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1.2 L’Oriente visto dall’Oriente

1.2.4 Il Marocco di Laila Lalami 1 Tangeri dall’interno

1.2.4.2 Casablanca realista

In una scena di Secret Son108 ambientata a Los Angeles, è offerto uno

spunto interessante per indagare la questione delle rappresentazioni orientaliste – con riferimento, in particolare a quelle pittoriche – del Marocco. Durante la visita del County Museum of Art della capitale californiana, Malika e Amal Amrani, madre e figlia, si imbattono nel dipinto Musicisti girovaghi di Delacroix,109 nel quale sono raffigurati musicisti di strada

108 Secret Son si compone di diciotto capitoli suddivisi in quattro sezioni, ciascuna delle

quali segue il protagonista in una precisa fase della sua esistenza. La prima sezione, che include quattro capitoli, è ambientata prevalentemente nel quartiere popolare fittizio di Hay An Najat: Laila Lalami introduce la figura del protagonista, il diciottenne Youssef El Mekki, e quella della madre, Rachida Ouchak. All‘esordio della vicenda, Youssef crede che il padre sia morto; grazie a una serie di indizi del tutto casuali, il protagonista scopre la verità sul genitore: Nabil Amrani in realtà è vivo ed è un noto imprenditore di Casablanca. La seconda sezione, composta da cinque capitoli, è ambientata nel quartiere paterno, quello residenziale di Anfa: dopo vari tentativi, Youssef viene ammesso alla presenza di Nabil nel suo ufficio; Nabil, che ha una moglie (Malika) e una figlia (Amal), possiede un appartamento che utilizza durante le brevi pause dal lavoro: è qui che il personaggio accoglie il figlio ‗segreto‘. Youssef, lasciata la madre a Hay An Najat, trascorre ad Anfa un periodo di circa due anni. La terza sezione del romanzo, articolata in cinque capitoli, è di nuovo ambientata a Hay An Najat, a eccezione del capitolo iniziale, in cui la vicenda si svolge negli Stati Uniti, a Los Angeles. È qui che Nabil si reca con la moglie Malika in occasione della laurea di Amal, che studia economia alla UCLA. Questa terza sezione di Secret Son è dedicata al tema del ritorno: il ritorno di Amal a Casablanca insieme ai genitori avviene quasi parallelamente a quello di Youssef dalla madre. Il protagonista, infatti, è espulso da Anfa per volere di Malika Amrani, la quale è venuta a conoscenza del figlio illegittimo di Nabil. La quarta sezione, costituita da quattro capitoli, descrive, infine, il coinvolgimento di Youssef in un piano fondamentalista (The Mission è il titolo del secondo capitolo della sezione) ideato da Hatim Lahlou, presidente del gruppo islamico Al Hizb (Il Partito), la cui sede si trova a Hay An Najat. Il romanzo si conclude con l‘arresto di Youssef. Il decimo capitolo, intitolato An End, a Beginning, è il primo della terza sezione del romanzo.

109 In inglese, Strolling Players. Si tratta dell‘unico quadro di Delacroix esposto al County

Museum, che lo ha acquistato nel 1985. Cfr. Bruce Davis, Master Drawings in the Los Angeles

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circondati dal pubblico; tutti i personaggi indossano abiti tradizionali marocchini; una qasbah fa da sfondo alla scena.110

Durante la scena al County Museum, il narratore adotta la prospettiva di Amal per mostrare sia la vocazione orientalista del quadro, sia la sua incapacità di rappresentare fedelmente la realtà di cui fanno esperienza quotidiana coloro che abitano i luoghi raffigurati:111

Strolling Players was the kind of Orientalist painting that must

have been in high demand in the salons of Europe at the time. It looked nothing like Amal‘s memories of home, and yet it made her miss it. (179)

