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Introduzione al film: il cinema necessario

Il vangelo secondo Precario Storie di ordinaria flessibilità di Stefano Obino

5.2 Introduzione al film: il cinema necessario

Il vangelo secondo Precario racconta ventiquattro ore in cui si intrecciano

quattro storie di “ordinaria flessibilità”, racchiuse in una cornice surreale e magica. In una Milano alienante, afosa e soffocante si svolgono in parallelo le vicende di questi giovani lavoratori, schiacciati dalla precarietà e da un mondo del lavoro che sembra fagocitare tutte le loro speranze. Marta, neolaureata e con tanti impieghi discontinui alle spalle, è alle prese con una improbabile indagine

74 www.ilvangelosecondoprecario.org 75 Gabrielle Gallozzi, op.cit.

134 “Ixtat” sul precariato giovanile, per la quale deve intervistare una lunga serie di ultrasessantenni. Dora, centodieci e lode e tanta creatività, è una stagista alla “ZenzeroTV”, senza retribuzione e continuamente derubata delle proprie idee innovative. Troviamo poi Franco, agente finanziario pieno di debiti, a cui viene garantita soltanto una fantomatica percentuale sui finanziamenti che però non riesce a dare, dal momento che i suoi clienti sono soltanto “miserabili” senza la possibilità di fornire alcuna garanzia. Franco sembra infine riuscire a realizzare il suo sogno nel cassetto ricevendo la proposta di pubblicare il suo romanzo Tutti i

frutti, ma a costi troppo onerosi. Mario è un avvocato che spera di diventare

socio dello studio con cui collabora, ma per raggiungere il suo scopo si trova costretto a barattare i favori della moglie verso il suo capo.

Sulle loro teste si dispiega la storia di Sandro Precario, un pugile morto per sbaglio che si ritrova di fronte a San Pietro, del tutto simile a un burocrate dell’ufficio accettazioni, scoprendo anche lì la moda dei contratti a progetto e dei “part-time eterni”. S. Precario viene messo in attesa come Warren Beatty in Il

paradiso può attendere (1978) affidandogli nel frattempo un piccolo lavoro di

archivio: deve catalogare le numerosissime preghiere dei precari che arrivano ogni giorno. Nelle pause dal lavoro Sandro preferisce tornare in terra, sentendosi più utile qui a intervenire concretamente sulle sorti dei quattro lavoratori precari. A fine giornata San Pietro lo raggiunge per comunicargli la possibilità di tornare alla sua vita, e rivelandogli che quelle sue piccole iniziative sono servite a ben poco: “la soluzione non è su, è giù”. I quattro protagonisti che a fine di questa giornata sembrano avere avuto la meglio nella loro personale battaglia, non hanno di certo vinto la guerra e il loro futuro, come quello degli altri quattromila precari italiani, rimane incerto.

Precariato nel film è sinonimo di lavoro di bassa qualità, incertezza continua, piccoli ed enormi ricatti del datore di lavoro davanti a cui cedere è perdere l’integrità e reagire significa troncare ogni rapporto professionale. Il

135 se in tempi come questi le classi sociali risultano molto poco definite; dall’accusa di avere realizzato un film a senso unico gli autori si difendono, spiegando la volontà di raccontare il problema senza però volere dare soluzioni, proprio per non scadere nel manifesto politico76.

“Sotto Il vangelo secondo Precario non c’è un business plan, ma la determinazione a fare un film, la curiosità di vedere come lo accoglieranno le persone a cui si rivolge e la speranza che sollevi la testa dal mare di cavolate in cui siamo immersi”77. L’intenzione degli autori nasce da uno sguardo al panorama desolato del cinema italiano attuale, che li lascia perplessi per la rappresentazione fasulla e superficiale che si fa della società contemporanea, divulgando esclusivamente contenuti di “non-riflessione”. Essi intendono contrapporsi al cinema come luogo di solo intrattenimento, da cui lo spettatore esce soddisfatto per il bene che trionfa nelle vite altrui e dove si raccontano storie “soporifere per le coscienze”. Il progetto de Il vangelo secondo Precario si impone di attingere dalla realtà e dalla vita delle persone, con la convinzione che tali contenuti siano i più attuali e coinvolgenti; in questo ci si rifà dichiaratamente a stagioni importanti del cinema italiano come il neorealismo e la commedia all’italiana, che hanno saputo fotografare il sociale nelle sue mille tragicomiche sfaccettature. Gli autori come un proclama scrivono sul sito del film: “Noi crediamo nelle storie urgenti, che debbono essere raccontate, in soggetti che riportano la vita vera sul grande schermo, con il linguaggio che ognuno ritiene proprio, ma con la forza della storia e del sottotesto che si fotografa. Noi crediamo nel cinema necessario”. Secondo Stefano Obino l’impegno sociale è imprescindibile dall’atto artistico, tuttavia un film non può sostituire la lotta per i diritti, può però costituirsi come fonte di riflessione e dibattito78. Il vangelo

