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La catena di approvvigionamento dell’idrogeno: produzione, distribuzione, consumo e

Anche per l’eventuale utilizzo del vettore energetico idrogeno, e della formula tecnologica ad esso correlata, fondamentale è l’approccio al cambiamento che si intende perseguire. Il dibattito in merito all’utilizzo dell’idrogeno, infatti, ha finora perseguito l’approccio tipico della visione centralizzata (approccio di cambiamento soft): grandi centrali idroelettriche (per esempio in Canada o in Islanda) o grandi centrali termiche solari (impiantate magari in grandi spazi come il deserto del Sahara) per produrre idrogeno da trasportare in altri luoghi. Un’attenzione piuttosto scarsa è data alla produzione diretta dell’idrogeno (sempre tramite elettrolisi dell’acqua) in impianti di piccola taglia che utilizzino FER (non tradizionali) o all’estrazione dell’idrogeno dalla biomassa.

Come abbiamo detto l’idrogeno ha la caratteristica base della flessibilità, sia a monte che a valle del processo di produzione energetica, proprio per questo però appare particolarmente sensibile al sentiero che si intende perseguire per la transizione; ogni step della filiera di produzione, infatti, man mano che si ingrandisce la scala lo rende, nonostante il forzato presupposto di produrlo dall’acqua, più o meno economicamente, ambientalmente e socialmente sostenibile.

La catena di alimentazione per la produzione centralizzata del vettore comincia, di fatto, con la generazione di elettricità che alimenta, attraverso cavi ad alta tensione, gli impianti elettrolitici dove l’idrogeno viene prima separato dall’ossigeno e poi eventualmente liquefatto per il trasporto; l’idrogeno liquido così ottenuto viene conservato in siti di stoccaggio ed in seguito trasportato a destinazione, per essere nuovamente stoccato per facilitarne la distribuzione nelle centrali elettriche, alle stazioni di rifornimento ecc. con la conversione finale dell’idrogeno in elettricità, ad opera delle celle a combustibile (che per inciso invertono il processo elettrolitico), la catena di produzione/stoccaggio ha 11 anelli circa (Scheer, 1999)160; catena161 che si accorcia notevolmente con la produzione localizzata perché l’elettrolisi, la liquefazione e lo

160 Per una lettura più approfondita e comparata delle diverse catene di produzione/stoccaggio di

produzione elettrica si veda H. Scheer (1999) che individua per le fonti fossili 8 anelli della catena, 7 per il carbone e 10 per il nucleare, contro 1-2 del fotovoltaico ed 1-3 dell’eolico (a seconda se l’utilizzo è diretto o l’energia viene trasmessa in rete).

161 “Più corta è la catena, ovvero minore è il numero delle fasi di lavorazione, è maggiore sarà la

stoccaggio avvengono direttamente in loco (gli anelli diventano se si utilizza il fotovoltaico 4 o 5) potendo anche unire le fasi di generazione e di elettrolisi che renderebbe inutile la fase del trasporto (che richiede di per sé una infrastruttura piuttosto complessa).

C’è, inoltre, da ricordare che essendo un gas molto instabile162 deve essere necessariamente usato in condizioni di estrema sicurezza, onde evitare problemi di pressione e di infiammabilità.

La combinazione idrogeno/fuel cell, basandosi su una tecnologia assai versatile e modulare, si propone come l’ideale complemento a una strategia di diversificazione delle fonti energetiche primarie. Nonostante le diverse valenze positive evidenziate, tuttavia, queste soluzioni tecnologiche denotano ancora molteplici problematiche a livello di filiera industriale. L’introduzione di una tecnologia così pervasiva (secondo diversi studiosi le

fuel cells possiedono le caratteristiche tipiche delle disruptive innovation), infatti, richiede uno sforzo collaborativo da parte di tutti i soggetti coinvolti nel processo: dai produttori di componenti ai system integrator, fino agli utilizzatori finali, passando per i policy maker e i

venture capitalist.

“Formula tecnologica idrogeno”, dunque; somma di tecnologie che nel complesso può rappresentare mutamento economico, sociale, anche ambientale da molti punti di vista, ma che è anche suscettibile all’immobilismo in determinate condizioni: una scelta, una decisione, un rischio.

L’incerta strada che si apre di fronte agli scenari energetici possibili spinge a sperimentare, a provare nuove tecnologie, a perfezionarne di vecchie, ma tutto a partire da decisioni chiare e da cardini interpretativi condivisi.

