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‘Num alio genere furiarum declamatores inquietantur, qui clamant …’483

Il famoso incipit del Satyricon di Petronio caratterizza i declamatori proprio per il fatto di essere posseduti dalle furiae: le critiche di Encolpio si appuntano contro un’actio particolarmente esasperata, ma, di certo, attestano anche che la follia era un tema ricorrente e caratteristico del genere declamatorio. Le controversie antiche, infatti, scelgono molto spesso di trattare l’argomento della follia in una declinazione, che, alla prova dei fatti, si rivela tipica di questo genere: i casi in cui sono presenti personaggi affetti da un qualche tipo di pazzia sono quasi tutti incentrati sulla dinamica del rapporto padre/figlio, che è quella più frequente in assoluto all’interno del panorama degli esercizi di controversie. Nella maggior parte dei casi484 è il padre

che attraversa un momento, più o meno lungo, di difficoltà cognitiva e psicologica o che, di questo, viene accusato dal figlio; più rara485 è la situazione in cui è il figlio a trovarsi in preda

a uno stato di follia che causa un conflitto con il padre o con altri membri della famiglia. Secondo il parere di Gunderson, «the discourse of madness is first and foremost a discourse of fathers and sons»486.

La declamazione latina affronta spesso la tematica della follia attraverso la causa di dementia, per la quale è attestata un’apposita lex: dementiae sit actio487. Sappiamo da Quintiliano che tale

tipo di azione retorica corrisponde, nella realtà del foro, a un processo in cui si richiede la nomina di un curatore:

Quibus similia etiam in vera rerum quaestione tractantur. […] quae illic (scil. in scholis) dementiae, hic (scil. in foro) petendi curatoris488.

Da un passo di Seneca Padre489 si desume che si tratti del curator assegnato al furiosus; tuttavia, non tutti gli studiosi condividono l’opinione di Quintiliano: Bonner490 è convinto, con

483 Petron. 1,1.

484 Diciotto su ventisette. 485 Quattro casi.

486 Gunderson 2003, 141.

487 Sen. contr. 6,7 th.; 10,3 th. Sull’actio dementiae si vedano anche Lanfranchi 1938, 196-200, Langer 2007, 90-

92, Wycisk 2008, 37-45, Rizzelli 2014 e 2015, 212 s.

488 Quint. 7,4,11. 489 Sen. contr. 2,3,13. 490 Bonner 1949, 93 s.

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Bornecque491, che l’actio dementiae sia la traduzione nel linguaggio della declamazione latina della greca δίκη παρανοίας. In ogni caso, si tratta dell’unica azione che un figlio può intentare contro il proprio padre492 e, anche per questo motivo, è indicativa del conflitto generazionale all’interno della famiglia nel periodo tra la fine della repubblica e i primi secoli del principato. L'autorità del padre può essere messa in crisi solo sulla base dell'idea che un'insufficienza della

mens renda la persona inabile a gestire un ruolo socialmente riconosciuto, e infatti la follia che

induce i padri, di volta in volta, a essere troppo severi o, viceversa, troppo indulgenti, di solito innesca discussioni sulle qualità che si addicono al buon pater familias. L'accusa di non essere adeguato al ruolo colpisce così, da una parte, i padri che, attenendosi con estremo rigore alle regole, determinano conseguenze estreme (come l'omicidio o il suicidio del figlio), dall'altra, quei genitori che, lasciandosi trascinare dai sentimenti, trasgrediscono le regole, mostrandosi indulgenti fino al paradosso (ad esempio il padre che cede la propria moglie al figlio) o assumendo atteggiamenti ritenuti incompatibili con il ruolo di pater (i patres che si comportano da luxuriosi e frequentano le meretrices). In casi come questi, le manifestazioni di follia trovano facilmente un appiglio nella tradizione letteraria e in particolare teatrale: il riscontro più ovvio per il padre assassino dei figli è naturalmente Ercole furioso, ma la follia in cui il genitore incappa per l'estremo attaccamento ai propri principi trova conferma nel paradigma di Aiace, mentre il padre eccessivamente indulgente, luxuriosus o innamorato, che incorre in un genere di follia quasi metaforico493 richiama piuttosto scenari tipici della commedia.

I declamatori, inoltre, usano indifferentemente i termini dementia, furor e insania, senza entrare nello specifico delle questioni mediche: «occorre presumere che declamatori e giuristi, parlando di ‘dementia’, pensino non all’alienazione mentale quale autonoma affezione, ma quale conseguenza, volta a volta, di singole malattie, ciascuna con le proprie caratteristiche, la propria eziologia e, soprattutto, le proprie manifestazioni, che possono dar luogo a situazioni che richiedono una disciplina specifica»494.

