(1879)
1. Una gìovanett.a ebrea che vuol farsi cattolica - Persecuzioni all’istituto. — 2. Inondazione del Belbo e pietà della Madre. — 3. Ispezione del sotto-prefetto all’istituto. — 4. Chiusura del mese di maggio - Prima vestizione religiosa a Nizza M onferrato e panegirico singolare di Don Cagliero. — 5. Lettera della Santa alle suore di Villa Colón (22 luglio 1879). — 6. Esercizi spirituali alle signore e alle maestre. — 7. La Santa ricupera l’udito. — 8. Fondazione della casa di Casci- nette (20 agosto 1879) - Esami di ginnastica.
1. Nel maggio di quest’anno avvenne un caso di cui si parlò in tutta Italia.
Eravi in Nizza Monferrato una giovane ebrea di nome Anna, della famiglia dei Bedarida, di ventidue anni e orfana di madre. Avendo sentito parlare delle suore di Don Bosco, s’invogliò di farne conoscenza. Disse loro che da parecchi anni desiderava farsi cattolica, ma non aveva mai saputo a chi rivolgersi per essere preparata, senza che se ne accorgessero il padre e il fratello, i quali certo si sarebbero opposti.
La Madre, col consenso del Direttore, le aprì le porte del
l’istituto, e Anna veniva segretamente a ricevere istruzioni nella nostra santa Religione. La grazia lavorava nel suo cuore ed ella si disponeva a ricevere il Battesimo.
Quando la famiglia lo venne a sapere fu uno scoppio d’in
dignazione, d’ira, di preghiere e di minacce, non solo da parte dei parenti, ma anche dei loro correligionari della città. La giovane però stette ferma nelle sue risoluzioni; ma dopo qual
che tempo, non ritenendosi più sicura, riparò all’ istituto, e di
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là, secondo il consiglio dei superiori, la Madre, il 21 maggio l ’accompagnò a Torino, dove fu accolta da un’insigne benefat
trice di Don Bosco.
I parenti, accortisi che la giovane era fuggita di casa, mi
sero sossopra la città, e il 22 corsero all’istituto seguiti da un codazzo di oziosi, che gridava essere tempo che la si finisse con le mistificazioni e che si distruggesse quel covo di sedut
trici della gioventù.
I parenti furono lasciati entrare, ma appreso che la loro figlia non c’era, minacciarono di dar fuoco all’ istituto, se la giovane non fosse rientrata presto in famiglia; e, per mezzo del telegrafo e dei giornali, denunziarono al mondo l’iniqui
tà (!) commessa dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
In città si sparse la voce che nell’istituto vi erano delle postulanti che si volevano costringere a divenire suore, vio
lando la loro libertà di coscienza. Qualche maligno mise anche in giro la voce che al convento si facevano morire le suore; e i nicesi, male informati, si lasciarono impressionare sinistra
mente, ne mormoravano, e, per più sere, le pie religiose sen
tirono sotto le loro finestre un vociare confuso e grida che dicevano: « Povere giovani, perchè siete venute a morire qui?
Tornate alle vostre famiglie! ».
La Madre, che era subito tornata da Torino, ravvivava la sua fiducia in Dio ed esortava le sue figlie a stare tranquille, che anche quella bufera sarebbe passata. Diceva : « Coi nostri superiori che ci guidano e la nostra buona mamma Maria Au
siliatrice che ci protegge, ci fosse pur un esercito intero contro di noi, non avremmo da temere ». E ripeteva un suo detto familiare: « Quanto più ci disprezzeranno, tanto più saremo care a Dio ».
Il 23 la polizia interveniva all’istituto per una visita; il 24 due suore venivano chiamate davanti al pretore di Nizza, e i giornali stampavano mille sciocchezze e imposture; ma che cosa non stampano i giornali?
I Bedarida ricorsero al procuratore del re in Torino, affin
chè facesse le debite ricerche e fosse loro restituita la figliuola.
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Le ricerche non furono nè lunghe nè diffìcili, perchè i superiori gli fecero subito sapere dove la giovane era ricove
rata e nello stesso tempo scrissero pure ai parenti a Nizza, di
cendo che essi non si sentivano di cacciare di casa una gio
vane maggiorenne, che voleva farsi cattolica.
Il procuratore del re si presentò alla giovane, fece il suo interrogatorio, usò modi ora dolci ora severi, affinchè ritor
nasse a casa, ma ella fu costante nel dire che era libera di sè e che voleva farsi cattolica.
