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Capitolo terzo: pausa pranzo

Il vangelo secondo Precario Storie di ordinaria flessibilità di Stefano Obino

5.8 Capitolo terzo: pausa pranzo

Questo nuovo capitolo si apre mostrandoci gli uffici della ZenzeroTV dove sono rimaste sole Dora e Natalia, quest’ultima telefona ad un’amica per raccontarle dell’aumento ottenuto. Durante la chiamata rivela che, secondo lei, quelli sono senz’altro i frutti del suo abbigliamento succinto e dei modi più provocanti; Dora ascoltando la telefonata esterna la sua ripugnanza ad un atteggiamento del genere. Comincia così una discussione tra le due colleghe in cui a Dora viene rimproverato di essere troppo ingenua, di non aver capito come funziona il mondo e che col suo atteggiamento idealista non arriverà mai a niente. A questo punto si apre prepotentemente un’altro esempio della fervida immaginazione di Dora: la voce di Natalia perde di corpo, lasciando spazio a parole farcite di elogi e apprezzamenti per le qualità morali e professionali della protagonista. Anche in questo caso la voce frutto dell’immaginazione è arricchita con effetti di riverbero ed eco, ed è legata ad un primo piano di Natalia immerso in un fondo bianco dai contorni sfumati. La scena si conclude con Dora, che richiamata insistentemente alla realtà si sfoga lanciando violentemente un oggetto per terra, segue il suo sguardo arrabbiato e lo stupore della collega.

160 La sequenza successiva comincia con Franco per strada mentre fruga nel suo maggiolone, fino a quando non riesce a trovare una copia del romanzo Tutti i

frutti; nel momento esatto in cui se ne inquadra il titolo comincia a prendere

corpo un brano musicale nuovo, che accompagnerà il protagonista per l’intera scena. Con l’introduzione della musica si abbandona l’audio originale, il quale riaffiorerà solo di tanto in tanto per farci ascoltare Franco, che legge a voce alta alcuni estratti dal suo romanzo. Infatti la sequenza prosegue col protagonista che raggiunge il parco, lo seguiamo sedersi su una panchina per leggere, passeggiare un po’, bere ad una fontana, leggere ancora, fumare per poi tornare a leggere nuovamente. Le inquadrature seguono Franco, alternando i campi medi molto assolati ai primi piani più introspettivi: la sensazione che esse restituiscono è quella di un momento positivo, in cui il protagonista sembra in qualche modo reagire ritrovando fiducia nelle proprie possibilità. A questa impressione contribuiscono anche le poche frasi del romanzo lette ad alta voce, che si riferiscono metaforicamente a dei frutti, per riflettere però probabilmente su cose molto più profonde, come il senso e le dinamiche della vita; le parole pronunciate in conclusione della scena sono: ”….e anche noi un giorno saremo frutti da toccare, da annusare, da ingoiare, l’importante non è essere pronti, ma esserci, anche quando si viene mangiati”.

Proseguendo si passa alla storia di Marta, che ritroviamo mentre sta finalmente effettuando l’intervista “ixtat” sul precariato giovanile ad una neopensionata: questa signora per tutta la vita ha lavorato presso la stessa ditta e non ha nemmeno ben chiaro cosa sia in effetti il precariato. Marta tenta di condurre l’intervista nel modo più corretto, ma è evidente che le circostanze la spiazzano e la demoralizzano; man mano che alla protagonista diventa chiaro la non rilevanza del suo lavoro, l’audio originale perde volume sostituito da un nuovo brano musicale. Sfilano adesso primi piani muti di Marta, pieni di sguardi persi nel vuoto e larghi sorrisi di circostanza; la seguiamo poi all’aperto prendere

161 un autobus per raggiungere probabilmente un altro nominativo segnalatole per l’intervista, ma il suo volto rimane ancora adombrato e contratto.

La sequenza subito successiva si apre con l’immagine di una mela, che viene sbucciata tra le mani di Mario, come ci rivela il primo piano subito successivo; il protagonista è ancora turbato dal dubbio che sua moglie lo tradisca con Bolzoni e appena rimane solo continua a leggere la posta elettronica del titolare. Questa volta Mario ripete solo interiormente quelle frasi, che allo spettatore vengono riportate con i comprovati effetti per la caratterizzazione delle voci interiori. Altri riferimenti particolari fanno convincere Mario che l’amante di Bolzoni sia proprio sua moglie, la sua reazione di completo smarrimento è resa attraverso il dettaglio delle labbra dischiuse, inquadrate di profilo mentre si stagliano in un controluce invadente. Nella mail è riportato anche l’ora e il luogo del loro incontro, previsto tra pochi minuti non distante da lì, allora Mario si informa se il titolare è già uscito e si avvia per raggiungerlo con chissà quale intenzione.

La solita dissolvenza in bianco ci riporta al mondo ultraterreno dove ritroviamo S. Precario, il quale dorme accoccolato in quella immensa distesa bianca: il nostro protagonista sogna le richieste dei tanti che chiedono un aiuto per la propria situazione lavorativa. Ritornano le immagini delle pagine su cui sono annotate queste preghiere, associate in questo caso a numerose voci che le scandiscono; le frasi arricchite di un accentuato riverbero si accavallano l’un l’altra acquistando volume, tanto da destare Sandro.

Risvegliato di soprassalto come da un incubo S. Precario si prepara a ricominciare il suo allenamento, ma prima di andarsene, rivolgendosi presumibilmente a Dio, avverte della sua partenza. E’ interessante notare come Sandro in questa ultima parte della scena sia inquadrato dall’alto, nelle modalità tipiche dei circuiti di sorveglianza, e quando lui si rivolge a Dio lo fa proprio ammiccando ad una ipotetica telecamera adeguatamente posizionata. Si coglie perfettamente l’ironia con cui si rappresenta l’onnipresenza divina dettata dalla

162 dottrina cristiana, paragonata ad un meccanismo di controllo di massa come la video sorveglianza.

Con S. Precario che esce di campo, lasciando uno schermo completamente bianco, si conclude questo capitolo in cui in un’unica semplice carrellata si sono scorse tutte le storie ed i loro personaggi. In questa sezione tutti i protagonisti sembrano tentare una reazione: agiscono nella situazione in cui si trovano per tentare di risolvere lo scompenso che li destabilizza. Ma le loro azioni non sono senz’altro di rottura, né risolutive: appaiono piuttosto come un tentativo per cercare di andare avanti, sopportare ancora.