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1- Do sforzo congiunto della dottrina e della giurisprudenza ha come scopo, in questi ultimi tempi, la ricerca e la formulazione di prin cipi generali nel campo del diritto tributario e la riduzione a sistema organico delle varie imposte. Tali principi sono desunti dalle sin gole leggi d’imposta, da tutto il sistema tributario ed in via sus sidiaria da altri rami del diritto. Questa elaborazione teorica ha dei fini pratici, in quanto serve all’interprete da guida nell’applicazione delle norme, e dovrebbe essere tenuta presente dal legislatore nella for mulazione delle nuove leggi tributarie, perchè non vengano alterati quei principi ormai acquisiti alla scienza finanziaria. Tra i vari concetti che acquistano grande rilevanza nella pratica applicazione dei tributi è quello relativo all’oggetto dell’imposta i cui limiti sono posti dalle stesse leggi e sono desumibili dalla natura del tributo e dalla sua funzione nella economia generale di tutto il sistema tributario. Intimamente connessa con la delimitazione dell’oggetto dell’imposta è la questione dei presupposti di fatto dai quali sorge l ’obbligazione tributaria consi derata obiettivamente. In un sistema organico tributario l ’oggetto del l’imposta dovrebbe essere chiaramente fissato perchè l’applicazione del tributo non dia luogo ad incertezze in deroga al canone fondamentale della certezza dei tributi accolto dalla scienza finanziaria.
La legislazione tributaria, specie in questi ultimi tempi, non sem pre è stata ligia a questi principi e con disposizioni affrettate ed irra zionali non raramente ha violato principi fondamentali, frutto di lunga elaborazione, consentendo pericolose estensioni dell’oggetto dell’imposta con la conseguenza di ingenerare confusione ed incertezze nell’applica zione dei tributi la cui natura e funzione sembravano definitivamente fissate attraverso l’ interpretazione delle leggi istitutive. Gli incon venienti lamentati si riscontrano con maggior frequenza nell’applica zione dell’ imposta generale sull’ entrata che è il tributo che pre senta maggiori incertezze nella sua applicazione, in quanto l’oggetto, ben delimitato nella legge istitutiva, ha subito estensioni irrazionali per effetto di qualche legge successiva, ed estensioni arbitrarie ad opera di circolari, decreti e risoluzioni ministeriali che, lungi dal contribuire alla chiarificazione dei limiti di applicazione del tributo, hanno creato una casistica, fonte di confusione ed incertezze.
2. — L’oggetto del tributo è fissato negli artt. 1, 2 e 3 del r.d.l. 9 11040, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762, e nell’art. 1, comma 1°, del regolamento approvato con r. d. 26-1-1940, n. 10; esso è costituito da:
1) l ’entrata conseguita in dipendenza di cessione di beni mobili quando uno od ambedue i partecipanti a ll’atto economico siano com mercianti od industriali, e l ’atto stesso sia inerente a ll’attività com merciale od industriale esercitata da uno od ambedue le parti o quando l’entrata dipenda da un atto occasionale di commercio;
2) l’entrata conseguita quale corrispettivo della prestazione di ser vizi (professionisti, artisti, artigiani), della prestazione di opera di in termediazione, del compimento di un opus (appalti);
3) l'entrata conseguita quale corrispettivo per la locazione di beni mobili e per la locazione e sublocazione e per ogni altra forma di costi tuzione o di cessione a titolo oneroso per tempo determinato del diritto di godimento di beni immobili.
Nella Eelazione ministeriale in sede di conversione in legge del r. d. 1. 9-1-1940, n. 2, l ’oggetto dell’imposta veniva così sinteticamente delimitato : « Può pertanto affermarsi che oggetto dell’imposta è l ’en trata derivante da atti economici aventi per oggetto: a) l’immissione di materie, merci e prodotti nella circolazione commerciale e nella la vorazione industriale; 6) lo scambio commerciale della ricchezza e l’e sercizio, in genere, di attività con impiego di capitale e lavoro; c) il consumo della ricchezza; d) la prestazione di servizi e di opere; e) il godimento temporaneo di beni immobili. Con la generica locuzione di atto economico si è voluto intendere ogni e qualunque negoziazione pat tuizione e transazione economico-commerciale che da luogo ad una en trata per il soggetto che la pone in essere j>.
Nella lettera a) si devono comprendere gli acquisti di materie, mer ci e prodotti da parte di commercianti per la rivendita o da parte di industriali per la lavorazione e trasformazione; nella lettera 6) si com prende lo scambio di merci tra commercianti e l’esercizio di attività commerciale con riferimento a coloro che svolgono solo opera di inter mediazione; nella lettera c) si comprende la vendita dei beni da parte dei commercianti ai consumatori; gli atti che vanno compresi nelle let tere d) ed e) sono facilmente intuibili.