Non si risparmiò arte alcuna per rimuoverla dal suo divi
samente: preghiere, minacce, vessazioni morali ognor cre
scenti; la povera giovane finì col ricadere nelle mani dei suoi e il Battesimo non ebbe luogo.
Di questo doloroso fatto avevano scritto alcuni giornali cat
tivi di Torino, di Roma e Milano, ma in maniera non conforme a verità; — e quand’è che i giornali cattivi, all’apparenza di uno scandalo, non importa di che genere, in cui c’entrano per
sone religiose, dicono la verità? — Onde la giovane, per amore del vero, il 14 settembre mandò poi una lettera all’ Unità Cat
tolica di Torino, nèlla quale racconta con semplicità i suoi casi.
Questa lettera noi la riportiamo in appendice del presente capo.
2. I nicesi, almeno molti, male informati circa il fatto della giovane Bedarida, avevano gridato contro l’ istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; ma ancora non era spenta l’eco di quelle grida minacciose che vennero a provare come le buone reli
giose sapevano vendicarsi di chi le avrebbe volute disperse o
morte.
-Il 26 e 27 maggio il Belbo, piccolo fiume che bagna Nizza e va a gettarsi nel Tanaro presso Alessandria, per le continue e abbondanti piogge, straripò e inondò la città, raggiungendo in parecchi luoghi due metri di altezza. Molte famiglie dovet
tero abbandonare la propria abitazione, sprovviste di tutto.
Un buon numero entrò in una bigoncia, fatta servire per bar
ca, e si spinsero fino all’ istituto.
La Madre domandò alla cuoca se vi era qualche cosa per
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rifocillarle. La cuoca rispose che vi era una pentola di fagiuoli cotti, ma era destinata per la refezione della comunità per il domani. La Santa disse che per il domani la Provvidenza avrebbe provveduto; intanto aggiungesse subito del riso ai fagiuoli. Venne così preparata un’abbondante minestra che la Madre, aiutata dalle suore, distribuì ai poveri fuggiaschi dalle
acque del Belbo (1).
Accorsero pure altri disgraziati, e la Madre accolse tutti con grazia, dispose ogni cosa alla bell’e meglio e a tutti fece dare pane, minestra, latte, caffè, formaggio; ai più bisognosi anche vestiti; e passando in mezzo a loro, che incominciavano a conoscerla, rivolgeva a tutti parole di conforto, e tutti ammi
ravano la sua carità.
La sera gli uomini tornarono a casa, ma più di quaranta persone fra donne e fanciulle trovarono ricovero tra le Figlie di Maria Ausiliatrice e « tutti — scrive una suora che era pre
sente — ringraziavano Dio d’aver dato al loro paese una comu
nità con a capo una superiora così buona, così pia e generosa.
3. Ma un bel giorno, poi, ecco arrivare il sotto - prefetto di Acqui, col procuratore del re e due testimoni per procedere a una regolare inchiesta su le persone dell’istituto.
Era presente Don Cagliero il quale li accolse gentilmente e si fece un dovere di far loro visitare la casa. L ’interrogatorio alle postulanti rese maggiormente certo quello che tutti i buoni già sapevano, che, cioè si rendevano religiose di loro spontanea volontà. Così cessò questa visita importuna.
4. Il giorno 2 di giugno fu fissato per la solenne chiusura del mese di maggio e per dare il santo abito a sei postulanti.
Era la prima volta che si faceva la pia e commovente fun
zione della vestizione religiosa in Nizza, e Don Cagliero volle che si mandasse l’invito alle principali famiglie della città.
(1) Proc. Ap., articoli 9 4 -1 0 6 e dep. di S. O. B., pag. 243.
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Accorsero moltissimi, sia per divozione, sia anche per un po' di curiosità.
Alla predica, il valoroso figlio di Don Bosco, premesse al
cune parole di circostanza e lasciato da parte il panegirico del
la solennità, disse : « Che cosa fanno le Figlie di Maria Ausi
liatrice in questo sacro recinto? ». E prese a dimostrare il bene che facevano e quello ancora maggiore a cui si abilitavano per essere apostole di carità in mezzo alla società civile e nelle terre selvagge dell’America.
Il suo dire caldo, energico, convincente, dissipò ogni dub
bio, e confortò i buoni; l’ istituto acquistò così presso tutti stima e venerazione maggiore.
