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I titoli di coda durano per oltre due minuti e presentano una struttura molto particolare, includendo anche dei brevissimi interventi dei quattro protagonisti; un brano musicale mai proposto finora accompagna l’intera sezione. Sullo schermo nero convivono un piccolo riquadro, sempre variabile per posizione e dimensioni, dedicato al video, ed i classici contributi scritti, in cui si danno le dovute informazioni circa gli autori, i collaboratori e la produzione. I contributi video sono composti da brevi battute di Luca, Antonio, Giovanna e Alessia che riflettono su alcuni termini tipici del vocabolario relativo al nuovo mondo del lavoro. Ogni intervistato commenta cinque termini che hanno perseguitato tutti noi negli ultimi anni, in quanto parole chiave per le nuove frontiere lavorative: “auto-imprenditorialità”, “competitività”, “creatività”, “mission”, “professionalità”. Gli autori, attraverso questa operazione, hanno voluto rispondere alla voglia di discutere e rifondare quelle che dovrebbero essere, invece, le parole d’ordine necessarie al mondo del lavoro contemporaneo33.

Si parte con Luca che comincia a parlare di “auto-imprenditorialità” definendola come la capacità di essere imprenditori di sé stessi; circa lo stesso

60 termine Giovanna dice che, secondo lei, può essere un’illusione. Antonio, anche lui chiamato a pronunciarsi sullo stesso argomento, precisa che non tutti possono essere imprenditori, citando la teoria dei modelli pre-hegeliani; e Alessia conclude dicendo che si tratta di collocare se stessi nel modo del lavoro senza alcuna garanzia. Subito di seguito si parla di “competitività”, cominciando con Luca, che si mostra dubbioso perché secondo lui ne esiste già troppa nel mondo del lavoro; Alessia, dal canto suo, dice di poter accettare al limite un vocabolo come “emulazione”, ma rifiuta il termine “competitività” perché implica aggressività, egoismo, ed egocentrismo. Antonio in merito di “competitività” dichiara esplicitamente che va bene nello sport, ma non nella vita; Giovanna al contempo vorrebbe che si usasse di più il termine “cooperazione”. Si continua con Antonio parlando di “creatività” che, secondo lui, è incarnata nel “fare”, Alessia ritiene che sia un’attività possibile e giusta in ogni lavoro; anche Giovanna continua sulla stessa linea, riconoscendo la “creatività” come l’unica risorsa inviolabile per i lavoratori come lei. Si passa poi al termine “mission”, che ad Alessia ricorda soltanto il film con Robert De Niro, mentre per Luca è anche la missione affidata ai lavoratori interinali dalla propria agenzia. Infine si affronta il tema “professionalità”: secondo Antonio è semplicemente portare avanti seriamente le cose che si fanno; per Luca sarebbe importante ci fosse più “professionalità”, ma Alessia aggiunge che i contratti flessibili e precari la scoraggiano.

A questo punto lo spazio dedicato ai contributi video torna alle dimensioni classiche, occupando tutto lo schermo, e uno per volta tutti e quattro i protagonisti elencano la parola che, secondo loro, manca nel vocabolario della flessibilità. Esordisce Luca sostenendo che, forse, il termine mancante potrebbe essere proprio “lavoro”; Alessia invece suggerisce tutto un paradigma di valori opposti a quelli attualmente in vigore e che, secondo lei, si potrebbero semplificare nell’ ”uguaglianza dei diritti”. Antonio propone “partecipazione”, come parola chiave per questo preciso momento storico, valore che secondo lui

61 dovrebbe essere portato avanti da politici e sindacati. Conclude Giovanna che aggiunge alla lista di parole il termine “lotta”; a questo punto la musica sfuma e l’immagine si dissolve in nero. L’ultimo termine proposto è evidenziato in maniera emblematica dalla la sua posizione conclusiva, quasi ad incarnare il messaggio dell’intero documentario: la “lotta”, il contratto tutto da conquistare come ai vecchi tempi dei film di Gregoretti34.

L’intero blocco dei titoli di coda merita attenzione anche per le informazioni che riporta in forma scritta: si esordisce con l’ordine classico elencando autori, cameraman e montatori. Queste tre competenze sono ricoperte interamente dagli autori, con una divisione di ruoli netta tra scrittura del progetto e ricerche a cui si è dedicata Rossella Lamina, e riprese e montaggio effettuati da Nicola Di Lecce; se ne deduce una realizzazione del documentario con metodi quasi “artigianali”, rinunciando ad un vero e proprio staff. I titoli proseguono fornendo le dovute informazioni circa gli autori e gli esecutori della colonna sonora, e riguardo a chi ha ricercato i materiali di archivio utilizzati; segue poi una dicitura interessante:

Questo documentario è stato realizzato in tempi e metodi spiccatamente “flessibili”

Andando ad occupare gli interstizi liberi nelle vite dei suoi protagonisti

e dei suoi autori

Esiste per l’ostinazione e il funambolismo di tutti coloro che hanno scelto di parteciparvi

A tutti il nostro più sentito ringraziamento

34 Bruno Ugolini, op. cit..

62 successivamente è riportato il ringraziamento specifico ai quattro protagonisti. La dicitura è molto interessante sia per la sua originalità che per i contenuti che propone: si ammette con la giusta dose di auto-ironia che anche questo film sulla flessibilità, è frutto di lavoro “flessibile”. In conclusione abbiamo a che fare con una flessibilità dilagante che non solo attanaglia le vite dei protagonisti, ma anche quelle di coloro che condividono con essi il proprio tempo, e quelle di molti altri lavoratori atipici.

I titoli proseguono menzionando la produzione del documentario e a seguire i film da cui sono stati estratti i brani utilizzati:

CONTRATTO di Ugo Gregoretti, 1970 DENTRO ROMA di Ugo Gregoretti, 1976

LA SALUTE E’ MALATA di Bernardo Bertolucci, 1871 OPERAI di Antonietta De Lillo, 1966

PORTO MARGHERA, GAS TOSSICI produzione Unitelefilm SIRENA OPERAIA di Gianfranco Pannone, 2000

UN MINUTO IN PIU’ DEL PADRONE di P. Andriani e A. Rossetti, 1991

Infine i titoli di coda si concludono con i ringraziamenti più generali, elencando i nomi di tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del documentario.