Tutte le sillogi declamatorie latine presentano, in maniera più o meno numerosa, qualche esempio di processo per dementia o qualche personaggio pervaso da un furor nefasto, a conferma del forte grado di interesse dei retori per questo argomento, «uno dei temi declamatori che meglio si prestano a illustrare il conflitto generazionale all’interno della famiglia tra la fine

491 Bornecque 1902, 67 s.

492 Cf. 346 th. Adversus patrem ne qua sit actio nisi dementiae; 295,4 datum est hoc ius contra patrem; Iul. Vict.

rhet. 28,27-28 Giomini Celentano (= p. 392,29-30 Halm). Si legga anche Gunderson 2003, 116.

493 Si pensi al detto plautino amans amens che compare in Merc. 82. 494 Rizzelli 2014, 18.

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della repubblica e i primi due secoli del principato»495. La prima che analizziamo è quella senecana, che presenta sette casi di pazzia, di cui sei dedicati a descrivere la débâcle mentale del padre di fronte agli occhi del figlio.

La controversia 2,3496 presenta un’accusa di dementia complicata dal raptus; questo il thema:

Raptor patrem non exorans

RAPTOR, NISI ET SUUM ET RAPTAE PATREM INTRA DIEM TRICESIMVM EXORAVERIT, PEREAT. Raptae patrem exoravit, suum non exorat. Reum facit dementiae.

La legge497 che dà origine alla declamazione è probabilmente fittizia498: lo stupratore potrà aver

salva la vita soltanto se suo padre e quello della fanciulla violata gli accorderanno il loro perdono. Il giovane protagonista senecano riesce a ottenere la clemenza del suocero, ma non quella del proprio padre e, pertanto, rischia la morte. Latrone, perorando dalla parte del padre, definisce furor, nella specificità di una temeraria cupiditas499, il comportamento che ha indotto il figlio a commettere uno stupro; Cestio Pio chiama in causa i vitia del giovane, tipici della giovinezza: l’indole incline alla sregolatezza è manifesta dall’accusa mossa al padre, che, seppur soggetto a episodi d’ira500, ha sempre saputo riconciliarsi con il figlio dissoluto. La sanità

mentale dell’accusato è invece dimostrata dalle sue abitudini e dalla sua educazione retta, curata da un padre non troppo severo ma nemmeno troppo indulgente, che ha saputo ben instradarlo501. Una prova della sfacciataggine del giovane è anche il tentativo, riuscito, di ottenere per prima cosa il perdono del suocero e, solo in un secondo momento, quello del padre502: molti retori alludono, pertanto, a una collusione del padre della rapta503, mentre altri cercano cause più ‘strategiche’: il perdono del proprio padre, di fronte alla prospettiva della pena capitale, è stato erroneamente dato per scontato dal figlio, che non si è reso conto del potenziale di offesa insito nella precedenza accordata al suocero. D’altra parte, il figlio dovrebbe mostrare pentimento per le proprie azioni, perché i trenta giorni non sono ancora terminati e il padre ha ancora tutto il

495 Rizzelli 2015, 212.

496 Analizzata anche in Quint. 9,2,90-92. 497 Cf. anche Quint. 9,2,90; 349; Calp. decl. 25.

498 Bornecque 1932, 459 n. 127 e Sprenger 1911, 205 la ritengono un’invenzione dei retori; più cauto è Bonner

1949, 91, mentre Lanfranchi 1938, 462-466 ritiene che sia una traccia dell’accomodamento tra il padre della ragazza violata e il rapitore; così anche Wycisk 2008, 275 s.

499 Sen. contr. 2,3,1.

500 È pur vero che l’ira è una brevis insania, soprattutto secondo le definizioni di ambiente stoico (cf. Sen. ir. 1,1,2-

4), ma la collera, in realtà, è un accesso passionale di breve durata, a differenza della mania, malattia cronica.

