi... Non occorre aggiungere altro a convalidare il nostro più reciso dissenso da una massima che se per strana ed aberrante ipotesi do­ vesse trovar seguito andrebbe sopra tutto a pregiudizio di quella cer­ tezza del diritto che trova la sua concreta attuazione nella forza pro­ bante del giudicato.

Max Imboden, E r n ts B l u m e n s t e i n s w i s s e n s c h a f t l i c h e s V e r m ä c h tn i s ( Z u m E r­ s c h e i n e n d e r z w e i t e n A u fla g e s e i n e s W e r k e s), Archiv fü r schweizerisches Abgaberecht, 1952, p. 273-278.

Questo studio, per quanto comparso sopra una rivista, sarà certo gradito ai lettori che venga loro segnalato e riassunto, perchè viene a completare quanto