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Il caso: Baglio del Cristo

Il percorso verso una completa diffusione di questo nuovo paradigma non è breve né facile, difatti le imprese a cavallo tra il vecchio concetto di impresa tradizionale e le novità apportate dall’Industria 4.0 sono molte. Queste aziende, però, sono in un percorso che se ben guidato condurrà ad una completa nonché necessaria trasformazione, che permetterà loro di non essere investite ma di cavalcare l’onda di questa Digital Distruption.

Per meglio analizzare questo cammino evolutivo ho deciso di trattare dell’impresa Baglio del Cristo di Campobello di Licata, in provincia di Agrigento, operante nel settore vitivinicolo di proprietà della famiglia Bonetta. L’impresa sorge su terreni collinari che si estendono per 30 ettari ad otto km dalla costa, tra i 230 ed i 270 metri di altezza sopra il livello del mare, con una densità di circa 5.000 piante per ettaro organizzate in dieci microaree. La caratteristica di questi terreni è la presenza mista di gesso e calcare, che permette di trattenere l’acqua nel sottosuolo regalando qualità organolettiche al vino. L’impresa nasce all’inizio del secondo millennio, dopo decenni trascorsi a coltivare l’uva, cambiando visione e facendo il grande salto, ovvero decidendo di chiudere la loro filiera e portando il frutto del loro lavoro in bottiglia trasformandosi, così, da semplici produttori di uva in cantinieri. Iniziano, così, col migliorare le vigne, arricchendole di Nero d’Avola e introducendo il Cabernet e il Syrah, realizzando, così, una moderna e razionale cantina, con attrezzature all’avanguardia e controlli computerizzati. La prima annata di produzione risale al 2007, e nonostante l’inesperienza entra a gamba tesa nel mercato vinicolo riuscendo a ricevere importanti riconoscimenti già a partire dal 2009 sia a livello nazionale, con il Vinitaly, che a livello internazionale, con Mundus Vini International Wine Award. Ad oggi il mercato di sbocco è principalmente italiano, ma un buon 35% della produzione viene esportato all’estero. Vengono offerti sul mercato tre diversi C'D'C'

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“Cristo di Campobello” nella variante bianco (Grillo, Chardonnay, Insolia, Catarratto), rosato (Nero d’Avola) e rosso (Nero d’Avola, Merlot, Syrah), Adènzia rosso (Nero D’avola e Syrah), Adènzia bianco (Grillo e Insolia), Lalùci (Grillo), Laudàri (Chardonnay), Lusirà (Syrah), Lu Patri (Nero D’avola), in aggiunta due spumanti non ancora in commercio, ma in fase di realizzazione.

La produzione del vino in questa cantina è caratterizzata da una fusione tra produzione tradizionale e le novità che il cambiamento tecnologico regalano, quindi innovazione e tradizione si integrano con un unico obiettivo quello della qualità del prodotto finito. Analizzando tutte le fasi di produzione questa integrazione è ben visibile. La prima fase è la vendemmia che viene svolta a mano, alla quale segue la fase di diraspatura che permette una divisione dell’acino dai raspi. Questa fase prevede l’utilizzo di un apposito macchinario, la diraspatrice lineare ad alta frequenza, con tavolo di cernita a rulli incorporato che consente di diraspare con delicatezza e di separare insieme scarti vegetali e raspi (che restano intatti) dal vendemmiato (figura 4.14). Attraverso questo macchinario l’uomo viene sgravato da questo compito, il che ha effetti positivi riconducibili sia ad una riduzione del tempo impiegato, sia alla realizzazione di un prodotto di migliore qualità, che grazie all’ottenimento di acini puliti ed interi, liberi da contaminazione di tannini verdi e potassio, consentono di realizzare vini morbidi e di equilibrarne l’acidità.

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Figura 4.14: Diraspatrice

A questa operazione fa seguito la pigiatura, nella quale gli acini vengono schiacciati delicatamente in modo da liberare parte del succo e polpa in essi contenuto, senza stressare in maniera eccessiva il prodotto, quindi ciò che si ottiene è il pigiato costituito sia da parti solide (bucce e vinaccioli) che liquide. La pigiatrice si presenta in acciaio inox, costituita da un telaio in cui sono montati due rulli in plastica alimentare, la cui distanza è variabile in modo da regolarla a seconda della tipologia dell’uva da pigiare e del prodotto che si vuole ottenere. Lo scopo dei rulli è di schiacciare in modo soffice l’uva e permettere la prima fuoriuscita del succo che sarà poi sottoposto a successive lavorazioni (figura 4.15).