501 Sen. contr. 2,3,2.

502 Sen. contr. 2,3,7 (Giunio Gallione) e 8 (Vibio Rufo e Cornelio Ispano). 503 Cf. Sen contr. 2,3,17.

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tempo di ritornare sulla propria decisione: elemento, questo, che depone contro la dementia504, così come la mancata correzione del testamento, ancora favorevole all’erede legittimo505. Non

si può, infatti, rimproverare a un demens la costanza, dal momento che quella che si definisce pazzia è, in realtà, una legittima manifestazione di collera conseguente a un comportamento scorretto secondo più punti di visa506. Non ci sono state azioni davvero folli che possano giustificare l’accusa: il padre non si è innamorato di una meretrix, non ha ignorato le leggi, non ha mai smesso di preoccuparsi del figlio507; anzi, la collera è un segno di affetto che provoca dolore e sofferenza in chi la prova508. Le perorazioni in difesa del figlio, invece, ritengono

dementia l’eccessiva durezza e severità del padre, che rischia di mandare a morte il suo stesso

figlio: «da questo tipo di discorso sembra evincersi quindi che la dementia addebitata al padre del giovane venga desunta dal suo stato mentale condizionato da un’ira che, non conoscendo il temperamento di un sentimento culturalmente apprezzabile come la misericordia, appare inspiegabile nella sua radicalità se non come prodotta dall’assenza di ragione»509. Folle è anche

l’ostinazione del padre a non rivelare quale sarà la sua decisione finale – se, cioè, cederà o meno al perdono –, con la conseguenza di causare nel figlio un perenne stato ansioso che potrebbe addirittura portare a gesti estremi510. Questo tipo di follia paterna, prodotta da un'ira irriducibile, dalla non disponibilità a recedere dai propri principi, mostra dei punti di contatto con il paradigma tragico di Aiace: anche nel caso dell’eroe greco la follia è la manifestazione di uno sdegno che scaturisce dall'estremo rigore etico, ma che agli altri appare una fissazione, il frutto di un'ostinazione e di una rigidità eccessive.

La divisio affronta in maniera più organica il problema della definizione della dementia: dopo l’esposizione di varie questioni di materia legale (se sia, cioè, possibile al seduttore istruire un processo nei trenta giorni di attesa del giudizio, se possa farlo contro il padre e, anche se possa, se sia opportuno), Latrone espone una quaestio specifica sulla follia:

Irascendi causas tractavit, quod rapuit, quod alium prius rogavit, quod patrem non rogavit, quod etiam accusat. Si non exorari <a> filio dementia est, an tamen damnari dementiae non possit cum adhuc an exoretur incertum sit511.

504 Sen. contr. 2,3,6 (Giunio Gallione). 505 Sen. contr. 2,3,8 (Publio Asprenate). 506 Sen. contr. 2,3,3 (Arellio Fusco).

507 Non attenersi a questi comportamenti e vivere turpiter, nelle ironiche parole di Papirio Fabiano (Sen. contr.

2,3,5) sarebbe invece tipico di un demens.

508 Sen. contr. 2,3,4 (Arellio Fusco): 509 Rizzelli 2015, 221.

510 Sen. contr. 2,3,10 (Marullo). 511 Sen. contr. 2,3,11.

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Esistono delle fondate ragioni che hanno causato l’ira paterna e sarà quindi difficile stabilire se l’atteggiamento del padre sia quello di un pazzo o, più semplicemente, di un uomo deluso e arrabbiato per il comportamento del figlio. Se, inoltre, il perdono è ancora incerto, nel senso che potrebbe non essere accordato, ma potrebbe verificarsi anche il contrario, come si può decretare che il padre sia incapace di intendere e di volere512? Un altro punto da tenere in considerazione è se si possa formulare un’accusa di follia solo in presenza di segni specifici della malattia, sostiene Fabiano e, come lui, Latrone:

Fabianus hanc quaestionem fecit et in ea multum moratus est: dementiae non posse agi nisi cum meo qui morbo fureret; in hoc enim latam esse legem, ut pater a filio sanari debet, non ut regi. […] Inter has putabat (scil. Latro) et hanc esse, an pater ob dementiam quae morbo fieret tantum accusari a filio debeat513.

L'affermazione di Latrone conferma quanto osservato sopra: l'accusa di dementia sfiora la

controversia figurata (se non fosse che quella di dementia è l'unica accusa a disposizione di un

figlio per attaccare il direttamente il pater); il vero scopo è rendere evidente l'inadeguatezza della persona a gestire il ruolo di pater. Latrone, quindi, ritiene che sia possibile accusare di

dementia un padre anche in mancanza di sintomi specifici di follia, purché abbia tenuto un

comportamento eccessivamente impius: una prassi del genere, però, nota Asinio Pollione, non verrebbe mai attuata nella reale pratica forense.

Ego [semper] scio nulli a praetore curatorem dari quia inicus pater sit aut impius, sed quia furiosus; hoc autem in foro esse curatorem petere quod in scholastica dementiae agere514.

