3. Narrare l’identità
3.1 La questione della lingua
3.1.4 Romanzo polifonico
Le strategie linguistiche di Secret Son tengono conto dei tre cardini principali – il francese, le diverse varietà di arabo e il berbero – sui quali, secondo Jocelyne Dakhlia, si costruirebbero le due coppie binomiche che definiscono la situazione multilinguistica e postcoloniale del Maghreb: «le français contre l‘arabe, l‘arabe contre le berbère ou tamazight».79 Se
l‘americano rappresenta la lingua della comunicazione internazionale, impiegata da Amin nella chat online con ragazze europee e dagli Amrani a Los Angeles – oltre che da Fernando, l‘unico personaggio non arabofono –, il rapporto dei personaggi con le lingue parlate in Marocco risulta fondato su una decisa conflittualità, dovuta principalmente alla loro inestricabile relazione con lo status sociale e culturale che li contraddistingue. La padronanza da parte dei personaggi del francese diventa, specialmente per Amin, la condizione per accedere all‘universo sociale di Anfa; nel caso di Youssef, viene da chiedersi se il protagonista sarebbe stato ugualmente accolto da Nabil Amrani nel suo appartamento o invitato da Alia a casa sua, qualora la sua pronuncia non fosse stata impeccabile.
Paradossalmente, anche il marocchino viene utilizzato in quanto veicolo di esclusione e discriminazione, ad esempio nei riguardi di Fernando, al quale è negato l‘accesso alla conversazione che ha luogo tra Amal e i suoi genitori a Los Angeles. L‘uso ‗anti-democratico‘ che la scrittrice fa della lingua materna rivela un atteggiamento ambivalente nei riguardi della cultura e della società marocchina di provenienza. L‘impiego della lingua araba è tale, inoltre, da evidenziare l‘esistenza di diversi registri, associati, come nel caso dell‘arabo standard per i membri di Al Hizb, a precise professioni ideologiche, in particolare quella islamica fondamentalista e integralista.
79 Jocelyne Dakhlia, L‟histoire parle-t-elle en langues?, in id. (ed.), Trames de langues. Usages et
métissages linguistiques dans l‟histoire du Maghreb, Institut de recherche sur le Maghreb
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Infine, il berbero, per la sua stessa natura di ‗lingua della madre‘, è destinata a rimanere relegata alla sola sfera dei rapporti privati, e la verità trasmessa da Rachida a Youssef in Tamazight sarà condivisa unicamente da madre e figlio:
But this truth was as invisible as air, as fleeting as breath itself. The real truth was what everyone around him saw: he was a slum dweller, the son of a hospital clerk, a man with no illusions about his place in society. (282)
Poiché il berbero richiama alla memoria di Rachida eventi personali e familiari che il personaggio deve tenere celati persino al figlio, il suo impiego risulta vincolato a quel «système de représentations de la langue [...] trop uniformément placé sous le vocable de la souffrance»,80 per usare
l‘espressione di Jocelyne Dakhlia. E tuttavia, è sempre attraverso il berbero che il rapporto con la lingua materna diviene sorgente, se non esattamente «de plaisir, de bonheur, de jubilation»,81 almeno di distensione, sia per
Rachida,82 che per Youssef:
At the sound of this new language inside their home, the lines on
Youssef‟s forehead disappeared. His jaw relaxed. (281)
Proprio al berbero è affidata, dunque, una funzione catartica e liberatrice:
The relief of sharing a story she had waited so long to tell was intoxicating.
She could not stop, now that she had begun. (280)
La metafora della ‗dichiarazione d‘amore‘ («a declaration of love», 281), utilizzata dal narratore in riferimento alle parole che Rachida
80 Ibidem. 81 Ibidem.
82 «All of a sudden, her knees felt week and she sat down on her bed, across the room from
Youssef. It seemed that he was listening to her this time, not just hearing her words and reluctantly speaking his own» (282).
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pronuncia nella sua lingua madre,83 contribuisce a sottolineare il rapporto di
profonda emotività che lega il locutore alla memoria delle proprie origini. In Secret Son, la riflessione metalinguistica si nutre della stessa esperienza transnazionale e transculturale dell‘autrice: l‘amore – quello di Youssef per il padre e quello di Amal per Fernando – è il principale vincolo che orienta gli spostamenti dei giovani protagonisti, proprio come è per amore che la stessa Lalami ha lasciato definitivamente il Marocco per stabilirsi in California. Lingua e amore risultano due elementi indissolubili, come emerge dalle seguenti riflessioni del personaggio di Amal a proposito del suo sentimento per Fernando:
It will pass, child, her mother said, it will pass. But it had not. It was love. It was still there, [...] and no amount of distraction seemed to have any effect on it. It was like a language she had
learned to speak; how could she learn to unspeak it? (265)
Infine, Secret Son obbliga il lettore a una riflessione sul complesso rapporto tra lingua e verità. Le rispettive identità di Rachida e di Youssef – «half-Berber and half-Arab» (282) – sono destinate a permanere segrete. Alla lingua viene negato, cioè, il suo compito naturale, che è quello di dichiarare, confessare, esprimere. Ma, nel romanzo, la parola non è solo reticente: essa è anche mendace, in quanto veicolo delle ripetute menzogne di Rachida e, successivamente, dello stesso Youssef. A questo proposito, è illuminante la seconda epigrafe del romanzo, in cui si rivendica l‘impossibile relazione tra verità e lingua della diaspora:
The fact that I am writing to you in English
already falsifies what I
83 Si confronti l‘associazione tra amore e lingua in Lalami con quella che emerge sin dal
titolo di un noto romanzo in francese dello scrittore marocchino Abdelkebir Khatibi,
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wanted to tell you.84
Una funzione vitale di denuncia è riconosciuta, viceversa, alla parola attraverso l‘epigrafe posta in apertura, una citazione dal giornalista e scrittore algerino Tahar Djaout, assassinato, nel 1993, da un gruppo di estremisti islamici per le sue idee secolariste:
Silence is death
And you, if you speak, you die If you are silent you die So, speak and die.