Quale corollario dei limiti come sopra fissati dell’oggetto dell’impo sta è la dichiarata intassabilità: delle entrate derivanti dal trasferi mento di merci e prodotti tra privati, quando il trasferimento non dia luogo ad un atto occasionale di commercio; degli interessi derivanti da puro impiego di capitale, classificabili, agli effetti dell’imposta di r. m., in cat. A ; dei dividendi ed interessi derivanti dall’impiego di capitali in titoli dello Stato, di altri enti pubblici e delle società; delle somme introitate a titolo di capitale quali i corrispettivi di alienazioni di im mobili, di aziende, di titoli pubblici e privati, etc. ; delle entrate di ca rattere tributario, siano esse di spettanza dello Stato o di a ltri enti pubblici; delle oblazioni per fini religiosi, di beneficenza, di assistenza,
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di cultura, di educazione, di istruzione, di igiene ed in genere per fini di pubblica utilità.
3. — Così fissati sommariamente i limiti di applicazione dell’imposta, quali si possono desumere dalle norme contenute nella legge istitutiva, esaminiamo un caso di estensione irrazionale dell’oggetto dell’imposta! frutto di una infelice disposizione legislativa.
In relazione ai dividendi derivanti dall’impiego di capitali in so cietà, le istruzioni ministeriali per l ’applicazione della legge organica rilevavano (par. II, n. 2 lett. 6) die l ’esplicito riferimento della legge ai dividendi ed interessi derivanti dall’impiego dei capitali nelle società azionarie traeva motivo dai dubbi che potevano sorgere in ordine al- 1 assoggettabilita all imposta dei detti interessi e dividendi, data la particolare natura delle predette società; ma era evidente che non co stituiva entrata imponibile « la ripartizione tra i soci degli utili deri vanti dall’impiego di capitali nelle società non azionarie (in nome col lettivo ,in accomandita semplice, etc.) ».
Il principio aveva trovato conferma in due decisioni dell’autorità giudiziaria in tema di noleggio di films a percentuale sugli incassi. Sia la Corte di Appello di Torino (21 giugno 1946, Lagostena c. Lamberti in Foro it. 1947, parte I, col. 46) che la Corte di Cassazione (sent. n. 3667 del 26-11-1947 in Foro it. 1948, parte I, col. 202) ritennero l’esistenza di un rapporto associativo tra noleggiatore ed esercente con la conseguente esclusione dell’obbligo dell’imposta.
Ossevò la Corte di Appello, seguita dalla Corte Suprema, che « col contratto di noleggio a percentuale colui che noleggia pellicole a ll’eser cente di un cinematografo non cede le pellicole all’esercente, perchè costui le sfrutti nel suo proprio interesse, in base al corrispettivo ver satogli alla consegna del programma cinematografico, ma addiviene in vece con l’esercente ad un accordo di sfruttamento in comune della pel licola consegnata. E tale accordo da quindi vita ad un rapporto asso ciativo tra il noleggiatore che pone a disposizione il film e l’esercente che pone a disposizione il locale... Da qui scaturisce che le somme in cassate sono di spettanza degli associati e devono dividersi in due parti, secondo la misura delle rispettive percentuali spettanti a ciascuno dì essi ».
La non imponibilità degli utili attribuiti a ll’associato nelle asso ciazioni in partecipazione, in relazione alla disposizione contenuta nel- l art. 1, lett. /) della legge organica, era stata riconosciuta dal Ministero delle Finanze con risoluzione 26-5-1942, n. 62328 (Mandò, Imposta Gene rale sull’entrata p. 212).
La risoluzione ministeriale rispondeva ai principi di diritto t r i butario, desumibili anche da altre leggi, per i quali le associazioni in partecipazione vengono parificate alle società. In fatti: a norma del- 1 art. 4 della legge 8-6-1936, n. 1231 « le società in accomandita semplice e le associazioni in partecipazione sono, del pari, considerate come unico contribuente, salva sempre, pel pagamento dell’imposta, la solidarietà
per gli accomandatari e soci ordinari e la legale responsabilità per gli accomandanti e per gli associati » ; anche per la legge di registro le associazioni in partecipazione vengono parificate alle società (art. SI tariffa all. A al r. d. 30-12-1923, n. 3269).
Per la ricordata unità di principi da cui è retto il diritto tributa rio, anche per l ’imposta entrata non può negarsi la parificazione delle associazioni in partecipazione alle società, tanto più quanto dalla legge organica, che regola l ’imposta entrata, si desume la conferma del prin cipio.
A — Ma, forse, quale reazione all’orientamento della giurisprudenza in contrasto con l ’opinione espressa dall’Amministrazione finanziaria che considerava il contratto di noleggio di films a percentuale quale locazione e quindi compreso nel regime di imposizione, nel d. 1. 3-5-1948, n. 799, avente per oggetto nuovi provvedimenti in materia di imposta generale sull’entrata, venne inserito l ’art. 12, il quale dispone : « A i fini e per gli effetti della legge 19-6-1940, n. 762 e successive modificazioni, si inten dono soggetti all’imposta sull’entrata i pagamenti in denaro o in natura che nelle associazioni in partecipazione o in altre associazioni similari, di fatto o di diritto, hanno luogo nei rapporti tra associanti ed asso ciati o comunque aderenti all’associazione, a titolo di corrispettivi, coin teressenze, compartecipazioni e simili, anche se il diritto alla loro per cezione sorge al momento stesso in cui vengono realizzati gli introiti relativi a ll’impresa associativa ».
