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3.4 Il credo borghese: La Scuola cattolica

3.4.2 Cattivi maestri Educazione e società

L‘autore rimanda, indirettamente, all‘impronta dell‘educazione cattolica nella formazione del killer Angelo Izzo soffermandosi sul linguaggio con il quale riesce a ottenere la libertà in seguito al delitto, che somiglia esattamente a quello utilizzato dai preti per persuadere i fedeli. Queste le parole del killer riportate nel testo: ―Ho smesso di amare la violenza solo grazie all‘amore per gli altri, solo quando ho compreso la bellezza di essere uomo fra gli uomini568‖. Non è difficile commisurare la somiglianza con la retorica paternalistica dei preti, di cui un mirabile esempio viene riportato nella risposta affabulatrice che il preside rivolge ad un collegiale intenzionato ad abbandonare la scuola569, poichè il cristianesimo, come dice l‘autore, forniva ai preti ―un‘arma formidabile e versatile, dato che al suo interno contempla quasi ogni atteggiamento possibile e ha una risposta a tutto570‖. Proprio nelle maglie di questa ―dottrina duttile e malleabile‖ trova spazio l‘inganno571

che si gioca sul più duttile degli strumenti umani, il linguaggio: il rovescio attraverso le parole, la cui abile combinazione può trasformare un killer spietato in una vittima redenta572. La stessa propensione al paradosso riecheggia poi nel senso comune e nel linguaggio della politica (―In questo paese lo splendido slogan ‗Chi è senza peccato eccetera eccetera‘ fa sentire i colpevoli nel diritto di dare lezioni […] come a dire che tutto il mondo è criminale e gli unici a pagare sono loro573‖), favorendo quella confusione tra legale e illegale che, come è stato visto precedentemente, è lo sfondo ideologico che fa da impalcatura alle storie nel noir. Anche nell‘atteggiamento dei suoi assolutori, individuati negli psicologi che refertarono il cambiamento dell‘assassino, si intravede un certo vizio di pensiero, mutuato

568 Ivi, p. 827. 569 Ivi, pp.120-123. 570 Ivi, p. 107. 571

È interessante notare come la descrizione della dottrina cristiana, quale altare consacrato al dogma e, al tempo stesso, strumento che lima le asperità e include le opposizioni, sia simile al ritratto che ne da Sciascia in Todo Modo. In particolare la figura di Don Gaetano mostra molte affinità con quella del preside del collegio, tanto da sembrare un chiaro riferimento al personaggio sciasciano: «Il preside del SLM aveva gli occhiali scuri […] Chi guarda attraverso quegli occhiali non si nasconde del tutto, anzi, non si nasconde affatto, ma rivela di sé soltanto quel che vale la pena rivelare, ossia, il proprio potere: che allude senza mai mostrarsi, senza trasformarsi in un‘immagine concreta, in un‘azione precisa», Lsc, op.cit., p. 113

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La corrispondenza che esiste tra struttura del linguaggio e azione è la stessa che lega la parola alla forma dell‘esistenza, infatti l‘autore sosterrà che la modernizzazione del linguaggio favorisce ―una progressiva quanto inarrestabile smaterializzazione dell‘esistenza, che dalle parole si trasferisce alla vita e viceversa‖ Lsc, p.201. L‘osservazione di Albinati sembra riprendere la polemica di Pasolini sul ―linguaggio tecnologico‖ seguito alla mutazione antropologica del dopoguerra. Cfr. P.P.Pasolini, Scritti corsari, 1 ed 1975, Garzanti, Milano, 2008.

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dalla dottrina cristiana che tende a sublimare l‘atto della conversione, in questo caso la redenzione del peccatore. L‘autore, infatti, riflette: ―Avevo capito che più pecchi, più il tuo pentimento causerà gioia, anzi, nel linguaggio religioso, giubilo […] terroristi pentiti, rapinatori che hanno preso a dipingere madonne, omicidi che risultano alla fine quasi migliori delle loro vittime innocenti574 […]‖. Vale la pena mettere in evidenza come le accuse di ―complicità‖ rivolte all‘istituzione religiosa riecheggino quelle contenute nel saggio-pamphlet di Rea, La fabbrica dell‟obbedienza (2011). L‘autore infatti sostiene che quello del pentimento sia un tic del comportamento italiano che fornisce ai colpevoli ―la possibilità di nuovi peccati da confessare e di cui pentirsi in futuro575‖; ma è ancor più interessante notare l‘interrelazione esistente tra comportamento criminale e morale cattolica: ―Il confessore si accontenta della parola del penitente, che formalmente non è tenuto nemmeno a impegnarsi in maniera vincolante a non reiterare il peccato commesso576‖. Il parallelismo acquisisce importanza se si considera il tema della complementarietà della forma tra Chiesa e mentalità criminale come genealogia del presente. L‘ampiezza con il quale il tema torna, nella letteratura italiana del secondo Novecento, da Sciascia ad Albinati, mostra come sia peculiare non tanto della nostra letteratura, quanto della nostra identità nazionale. Non a caso, infatti, la verità emerge da quegli elementi che sfuggono al dominio dell‘intelligenza delittuosa: la perizia grafologica, ad esempio, sostiene la pericolosità sociale del killer, disconoscendo quanto sostenuto dagli educatori che ne avevano seguito -l‘impossibile - riabilitazione. Tuttavia, sotto un‘altra prospettiva che non include la presenza della religione cattolica nell‘inconscio sociale, l‘osservazione polemica nei confronti dell‘approccio cristiano al colpevole richiama molto da vicino quella di Carrère nell‘Avversario577; anche qui l‘autore non riconosce autenticità alla conversione religiosa dell‘assassino che sterminò la propria famiglia. Tanto Carrère quando Albinati rinunciano alla posa assolutoria, indirettamente complice di radicalizzare l‘ambiguità del male sovrapponendo la figura del colpevole con quella della vittima. In questo modo entrambi cercano di ristabilire un pensiero laico, anti- retorico e, in qualche modo, anti-narrativo, preferendo l‘incompiutezza della follia omicida

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Ivi, p. 65.

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E. Rea, La fabbrica dell‟obbedienza, Feltrinelli, Milano, 2013, p. 43.

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Ibidem, pp. 48-49 Da notare che più avanti verrà espressa un‘idea molto simile riguardo alla morale borghese, che prevede una divaricazione tra credenza e parola: ―non richiede mai la completa adesione a ciò che si dice e si fa […] questo margine si riduce a poter dire una cosa pensandone un‘altra‖ (p.495).

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alla coerenza dello schema colpa-redenzione. Il dettaglio della perizia funziona, quindi, come una traccia involontaria, o traccia mancata, indicando una pista da seguire ma che, nella realtà, rimane nell‘incompiuto. L‘analisi che porta alle radici della violenza si estende però, anche alla sfera mediale che rivela ―una crescente domanda di morte‖ all‘interno della società, con l‘aumento di rappresentazioni della violenza proposte dal cinema e dalla televisione.