L’analisi che segue compara alla luce delle analisi costruzioniste di Bijker (con le quali leggiamo i processi di inclusione od esclusione all’interno dei gruppi sociali pertinenti, ma anche l’immagine stessa della tecnologia e degli attanti non umani coinvolti) e dell’Actor Network di Latour e Callon, tre modi di sperimentare un possibile scenario

162 Il gas prende fuoco, in spazi chiusi, al contatto con una fonte di energia di soli 20 micro Jouls (MI)

(per la combustione del metano richiede un’energia di circa dodici volte superiore), la fiamma ascensionale e praticamente invisibile alla luce diurna, ma brucia ad una velocità superiore rispetto alla combustione di metano e benzina ed irradia una quantità di calore scarsamente percepibile a distanza. L’infiammabilità e il basso quantitativo di energia necessaria ad attivare il processo di combustione sono di rimando compensate da una forte tendenza alla dispersione in caso di fuoriuscite, dovuta essenzialmente alla spinta idrostatica e all’alto tasso di diffusione (nel caso di una fuoriuscita di benzina e metano allo stato liquido c’è un aumento della superficie interessata al fattore di pericolosità) (Hoffmann, 2002; 297-298).

energetico, ottiche differenti, ma anche diversi modi di pensare (e costruire) una tecnologia creando intorno ad essa un processo di traslazione163, nell’accezione di Latour e Callon, ad

opera del sistema tecnico scientifico e del sistema politico eventualmente coinvolto.

163 Con le fasi ad essa annesse: problematizzazione, interessamento, arruolamento (ma anche

“I grandi dilemmi sono spesso nascosti e neutralizzati dalla veste tecnica delle procedure decisionali: così molti problemi che affliggono la vita di ciascuno di noi, il destino della specie e la qualità dell’evoluzione possibile sono sottratti al dibattito ed al controllo da parte della società. La democrazia in una società complessa si misura in base alla capacità di portare in superficie questi dilemmi, renderli visibili e pubblici e definire intorno ad essi nuovi diritti” (Melucci, A, 2000: 87).

Ciò che è necessario a questo punto non è un’analisi sempre più raffinata di una visione difettosa, ma una nuova visione. Questo non vuol dire che tutto ciò che è stato costruito sulla base della vecchia sia necessariamente da buttare via, ma quando si altera la visione preanalitica è probabile che ne conseguano cambiamenti anche fondamentali. Il mutamento di visione, consiste nel rappresentare la macroeconomia come un sottosistema aperto di un ecosistema naturale non illimitato (l’ambiente), anziché come un flusso circolare isolato, di valore e scambio astratti, non vincolato da equilibri di massa, entropia ed esauribilità delle risorse

(Daly, 1996).

Capitolo Quinto: Un processo in embrione, l’embrione di un

processo

Nel capitolo precedente abbiamo visto, tra le altre cose, l’importanza della visione di cambiamento nelle strategie energetiche. I case studies analizzati rappresentano degli esempi specifici di come viene affrontato il problema dell’approvvigionamento energetico e delle possibili strade da percorre. Italia, Danimarca ed Islanda rappresentano tre differenti modi di vedere, gestire e rendere disponibile una determinata tecnologia, un diverso modo di leggere il problema dell’approvvigionamento energetico, momenti differenti di un processo di transizione energetica, che molti ritengono inevitabile, che passa anche attraverso la costruzione di un immaginario energetico/tecnologico forte basato su fonti a bassissimo impatto ambientale ed alternativo a quello dominante. La medesima tecnologia idrogeno viene vista e “vissuta” in maniera del tutto differente all’interno dei casi analizzati; così come profondamente differente appare essere la strategia d’azione (che non in tutti i casi sfocia in reali azioni di policy energetica) degli attori coinvolti nel processo di traduzione e di comunicazione della tecnologia.

Partendo dal modello analitico di Bijker ed in particolare dai concetti di flessibilità interpretativa e di gruppi sociali pertinenti, abbiamo identificato i diversi

progetti come “momenti” di un medesimo processo in embrione164 (da un lato di costruzione della tecnologia e dell’immagine di essa, e dall’altro di un modo diverso di pensare all’approvvigionamento energetico e di una possibile transizione ad un regime energetico “altro”) definendo, anche a partire dalle strategie di comunicazione della tecnologia portate avanti dalle coalizioni agenti, il progetto PEAC.net di Soveria Mannelli come lo “Zigote Tecnologico” (fase della retorica), il

momento “primo” nella costruzione dell’immaginario tecnologico riferito “alla

formula tecnologica idrogeno”: il momento della tecnologia evocata, o ancora evocata, intrisa di una forte componente retorica, lo stadio in cui il discorso politico tenta di costruire ex novo l’immaginario tecnologico facendo dell’innovazione tecnologica il suo vessillo; il caso di H2pia in Danimarca e del progetto islandese

rappresentano due stadi “geneticamente” più avanzati, tenendo presente che partono da presupposti socio-economici molto diversi.

Identifichiamo H2pia come la “Blastula tecnologica” (o stadio di

dimostrazione secondaria) ponendo particolare attenzione al tentativo di reinterpretare l’ambiente urbano a partire dall’energia, dalla sua disponibilità in forma altra; è il momento in cui la transizione è ancora in fieri e contempla soltanto una piccola parte dell’ambiente urbano che andrebbe a realizzare una concreta utopia da “imitare”, un’icona da prendere in esempio (centrale appare in questo caso la dimensione della strategia di comunicazione della tecnologia), ma è forte della relativa stabilità all’interno del contesto nazionale dell’energia eolica.

