È durata due anni, da marzo1476 a maggio 1478, la carriera poco commendevole di Pellegrino di Betto da Collamato, autore di una quarantina di furti accertati, in maggior parte a Matelica dove, incap-pato nella rete degli inquirenti, è probabile che li abbia ammessi tutti convinto dalle loro buone maniere, che anzi ne ha confessati alcuni che non erano stati nemmeno denunciati.
Aveva cominciato a Jesi, in albergo, dove trovavasi a servizio di Perfetto da Sassoferrato e di m° Antonio Lombardo. Di notte, a Perfetto, che dormiva beatamente, sottrasse un berretto rosso più una borsa che teneva sotto il cuscino, con monete per circa 4 fiorini tra bolognini, carlini e viterbini.
A Matteo di Brunaccio da Poggeto, entratogli in casa di notte, portò via dalla trasanna (loggia) due vanghe ed un ferro per 30 bolognini. A Giovanni di Paolo di Collamato rubò una tovaglia grande, valore 1 fiorino.
Dalla stalla del Magnifico Signore Antonio Ottoni di Matelica portò via due coperte da mulo di panno bianco, valore 2 fiorini. Ad Attuccio delle Piane 3 coppe di farina, valore 2 fiorini. Da un altare della Chiesa di S. Antonio in Matelica una tovaglia lunga 5 braccia, valore 1 fiorino.
A Lorenzo Fantini due camicie ed un paio di calzettoni, valore 1 fiorino.
A Poggeto, da una siepe su cui era stesa ad asciugare, una camicia di m°
Filippo lombardo. A Senigallia, nell’albergo di Biagio da Fabriano prelevò da una cassetta monete per 4,5 fiorini più un ducato d’oro ungherese.
A Matelica, dalla cantina di Pierangelo Grepponi e di Mariano Giuliani detto Torturo, portò via una salma di vino, valore 1 fiorino.
A Matteo Carapelle, di notte, una coppa di grano, valore 26 bolognini.
A Venanzio Attucci di villa Grimaldi un’accetta, valore 16 bolognini.
Entrato di notte in una camera dove dormiva m° Giacomo, che vi faceva il sapone, si portò via una scarsella di cuoio con monete per 1 fiorino.
Dalla Villa delle Macere di Antonio Ottoni portò via uno zappone e 4 zappe di ferro, per 30 bolognini, rivendendole a un fabbro. Sempre nella Villa delle Macere dalla sala affrescata, asportò un bel mantello di panno celeste foderato di bianco di Antonio Ottoni, valore 6 fiorini, rivendendolo per strada tra Serra San Quirico e Jesi ad un soldato, per 2 fiorini. Confessò di aver preso a uno che non conosceva, in contrada Pezze, un altro mantello, valore 2 fiorini. Da casa di Antonio Ottoni a Matelica ruba 4 braccia di panno bianco, valore 2 fiorini. Sempre dalla Villa delle Macere, da una cassa, un pane di zucchero ed un moccichino (tovagliolo), valore 30 bolognini.
A Bastiano teutonico, di notte, a Matelica, una spada, valore 25 bolognini. Sempre a Antonio Ottoni un paio di pantaloni di panno paonazzo, valore 1 ducato d’oro, più 16 libbre di lardo per 16 bolognini.
Dalla Villa delle Macere, con altri, porta via due salme di grano e due sacchi colmi di guado per 1.000 libbre (330 kg), il tutto per 20 fiorini.
Dalla fornace degli Ottoni ruba uno zinalone di fustagno bianco appar-tenente ad un lombardo, valore 20 anconitani. Dall’albergo di Simone Vanni a Cerreto porta via due maniche da donna di panno rosato, valore 1 ducato d’oro. Al compaesano Freduccio ruba un materasso doppio nuovo con liste di bombace nero, valore 1 ducato d’oro.