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Figura 4.15: Pigiatrice

Successivamente si ha la pressatura, che nella vinificazione del rosso è ben distinta dalla pigiatura in quanto intervallate dalla fermentazione alcolica, ciò significa che l’uva viene pigiata e diraspata, il pigiato viene fatto fermentare e solo dopo viene pressato, invece nella vinificazione del bianco le due fasi sono attaccate infatti dopo la pigiatura- diraspatura, il pigiato viene pressato e sgrondato (separazione di bucce e vinaccioli dal mosto) ed in seguito il mosto ottenuto viene fatto fermentare. La pressatura, pertanto, viene utilizzata per estrarre tutto il mosto presente nel pigiato. Viene utilizzata una pressa sottovuoto allo scopo di ridurre al minimo il contatto fra aria e pigiato durante la pressatura, ciò avviene attraverso l’utilizzo di gas inerti, recuperati mediante il pallone di accumulo e ricircolo. Attraverso l’utilizzo di questo macchinario si evita che venga ossidato compromettendo la buona riuscita del vino (Figura 4.16).

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Figura 4.16: pressatrice a gas inerme

I vantaggi esercitati dalle tecnologie altamente innovative sono ben visibili nella fase di fermentazione che viene effettuata con l’utilizzo di tini in acciaio e legno di rovere francese, che rappresentano la tradizione dell’affinamento in legno con le possibilità offerte dalla tecnologia dei silos in acciaio, ovvero rimontaggi, micro e macro ossigenazioni e controllo delle temperature. In particolare, i silos facilitano soprattutto le operazioni di rimontaggio, ovvero il trasferimento del mosto dalla parte inferiore della vasca di fermentazione alla parte superiore, per omogeneizzare la massa e distribuire in maniera omogenea i lieviti. Questo perché durante la fermentazione il gas prodotto trascina verso l’alto le particelle solide, bucce e vinaccioli, creando uno strato compatto di vinacce chiamato cappello che crea una sorta di tappo e non permette l’ossigenazione della massa, questa operazione serve appunto a rompere il cappello così da permettere sia l’ossigenazione del vino sia l’estrazione del massimo delle sostante contenuto nel cappello (Figura 4.17). Da notare inoltre che la macerazione del mosto con le bucce varia in base al tipo di vino, che va dalle tre ore del C'D'C' rosato, fino ai 18 giorni di Lu Patri.

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Figura 4.17: Tini in acciaio e legno di rovere

Tutti i silos sono automatizzati e comandati da un sistema operativo informatizzato (PLC)85, tramite il quale vengono impostate tutte le operazioni di cantina tra cui, le temperature di vinificazione e il volume. I dati elaborati, possono essere visualizzati tramite report giornalieri, settimanali, mensili e annuali. Il PLC è in grado di segnalare in tempo reale eventuali anomalie e permette il controllo ed il monitoraggio da remoto. È dotato, inoltre, di un software per la tracciabilità del vino che archivia tutti i dati dei vigneti e le lavorazioni fatte in cantina. Si è così in grado, per ogni singolo lotto di bottiglia, di estrapolare qualsiasi informazione utile per la rintracciabilità: dallo scaffale al vigneto di provenienza (figura 4.18). Attraverso questo sistema si hanno effetti positivi sia sul prodotto, che in questo modo può essere meglio monitorato garantendone una maggiore qualità ma anche maggiore conoscenza, sia sul miglioramento del processo poiché viene reso più fluido ed efficiente grazie al contrasto immediato di qualsiasi

85 Programmable logic controller (PLC) è computer industriale digitale progettato per il controllo o la gestione di processi di fabbricazione o di dispositivi.

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problema che fa in modo che nessuna complicazione possa compromettere la qualità del prodotto.

Figura 4.18: Computer di controllo

La fase successiva è l’affinamento, che si differenzia in base al vino che si vuole produrre, infatti ha una durata variabile e può essere effettuata in base al tipo di vino nelle tine d’acciaio e/o nelle barriques di rovere francese (Nevers, Tronçais, Allier) e in bottiglia (figura 4.19).

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Segue la fase di imbottigliamento, prima della quale però il vino viene sottoposto ad un’attenta analisi poiché questo è l’ultimo momento in cui si può intervenire sulla qualità e stabilità del vino. Vengono, perciò, effettuati diversi esami chimici allo scopo di controllare l’acidità totale e volatile, l’anidride solforosa libera e totale, la quantità di ferro, rame, batteri e lieviti ed eventualmente viene svolto un filtraggio. Svolti questi controlli il vino viene per l’ultima volta travasato in modo da eliminare ogni eventuale deposito. A seguito di queste operazioni viene trasportato attraverso una fascia tubiera nei locali dediti all’imbottigliamento, che viene svolto in maniera automatica dal macchinario (figura 4.19), il quale funge sia da sciacquatrice, riempitrice e tappatrice. Questa fase è molto importante poiché un riempimento eseguito in maniera errata può causare la perdita di quelle caratteristiche tanto ricercate di cui il vino ne è portavoce, a causa della presenza di ossigeno o di altre tipologie di contaminazioni.