La rappresentazione di Casablanca in Secret Son ricorda, piuttosto, quella di Tangeri in al-Khubz al-hafi, anch‘esso citato nel testo.112 Youssef, il

giovane protagonista, incontra l‘amico Amin fuori dall‘università, nel punto ove sono affissi due manifesti in cui si trovano espressi giudizi contrapposti sull‘opera del romanziere marocchino: il primo definisce la sua produzione letteraria «our national treasure» (119); il secondo, viceversa, nega ad al- Khubz al-hafi una coerenza con l‘identità islamica della società marocchina: «al-Khubz al-hafi has no place in our muslim society» (119). Il messaggio del secondo manifesto rivela il perdurare di quell‘atteggiamento con cui il romanzo di Shukri è stato accolto nel mondo arabo al momento della sua pubblicazione, in lingua araba, nel 1982, allorché ha subito la censura in

più noti di Eugène Delacroix: esso fa parte dei diciotto acquerelli contenuti nell‘album che il pittore realizzò al ritorno in Francia dal suo viaggio in Marocco e Nord-Africa.

110 La scena dipinta sul quadro di Delacroix rimanda a un tipico aspetto della tradizione

popolare in Marocco e nel resto del mondo arabo, una tradizione basata su diverse forme di intrattenimento che vanno dalla musica, alle narrazioni orali dei cantastorie al teatro di strada (o halqah, ‗cerchio‘, antica forma di rappresentazione basata sull‘improvvisazione che comporta, fra l‘altro, il coinvolgimento diretto del pubblico). Cfr. Hakim Mohamed Belhatti, Marocco. Storia Società e Tradizioni. Arte e Cultura Religione, Edizioni Pendragon, Bologna 2000, p. 78.

111 Il discorso vale per altri tipi di rappresentazioni artistiche, da quelle letterarie a quelle

cinematografiche.

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nome del linguaggio osceno e dei temi legati al sesso, al crimine, all‘alcol e alla droga, che hanno suscitato l‘indignazione degli „ulamà‟ marocchini.113

In Secret Son, non si propongono giudizi in merito al valore letterario di al-Khubz al-hafi. Ciò che interessa all‘autrice è riconoscere la dignità letteraria di temi quali la fornicazione, la violenza, il contrabbando, tutte questioni che figurano, benché attraverso situazioni o personaggi secondari, anche nel suo romanzo. In due occasioni, per esempio, si fa menzione, analetticamente, della visita di Youssef e dei suoi amici a un postribolo, «where their Eid money had bought them ten minutes each» (9); altrove, furti e aggressioni notturne entrano nelle conversazioni tra Youssef e i compagni di Hay An Najat, il quartiere ove il protagonista risiede insieme alla madre:114

Did you hear that a teenager from Douar Lahouna stole twenty kilos of copper wire from the railway line? [...] The boy sold the spools of metal and made enough money to buy a motorcycle. And did you know that Simo was mugged while coming home the other night? The greaser put a razor right here, at the base of Simo‘s neck. (223)

Hay An Najat si connota immediatamente come bassofondo, patria di criminali, quasi sempre di giovane età: il punto di vista è quello ‗dai margini‘, e segue, in primo luogo, le vicende personali e familiari del protagonista. La costruzione letteraria del quartiere mira a un ideale di ‗autenticità‘ mimetica, alla maniera del romanzo di Shukri. L‘immagine urbana che emerge non ha nulla dell‘esotismo orientalista: gli individui di

113 Sulla ricezione del romanzo in Marocco, cfr. Marianna Salvioli, Voci da Tangeri, cit., pp. 170

e sgg. Jean Déjeux attribuisce la censura del libro al suo spirito di contestazione e di rivolta, inconciliabile con i valori associati alla lingua araba. Cfr. Jean Déjeux, Le sentiment religieux dans

la littérature maghrébine de langue française, Éditions L‘Harmattan, Paris 1986, p. 147. Laila Lalami

riferisce che alla libreria Kalila Wa Dimna di Rabat era in vendita, prima del 2001, prevalentemente la versione francese di al-Khubz al-hafi, ma che da quell‘anno in poi il romanzo di Shukri è più facilmente reperibile anche in lingua originale. Cfr. Laila Lalami,

Farewell Mohammed Choukri, <www.lailalalami.com/2003/farewell-mohammed-choukri/>

114 La questione del contrabbando, inoltre, è affidata da Lalami al personaggio di Tarek, il

quale acquista e rivende merce rubata a Hay An Najat: «half his store was filled with stolen merchandise» (102).

