CAPITOLO 3. IL PERSONAGGIO MARTÍN FIERRO
3.6 CAMBIAMENTO DI PERSONALITÀ IN MARTÍN FIERRO
Si può segnalare, con assoluta certezza, che l’incontro con Cruz è stato il momento in cui Fierro ha smesso di essere ciò che era per trasformarsi in un uomo nuovo. L’apparizione brusca e repentina di questo personaggio non solo riduce la forza e la gloria di Fierro ma lo disarma completamente. Il nostro protagonista viene sovrastato da Cruz. Durante tutta la prima parte, fino al momento dell’incontro con Cruz, predominava in Fierro un atteggiamento piuttosto altezzoso e le varie disavventure nelle quali era stato coinvolto erano riuscite solo a esaltarne il coraggio e l’orgoglio:
Yo he sido manso primero y seré gaucho matrero
59
en mi triste circunstancia: aunque es mi mal tan projundo, nací y me he criao en estancia, pero ya conozco el mundo. Ya le conozco sus mañas, le conozco sus cucañas, sé como hacen la partida, la enriedan y la manejan. Desaceré la madeja,
aunque me cueste la vida. (I, 1099-1110).
Dal frammento precedente, possiamo vedere come Fierro, nonostante la desolazione e la profonda tristezza provata una volta tornato a casa (nel vedere che non c’era più nulla e che anche sua moglie e i suoi figli non si trovavano più lì) non si arrende dinanzi agli ostacoli, ma, al contrario si fa forza, cercando di incoraggiare se stesso a lottare contro qualsiasi avversità, qualora ce ne fossero, anche a costo di perdere la propria vita. Come possiamo notare dal passaggio sopra citato, i lamenti di Fierro, in merito alle sue sventure, possedevano nella prima parte un tono deciso, sfociato poi nell’azione piuttosto che nella rinuncia. Mentre nella seconda parte questi lamenti venivano espressi da uomo diverso, non più combattente, ma da un uomo arrendevole, sconfitto: «Aunque yo iba de curioso / y no por buscar contienda,»… (II,1147-1148). Più avanti, Fierro, recita così:
A juerza de precaución muchas veces he salvado, pues en un trance apurado es mortal cualquier descuido. Si Cruz hubiera vivido
no habría tenido cuidado. (II, 1171-1176).
I versi sopra citati indicano l’adozione, da parte di Fierro, di un comportamento prudente. Alla fine, tra varie incertezze, cede al duello contro l’indio:
En tamaña incertidumbre, en trance tan apurado, no podía por de contado,
60
escaparme de otra suerte sinó dando al indio muerte
o quedando allí estirado. (II,1183-1188).
Lo scontro ebbe luogo, probabilmente, perché Fierro si sentì quasi costretto a reagire, a causa del crimine feroce e crudele di un bambino (il figlio della Cautiva), commesso proprio davanti ai suoi occhi, dall’indio:
- «Es increible – me decía – que tanta fiereza esista. No habrá madre que resista; aquel salvaje inclemente cometió tranquilamente
aquel crimen a mi vista.» (II, 1105-1110).
In sostanza, dopo la morte di Cruz Martín non pensava più a ribellarsi ma, piuttosto, a sacrificarsi per gli altri. La sua personalità si era affievolita notevolmente nel momento in cui iniziò a instaurare un rapporto con Cruz, il quale era diventato, in un certo senso, la sua controfigura, quello che era stato in grado di togliergli la cosa più importante, la sua vita. Quando ritornò a casa, nella seconda parte, cominciò a riutilizzare quel tono altezzoso che l’aveva contraddistinto in tutta la prima parte, questo perché era molto orgoglioso della fama che si era costruito. Ormai, più che di un uomo si trattava di un libro popolare, il cui unico compito era narrare, come un cronista, le esperienze vissute nel deserto. Si convertì in un essere passivo, incontrò i suoi figli, li ascoltò; il Moreno lo sfidò ma lui cercò di evitare lo scontro. Nessuna delle osservazioni esposte nel preludio era stata compiuta. In cinque anni da esiliato, solamente quando raccontò del suo litigio con l’Indio, Martín recuperò il suo brio, la sua insolenza, il suo valore. In alcune situazioni, addirittura, Fierro arrivò perfino a giustificarsi e a pentirsi dei terribili crimini commessi in passato, riconoscendo di essersi comportato male in varie circostanze, ma la necessità di legittimare le sue azioni lo portarono ad essere cinico: …que ya naides se acordaba / de la muerte del moreno, / aunque si yo lo maté / mucha culpa tuvo el negro. /
61 Estube un poco imprudente, / puede ser, yo lo confieso, / pero él me precipitó / porque me cortó primero; …(II, 1597-1604). Anche se, in realtà, in questo passaggio, non è propriamente Martín che parla e si scusa ma Hernández; L’autore stava cercando di presentarci un altro Martín Fierro ma non poté, perché il personaggio stesso si rifiutava di cambiare la sua psicologia. Nella prima parte, il protagonista raccontava i suoi crimini al lettore, quasi vantandosene, poiché faceva parte dell’indole e del destino di ogni gaucho commettere azioni crudeli e pericolose. Il narratore, quindi, nella seconda parte cercò, in tutti i modi, di modificare l’atteggiamento del suo eroe in meglio. In effetti, non era stato il personaggio a cambiare, bensì l’autore e l’opera stessa. Nella Vuelta si ha una nuova visione delle cose, Hernández ha assunto una posizione diversa nei confronti del mondo, conferendo in questo modo un altro senso all’opera. Alcuni tratti caratteristici passano dal protagonista ad altri personaggi: el Hijo Segundo e Picardía per quanto riguarda l’aspetto biografico, el Hijo Mayor per l’aspetto psichico. Questa doppia concezione dell’opera portò, come conseguenza, allo sdoppiamento di personalità anche in Martín, il quale non si trasformò in un’altra persona, semplicemente, deformò la sua personalità. Infatti, quello della Vuelta non è più il Martín cantore ma narratore; e per narratore intendiamo, sempre, l’autore. Difatti, mentre nella prima parte Hernández era Martín Fierro, nella seconda succede, esattamente, il contrario79.
