• Non ci sono risultati.

4. Immagini di noverca nelle Minores

4.5 Casi anomali: la bona noverca

La società romana descrive la matrigna come un personaggio negativo e crudele, che impiega tutto il suo tempo a tramare contro i figliastri e a preparare veleni per eliminarli fisicamente. Tuttavia, può capitare di imbattersi in matrigne buone e amorevoli, sebbene si tratti di casi molto rari e, per questo, marcati.

201 Cf. e.g. 319 th; 381 th; Quint. 7,2,12; Calp. decl. 12 (p. 12,7 H.); 35 (p. 30,6 H.). Per la frequenza di ambigua

57

Quando, infatti, il comportamento della matrigna è positivo, le vengono tributate lodi eccezionali: nella lettera ovidiana di Fedra a Ippolito, la donna sostiene che, se qualcuno la vedesse baciare il figliastro, penserebbe di lei che è una fida noverca, capace di ribaltare le aspettative sulla sua persona202. E d’altro canto, se la matrigna è buona, il merito non è tanto suo, quanto della bontà dei figliastri: emblematico è il caso di Elvia, la madre di Seneca, che con le sue grandi qualità ha conquistato anche la propria matrigna.

Crevisti sub noverca, quam tu quidem omni obsequio et pietate, quanta vel in filia conspici potest, matrem fieri coegisti; nulli tamen non magno constitit etiam bona noverca203.

La letteratura ci consegna altre rappresentazioni di bonae novercae204, tra le quali spiccano le

figure di Fannia, figlia di Trasea Peto205, e di Ottavia, sorella di Augusto206. Fannia, lungi dal volere il peggio per il suo figliastro, vuole vendicarsi dell’uomo responsabile della sua morte; Ottavia ha cresciuto amorevolmente i figliastri, pur avendo avuto figli propri insieme al marito Antonio.

I casi di matrigna buona nella declamazione sono rari, ma nelle Minores è possibile trovarne qualcuno: si tratta di matrigne che, secondo l’accusa, rispondono allo stereotipo della saeva o

venefica noverca, ma che la difesa dipinge con tutt’altro tono, presentandole come mosse da

buoni sentimenti e ottime intenzioni.

La prima matrigna di questo tipo compare nella Minor 246, già analizzata secondo il tipo di Medea207. Non si può, però, evitare di notare come il figliastro, nel suo discorso di accusa, anticipi le argomentazioni della difesa, fornendo uno squarcio di quella che poteva essere la strategia oratoria del patronus della matrigna. Entrambe le parti in causa attingono a piene mani allo stereotipo della matrigna cattiva: il giovane, ovviamente, lo enfatizza il più possibile, mentre la difesa tenta di rovesciarlo (all’interno della sermocinatio della matrigna) con queste parole:

'Ego' inquit 'tamen animo bono feci. Erubescite, matres, quae amplexae armatos iam liberos impiae

202 Ov. epist. 4,140.

203 Sen. cons. Helv. 2,4. Così anche in Sen. contr. 9,6,6 habui filium tam bonum ut illum amare posset etiam

noverca.

204 Per una completa rassegna di matrigne buone, cf. Watson 1995, 149 s. 205 Cf. Plin. epist. 7,19 e 9,13.

206 Plut. Ant. 54 e 57. Per una discussione sull’attendibilità del ritratto plutarcheo di Ottavia come bona noverca

cf. Watson 1995, 197-206.

58

tamen iam estis mei exemplo. Inventa est tota civitate <una quae> magis amaret, una quae parceret: noverca.208

La matrigna si presenta, dunque, non tanto come una brava persona, e questo sarebbe già di per sé scioccante, ma come una brava madre, assunto completamente inconcepibile. La natura eccezionale di tale asserzione è dimostrata dalle parole del figliastro quando compara il comportamento di una madre a quello di una matrigna:

Vos aestimabitis quid de persona hac sentiatis: non fecisset hoc mater.209

Di più, la matrigna non è soltanto buona come sarebbe ogni madre, ma è addirittura migliore delle madri della sua comunità: si tratta di una bona noverca210, una persona amorevole e

sollecita, un esempio da seguire per le altre madri, che sono dette impiae per aver mandato i loro figli in guerra invece di proteggerli e tenerli al sicuro. L’unica vera madre della città è, contraddittoriamente, la matrigna; lo stereotipo sulla saeva noverca viene ribaltato grazie a un paradosso e a un’iperbole retorica.

