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2. Tra Rivoluzione e Restaurazione

2.5. Il cattolicesimo di fronte alla nazione

Negli anni Venti, all’interno del cattolicesimo, c’erano sostanzialmente due punti di vista in relazione alla concezione di civiltà cristiana. Uno che si muoveva sulla scia dei francesi, in particolare di de Maistre, ed era caratterizzata dal rigetto della modernità e

62 Ivi, p. 237.

63 Ivi, p. 241. 64 Ivi, p. 248.

65 Ivi, p. 249; cfr. anche D. Menozzi, Tra riforma e restaurazione. Dalla crisi della società cristiana al mito della cristianità

77 dalla prospettiva di una rigenerazione della società e della politica sulla base dei valori della cristianità medievale. Un altro che, pur muovendo dagli stessi presupposti ultramontani, se ne distaccava però nel momento in cui conferiva alla nazione i caratteri di un soggetto autonomo, dotato di una storia propria, legittimata e civilizzata dalla religione e dal papato. Paradigmatici di queste differenze furono gli elogi funebri dedicati a Pio VII nel 1823 da Antonio Rosmini e da Gioacchino Ventura: il primo venne censurato e diffuso solo nel 1832, anonimo ed emendato, mentre il secondo ebbe ampia diffusione66.

Si tratta di due canoni interpretativi della modernità, che sgorgavano di fatto da due concezioni distinte circa il ruolo del cristianesimo nella storia e la sua incidenza sulla società67. La prima era focalizzata sulla grande cesura operata dalla riforma

protestante, da cui poi, lungo una catena ininterrotta di sedizioni ed errori, sarebbe sgorgata la civiltà moderna. Era la christianitas medievale il modello di riferimento per questo filone, come vedremo nel prossimo capitolo. La seconda concezione si muoveva lungo un’idea di civiltà come originata dall’annuncio cristiano e alimentata dalla sua penetrazione, seppur non lineare, nei costumi e nella vita associata. Essa era portata a riconoscere, anche se in modo selettivo, l’impronta cristiana nel mondo moderno. Alla nazione italiana essa attribuiva un ruolo privilegiato nella promozione della civiltà cristiana. Questa visione poté assumere naturalmente coloriture e declinazioni molto diverse68.

Queste due anime prima della metà del secolo dialogarono proficuamente. Le istanze guelfe del sentimento nazionale ricevettero una notevole spinta dal mito di Pio VII come protagonista della resistenza contro Napoleone, facendo confluire sul pontefice il ruolo di fulcro dell’identità nazionale italiana. Ne sono un esempio importante i discorsi Della servitù d’Italia, scritti da Ugo Foscolo nel secondo decennio

66 Cfr. E. Francia, Papa, in A. M. Banti, A. Chiavistelli, L. Mannori e M. Meriggi, Atlante culturale del Risorgimento cit., pp. 222 e seg.

67 F. Traniello, Religione cattolica e stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, il Mulino, Bologna 2007, pp. 18-19. 68 Ibidem.

78 del XIX secolo (Traniello parla, a tal proposito, di “caso-limite”69). L’opera, alla quale

Foscolo nel primo abbozzo milanese appose il titolo Dell’indipendenza del Regno

d’Italia, raccoglieva una serie di discorsi con i quali lo scrittore ammoniva tutti gli

italiani a considerare lo stato deprecabile della nazione, avvilita dalle lotte intestine. A un discorso proemiale ne seguiva uno rivolto “agli italiani di ogni setta”, in cui l’autore ribadiva la pericolosità della divisione del popolo in partiti e proponeva un nucleo di questioni intorno all’indipendenza nazionale. Vi si auspicava il ristabilimento della potenza e della dignità del papa, così che, una volta combattuta e vinta la “corruzione religiosa”, egli potesse regnare in Italia70.

L’anno che costituì uno spartiacque fu il 1848: da quel momento i due orientamenti di cui stiamo parlando si divaricarono. Prima di quella data, però, le istanze filo-papali del sentimento nazionale poterono combinarsi agevolmente con l’onda ultramontana di cui abbiamo reso conto, imperante anche nel cattolicesimo italiano. In certi casi, così, il primato papale venne arricchito dall’idea del primato nazionale.

Traniello mette in evidenza le concezioni della nazione sviluppate da de Maistre e Manzoni, come esponenti paradigmatici dei due orientamenti sopra citati. