1. Am ore retto e soprannaturale di Santa Maria Mazzarello verso le fan
ciulle. — 2. La veste a una bambina - Infonde il suo zelo alle suore e vuole fo r
m ino le fanciulle alla vera pietà. — 3. Nel laboratorio - Con le oratoriane. — 4. Le educande siano studiose, laboriose, pie e sincere. — 5. Paura del peccato e metodo preventivo. — 6. M otivi soprannaturali nelle correzioni. — 7. Istru
zione religiosa. — 8. Sollecitudine per la purezza. — 9. Form are le giovani per la famiglia, ma non trascurare le vocazioni. — 10. La pietà non può stare con la vanità - Come corregge la sua nipotina. — 11. Le figliette - Piccoli premi. — 12. Portata in trionfo. — 13. Si può amare il Signore anche senza essere istruite Insegna alle educande a fare piccole rinunzie. — 14. Sua conversazione. — 15. Cure particolari - Aneddoti. — 16. Formarsi un carattere forte nel bone - Non prendere per mano le fanciulle. — 17. La missione del buon esempio N on farsi adulare. — 18. Lettera alle fanciulle di Las Piedras.
1. La Madre nutrì sempre per le fanciulle un amore ve
ramente materno, nobilitato dalla fede e santificato dalla carità. Ora, sebbene da quanto abbiamo detto che faceva a Mornese sia da secolare che da religiosa apparisca abbastanza l’azione educatrice di tutta la sua vita, tuttavia non rincresca al lettore che riferiamo ancora minutamente quanto faceva a Nizza Monferrato perchè si può dire che Santa Maria Mazza
rello visse costantemente di questi due amori: l’amor di Dio e della propria santifi cazione e l’amore della educazione della gioventù.
Ella non si fermava all’esterno delle fanciulle, alla grazia del volto o del tratto, alla nascita o all’abito signorile, ma penetrava nell’interno, e in tutte, ricche e povere, vedeva l’anima spirituale e immortale, immagine di Dio e redenta dal Sangue preziosissimo di nostro Signore. Quindi avrebbe fatto per loro qualunque sacrificio e patito qualunque dolore
CAPO X I 103'.
pur di renderne sempre più bella l’anima davanti a Dio, e for
marle costanti nella pratica della virtù.
2. Qualunque fanciulla avesse incontrato per via, attirava il suo sguardo amoroso e per lo più la regalava di qualche medaglina o immaginetta sacra.
Una suora ci raccontò più volte un fatto di cui da novizia fu testimone, simile a quello riferito nel capo XIX, della par
te II. Ed ecco la deposizione che fece nel Processo Apostolico:
« Un giorno, nell’autunno del 1880, un gruppo di novizie insieme con la Madre e qualche altra suora, eravamo uscite a passeggio verso Incisa. Strada facendo, incontrammo una bambina dagli otto ai nove anni col vestito tutto logoro e stracciato. La Madre, appena la vide, si rivolse alle suore do
mandando chi avesse una sottana in buono stato. La prese (e ritiratasi all’ombra di un gelso), la tagliò e cucì un abitino per la fanciulla dandole anche i ritagli da portare alla mam
ma, perchè la potesse aggiustare quando si guastasse» (1).
Raccomandava pure sovente alle suore di aver cura delle fanciulle.
« Spiccava in lei — scrive una di esse — un amor sincero e profondo per le anime giovanili e come sapeva infondere il suo zelo in noi, maestre e assistenti, insegnandoci pratica
mente a formare i cuori delle fanciulle alla soda pietà e alle cristiane virtù ».
3. Nel laboratorio si doveva fare un po’ di lettura recitare il Rosario ed altre preghiere, come abbiamo visto che aveva stabilito fin dal principio a Mornese; a nessuna era permesso di parlare sottovoce, usanze che sono ancora in vigore in tutti i laboratori delle Figlie di Maria Ausiliatrice (2).
Esortava sovente tutte le educande a salutare la Madonna
(1) P roc. Ap., pag. 249.
(2) Proc. Ap., art. 23.
104 PARTE TERZA
ad ogni battere di ora e ripetere la massima : « Un’ora di me
no della mia vita, un’ora di più da rendere conto a Dio », e insisteva che pensassero bene al significato di queste paro
le (1).