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Hay An Najat appartengono anzitutto a quelle categorie di persone – «peddlers and smugglers, hustlers and hawkers, brokers and fixers, vendors and dealers, beggars and drifters» (132) – che compongono, nelle parole del narratore, «the greater half of the country» (132); i vicoli appaiono disseminati di rifiuti («the garbage-strewn alleyways», 5; «the puddles of water, heaps of trash, and pieces of metal», 7), del cui odore è pervasa l‘aria del quartiere («The smell of trash from the heap at the corner wafted through the air», 55). È dal punto di vista di Youssef che viene descritto l‘insieme dei lezzi percepiti dal protagonista al momento del suo ritorno, dopo un‘assenza di circa due anni, a Hay An Najat:

It was the smell that got to him first. He had forgotten about the stench of garbage mixed with the odor of car exhaust and the stink of old, refried sardines that permeated the street. (193)

L‘autenticità di tale rappresentazione è resa più incisiva dal contrasto suggerito dal testo tra lo spazio del quartiere popolare e quello delle zone moderne di Casablanca:

It was July. In other parts of Casablanca, jacaranda trees were shedding their purple blossoms, yielding a soft, sweet smell, but here in Hay An Najat, houseflies thrived, growing bigger and bolder. They grazed on piles of trash, competing with sheep and cows for tea grounds, vegetable peels, and empty containers of yogurt. Mosquitoes appeared, and flying ants, and gray moths, and gnats. (209)

La simbologia dello spazio si fonda, in primo luogo, sulla dicotomia Hay An Najat/Anfa (quartiere materno/quartiere paterno), funzionale a rendere il dualismo socioeconomico che contraddistingue il contesto urbano di Casablanca. Tale dualismo è confermato dalla realtà attuale della città; come scrive Marvine Howe, infatti:

In Casablanca, more than elsewhere, the gap between rich and poor is glaring and growing. The residential quarter of Anfa is overflowing with opulent villas and mansions (some of the walled palaces belong to Arab notables from the Gulf). [...] Yet in the El Hank neighborhood across the way, families squat in

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slums without minimal conveniences, like running water and sewers, and live by begging.115

La frontiera che separa Anfa da Hay An Najat – l‘universo del padre da quello della madre del protagonista – è resa quasi palpabile anche attraverso il confronto tra le rispettive abitazioni dei genitori di Youssef. Ecco, ad esempio, la descrizione dell‘appartamento in cui il protagonista viene accolto dal padre, Nabil Amrani, ad Anfa, visto attraverso gli occhi del protagonista:

Youssef stood in the large, sunny living room, with its painted wood ceiling, marble floors, and overstuffed sofas. A breeze blew through the white gauze curtains on the open window. He walked through the corridor to the first bedroom. There was a comfortable-looking bed, a vanity, a mirrored wardrobe, and an oil painting of a Qasbah at sunset. [...] Youssef went to the balcony that gave out onto the park and took in the view. (106- 7)

Il ricordo della casa che Youssef ha condiviso, fino a questo momento, con la madre, lo rende «suddenly ashamed» (107): sono diverse, anzitutto, le dimensioni dell‘abitazione materna, composta da un‘unica stanza («the house had one room with no windows», 3) e da un cortile; e profondamente diverso è il contesto architettonico in cui le due dimore sono inserite: l‘appartamento di Nabil Amrani si trova, infatti, al decimo piano di «an eight-story apartment building with a white facade and windows made of mahogany-colored wood» (106), circondato da spazi verdi e da strade larghe e ordinate, laddove la casa di Rachida risulta allineata insieme ad altre dello stesso tipo «along a narrow dirt road» (3).

