3. La documentazione sanitaria
3.1 Cartella clinica
Documento principe nell’universo del sistema informativo o- spedaliero è la «cartella clinica»91. Tale strumento è nato per garantire che l’esigenza di raccolta e trasmissione dei dati clinici relativi ad un ricovero ospedaliero fosse soddisfatta.
Prima di passare all’analisi di questo tipo di documento sanita- rio, è opportuno sgomberare il campo da un possibile fraintendimento terminologico. Spesso si sente parlare – più in passato a dire il vero, cioè prima che il Garante Privacy intervenisse con un provvedimento
ad hoc – di «cartella clinica digitale», ingenerando una sorta di confu-
91 Cfr. P. B
AICE, La cartella clinica tra diritto di riservatezza e diritto di accesso, in
Resp. civ., 2008, 169; F. FRÈ, La cartella clinica nel sistema sanitario italiano, in
Nuova rass. legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2007, fasc. 23-24, 2387; F.TOSI,
La tutela della riservatezza nei codici di deontologia professionale del medico e
dell’infermiere, privacy e cartella clinica, in Sanità pubblica, 2006, 60; B. PRIMICERIO,
La cartella clinica e la documentazione sanitaria ad essa collegata: evoluzione,
utilizzazione e responsabilità, in Il Diritto sanitario moderno, 2004, 207; V. VACCARO,
La cartella clinica (Nota a TAR VE sez. III 7 marzo 2003, n. 1674), in Trib. am. reg.,
2003, 180; G. ROCCHIETTI, La documentazione clinica. Compilazione, conservazione,
archiviazione, gestione e suo rilascio da parte della direzione sanitaria. Trattamento
dei dati sanitari e privacy, in Minerva medicolegale, 2001, fasc. 1, 15; O. BUCCI, La
cartella clinica. Profili strumentali, gestionali, giuridici ed archivistici, Santarcangelo
di Romagna, 1999; E. BARILÀ, C. CAPUTO, Problemi applicativi della legge sulla
privacy: il caso delle cartelle cliniche, in Politica del diritto, 1998, 275; F. BUZZI,
C. SCLAVI,La cartella clinica: atto pubblico, scrittura privata o “tertium genus”?, in
Riv. it. medicina legale, 1997, 1161; A. BASSI, La cartella clinica come atto ammini-
strativo, in Dir. ed economia assicuraz., 1992, 753; U. GABRIELLI,La cartella clinica
sione tra questa e la cartella clinica tradizionale. Appare, invece, con- cettualmente più corretto riferirsi alle nuove frontiere di gestione in- formatizzata dei dati sanitari con il termine di FSE, in quanto tale locu- zione dissipa qualsiasi dubbio di una possibile, errata, sovrapposizione contenutistica con il già noto documento cartaceo. Il nuovo strumento, infatti, modifica le categorie organizzative stesse della documentaristica sanitaria costituendo un contenitore più ampio di dati relativi alla storia clinica di un paziente e garantendogli un livello di interoperabilità e di coinvolgimento sconosciuti in passato.
Non esiste, a livello normativo, una definizione a carattere ge- nerale di cartella clinica, nemmeno con riferimento al suo mero conte- nuto né alle modalità di redazione e compilazione. Occorre quindi rifar- si a normative di carattere settoriale ed al significato, attribuitogli nella prassi, di
documentazione relativa alle condizioni di salute di una persona rico- verata in ospedale o sottoposta ad analisi e cure mediche92.
La normativa di riferimento è contenuta nel d.m. Sanità 5 ago- sto 1977 «Requisiti delle case di cura private», nel d.p.c.m. 27 giugno 1986 «Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni in materia di requisiti delle case di cura private», e nella circolare del Ministero della sanità n. 900.2/2.7/190 del 14 marzo 1996. Questo sistema di fonti prevede che per ogni singolo ricoverato sia compilata una cartella clinica da cui devono risultare le generalità com- plete, la diagnosi di ingresso, l’anamnesi familiare e personale, l’esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi.
92 In B
AICE, La cartella clinica tra diritto di riservatezza e diritto d’accesso, cit.,
Altro testo di riferimento è il «Codice di deontologia medica» dove, all’art. 23, si rinvengono i requisiti circa la sua compilazione:
la cartella clinica deve essere redatta chiaramente, con puntualità e di- ligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contene- re, oltre a ogni dato obbiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate.