Non trascurava le oratoriane, e, potendo, si trovava volen
tieri in mezzo a loro; raccomandava alle suore di averne grande cura di attirarne all’oratorio più che potevano coi giuochi, coi canti e di istruirle nel Catechismo, di formarle alla soda pietà e di non trascurare le vocazioni religiose. Una di tali oratoriane, divenuta suora, depose: « Il primo canto che io, oratoriana prima e poi educanda a Nizza, imparai fu:
Nella città dei Santi » (2).
4. « Voleva che le educande fossero studiose e laboriose, ma, sopra ogni cosa — scrive un’altra suora — voleva che imparassero ad amare il Signore, e raccomandava alle mae
stre d’inculcar loro la vera religione e il timor di Dio. Essa poi avvicinava le cattivelle e non le lasciava fino a che, con la sua bontà e dolcezza, non le avesse guadagnate alla vera pietà ».
Continuava a raccomandare alle fanciulle specialmente la divozione a Maria SS.ma, a San Giuseppe, all’Angelo Custode, alle Anime del Purgatorio e la frequenza ai santi Sacramenti.
Come a Mornese, così a Nizza, i vizi contro i quali parlava più spesso erano la vanità e la finzione e guai se si accorgeva che qualcuna avesse detto la bugia o fingesse una bontà che non possedeva.
Madre Enrichetta Sorbone ci raccontava e lo depose poi nel Processo: «U na volta la Madre venne a conoscere che una sua nipotina, educanda nell’ istituto, aveva detto una bugia, e perciò la punì pubblicamente affinchè tutte le fan
ciulle concepissero orrore al m entire» (3).
(1) Proc. Ap., art. 25.
(2) Proc. Ap., art. 84.
(3) Proc. Ord., pag. 224.
CAPO X I
105-5. « Aveva paura indescrivibile del peccato — scrive una:
suora, parlando del tempo in cui era educanda — e adope
rava tutti i mezzi di sorveglianza perchè non penetrasse in casa ». Perciò raccomandava alle suore addette all’istruzione o all’assistenza di praticare sempre il Sistema preventivo che il Santo Fondatore aveva messo a base del suo sistema di educazione e diceva: « Non lasciate sole le fanciulle; non lasciatele mai sole; sorvegliatele continuamente ».
La Madre Angiolina Buzzetti depose : « Ci esortava a guar
dare ed assistere le ragazze con costanza, perchè non fossero in pericolo di commettere il peccato. E ci esortava, principal
mente alla sera, di pregare che non vi fosse il peccato in casa.
E quando manifestava il timore che realmente ci fosse, lo diceva in modo che metteva tutte in grande apprensione di essere macchiate » (1).
6. Come San Giovanni Battista de la Salle, la Beata Ca
nossa e il Santo Fondatore, nelle correzioni adduceva e voleva si adducessero motivi soprannaturali, cioè, si facesse riflet
tere alle giovanette che con le mancanze si offende Dio, si macchia l’anima e simili verità. Un giorno, passando, sentì una suora che diceva a una ragazza : « Se fai così, dai dispia
cere ai tuoi superiori e ai tuoi genitori ». Ella subito si fermò' e osservò che si doveva dire: « Se non fai il tuo dovere, di
sgusti Dio e fai dispiacere alla Madonna » (2).
Così ancora, inspirava alle suore di aver solo di mira il bene delle anime senza badare alle doti esterne.
7. Procurava che tanto le educande quanto le oratoriane avessero un’istruzione religiosa seria e pratica e diceva alle suore: « Se le fanciulle e le giovanette, mentre sono tali, le
(1) Proc. Ord., pag. 219.
(2) Proc. Ap., pag. 51.
106 PARTE TERZA
tenete lontane dal peccato, vivranno poi bene per tutta la v ita » (1).
Depose una suora : « Mandava noi suore a fare il Catechi
smo alle ragazze e in casa era molto esigente per il Catechi
smo alle educande e alle postulanti » (2).
8. Era poi tutto zelo affinchè le fanciulle avessero amore alla bella virtù e conservassero puro il loro cuore e la stessa cosa raccomandava alle suore.
E Madre Buzzetti : « Desiderava che inculcassimo special
mente questa virtù negli oratori festivi e nelle scuole » (3).
E un’altra suora: « Mostrava di amare moltissimo la virtù della santa purità, la raccomandava alle ragazze e alle suore, raccomandava la divozione a San Luigi Gonzaga, inculcando che ad una giovanetta, quando manca questa virtù, manca tutto. Voleva che i libri che leggevano, fossero visti e appro
vati dai sacerdoti, perchè, diceva, anche una sola parola po
trebbe servire di pericolo per la bella virtù » (4).