Una vera bona noverca è, però, protagonista della Minor 327, intitolata Sterilis trium noverca: in questo caso, l’argomento su cui verte la causa è la sterilità di una donna che, sposatasi con un uomo già padre di tre figli, decide di bere un medicamentum sterilitatis per evitare di riempire la casa di altri eredi, ma subisce il ripudio da parte del marito. Questo il brevissimo

thema:

Introducta tribus privignis sterilitatis medicamentum bibit. Repudiata iniusti repudii agit.

La noverca, quindi, intenta una causa per ingiusto ripudio contro il marito: lo status della controversia è qualitativus, poiché si dovrà determinare la legittimità o meno dell’accusa in relazione alla qualità dell’azione contestata211. Il marito, con ogni probabilità, si appellerà alla lex, menzionata nella Minor 251, intra quinquennium non parientem repudiare liceat, anche se

qui non è specificato quanto tempo sia intercorso tra le nozze e l’assunzione del medicamentum

208 246,9.

209 246,2.

210 Siamo qui nell’ambito delle definizioni ossimoriche e paradossali tipiche delle declamazioni, si veda per

esempio Sen. contr. exc. 1,2 tit. sacerdos prostituta; 297 amator fortis (tit.: meretrix ab amatore forti caecata); 298 tit. rusticus parasitus.

211 Cf. Quint. 7,4,38 simpliciores illae iniusti repudii, sub qua lege controversiae illud proprium habent, quod a

59

che ha reso sterile la protagonista. In ogni caso, non era raro per una matrona romana usare erbe e infusi a scopo contraccettivo e abortivo212; anzi, tale pratica era così diffusa che, per arginare

il problema dell’estinzione di alcune gentes, la legislazione augustea si impegnò a premiare le famiglie numerose213. Tuttavia, le donne continuarono a cercare di tenere sotto controllo la

propria fertilità: Giovenale214 stigmatizza violentemente questo comportamento e allude a

donne pagate per procurare bevande sterilizzanti e abortive; da Plinio sappiamo che si trattava principalmente di decotti di erbe215, ma alcune donne preferivano immergersi nelle acque del

fiume Afrodisio216. La protagonista della 327 assume un decotto di questo tipo all’insaputa del

marito, ma il suo scopo non è certo quello di danneggiarlo: le qualità positive del personaggio, anzi, ne costituiscono la peculiarità e la fanno assurgere al rango di optima uxor, che si sottrae allo stereotipo dell’ostilità della matrigna verso i figliastri. Il rifiuto della maternità è motivato dalla volontà di non creare rivalità di alcun tipo, né affettive né economiche, con gli altri eredi e si configura, quindi, come un beneficium reso al marito217. Anche il topos della venefica noverca viene cambiato di segno: lungi dal tentare di avvelenare i figliastri o causare danni a

terzi, la pozione che la donna prepara è per sé e l’effetto ricade interamente su di lei.

Un’analisi puntuale del testo consentirà di comprendere meglio la strategia retorica utilizzata per la costruzione del personaggio della bona noverca. Il sermo manca, quindi non abbiamo informazioni su come il magister intendesse indirizzare gli allievi nella messa a punto del discorso. L’exordium sentenzioso enfatizza le qualità morali della protagonista, chiarisce la natura dell’accusa e introduce il tema della matrigna amorevole:

Quod primum pertinet ad pudorem huius feminae, non adulterium obicitur, non aliqua adversus maritum licentia. Necesse est plurimum eius moribus tribuat ex qua liberos quaerit. … Sed <hoc> unum sane sit grave, sit scelestum (et hercule credibile erit in ea quae tres privignos habuit):

212 Per una dettagliata analisi della questione cf. Nardi 1971. Un medicamentum abortivo è menzionato anche in

Cic. Cluent. 32.

213 Con la lex Iulia de maritandis ordinis del 18 a.C. e la lex Papia Poppaea nuptialis del 9 d.c. Su entrambe le

leggi cf. Astolfi 1996. Anche Stobeo (4,24a) riporta un discorso tenuto dallo stoico Musonio Rufo relativo al divieto augusteo per le donne di abortire e di rendersi sterili: τοῦτο μὲν γὰρ ἀμβλίσκειν ἀπεῖπον ταῖς γυναιξὶ καὶ ταῖς ἀπειθούσαις ζημίαν ἐπέθεσαν, τοῦτο δ' ἀτοκίᾳ προστίθεσθαι καὶ τὴν κύησιν εἴργειν ἀπηγόρευσαν αὐταῖς, τοῦτο δὲ πολυπαιδίας ἔταξαν γέρα καὶ ἀνδρὶ καὶ γυναικί, καὶ τὴν ἀπαιδίαν ἐπιζήμιον κατέστησαν.