È significativo, inoltre, che, nel rappresentare «the melting pot of misery and poverty that was Hay An Najat» (12), il narratore impieghi, al fine di sovvertirla, l‘immagine del ‗crogiolo americano‘, del melting pot appunto, ove «le diversità di provenienza vengono [...] neutralizzate in uno

115 Marvine Howe, Morocco. The Islamist Awakening and Other Challenges, Oxford University

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spazio sconfinato che non pone limiti alle opportunità»;116 all‘interno del

melting pot americano, inoltre, osservano Campbell e Kean:

everyone could better themselves [...], despite any ethnic distinctiveness, and improve their position through economic opportunity.117

Qui, però, non è ammessa alcuna ‗neutralizzazione‘ delle differenze, e talune opportunità non sono alla portata di tutti i personaggi; proprio in questo sta uno dei principali nodi della critica sociale di Lalami: se, da un lato, si prospetta la possibilità di un‘ascesi sociale per un personaggio come Youssef (grazie alla scoperta che il padre è vivo ed è un ricco imprenditore), dall‘altro si rivela la disillusione provocata dal fallimento di questo tipo di progetto, condannando il suo protagonista alla regressione finale allo spazio della madre e a un destino infelice.

Il realismo di Secret Son è, poi, anche parzialmente ‗documentario‘, in quanto si basa sull‘utilizzo e la consultazione di documenti sia ‗interni‘ che ‗esterni‘, nell‘accezione descritta da Alberto Cento a proposito delle fonti del romanzo L‟éducation sentimentale (1869) di Gustave Flaubert.118 In primo

luogo, le stesse costruzioni di personaggi come Youssef e Amal risentono di influssi chiaramente autobiografici;119 in secondo luogo, il quartiere

116 Salvatore Proietti, Prose postrivoluzionarie: omogeneità e diversità nella sfera pubblica, in

Alessandro Portelli (ed.), La formazione di una cultura nazionale. La letteratura degli Stati Uniti

dall‟indipendenza all‟età di Jackson (1776-1850), Carocci, Roma 1999, pp. 111-25: 113.

117 Neil Campbell, Alasdair Kean, American Cultural Studies. An Introduction to American

Culture, Routledge, London-New York 2006, p. 57.

118 Sul realismo ‗documentario‘ in Gustave Flaubert, cfr. Alberto Cento, Il realismo

documentario nell‟«Éducation sentimentale», Liguori, Napoli 1967. Il metodo del realismo

documentario ha raggiunto la sua forma più perfetta nei romanzi ‗moderni‘ di Flaubert, fra i quali rientra L‟éducation sentimentale, appunto. Cento definisce ‗documenti interni‘ episodi o ricordi legati alla vita dell‘autore o di persone a lui vicine, «briciole di vita [...] utilizzate nell‘arte». I ‗documenti esterni‘ sono, invece, le fonti scritte di carattere storico, scientifico ecc. Ivi, p. 27.

119 Amal è, come Lalami, una marocchina dell‘alta borghesia trapiantata in California;

quanto al protagonista maschile di Secret Son, si tratta del personaggio che condivide con l‘autrice il maggior numero di esperienze biografiche, e nei confronti del quale, non a caso, l‘autrice ha dichiarato di avvertire una speciale empatia: «While Amal and I are both women who came to study in the U.S., the similarities really stop there. In reality, I have a

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designato con il nome fittizio di Hay An Najat appare la ricostruzione letteraria di Sidi Moumen, uno dei bassifondi di Casablanca, situato nei sobborghi della metropoli marocchina, dal quale provenivano tutti gli attentatori fondamentalisti responsabili delle stragi avvenute nella medesima città il 16 maggio 2003.120 In un contributo sul significato e sulle

conseguenze degli attentati,121 la scrittrice ha evidenziato alcuni tratti del

quartiere di Sidi Moumen che si ritrovano anche nella rappresentazione di Hay An Najat:

Sidi Moumen is home to 200,000 people squatting in shacks with corrugated tin roofs. There is no running water. Trash pick up is sporadic and open sewage makes its way down dirt alleys.