Inoltre, il caso della giovane Bedarida, divulgato per mezzo dei giornali, fece conoscere meglio le suore di Don Bo
sco e l’ istituto di Nizza. Perciò crebbe il numero delle postu
lanti e la casa ne fu ripiena. Dal male ne venne un bene.
5. In questo tempo la Madre scrisse alla direttrice della casa di Villa Colón, che era timorosa, ma osservante della Regola fino allo scrupolo, la lettera seguente:
W. Gesù e Maria e S. Giuseppe!
Mia amata Suor Angiolina,
Non abbiate paura che le vostre lettere mi annoino. Tutt’altro!
Sono anzi contenta che mi diate notizie in disteso di tutto ciò che riguarda voi e le suore; scrivetemi pure sovente e a lungo; le vostre lettere "mi fan sempre piacere... Non bisogna, però, che vi spaven
tiate. Persuadetevi che dei difetti ve ne saranno sempre; bisogna correggere e rimediare tutto ciò che si può; ma con calma e lasciare tutto il resto nelle mani del Signore. E poi non bisogna far tanto caso delle inezie; certe volte per far conto di tante piccolezze, si lasciano poi passare le cose grandi. Con questo non vorrei che inten
deste di non far caso delle piccole mancanze; non è questo che voglio dire: correggete, avvertite sempre; ma, nel vostro cuore, compatite e usate carità con tutte. Bisogna, vedete, studiare i naturali e saperli prendere per riuscire bene, bisogna ispirare confidenza.
Con Suor V. bisogna che abbiate pazienza, che le ispiriate, a poco a poco, lo spirito della nostra Congregazione; non può ancora averlo
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state attenta ad ubbidirlo, vero, Suor Angiolina?
Mi dite che avete molto lavoro ed io son ben contenta, perchè giorno sarebbero state tutte insieme riunite.
6. La Madre aveva ben ragione di dire che aveva molto
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aggiustarsi: è Mazzarello! ed ha a sua disposizione non solo i mezzi, ma anche i mezzarelli in tale circostanza!
» Infatti fece portare sopra la volta della chiesa e sotto i tetti della casa tanta paglia quant’era necessaria per alloggia
re le sue figliuole, e per sè scelse il luogo più basso e più oscu
ro (1), lasciando così liberi i dormitori e i laboratori, ove poterono accomodarsi durante i dieci giorni di spirituale rac
coglimento non meno di centocinquanta (2) signore, maestre e zitelle che desideravano conoscere e risolvere la loro voca
zione religiosa.
» A queste pie riunioni il nostro buon Padre prendeva parte ogni volta che gli era possibile, e con la predicazione e col consiglio e sante esortazioni portava frutti di pietà, di fede, e direzione nel bene delle famiglie, nell’insegnamento cristia
no e nell’importantissima scelta dello stato delle pie giova- nette. Questi dopo averle ascoltate con paterno interesse, le inviava alla Madre Superiora perchè desse l’ultima mano alla loro vocazione, sapendola fornita del vero spirito del Signore, del segreto dei cuori e delle virtù proprie della vita reli
giosa » (3).
7. Madre Mazzarello, in verità, parlava volentieri con le signore e con le zitelle per esortarle alla virtù e non vogliamo qui passare sotto silenzio un piccolo aneddoto che le occorse e che ci fu raccontato da una persona che era presente. « La buona Madre andava soggetta a forti dolori di capo e d’orec
chi, che le cagionavano anche sordità per più giorni. Ora, ap
pena incominciati gli Esercizi per le signore, ella fu assalita dal suo solito male, che le impediva di ascoltarè quante a lei ricorrevano. In un momento di maggior bisogno si volse al Signore ed esclamò: ” O buon Dio, Voi ben vedete quanto io
(1) Proc. Ord., pag. 399.
(2) Altre mem orie del tem po dicono novanta, ed è sempre un bel num ero.
(3) Card. Cagliero, Mem. stor. cit.
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abbia bisogno dell’udito in questi giorni! Guaritemi; altrimen
ti come faccio? Appena fatta l’invocazione, la sordità scom
parve. Ne ringraziò subito Iddio; ma ecco ben tosto concepire timore d’aver fatto male per aver allontanata la croce, e appe
na vide il direttore Don Lemoyne, senza badare che vi erano suore presenti, gli domandò se aveva sbagliato. Don Lemoyne sorrise, ammirando tanta delicatezza di coscienza, e le disse di stare tranquilla perchè ciò tornava alla maggior gloria di Dio e a vantaggio del prossimo. Ella allora si sentì tutta con
solata ».