Si può qui ravvisare un riferimento alla cura furiosi e all’assegnazione del curator solo in manifesti casi di conclamato furor: l’esigenza, in ambito giudiziario, di una seria verifica delle prove per accertare lo stato di follia dell’accusato è testimoniata, dunque, anche dai declamatori, che riflettono sull’inopportunità di delineare un quadro nosografico relativo alla dementia a partire da isolate manifestazioni di tratti caratteriali quali, come nel caso in analisi, una collera del tutto giustificabile e certo non immotivata515.

512 Cf. Sen. contr. 2,3,14 e 16. 513 Sen. contr. 2,3,12.

514 Sen. contr. 2,3,13.

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La controversia seguente, la 2,4, è ancora dedicata a un’accusa di dementia da parte di un figlio nei confronti di un padre reo di aver adottato il nipote:

Nepos ex meretrice susceptus

Abdicavit quidam filium. abdicatus se contulit ad meretricem et ex ea sustulit filium. aeger ad patrem misit; cum venisset, commendavit ei filium et decessit. pater post mortem illius in adoptionem recepit nepotem. accusatur ab altero filio dementiae516.

L’abdicatio517 è stata causata dalle dissolutezze di uno dei due figli, innamorato di una meretrix

e, verosimilmente, colpevole di aver speso, per compiacerla, buona parte del patrimonio paterno. Tuttavia, di fronte alle disperate condizioni di salute del figlio disconosciuto, il padre si muove a compassione, corre da lui amens518 e decide di adottare il nipote, sebbene sia figlio della prostituta, contro il parere dell’altro figlio, che lo accusa di essere diventato pazzo. L’adozione, nelle parole del padre, è stato un atto di pietà dovuto all’affetto: l’abdicatio c’è stata, certamente, ma è nata dalla volontà di punire un comportamento esecrabile e non dalla mancanza di attenzione e amore verso il figlio. Quella che gli si rimprovera è una novi generis519 dementia, un ribaltamento dei normali rapporti tra consanguinei: paradossalmente, l’uomo

sarebbe considerato sano se non volesse riconoscere un parente di sangue520. Egli ammette di

essere stato pazzo in passato, sì, quando ha disconosciuto il migliore dei suoi figli, mentre avrebbe dovuto abdicare l’altro, che ora si oppone a un atto dovuto, al richiamo della propria famiglia e al rispetto delle volontà di un moribondo521. E se il figlio fosse sopravvissuto, il padre lo avrebbe riaccolto a casa522, ma, per l’accusa, il segno della follia è proprio l’adozione del bambino; tuttavia, il padre afferma che nessuno è esente da difetti e che, quindi, un solo errore non è sufficiente per decretare una diagnosi di pazzia523:

516 Sen. contr. 2 th.

517 Sul caso di un padre che disconosce il figlio perché innamorato di una prostituta, cf. Quint. 11,1,82, in cui si

afferma che una situazione del genere è un tipico esempio di tema scolastico che, però, può anche verificarsi nella realtà del tribunale.

518 Qui siamo chiaramente nell'ambito della follia che porta a eccessi di indulgenza (il filone 'comico' della follia,

per così dire).

519 Novum gener è una determinazione tipicamente declamatoria, che di solito prende di mira proprio la natura

paradossale di una situazione o di un comportamento, cf. Pasetti 2011, 113 n. 63 ad Ps. Quint. decl. mai. 17,3.

520 Sen. contr. 2,4,2 in me novi generis dementia arguitur: sanus eram si non agnoscerem meos (Cestio Pio). 521 Sen. contr. 2,4,2 fateor aliquando me insanum fuisse: nescii quis esset abdicandus, meliorem expuli. 522 Sen. contr. 2,4,3 ut salvus esset rogavi deos et, licet dementiam voces, si vixisset, recepissem.

523 Cf. Pigeaud 1998, 333 relativamente a Cael. Aurel. ac. pass. 1,34 intellegimus phrenitim ex toto signorum

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Non potest <ex> uno crimine dementia intellegi. Nemo sine vitio est: in Catone moderatio <deerat>, in Cicerone constantia, in Sulla clementia524.

La pars altera, a difesa del figlio accusatore, si occupa di narrare gli eventi precedenti l’abdicatio e, soprattutto, l’atteggiamento severo del padre nei confronti del luxuriosus. Nella

divisio ci si chiede se sia lecito citare in giudizio il proprio padre a causa di un’adozione e si

discute del modo migliore per presentare la figura dell’accusatore, così che possa in qualche modo suscitare le simpatie dell’uditorio. L’argomentazione migliore è quella di Cestio, per cui il padre si accuserebbe da solo di follia, mettendo a paragone il suo atteggiamento con quello tenuto in precedenza, molto più severo: con una bella figura, il declamatore definisce la follia una res contraria sanitati e dimostra che, in passato, il padre era sanus e moralmente retto, a differenza del frangente attuale, in cui le conseguenze della dementia ricadono sulla scelta degli eredi.