« Ad imitazione del nostro Santo Fondatore — scriveva Suor Lorenzina Natale — le giovanette furono l’oggetto delle più sollecite cure della nostra indimenticabile Madre. Godeva tenersi presso le ragazzine perchè, stimava assai la purezza delle loro anime, le pareva così di essere circondata da angio
letti. Quante cose andava loro dicendo sulla bellezza di un’a
nima pura, e come le incantava coi suoi celesti ragionamen
ti!... Vigilava soprattutto sulla condotta delle più grandicelle, le sorvegliava attenta, inspirava l’amore alla bella virtù le correggeva con dolcezza, s’insinuava nel loro animo con l’amabilità delle maniere, procurando, con ogni studio e sol
lecitudine, di formarne altrettanti modelli di virtù per le loro famiglie ».
(1) P roc. Ord., pag. 257.
(2) P roc. Ord., pag. 258.
(3) P roc. Ord., pag. 332.
(4) P roc. Ord., pag. 332.
CAPO X I
E Suor Angiolina Cairo che fu educanda a Nizza: « In quell’ambiente celeste formato dalla Serva di Dio, c’era uno sgomento per quanto potesse offendere il Signore specialmen
te per quanto avrebbe potuto ledere o mettere soltanto in pericolo la bella virtù. A questo fine era continuamente in
culcata la mortificazione degli occhi, la vigilanza sulle parole, la custodia del cuore. Si fuggiva come la peste anche da noi fanciulle, ogni discorso che sapesse di mondo, ogni lettura che ci potesse turbare menomamente...
» Ricordo che, mentre la Madre viveva a Nizza e perciò certamente per sua deliberazione, venne mandata in famiglia, un’educanda che probabilmente non parlava con la castiga
tezza voluta dall’ambiente, e un’altra fu allontanata dalle compagne per qualche giorno per un discorso fatto senza ri
flessione, ma pericoloso.
» Ricordo come se fosse ora che, sotto l’impressione del castigo dato alla mia compagna mi sentii stringere il cuore e desiderai di andarmene dal collegio; più tardi compresi in questi fatti disgustosi tutta la saggezza e l’amore per le ani
me di quello spirito elettissimo» (1).
9. Ma se badava a formarle per la famiglia non perdeva però mai di vista le vocazioni religiose e quindi, senza te
diarle o ingenerare sospetti che le volesse tutte suore, sapeva dire a tempo e luogo quella parola opportuna, viva sulla va
nità del mondo e sui beni terreni, sì che tutte si sentivano portate ad amar Dio, e molte anche ad abbandonare tutto per servirlo più da vicino.
Una suora scrive: « Sapeva, con la semplicità dei modi e delle parole infondere lo spirito della vera pietà; e molte, attirate dal fascino delle sue parole si fecero religiose ».
(1 ) P r o c . A p ., p a g . 325.
108 PARTE TERZA
10. Più volte disse a Suor Pacotto : « Ricordatevi che nelle giovani non ci sarà mai pietà vera, se amano la vanità nel parlare e nel vestire ».
Aveva accettata a Mornese e poi a Nizza una nipotina la quale inclinava alquanto alla vanità e amava farsi vedere dai parenti con un suo bel grembiale. La Madre glielo tolse, e,
•dovendo quella andare in parlatorio dai parenti, ordinò che andasse con abiti dimessi e scarpe logore. La bambina ricu
sava e piangeva, ma essa : « E chi credi di essere? Perchè ti dicono che sei la nipote della Madre Generale, credi tu di poter vestire con ricercatezza? Non sai che noi siamo di fa
miglia povera e non abbiamo che miserie? Va’ vestita così ».
E tenne fermo e continuò ad educarla fino a che non la vide corretta.
Diceva scherzando alle fanciulle: « Gli adulti hanno l’amor proprio grande voi l’avete piccolo, e dovete combatterlo, af
finchè non ingrandisca ».
11. Come l’Apostolo San Giovanni chiamava col nome di figliuolini i suoi discepoli, così l’ottima Superiora chiamava figliette le educande, ed aveva per loro un affetto veramente materno. « Ricordo — scrive una — la tenerezza con cui trattava noi educande, che chiamava sue figliette. Era suo pensiero di procurarci di tanto in tanto, qualche sollievo : ora una scampagnata, ora invitarci a pranzo con lei e con le suore all’occorrenza di qualche festa, ora un regalo di qualche og
getto sacro, portato per noi da luoghi lontani, ed ora altre cose ».