Si può allora definire la cartella clinica come un insieme di in- formazioni e documenti che registrano i dati anagrafici e sanitari di una persona93.
Tale strumento ha come scopo precipuo quello di garantire la raccolta dei dati relativi ad ogni singolo ricovero. Essa svolge le se- guenti funzioni: fornire una base informativa, consentire la tracciabilità delle attività svolte, facilitare l’integrazione di competenze multiprofes- sionali, costituire una fonte informativa per ricerche clinico- scientifiche, formazione degli operatori, studi valutativi ed esigenze amministrative e gestionali94.
93 Il tema della natura giuridica della cartella clinica ha impegnato la dottrina e la
giurisprudenza per molti anni e, ad oggi, non si può dire che si sia giunti ad una visione
condivisa: cfr. FRÈ, La cartella clinica nel sistema sanitario italiano, cit., 2388. Senza
analizzarne in questa sede i particolari che esulano dal nostro ambito di indagine, basti rilevare che il dibattito vedeva da un lato la tesi che sosteneva la natura di atto pubblico della cartella clinica, in quanto essa determinerebbe effetti incidenti su situazioni giuri- diche soggettive di rilevanza pubblicistica e documenterebbe attività compiute da un pubblico ufficiale (v. la Circolare del Ministero della sanità n. 900.2/A.G. 464/260 del 19 dicembre 1986, che ribadisce che «le cartelle cliniche rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto»), dall’altro la posizione volta a limitare il valore probatorio di atto pubblico esclusivamente alle attestazioni relative all’attività espletata nel corso delle attività cliniche, attribuendo a queste ultime lo status di prove privilegiate e non riconoscendo, invece, alle diagnosi in essa contenute alcun valore privilegiato rispetto ad altri elementi di prova: cfr. Cass., sez. III, 27 settembre 1999, n. 10695, in Gazzetta giur., 1999, fasc. 40, 38. V. anche sul diverso valore assegnato alle fasi di compilazione della cartella clinica rispetto alla sua chiusura Cass., sez. V, 8 feb- braio 1991, in Mass. Cass. pen., 1991, fasc. 5, 12 (m).
94 Cfr. F
Aspetto problematico di questo strumento, anche in prospettiva di una sua graduale digitalizzazione, è quello collegato alla conserva- zione ed alla archiviazione. L’art. 22, co. 6, Codice Privacy stabilisce che:
I dati sensibili e giudiziari contenuti in elenchi, registri o banche di da- ti, tenuti con l’ausilio di strumenti elettronici, sono trattati con tecni- che di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità.
Con specifico riferimento alle cartelle cliniche, sempre il Codi- ce Privacy prevede l’obbligo di adottare opportuni accorgimenti per as- sicurare la comprensibilità dei dati e per distinguere quelli relativi al paziente da quelli riguardanti altri interessati (art. 92, co. 1). Al fine di stabilire la durata prevista per la conservazione della cartella clinica, occorrerebbe che il legislatore intervenisse chiarendo in maniera defini- tiva la questione. Sulla base, invece, del nostro attuale assetto normati- vo, occorre delineare alcune distinzioni. Se si privilegia il fatto che l’ente tenuto alla conservazione della cartella clinica debba essere l’azienda sanitaria, allora è opportuno fare riferimento alla normativa settoriale, la quale dispone l’obbligo di conservazione integrale, per i primi quarant’anni, in un archivio corrente e, successivamente, in una separata sezione. L’obbligo non si riferisce alla documentazione dia- gnostica, per la quale il limite di conservazione è fissato, invece, in vent’anni (Circolare del Ministero della salute del 19 dicembre 1986, n. 6195). Se ci si vuole riferire ad un ambito più generale, sarà necessario
95 Ove si legge: «le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate
illimitatamente, poiché rappresentano un atto ufficiale del diritto oltre a costituire pre- ziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario».
adeguarsi all’ordinario obbligo di conservazione del materiale archivi- stico: il termine di conservazione sarà allora quarantennale (art. 30, co. 4, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)96.
Significativa appare in questa diatriba la posizione assunta dal Garante Privacy che, chiamato a pronunciarsi sul rapporto tra l’obbligo di conservazione illimitata delle cartelle cliniche da parte di una casa di cura privata ed il diritto di ottenere la cancellazione dei dati fatto valere dall’interessato al trattamento, ha stabilito la prevalenza della conserva- zione illimitata, richiamando espressamente la circolare sopra citata97.