214 Iuv. 6,595-598.

215 Plin. nat. 16,110; 27,34; 27,80. 216 Plin. nat. 31,10.

217 Cf. anche Dingel 1988, 122: il beneficium consiste nell’evitare i problemi legati alla redistribuzione dell’eredità.

Ben diverso è il caso tragico di Ermione, la cui sterilità impedisce di donare un erede legittimo al marito Neottolemo, già genitore, insieme alla schiavizzata Andromaca, di Molosso. Andromaca lamenta proprio le accuse di Ermione, che la ritiene responsabile della propria sterilità, cf. Eur. Andr. 32-33 λέγει γὰρ ὥς νιν φαρμάκοις κεκρυμμένοις τίθημ' ἄπαιδα.

60

expecto ex his aliquid novercalibus factis. Venenum paravit, insidiata est liberis tuis, vel, quod levissimum est, expugnare animum tuum voluit? Nihil horum. Novum et inauditum antea crimen: noverca nimium dicitur amare privignos.

Il primo punto messo in chiaro dal patronus della protagonista è l’assenza di adulterio: vuole, infatti, sgombrare il campo da fraintendimenti e chiarire che non si sta mettendo in dubbio il

pudor della sua assistita, che è anzi degna della massima stima da parte del marito. Il paragrafo

3 presenta i caratteri tipi dello stereotipo della matrigna crudele: da una noverca ci si aspetta qualche novercale factum, di cui si elenca la casistica. Tra le azioni ‘da matrigna’ ci sono l’avvelenamento, significativamente in prima posizione, le trame contro i figliastri, la seduzione nei confronti del marito218 (per conquistarlo ed entrare nella sua casa), che è l’atto meno grave

(levissimum) in quanto non mette in pericolo in maniera diretta la vita di nessuno. Nel caso in esame non è accaduto nulla di tutto ciò; l’endiadi novum et inauditum sottolinea il paradosso: l’amore della matrigna non solo è un dato di fatto, una realtà esistente, ma è addirittura eccessivo219. In questo modo il patronus ha rovesciato lo stereotipo della saeva noverca già

nella prima parte della declamazione. L’argumentatio prosegue su questa linea, presentando prima un argomento ipotetico, poi le motivazioni personali e altruistiche dell’assunzione del farmaco, mentre il paragrafo finale costituisce una brevissima miseratio per l’ingiusta sorte subita dalla donna, condannata alla solitudine per la troppa premura verso i familiari.

'Sterilitatis medicamentum bibit.' Si tu liberos non haberes, poteram tamen illa dicere: periculum timuit, documentis quarundam infeliciter parientium mota est, fortasse male sensit de temporibus ipsis, vidit eam luxuriam, ea vitia, ut paene educare liberos amentis esset. Tu porro in uxore nihil aliud exspectas quam fecunditatem? 'Non parit.' Sed obsequium, sed fidem praestat. Sed iam tempus est propriis eam rationibus defendi. Bibit illud cum tres liberos haberes. Nec statim hoc amore et adfectu defendo; interim tamquam ambitiosam tuebor. Voluit effugere fabulas novercarum, voluit se adversus casus etiam praeparare, voluit nihil in domo habere propter quod privignis invideret. Quid si fecit hoc non modo novercae sed etiam uxoris optimae animo? Plenam invenerat domum,

218 L’espressione expugnare animum tuum, infatti, va intesa in senso erotico, diversamente dall’interpretazione di

Shackleton Bailey 2006, ad loc. («did she try to turn your mind against them?»), Watson 1995, 94 («influencing the husband against his children, presumably a reference to attempts to get the stepson dishinerited») e Winterbottom 1984, ad loc. («influence it against them»), cf. Ps. Quint. decl. mai. 15,6 (p. 307,23 H.) cuius per

hanc expugnatus animus?, ma anche 14,3 (p. 290,16 H.) e 14.5 (p. 292,11 H.) ad expugnandas mentes, Sen. contr.

2,7,7. Per esempi poetici cf. Plaut. Truc. 171, Prop. 3,13,9, Lucan. 10,360. Entra in gioco anche la topica del filtro d'amore, su cui cf. Ps. Quint. decl. min. 385.

219 Cf. anche Sen. contr. 6,7, in cui si fa del sarcasmo relativamente alla paradosso di una matrigna di buoni

61

plenum testamentum. 'Quid mihi' inquit 'cum partu erat? Dederat mihi fortuna iuvenes; neque maritus eius aetatis est ut concupiscere novos liberos possit. Ne fraternitatis quidem eadem iura futura erant inter tam dissonantes tamque discordes.' At nunc expellitur et, quoniam bona fuit noverca, nec liberos habitura est nec virum.