« Cosicché — scrive una seconda — attribuivamo, senz’al
tro, a suo primo pensiero e impulso quanto giungeva ad alle
viarci la vita, per rianimarla al bene.
» Quando ritornava dai suoi viaggi voleva sapere da ognu
na come ci eravamo diportate durante la sua assenza, e, quando le notizie erano buone, ci regalava caramelle o im
magini. Prendeva argomento da tutto per animarci a farci buone e a praticare la virtù.
CAPO X I 109
» Quanto le veniva donato era tutto per le sue figliette, e, durante la ricreazione si vedeva spesso in mezzo a loro e coll’affetto e la premura di una mamma distribuire a questa una medaglia di Maria Ausiliatrice perchè aveva tenuto vivo il giuoco; a quella un’immagine perchè in classe e nello stu
d io aveva meritato dieci con lode dalla maestra; a quella una caramella o una chicca, perchè guarisse, com’ella diceva, dal mal del paese, cioè, affinchè vincesse la nostalgia, cagionata dalla lontananza dalla famiglia.
» Chi in questi casi, avesse osservato la Madre Mazzarello nei cortili di Nizza, in mezzo a quello stuolo giulivo di edu
cande, non avrebbe saputo distinguere se era maggiore la gioia della Madre nel dare o quella delle sue figliette nel ricevere.
» Ricordo ancora le grida di gioia che erompevano spon
tanee dai nostri cuori quando l’assistente ci annunciava che sarebbe venuta con noi in ricreazione la Madre Superiora:
era un correre e un bisticciarsi per starle più vicine ».
12. Nè solo si bisticciavano per esserle più vicine, ma la portavano addirittura in trionfo ed ella lasciava fare, pur di veder contente le sue figliette. « Io ero piccina — scrive la superiora di una casa — ma ricordo benissimo di aver visto portare in trionfo su di un seggiolone Madre Maria Mazza
rello tra le acclamazioni e gli evviva di tutte le sue figlie.
Per la mia tenera età non sapevo darmi ragione di ciò che vedevo; ma ora comprendo benissimo che un tale atto era frutto di venerazione, di stima e di santo affetto delle figlie verso la Madre, la quale con carità, zelo e fortezza allevava e dirigeva lo stuolo che con entusiasmo filiale la circondava ».
13. La signora Alfonsina Fracchia di Alessandria, della quale più sopra riferimmo una bella testimonianza ci diceva:
« La Madre era tanto caritatevole e umile! A Nizza il giovedì era prescritto di parlare francese tra di noi. Un giovedì l’as
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sistente ci disse: "Oggi parlate francese con tutte. Se qual
cuna non capisce pazienza! non dovete parlare assolutamente in i t a l i a n o . Nella ricreazione del dopo pranzo ecco la Madre venire in mezzo a noi e noi festanti la salutammo in francese.
Ella sorrise e ci rispose: ” Vengo in mezzo a voi, ma so meno- di voi, perchè non ho studiato; però voi capite lo stesso il mio parlare. Sappiate che anche senza essere istruite si può amare il Signore, perchè, per amare non è necessaria l’istru
zione letteraria, ma ci vuole cuore e buona volontà... „ e poi ci raccomandò di amare tanto Gesù e di visitarlo sovente nel SS. Sacramento, raccomandazioni che io non ho mai dimen
ticato ».
« Insegnava alle educande il modo di fare delle piccole rinunzie inosservate per far piacere a Gesù e a Maria; a co
gliere tutte le occasioni, ma senza scrupolo, per farne un maz
zolino da presentare poi a Gesù nella santa Comunione.
Diceva : « Sappiate passar sopra a uno sgarbo; a una parola scortese; rimediate a una dimenticanza della compagna; re
primete una parola che la umilierebbe, e Gesù e Maria saranno contenti di voi ».
14. Non prendeva più parte ai loro giochi come quando era a Mornese, ma ciò nonostante, la ricreazione in sua com
pagnia era sempre amena, istruttiva e passava in un volo, perchè sapeva così bellamente unire le cose lepide alle serie, le gravi alle divertenti, che ogni educanda avrebbe desiderato
che non terminasse mai.