Unemployment is sky high.122

L‘aggettivo corrugated, usato in riferimento alla lamiera di cui sono rivestiti i tetti delle abitazioni a Sidi Moumen, figura, in Secret Son, in due descrizioni della casa di Youssef e Rachida, la prima delle quali introduce il racconto:

The house had one room with no windows, and a roof made of

corrugated tin held down by rocks. (3)

La seconda descrizione, che offre un ulteriore esempio di realismo mimetico, è presentata, immediatamente dopo il definitivo ritorno di Youssef a Hay An Najat, attraverso lo sguardo del protagonista:

There were dishes drying on the rack in the corner, right on the battered cement floor. Three housedresses in faded colors hung

lot more in common with my protagonist Youssef. Like him, I studied English in Morocco. Like him, I speak French fluently but don‘t feel any connection to the French- educated elite. And my mother was an orphan, like his. Originally, the book was supposed to be told, alternately, in Amal‘s and Youssef‘s points of view, but I think my interest in Youssef grew into a very personal one». Laila Lalami. An Email Conversation with

Cameron Martin, <http://bnreview.barnesandnoble.com/t5/Interview/Laila-Lalami/ba-

p/1027>

120 Marvine Howe, Morocco, cit., p. VIII. Lalami ha seguito l‘evento dalla California,

leggendo articoli e documentandosi.

121 Laila Lalami, Days of Terror, <http://www.huffingtonpost.com/laila-lalami/days-of-

terror_ b_21069.html>

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on the laundry line, against walls whose paint was cracked like broken eggshells. The corrugated tin roof over the bedroom was eaten by rust, and the satellite dish mounted on it was covered with bird excrement. The house looked the same as he remembered it. (194)

La ruggine («eaten by rust») è ancora un altro elemento più volte rilevato nelle rappresentazioni di Hay An Najat, sin dalla descrizione della porta dell‘abitazione di Youssef e Rachida:

The front door was painted blue, but over the years rust had eaten its edges, turning them reddish brown, so that holes had begun to appear at each of the four corners, (3)

La ruggine, il degrado degli edifici, la sporcizia, i rifiuti e i cattivi odori sono tutti elementi di un realismo descrittivo che ricorda, per citare solo un esempio tra i più celebri della letteratura occidentale, la pensione Vauquer in Le Père Goriot (1835), piuttosto che l‘esotismo urbano, «peopled by unreal characters out of space and out of time»,123 delle Mille e una notte,

uno dei riferimenti letterari maggiormente visitati dagli orientalisti. Viceversa, la descrizione in Secret Son è vivida, concreta, per nulla artificiosa: le immagini proposte dall‘autrice non sono quelle di suq sfavillanti o di coloratissimi prodotti dell‘artigianato locale, né di cantastorie o altre figure delle arti tradizionali marocchine, donne velate o, ancora, odalische nude e sensuali. Di conseguenza, il romanzo rappresenta una realtà che colpisce per la sua spietatezza e brutalità, mostrata nella sua fisicità e interezza, non filtrata e trasfigurata dallo sguardo straniato di turisti e visitatori occasionali: è la realtà vissuta quotidianamente da individui come Youssef, osservata attraverso il loro punto di vista disincantato, una realtà alla quale adeguare, in maniera silenziosa e rassegnata, i propri destini, le proprie esistenze:

123 Mohamed Laamiri, Urban Space in Travel Literature on Morocco, in Taieb Belghazi et al

(eds), Global/Local Cultures and Sustainable Development, Proceedings of the Conference on global/local cultures and sustainable development (Rabat, November 1999), Faculty of Letters and Human Sciences of Rabat, Rabat 2001, pp. 147-66: 161.

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All his life, he had dreamed of becoming an actor. [...] Of course, Youssef knew that his dream was unachievable – no different than wanting to win the lottery when you can‘t even afford to buy a ticket – but it provided a refuge from the more sobering turns he knew his life would, by necessity, have to take: finish high school, go to university, and, with any luck, find a steady job that would finally get his mother and him out of Hay An Najat. (6)