secondo Precario infatti va definito secondo l’autore come un “film sociale”, in

76 Fulvia Caprara, op. cit.

77 www.ilvangelosecondoprecario.org 78 Emiliano Germanini, op. cit.

136 quanto a visione conclusa impone di misurarsi con la realtà, guardando a se stessi e agli altri per una discussione su problemi tangibili e improrogabili.

Non va comunque dimenticata la natura di fiction del film che, malgrado le storie verosimili e di ispirazione al reale, sottende tutte le scelte filmiche e narratologiche: a partire dalla cornice così magica e soprannaturale. Obino insiste sulla volontà forte di discostarsi dal documentario, che affronta spesso solo realtà estreme e che suscitano al più compassione, mentre con Il vangelo secondo

Precario la volontà è quella di innescare il meccanismo squisitamente

cinematografico dell’identificazione. Anche se non si accetta il compromesso del

dècoupage classico, per dar vita ad un montaggio invisibile e garantire così il

completo abbandono dello spettatore al mondo della finzione, l’intenzione è quella di incoraggiare il pubblico a riconoscersi nei protagonisti e nelle storie raccontate. Così i personaggi risultano tipici di una certa area sociale, ma mai specifici come del resto le situazioni ed i luoghi del film, proprio per permettere a chiunque di sentirli propri e di leggerli secondo la personale esperienza. Stando agli autori il film rende esplicito, anche attraverso queste dinamiche, che il precariato riguarda veramente tutti, perfino quelle professioni che nel passato venivano garantite da un titolo di studio.

5.3 La struttura

Il vangelo secondo Precario si propone di raccontare la stessa giornata per

cinque personaggi che scorre parallelamente, ma in luoghi e situazioni differenti; l’intera struttura del film si basa di conseguenza sul sintagma alternato79. Attraverso di esso si riesce a far progredire di pari passo tutte le vicende,

79 Per un approfondimento vedere: Gianni Rondolino e Dario Tomasi, op. cit. e Francesco Casetti e

137 instaurando scambi e accavallamenti reciproci, il cui ritmo si intensifica o dilata secondo le intenzioni dell’istanza organizzatrice.

Il film si apre per mezzo di un prologo comprendente, assieme ai titoli di testa, la vicenda scatenante della storia, ossia la morte accidentale del pugile Sandro Precario; segue il corpo centrale diviso in diverse sezioni, ed infine una breve appendice attraverso la quale il lavoro esaurisce la sua natura di fiction, per legarsi alla realtà contemporanea.

Come accennato il corpo centrale del testo filmico si presenta frazionato in cinque capitoli, ognuno contraddistinto dal proprio titolo: il lavoro mobilita

l’uomo, il mattino ha loro in bocca, pausa pranzo, laconica canicola e infine and the winner is. Con la divisione in capitoli si intende scandire per fasce temporali

la giornata dei protagonisti; i titoli però sono arricchiti di sfumature ironiche e in certi casi suggeriscono i contenuti delle sezioni. In perfetta armonia con ciò che sarà il film anche con queste intestazioni ci si diverte ad ammorbidire i toni del racconto: si propone l’uso di giochi di parole storpiando i proverbi o accostando termini fonicamente simili.