Nel paragrafo 4 il patronus si rivolge al marito dell’assistita ed elenca possibili motivazioni per l’assunzione della potio che, però, non sono spendibili in quanto l’uomo ha già dei figli: così l’avvocato fa emergere la carenza di elementi della parte avversaria e avvalora la propria linea difensiva. Ricorda inoltre le caratteristiche di questa moglie eccellente: sed obsequium, sed

fidem praestat. Cosa si può desiderare di più di una moglie rispettosa e fedele? L’avvocato

passa poi a difendere la donna sulla base dell’ambitio, il desiderio, cioè, di mostrarsi differente rispetto alle fabulae novercarum, le credenze popolari e stereotipe sull’inevitabile cattiveria della matrigna. La donna ha voluto evitare qualunque elemento che potesse renderle invisi i tre figliastri ed ha, per questo, agito con la massima correttezza. In più, l’ambitio, il desiderio di essere lodata in quanto benevola, non basta per spiegare il comportamento di questa moglie: non ha agito con lo spirito di una matrigna, per quanto buona, ma con quello di una optima uxor che ha accettato la condizione che la sorte le ha offerto, vale a dire una casa già piena di tre figli ai quali non era il caso di imporre altri fratelli con cui entrare in discordia. Vista sotto questa luce, la noverca è un’ottima moglie e un’ottima madre, che pensa al bene del marito e dei figli e lo antepone al proprio; per questo motivo non merita di essere ripudiata ed è invece degna del paradossale appellativo di bona noverca.

Un ultimo esempio di ottima moglie e matrigna buona, sebbene realmente colpevole di un reato, compare nella Minor 373, Ornamentis redemptus, di cui riportiamo il thema:

Abdicare liceat. Sepulcri violati sit actio. Amissa uxore et defossis in sepulcro eius ornamentis superduxit filio novercam. Captus a piratis pater de redemptione scripsit. Morante filio, uxor ex sepulcro prioris uxoris eruit ornamenta et misit. Ob hoc a privigno sepulcri violati accusata et damnata est. Pater redît et abdicat filium.

Un uomo, divenuto vedovo, seppellisce la moglie insieme ai suoi gioielli e poi decide di risposarsi. Viene poi catturato dai pirati e chiede alla famiglia di inviare il riscatto: mentre il figlio indugia, la nuova moglie va a prendere i gioielli sotterrati e li manda al marito che, al ritorno, disconosce il figlio. Come spesso accade, il nucleo familiare risulta composto da padre, figlio e matrigna: tuttavia, diversamente dal cliché, il padre accusa il figlio di essersi comportato

62

in modo crudele, mentre rivolge alla moglie parole di apprezzamento e lode. L’allontanamento del pater dall’ambiente domestico ha innescato un cortocircuito nelle relazioni familiari, che sono state sovvertite: siamo, infatti, in presenza di una matrigna buona e di un figliastro malvagio. Ciò, ovviamente, non può che condurre a un contrasto tra padre e figlio, come è dimostrato dal tema principale della declamazione, che è l’abdicatio, mentre la questione del sepolcro violato resta ai margini220. La breve declamazione è svolta dal padre, che accusa il figlio di mancanza di pietas e difende a spada tratta la moglie: in un frangente tanto difficile e senza il supporto del marito, non poteva agire diversamente da come ha fatto. È lei che ha salvato il pater familias esponendosi a pericoli e trasgredendo la legge, ma non ha ottenuto il ringraziamento dovuto e, anzi, è stata intentata un'accusa contro di lei da parte del figliastro scellerato e malvagio. Nella visione del padre/marito, la moglie è, senza dubbio alcuno, la migliore delle donne:

Ego te, uxor, damnavi, optima feminarum: sed vindicabo221.

La frase contiene un ribaltamento del cliché che vede il figliastro vittima della noverca: il marito ha condannato la moglie lasciandola in balìa di un figliastro malvagio. E così l'espressione di elogio optima feminarum, rarissima per una noverca, concorre a ribaltare lo stereotipo che pesa sul personaggio della matrigna.

In ogni caso, declamare a favore della matrigna è complicato e difficile, e rappresenta una sfida per il retore. Come evidenziato da Watson, «undoubtedly the malevolence of the stepmother as a stock figure, like a tyrant or a pirate, was so firmly established that even the most ingenious declaimer taking the stepmother's side might find it well nigh impossible to prove his case»222. Tuttavia, qualcuno ci prova e riesce, con abilità, a presentare una tipologia di matrigna molto diversa da quella stereotipata e influenzata da modelli tragici. Una matrigna che non solo agisce in maniera diversa dallo stereotipo, ma che addirittura lo cambia di segno, divenendo un modello paradossale di amore materno e di virtù coniugale.

220 Su cui diremo più diffusamente in seguito, cf. infra, 80 s. 221 373,3.

63