Identifichiamo il progetto islandese come la “Gastrula Tecnologica”( o stadio di dimostrazione primaria) che rappresenta uno “stadio evolutivo” superiore, grazie anche al fatto che l’Islanda ha già attraversato due transizioni energetiche165 e

l’utilizzo “domestico” delle fonti energetiche rinnovabili ha ormai raggiunto una dimensione significativa; il progetto (ECTOS) mira, infatti, alla completa

164 Definisco con il termine “processo in embrione” la tendenza, pressoché globale, ad assicurarsi

l’approvvigionamento energetico, dettato dall’insicurezza sia in termini di scarsità delle fonti energetiche di origine fossili sia in termini di instabilità dovuta alla determinazione geografica dei giacimenti esistenti. Nel nostro caso la tecnologia chiave è rappresentata da quella che è stata definita “la formula tecnologica idrogeno”.

165 Una riferita all’utilizzo massiccio dell’idroelettrico agli inizi del XX secolo e l’altro che riguarda

l’utilizzo su larga scala della geotermia nel periodo post bellico, che insieme coprono il 99% del fabbisogno di energia elettrica dell’isola.

indipendenza dalle fonti di origine fossile liberando, attraverso il vettore idrogeno, l’ultima “colonia” del petrolio sull’isola, il settore dei trasporti e della pesca.

Questa metafora di origine “biologica” (che può apparire quasi la classificazione di un modello lineare) verrà man mano esplicitata nell’analisi e nella comparazione dei casi; appare fondamentale, però, rilevare che l’intenzione non è quella di leggere il processo come un modello di sviluppo lineare, nonostante la terminologia utilizzata166, quanto piuttosto si intende definire come la medesima tecnologia (che rappresenta, o potrebbe rappresentare, l’input del processo di transizione verso tecnologie energetiche alternative alle fonti fossili da un lato ed al petrolio soltanto dall’altro) possa essere letta in determinate condizioni in maniera assolutamente differente e dare risultati completamente diversi anche a partire dal dibattito, dalla problematizzazione della tecnologia, o meglio delle tecnologie sottese ai progetti, e dalla strategia d’azione portata avanti dai promotori.

Attraverso una sintetica analisi delle policies energetico/ambientali nazionali (e dunque del ruolo strategico che gioca il sistema delle politiche pubbliche) prenderemo lo spunto per analizzare la coalizione agente operante nei casi di studio ed il processo di traduzione (traslazione) della tecnologia nel programma d’azione.

166 I termini utilizzati per definire le categorie vengono estrapolati dalla biologia cellulare a partire

dagli stadi di sviluppo dell’embrione (Zigote, Morula, Blastula e Gastrula o Embriocita). L’embrione durante la fase di sviluppo attraversa differenti stadi (ed altrettanti ostacoli dovuti alla moltiplicazione delle cellule): il più semplice (lo zigote) è il “momento primo” ossia la fase in cui l’ovulo viene fecondato, ma anche la fase in cui l’incertezza sul successo del processo è maggiore; la morula è il momento successivo alla segmentazione dello zigote che attraverso la “mitosi cellulare” (ossia la moltiplicazione delle cellule) permette il passaggio da due cellule a quattro e da quattro a sedici, questa è la fase in cui più facilmente possono presentarsi delle anomalie in grado di interrompere il processo (solo nel 15-20% dei casi le morule passeranno allo stadio successivo); la blastula (da sedici cellule si passa a trentadue e così via) è lo stadio immediatamente precedente alla gastrulazione e dunque alla formazione dell’embrione che andrà a svilupparsi (la gastrula, appunto). Tutto il processo, che a prima vista potrebbe apparire semplice e lineare, è in realtà irto di ostacoli; ogni stadio, infatti, presenta forti probabilità di problemi ed anomalie in grado di interrompere l’intero processo che non necessariamente giunge con successo alla fine. I tre casi rappresentano, nella nostra interpretazione, i diversi stadi di un medesimo processo di transizione energetica in embrione. La similitudine nasce, infatti, dall’esigenza di leggere le differenze riscontrate durante la fase di ricerca nell’interpretazione della medesima tecnologia, del modo in cui viene definita e problematizzata (flessibilità interpretativa), dal modo in cui viene comunicata all’esterno (problematizzazione), dall’apertura o dalla chiusura del medesimo processo ad altri attanti (arruolamento e mobilitazione).

L’analisi di ogni caso è stata portata avanti in ciascuna realtà nazionale in oggetto attraverso delle interviste semi-strutturate167 agli attori coinvolti direttamente

(ed a vari livelli) nel progetto scelto come caso di studio ed attraverso l’analisi dei documenti messi dagli stessi a disposizione168.

5.1 Politiche pubbliche energetico/ambientali nazionali (Italia, Islanda