Il 2 aprile 1490 il pittore Luca di Paolo di Matelica, ammalato, fa venire a casa sua il notaio ser Nicolò per dettare il testamento, in cui tra l’altro dispone: che sia ultimata una tavola di legno e che vi si dipinga a mezza figura una Madonna col Bambino in trono, con angeli intorno, messa ad oro, con figure e colori fini, per una spesa massima di 20 fiorini, da porre sull’altare di S. Pietro nella Pieve ed intitolata Madonna della Consolazione. Luca sopravvive tanto che compie nei mesi seguenti diversi atti notarili tra cui l’ultimo il 17 dicembre 1490, poi muore prima del 28 luglio 1491 quando la moglie Clara risulta vedova: dalla data del testamento alla morte sono trascorsi minimo otto mesi, più che sufficienti per dipingere la tavola già predisposta, ove ne sia stato in grado: è un fatto che le dimensioni ed il soggetto prescritto da Luca corrispondono in una tavola della Collezione Johnson di Philadelphia (USA), già attribuita a Francesco di Gentile, ma riconosciuta da Andrea De Marchi come sicura opera di Luca di Paolo, già nel momento in cui gli comunicavo l’avvenuto rinvenimento del documento che atte-stava il pittore matelicese come autore della grande Pala di S. Croce del Museo Piersanti.
Il supporto, la mezza figura, l’oro, gli stessi angeli corrispondono, manca solo il trono per il quale non c’era posto nella composizione costretta entro così piccolo spazio, tanto più che gli tornò agli occhi l’analoga composizione di Zanobi Machiavelli vista a Firenze in uno dei suoi documentati viaggi, quando andava dai Comandanti della serenissima Repubblica a contrattare il soldo per gli Ottoni, Signori di Matelica e nel contempo capitani di ventura. La variante più appa-riscente, rispetto a Zanobi, è nel coronamento superiore dove Luca ha posto un arco con volta a lacunari, attraversato da un ridondante festone di frutti, dichiarato omaggio a Carlo Crivelli, che di lì a qualche mese, l’11 marzo 1491 sarà a Matelica per assumere in carico la fattura
programmata da tempo di una pala, per la quale lo stesso Luca in testa-mento lascia 5 fiorini.
Circa l’intitolazione alla Consolazione, non se ne ha notizia di alcun’
altra da queste parti, essendo rarissima altrove, in immagini dove la Madonna appare triste ed assorta con lo sguardo interiore rivolto alla passione del Figlio, cui qui allude chiaramente il melograno spaccato (cfr. G. Toscano, Il pensiero cristiano nell’arte, Bergamo, II, 1960, pag.
328). Non sappiamo se la tavola voluta da Luca sia comunque finita sull’altare indicato da lui nella Pieve, anche perché questa venne rasa al suolo pochi anni dopo per dar spazio alla piazza e degno sfondo al Palazzo dei Signori. Il Rettore della Pieve era un amico di Luca, che lo nomina suo esecutore testamentario e che aveva dipinto per la sua chiesa il trittico con la Crocifissione ora al Museo Piersanti.
Non è improbabile che la tavola, mutata la destinazione dagli eredi di Luca o a causa dell’abbattimento della Pieve, sia stata collocata dentro una nicchia nel Sacello rimediato all’interno della Porta di Campamante, dove anche adesso è posta una Madonna in stile antico, quasi a memoria.
Ho ritrovato diversi lasciti per l’abbellimento di una Maestà ivi esistente, a partire dal 5 luglio 1503 quando don Giovanfrancesco di Ludovico restituisce 300 mattoni che aveva avuto dai beni di quella Maestà (vol. 2, c. 408r); il 7 luglio Federico di ser Giuliano lascia due fiorini per quanto si dovrà adattare e costruire in essa, così altri testatori a seguire. Il notaio ser Felice, tra le spese fatte per don Cristoforo elenca due messe et una imagine di cera ad S. Maria della Consulatione (vol.
50 c. 3r) per finire con la Visita apostolica di Mons. De Lunel del 18 febbraio 1572, che annota il sacellum apertum dictum la Cunsulatione in porta Campamantis curato dalla Confraternita di S. Michele Arcangelo.
Non sembra che sia avvenuto per caso che questa denominazione sia esattamente quella voluta in testamento da Luca per la tavola che ordinava di fare, ma che probabilmente ebbe tempo e modo di far lui stesso, per qualche nascosta ragione trasferita con pieno onore e decoro nel sacello della porta Campamante, dove una Maestà rituale preesistente,
in affresco, era forse andata in rovina, come sembrano suggerire i restauri e gli adattamenti del 1503.
Quando andò in disuso il Sacello, la tavola non si sa dove venne posta, ricomparve nel 1903 in Belgio dove fu acquistata da Johnson.
La nicchia dentro la quale era posta, dentro la porta sulla parete sinistra entrando, c’è tuttora, profonda, tutta di mattoni ben sagomati per l’in-corniciatura e la modanatura della mensola aggettante, recante ancora i cardini arrugginiti su cui ruotava uno sportello ligneo a protezione, con un oculo che permetteva ai passanti di mirare il bel volto della Vergine.
La bella tavola Johnson si adatta perfettamente alla nicchia.
Per concludere, anticipiamo un ulteriore nuovo dato biografico di Luca di Paolo: nell’atto di vendita di una loro casa in rovina, in Società Spada, lui e suo fratello Giovanni hanno meno di 18, ma più di 14 anni, mentre l’altro fratello Benedetto (più tardi monaco nella Congregazione Silvestrina) è ancora pupillo, ossia minore di 14 anni: convalidano l’atto il Podestà Battista de Torricelli da Siena ed il loro curatore e zio, Saba-tino di Antonio Cocciagrossa. Luca, elencato per primo, è il maggiore dei tre e nato tra il 1435 e 1441, cosicché quando morì, agli inizi del 1491, aveva tra 49 e 55 anni (vol. 3, c. 109r).