Volendo approfondire è riconoscibile anche un ammiccante riferimento cinematografico al film di Stanley Kubrick, Shining del 1980, dove ad un certo punto della pellicola, il protagonista Jack scrive ossessivamente una frase: il mattino ha l’oro in bocca. Questo proverbio, opportunamente modificato, viene adottato come titolo del secondo capitolo de Il vangelo secondo Precario, richiamando a mio avviso in maniere stringente il film e le sue atmosfere inquietanti e orrorifiche. In realtà perfino la divisione in capitoli titolati proposta nel film pare mutuata da Shining; anche qui le varie sezioni connotano temporalmente le vicende, ma comprendendo anche implicazioni più complesse di natura narratologica.

La struttura del corpo centrale del film suddivide con i vari capitoli i momenti cruciali della giornata, che sembrano caratterizzarsi anche come fasi precise dello sviluppo dell’intreccio. Nel primo capitolo il lavoro mobilita

138

l’uomo vengono presentati tutti i protagonisti, illustrando con pochi tratti la loro

fisionomia caratteriale; si prosegue con il mattino a loro in bocca dove invece viene presentata la loro quotidianità lavorativa, sottolineandone la pesantezza e la precarietà. Nel terzo capitolo pause pranzo tutti e quattro i protagonisti tentano una reazione verso la situazione che li ingabbia, confidando nel successo. Dora si ribella per la prima volta alle cattiverie della collega, mentre Franco si lascia prendere dal compiacimento per l’interesse suscitato dal suo romanzo; Marta si convince di dedicarsi con tutte le sue forze alla realizzazione delle interviste e infine Mario pensa di poter vendicare il tradimento subito. Nel penultimo capitolo laconica canicola le speranze e le iniziative dei protagonisti falliscono, facendo degenerare la situazione iniziale; a questo punto l’intervento di S. Precario sembra innescare l’atto risolutivo per avviare le vicende verso l’happy

end. Il capitolo conclusivo and the winner is mostra lo scioglimento

dell’intreccio, ma non rispetta a tutti gli effetti il classico “e vissero felici e contenti”: questa che potremo intendere come una fiaba metropolitana si conclude con toni anche amari che lasciano aperta l’incognita del futuro dei protagonisti. Infine con la breve appendice di coda al film si fornisce in qualche modo la “morale” della storia raccontata, indirizzando e chiarendo le intenzioni dell’intero progetto: “il lavoro ti vincola, perderlo non ti libera”.

5.4 I personaggi

I personaggi che popolano il film sono caratterizzati per pochi elementi e mai risultano trattati a tutto tondo: la sfaccettatura dei loro caratteri e della loro vita è scarsa e sostituita, invece, dalla volontà di tipicizzare i loro ruoli. Si possono così riconoscere alcune tipologie rappresentative della società contemporanea: la neo-laureata intelligente ed attiva, ma delusa da un futuro non appagante; il professionista rampante convinto che competenza e impegno

139 paghino sempre. Seguono il sognatore disilluso che tenta di sopravvivere ai propri debiti; la creativa insicura e sfruttata, contrapposta all’arrampicatrice fatta di curve e bei modi. Riconosciamo poi la donna alla moda che perde ogni sicurezza e infine i datori di lavoro come mostri: altezzosi, psicotici e grotteschi, non-persone.

Tali personaggi, all’interno di questo contesto tragicomico e surreale, ricordano in certa misura le funzioni dei personaggi della fiaba, catalogate da Vladimir Propp80. Identifichiamo infatti “l’eroe, vittima del cattivo, ma infine trionfatore” nei quattro protagonisti: lavoratori precari sfruttati dal proprio datore di lavoro, ossia “il cattivo che l’eroe dovrà sconfiggere”. Ritroviamo anche “l’aiutante, che offre una mano all’eroe al fine di portare a termine il suo compito” in S. Precario; infine è possibile connotare anche la figura di San Pietro in quanto “mentore, che prepara l’eroe alla tenzone, o gli offre un modo per sconfiggere l’avversario”. E’ certo che queste definizioni appaiono forzate per un racconto della contemporaneità che chiama in gioco un bagaglio socio-politico preciso; ma è interessante notare come ad uno sguardo d’insieme questo film, ripartito in quattro storie più una che si accavalla e investe le altre, si poggia sui principi elementari dell’invenzione fiabesca.