Gli Esercizi, predicati da Don Cagliero e da Mons. Bellasio, dal 18 al 27 agosto, portarono grande frutto nelle esercitande e accesero in tutte un grande desiderio di ritornare l’anno- seguente.
8. Intanto si accettava una casa per asilo infantile a Ca- scinette, piccolo villaggio poco distante da Ivrea (Torino) e si apriva il 20 agosto, con tre suore.
In questo tempo una disposizione della legislazione scola
stica ordinava alle maestre delle classi elementari di subire un esame per l’abilitazione della ginnastica, e la Madre, d’in
tesa col Fondatore, disponeva che le suore maestre si recas
sero alla casa salesiana di Sampierdarena e subire l’esame a Genova.
Così le Figlie di Maria Ausiliatrice come i Salesiani erano ossequienti alle autorità scolastiche per continuare la loro- missione educativa.
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A P P E N D IC E A L CAPO V III, N . 1
Lettera della signorina Annetta Bedarida al Direttore dell’ Unità Cattolica
Pregiatissimo sig. Direttore,
Sento che il giornalismo si è impossessato di un fatto che mi riguarda. Affinchè non accada che si spandano notizie false o ine
satte sul mio conto, pregherei la gentilezza della S. V. a voler dar luogo, nel suo reputato giornale, alla seguente narrazione:
Io sono una Israelita da Nizza Monferrato. Fin dal maggio del
l’anno corrente, abbandonai la casa paterna col disegno di farmi cristiana. Questo disegno lo aveva già concepito circa tre anni sono;
ma non sapeva trovare il modo di mandarlo ad effetto. Manifestarlo ai parenti sarebbe stato inutile ed imprudente; fuggirmi di casa, non osava, per non sapere dove ricoverarmi. Quand’ecco che a Nizza, mia patria, vengono ad abitare le Suore di Maria Ausiliatrice di Don Bosco, e io, dopo aver pensato e ripensato, mi gettai nelle loro mani.
A fine, poi di godere la dovuta libertà e prepararmi degnamente e spontaneamente, aveva cercato rifugio presso le monache del luogo natio e dai parenti; quindi venni a Torino presso le medesime suore, che mi diedero caritatevole ospitalità. I parenti, udita la mia fuga, credendo ad un atto di violenza, denunziarono la cosa al potere giu
diziario. Perchè pochi giorni dopo che io abitava in quel luogo, mi si presentò l’ispettore di pubblica sicurezza, per interrogarmi; io gli dichiarai senza ambagi che, liberamente e spontaneamente, aveva cercato rifugio presso le monache di Don Bosco, e vi voleva dimo
rare per farmi cristiana. Dopo di allora, per circa tre mesi, io fui lasciata abbastanza tranquilla; ricevetti la visita di alcuni miei pa
renti e specialmente del mio buon padre, al quale assicurai tutta la mia affezione e le mie preghiere.
Dopo qualche tempo di cristiana istruzione, io credeva di poter ricevere il Battesimo, e lo domandai prima pel 24 maggio e poi pel 15 agosto; ma il sig. teologo Don Cagliero, che con molta carità m ’istruiva, mi consigliò ad indugiare ancora, a fine di sempre meglio prepararmi al grande atto.
In questo frattempo, il 25 agosto, venne a trovarmi mio fratello,
APPENDICE AL CAPO VIII 75.
raccomandava perchè tutelasse la mia tranquillità. Il mio interro
gatorio fu consegnato in apposito verbale da me sottoscritto. Ciò
76 PARTE TERZA trattarono con molto garbo, soprattutto il Procuratore generale, il quale, con savio e pacato ragionamento, fece osservare ai miei pa
renti come io, essendo maggiorenne, godeva dalla legge stessa il diritto di essere lasciata libera nella scelta della mia religione.
Tuttavia pareva che rincrescesse, specialmente al sig. Prefetto, di non potermi distaccare da questa casa; e malgrado ch’io avessi
APPENDICE AL CAPO V ÌI! 77'
Ma, prima di terminare questa narrazione vorrei domandare: sot
to il nostro Governo, una figlia maggiorenne, la quale voglia mutare
CAPO IX