La controversia 2,6, invece, descrive un caso che può, effettivamente, essere messo in relazione con una reale richiesta di nomina di un curatore: si tratterebbe di un’accusa mossa per dilapidazione del patrimonio familiare ereditato ab intestato525. Oltre all’aspetto giudiziario, visto che si ha a che fare con un padre dissoluto, entra in gioco la follia di ambito comico: dietro la follia del pater, infatti, si intravede la figura del senex libidinosus, che si rende ridicolo perché assume comportamenti che sarebbero accettabili solo per un adulescens.526 La situazione presentata nel thema è la seguente527:

Pater et filius luxuriosi

Quidam luxuriante filio luxuriari coepit. Filius accusat patrem dementiae.

Di fronte al comportamento dissoluto del figlio, il padre decide, a dimostrazione di quanto tale atteggiamento possa essere nefasto, di darsi alla lussuria egli stesso, ma subisce un’accusa di

dementia. I declamatori che svolgono il tema dalla parte del figlio osservano, però, che, se un

modo di vivere improntato alla luxuria è sì riprovevole anche in giovane età, e tuttavia può essere ancora emendato, in un uomo anziano è chiaro indice di pazzia:

524 Sen. contr. 2,4,4 (Giulio Basso).

525 Bornecque 1902, 68; Bonner 1949, 93 e n. 7; Rizzelli 2015, 230 n. 52.

526 Cf. Bianco 2003, che ha messo a fuoco questo tipo di personaggio nella commedia. 527 Cf. anche Quint. 11,1,79 ut in scholis luxuriantem patrem luxuriosus ipse iuvenis accusat.

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Luxuriosus adulescens peccat; at senex luxuriosus insanit528.

Inoltre, se il giovane si comporta in modo discutibile, è evidente che non ha ricevuto un esempio adeguato da parte del proprio padre529 e, in ogni caso, i vitia che causano disapprovazione per un giovane possono essere un indizio di follia incipiente in un anziano, anche se, d’altra parte, avverte Latrone530, bisognerebbe denunciare i segni della dementia e non soltanto i vitia, che, di per sé, sono irrilevanti ai fini di un’accusa di questo genere. Nella ricostruzione di Arellio Fusco, la difesa del padre – il tentativo, cioè, di far assumere al figlio la consapevolezza della degradazione con la finzione del proprio degrado – non è credibile, perché il suo passare tempo con prostitute e approfittatori, l’ubriachezza e le risse sono manifestazioni di uno stato mentale che esclude la possibilità di un progetto lucido e razionale: si tratta, piuttosto, di una follia che sopraggiunge in maniera improvvisa (subitus furor) e che causa la perseveranza nel vizio531. L’escerto 6,7, già analizzato in relazione al tema della matrigna532, presenta un’accusa di dementia da parte di un figlio al padre che cede all’altro figlio la propria moglie per salvarlo da

una mortale malattia d’amore. Il padre si difende affermando che il proprio attacco di follia, se così si deve chiamare, ha salvato un’altra persona dalla follia stessa, anche se una follia nata da un sentimento amoroso: a un padre che agisce per salvare la vita di suo figlio non si può rimproverare nulla. Non è questa, ovviamente, la visione della situazione da parte dell’accusatore:

Nescio furiosus uxorem duxerit an habuerit an dimiserit an conlocarit. Quam demens est cui adulterium pro beneficio imputatum est! Strinxit gladium maritus non ut vindicaret adulterium sed ut faceret533.

Il padre è accusato perché abdica al ruolo sociale di marito e, invece di opporsi a un adulterio, lo favorisce: un chiaro segnale di incapacità mentale di discernere ciò che è giusto e ciò che non lo è. Anche qui si rientra nella tipologia della dementia come indulgenza eccessiva: in questi casi, il termine demens è usato in un'accezione quasi metaforica.

528 Sen. contr. 2,6,4 (Giunio Gallione). Per un giudizio negativo su atteggiamenti di eccesso da parte di un senex,

cf. anche Plin. epist. 6,33,2-4, Iuv. 10,232-239.

529 Per la predisposizione dei giovani alla dissolutezza, cf. anche Aristot. rh. 2,1389a3-1389b11. 530 Sen. contr. 2,6,5.

531 Sen. contr. 2,6,9. 532 Cf. supra, 22 s. 533 Sen. contr. 6,7,2.

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Un’altra accusa di dementia intentata da un figlio al padre è presente nella controversia 7,6: il