A Toni Fantoni di Collamato ruba due begli scialli da donna, valore 24 anconitani. A Giustino di Collamato ruba una mantellina di fustagno bianco, valore 30 bolognini. Da casa di Gaspare Martini di Collamato porta via un bel tessuto con frangia di seta rossa con fibbia e puntali d’argento, valore 2 fiorini. Nell’agosto 1477 di nuovo alle Macere ruba una pala ed una mazza grande di legno, valore 15 bolognini.
Ad uno di Matelica, di cui non sa il nome, ruba una caldaia di rame grande da muro, valore 6 fiorini. Sulla strada che va a Porta Molini ruba destramente una tovaglia grande, appesa ad una finestra di casa di Bene-detto vasaio, con liste di bombace nero, valore 30 bolognini. A Paolo di Romano Malatesta ruba due ferri da perticara, valore 30 bolognini.
A Bartolo di Battista di Cerreto una zappa ed una falce fienaia, valore 12 anconetani. Di nuovo alle Macere, due vanghe romagnole per 30 bolognini. Dall’altare di Antonio Paganelli in S. Agostino a Matelica, una tovaglia grande con liste di bombace nero, valore 1 ducato d’oro.
Dalla bottega di Eustacchio, a piazza, una pezza di lino nuova di 25 braccia, valore 2 fiorini. A Pietro Bocci di Collamato due falci fienaie, valore 20 bolognini. Dalla Chiesa di S. Maria degli Angeli ad Assisi, da una cassapanca, porta via un mantello da frate di panno grigio (per travestirsi, altrove?) e, dato che c’era, monete varie per 8 fiorini.
Nell’aprile 1478 con un comandatore del Signor Antonio andò al Mace-reto, femandosi nell’albergo, mangiarono e dormirono nello stesso letto, ma mentre il comandatore dormiva, Pellegrino prese da una sua scarsella 6 carlini papali e se ne andò. A maggio 1478, a tre ore di notte, nei tiratori esistenti sopra porta Molini presso il Convento delle monache di S. Maria Maddalena, dove erano stese pezze di panno nero dei figli di Cecco Bracci, con una squarzina che aveva in mano ne lacerò più d’una, poi a casa Bracci rubò un materazzo nuovo listato di bombace nero del valore di 1 ducato d’oro. A una donna sconosciuta rubò una pezza di lino bianca di 17 braccia, stesa su un filo ad asciugare presso la Porta Vecchia. L’ultima impresa: a Cerreto, dalla loggia di casa di Giorgio di Andrea, ruba due sacchi del valore di 12 bolognini.
La sentenza che il giudice Tiberio de Tofis di Serra S. Quirico, Vicario dei Signori Alessandro e Antonio Ottoni, pronuncia nella sala del Tribunale del palazzo Comunale alla presenza del Consiglio gene-rale appositamente convocato, assistito dal notaio Battista de Jottis da Penna S. Giovanni in veste di Cancelliere penale, alla presenza di Filippo di Giacomo Attucci e del m° Luca di Paolo in veste di rappresentanti
dei Magnifici Signori, è di quelle che non lasciano alcuna speranza: il giudice comanda al Comandante delle Guardie, Gabriele, di andare a prendere Pellegrino dovunque si trovi e di portarlo al luogo solito per le esecuzioni capitali e di appenderlo, con l’aiuto del boia, alla forca così che subito muoia e la sua anima sia separata dal corpo (in Archivio Storico Comunale, Matelica, Processi e condanne, 1478, c. 146r/152v).
Agli studiosi di storia dell’arte segnaliamo l’inattesa notizia della sala affrescata nella Villa delle Macere, bel complesso tuttora esistente, ma più volte rimaneggiato, senza più traccia di affreschi.
Chissà che non vi avesse messo mano Luca di Paolo, con tutto il daffare quale funzionario della Signoria, gli restava del tempo da dedi-care alla pittura, non molto tuttavia, come da limitato catalogo.
Per caso, ma era presente anche lui all’udienza in cui venne pronun-ciata questa terribile sentenza.