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Una volta imbottigliato il vino viene affinato in bottiglia, naturalmente il tempo varia in base al vino, ma in ogni caso tutte le bottiglie sono sottoposte all’affinamento per almeno due mesi, in seguito l’ultima fase è quella di etichettatura in cui dopo essere state risciacquate ed etichettate dal macchinario, il dipendente dovrà solo svolgere un ruolo di controllo, ed il vino è finalmente pronto per essere commercializzato.

Tutto il layout è sviluppato per poter rendere il più fluido possibile il processo, inoltre l’impresa è dotata anche di un impianto di depurazione dell’acqua per purificarla dal cloro affinché l’acqua utilizzata per pulire macchinari e bottiglie non alteri le proprietà organolettiche del vino.

Alla luce dell’osservazione di questa impresa possiamo notare come l’intero processo di produzione non è interamente integrato e automatico, ma inizia già a scorgersi un principio di trasformazione ben visibile grazie all’utilizzo di software e sistemi di controllo da remoto che permettono non solo di conoscere la storia del vino ma anche di avere l’integrazione uomo-macchina in un cammino di sempre maggiore fusione tra questi due mondi, che grazie all’industria 4.0 appaiono sempre più prossimi.

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CONSIDERAZIONI FINALI

La quarta rivoluzione industriale può essere riassunta come l’era dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata, della stampa 3D, dei veicoli autonomi e degli oggetti connessi che insieme creano un enorme valore aggiunto in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro, di creazione di nuovi modelli di business e aumento della produttività e della qualità produttiva delle macchine, soprattutto grazie all’interazione fra risorse, alle informazioni in real time e alla riduzione di costi e scarti che ne consegue. Per applicare correttamente le tecnologie dell’Industria 4.0 è necessario creare le condizioni su cui fondare il cambiamento. Su queste necessità si muovono le manovre del Governo che in questi ultimi anni ha cercato e continua a cercare soluzioni affinché le imprese possano rinnovare le competenze, definire nuove forme organizzative e colmare i gap strutturali che il contesto italiano presenta. In particolare, risulta di primaria importanza prestare maggiore attenzione alle PMI, che rappresentano il cuore pulsante della nostra economia, e supportarle maggiormente lungo il loro percorso di trasformazione. Come evidenziato anche dal questionario Confapi spesso, però, questa trasformazione risulta più difficile per le imprese di minore dimensione, in quanto avendo a disposizione minori risorse, risultano più restie ad implementarla. Ne consegue che il loro cambiamento è più lento, tanto da far pensare più ad un’evoluzione che ad una rivoluzione. Ciò che in ogni caso è necessario è che ciascuna impresa, compiendo un’attenta autoanalisi, comprenda quali obiettivi perseguire e solo con questa chiara idea trovi gli strumenti adeguati per raggiungerli implementando esclusivamente le tecnologie che la rendono più competitiva.

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Pertanto, risulta evidente che l’Industria 4.0 non può essere qualcosa che si compra ma qualcosa che lentamente viene assorbita all’interno dell’organizzazione e per fare ciò il primo passo non può ridursi alla mera acquisizione di attrezzature, software, sensori ma occorre saper coltivare l’attitudine al cambiamento, affinché le imprese possano adattarsi all’evoluzione dei sistemi divenuti indispensabili per non essere spazzati via dalla concorrenza più visionaria. Da ciò si deduce che, ancor prima di qualsiasi cambiamento strutturale, organizzativo, di prodotto, va mutata la mentalità di tutto il personale, che interamente deve essere coinvolto e formato su queste tematiche, anche attraverso, come più volte evidenziato nell’elaborato, il supporto di strumenti messi a disposizione dal Governo.

In ultima analisi preme sottolineare che la quarta rivoluzione industriale, che mi sono cimentata a descrivere, è ancora in atto, pertanto il suo reale potere rivoluzionario potrà essere compreso solo nei prossimi anni, poiché oggi possiamo solo creare le basi affinché questa possa ben svilupparsi ed essere anche ben governata.

Seppur questo cambiamento non sempre risulta facile non si può far finta che questa trasformazione non sia in atto altrimenti si rischia di essere completamente spazzati fuori dal mercato, poiché come diceva Charles Darwin “Non è il più forte a sopravvivere o il più intelligente ma colui che meglio riesce ad adattarsi al cambiamento”.

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