« Sebbene di carattere energico e pronto — scrive una suora che fu educanda a Nizza — tuttavia sapeva rendere così dolce e piacevole la sua conversazione che le educande desideravano ognora vivamente l’occasione di vedere sì cara Madre e di udirla parlare; una sua parolina in particolare, poi, era per ognuna una gioia, una festa un premio ambito ».
Del resto, la Madre fosse sola o in compagnia non era
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avvicinata da alcuna fanciulla senza che le rivolgesse parole di edificazione e di pietà (1).
Le amava tutte ugualmente : « l’imparzialità era una sua caratteristica ed è anche per questo che era tanto amata » (2).
Alla sera invitava le fanciulle a levare gli occhi al cielo stellato e diceva: « Un giorno saremo in Paradiso e le stelle saranno tutte sotto in nostri piedi » (3).
15. Si assicurava che fossero trattate bene, che fossero
•contente e « non solo si occupava del bene delle educande in generale — scrive una suora — ma di ciascuna di loro in particolare, e molte ebbero a provare gli effetti della sua bontà e amorevolezza ». Ricorda come ella stessa lo provasse più volte, e come la Madre ritornata dall’assistere alla morte di una sua sorella religiosa, la chiamasse a sè e le dicesse:
« Tua sorella, prima di partire per il Paradiso, ti affidò a me;
d’or innanzi io sarò tua sorella ». E non furono solo parole,
« perchè, quasi ogni giorno, mi chiamava a sè e s’interessava del mio benessere fisico, intellettuale e morale con tanto af
fetto ch e una mamma non avrebbe potuto fare di più ».
E un’altra : « Io ero buona, ma molto chiacchierina e la Madre lo sapeva. Ora era nostra assistente Madre Enrichetta Sorbone, che era già del Consiglio Generalizio. La Madre aveva sovente bisogno dell’opera sua e la chiamava a sè.
Una volta Madre Enrichetta le rispose:
— E le ragazze?
— Metti Sofia ad assisterle.
» L’assistente fece così. Quell’atto di fiducia indusse m e a correggermi e a osservare bene il silenzio prescritto ».
Una suora ci diceva: « Mia sorella ed io entrammo in col
legio nel luglio del 1880. In agosto vi era la distribuzione dei premi alle educande più buone. Mia sorella ed io non
(1) P ro c. Ap., pag. 209.
(2) P ro c. Ap., a rt. 124.
(3) P ro c. Ap., a rt. 82.
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avevamo certo meritato alcun premio; ma siccome in maggio ci era morto il babbo, la Madre ci fece chiamare e ci donò a ciascuna un bel libro, affinchè non soffrissimo nel vedere le altre essere premiate e noi no.
» Ricordo pure che la vigilia della mia prima Comunione mi fece recitare una poesia alla presenza di tutte le educande e le suore; poi, mentre ella mi rivolgeva delle buone parole, le dissi: ” Ho ancora tre peccati, ed ella senz’altro, con pre
mura fece subito chiamare il confessore, Don Lemoyne,. affin
chè mi aprissi con lui e potessi andare a letto tranquilla. Era.
tanto delicata! ».
Un’altra racconta : « Avevo le mani gonfie per i geloni, ma nè maestre nè assistenti avevano fatto caso. Un giorno- sedevo al pianoforte e passò di là la Madre, la quale vide ed esaminò maternamente le mie mani gonfie, mi compassionò e poi mi disse: "Aspetta, aspetta: vado io a prendere ciò che ti farà bene. Andò fece bollire del vino e poi venne e mi fasciò le mani con bontà veramente materna. Infatti, mi pare, che nella mia ormai lunga vita, non ho mai più trovato altre che fossero così materne come Madre Mazzarello.
» Non mi fece mai una carezza, no; non la vidi mai farne ad altre, e ricordo che aveva un contegno dignitoso che im
poneva rispettò e ci faceva stare a posto; ma ricordo pure che in ogni parola, in ogni atto si vedeva e si sentiva sempre la Madre.
» Vorrei ancora raccontare altri due piccoli aneddoti. N el 1880, mi pare, mia sorella doveva ricevere il premio, io no.
A quel tempo avevo una voce bellissima e all’accademia della, distribuzione dei premi, alla quale erano presenti i miei geni
tori, tanti signori, e mi pare, perfin Don Bosco, le maestre
tori, tanti signori, e mi pare, perfin Don Bosco, le maestre