3.6.1 Da José Hernández a Martín Fierro: un legame indissolubile
Con l’apparizione del Martín Fierro, quest’ultimo diventa il nome con il quale Hernández veniva, affettuosamente, chiamato dai suoi amici. Fu immediata l’adozione, da parte dell’autore, di tale appellativo come fosse realmente il suo nome; infatti, quando Hernández morì, il giornale della Plata scrisse nella sua intestazione: “Ha muerto el senador Martín Fierro”80. A tal proposito, lo stesso autore, una volta sostenne di sentirsi come un
79
E. Martínez Estrada, op. cit, tomo I, pp. 67-75.
62 padre che aveva ereditato il nome da suo figlio. Anche Martín incarnò, in molte circostanze, i trascorsi dell’autore. Quest’ultimo, a sua volta, trovò in Martín una valvola di sfogo, utilizzata come tramite per esprimere le sue idee ma anche le preoccupazioni politiche. In realtà, il momento nel quale possiamo riscontrare una maggiore corrispondenza tra la vita di Fierro e quella di Hernández è quando il personaggio si lamenta e si ribella contro il suo destino. In questa ribellione possiamo vedere, alle sue spalle, la figura dell’autore, il quale è profondamente insoddisfatto e segnato da alcuni eventi negativi riguardanti la sua vita. La tematica gauchesca ha svolto una funzione essenziale nella configurazione del protagonista della storia; questo grazie a José Hernández che inizò a scrivere il suo poema proprio basandosi sulla tradizione gauchesca. Il mondo rude e crudele con il quale l’autore dovette avere a che fare quando ancora era molto piccolo, è ciò che affiora nel poema. L’ambiente della campagna e le persone che ci vivevano -compreso il padre- richiamavano alla mente di José Hernández ricordi dolorosi. Proprio per questo, non appena ne ebbe l’occasione, scappò arruolandosi nelle truppe di un esercito, contrario alle convinzioni politiche di suo padre; quest’ultimo lavorò, sin dall’età di diciotto anni, nelle tenute agricole associate alla famiglia rosista. Al contrario, Hernández non era un federale rosista ma, piuttosto, un federale urquicista. Militò insieme ai gauchos, pur non essendo uno di loro; di fatto, il suo avvicinarsi e abbracciare le idee del partito gaucho era dovuto più a una reazione contro di loro che non a reali convinzioni politiche. Si può asserire, quindi, che l’autore del Martín Fierro non s’identificava completamente con la figura del gaucho Martín Fierro81. Al narratore del Martín Fierro, ovvero Hernández, si dovrebbe attribuire la scelta dei ricordi da parte del personaggio. Ciò che questo gaucho scelse di narrare del suo passato, o meglio quello che il narratore gli indicò di scegliere, aveva come unico scopo quello di risaltare scene di vita quotidiana: «Aquello no era trabajo, /
63 más bien era una junción,…» (I, 223-224). Raúl Dorra82 sottolinea come molti dei personaggi che si sentirono chiamati in causa nella Ida, nonostante non ci si rivolgesse a loro, ma alla classe politica in generale, non si riconobbero nella Vuelta, sebbene in quel momento fossero proprio loro il destinatario esplicito; inoltre, nella prima parte era evidente la protesta di una voce che oscillava tra il lamento e la ribellione, mentre nella seconda parte questa voce, non più oscillante ma radicata nei consigli di Martín Fierro, sosteneva la rassegnazione: «Obedezca el que obedece / y será bueno el que manda.» (II, 4719-4720).