Questa norma costituisce una evidente quanto ingiustificata devia zione dai principi suesposti che contribuisce non poco a confondere le idee sul concetto di entrata imponibile, cioè sull’oggetto dell’imposta ge nerale sull’entrata. Infatti, l ’interprete si chiederà: a quali altre forme associative intende rife rirsi la legge quando parla, oltre che delle « asso ciazioni in partecipazione » anche di « altre associazioni similari » ? Cosa intende la legge quando si riferisce alle associazioni « di fatto o di diritto » ? Quale significato ha l ’inciso « anche se il diritto alla loro per cezione sorge al momento stesso in cui vengono realizzati gli introiti relativi a ll’impresa associativa » ?
Quando la legge si riferisce anche alle « altre associazioni sim ilari » potrebbe sorgere il dubbio che la norma trovi applicazione anche nel caso di società, il che potrebbe trovare conferma nella successiva espres sione « di fatto o di diritto », che non può riferirsi, evidentemente, che alle società e non alle associazioni in partecipazione.
Dicesi regolare la società, quando essa è costituita nelle forme di legge, sicché è riconoscibile e giuridicamente esistente di fronte ai terzi. Si ha la società irregolare o di fatto quando non sono state osservate le forme di costituzione e di pubblicità stabilite dalla legge, sicché la società può essere giuridicamente esistente nei rapporti interni tra i soci ma non per i terzi.
Per l ’associazione in partecipazione non sono dettate particolari forme di costituzione e di pubblicità in quanto si tra tta di rapporto Il
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associativo che ha solo valore interno e non ha rilevanza alcuna per i terzi. Infatti la gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associan- te (art. 2552 c. c.); i terzi acquistano diritti ed assumono obbligazioni soltanto verso l’associante (art. 2551 c. c.).
Se dunque l ’art. 12 del d. 1. 3-5-1948 si riferisce esclusivamente alle associazioni in partecipazione od a rapporti a queste assimilabili, l ’e spressione « di fatto o di diritto » è priva di significato.
Infine è da rilevare che nell’associazione in partecipazione il di- ìitto alla percezione delle compartecipazioni o cointeressenze sorge sempre nel momento in cui vengono realizzati gli introiti; ciò si desume direttamente dal contenuto dell’art. 2553 c. c. Nè l ’interprete, nell’appli cazione dell’art. 12 del citato d. 1. 3-5-1948, n. 799, trova ausilio nei prin- cipi generali, perche la norma stessa è in contrasto con questi principi desumibili, come si è visto, dalla legge organica e da tutto il sistema tributario.
La norma in esame ha carattere palesemente innovativo: ne danno conferma e la giurisprudenza citata e la stessa opinione del Ministero delle Finanze espressa nella risoluzione richiamata. Sicché appare in contrasto con la legge organica, con i principi generali e con l’interpre tazione che alla legge avevano dato l ’autorità giudiziaria e la stessa amministrazione finanziaria il carattere interpretativo della norma di chiarato nelle istruzioni ministeriali n. 73370 del 10-7-1948, che illustrano il d. 1. 3-5-1948, le quali però si affrettano ad avvertire « che nessuna innovazione la norma interpretativa in esame apporta nella sfera delle società azionarie e non azionarie (in nome collettivo, in accomandita semplice, ecc.) nelle quali rispettivamente i dividendi e la ripartizione fra i soci degli utili derivanti dall’impiego di capitali restano esenti dall’imposta a norma delle disposizioni contenute nella lett. f) dell’art. 1 della legge 19-6-1940, n. 762 e giusta le istruzioni ministeriali per la applicazione della citata legge (par. II, n. 2, lett. 6) ».
5. Si è visto che, per la natura dell’imposta, rimangono esclusi dal concetto di entrata imponibile i dividendi derivanti dall’impiego di capitali in società ; e poiché nel sistema delle imposte dirette ed indiret te le associazioni in partecipazione vengono parificate alle società, le cointeressenze pagate in dipendenza di tale forma associativa, dovreb bero rimanere al di fuori del campo di imposizione.
Se l’imposta generale sull’entrata ha dato un gettito massimo, tanto che, secondo recenti dichiarazioni del Ministro delle Finanze, si’ pensa alla riduzione delle aliquote, la prima preoccupazione dovrebbe essere quella di eliminare norme del genere di quella esaminata, che, siccome in contrasto con la natura e l ’oggetto della imposta, costituiscono delle vere deformazioni del nostro sistema tributario, contribuendo, tra l ’altro, ad ingenerare confusione ed incertezze nell'applicazione dei tributi (1).
Lu igi Napolitano
R assegna c rìtic a di giurisprudenza
Parte I .
LE IMPOSTE DIRETTE ED INDIRETTE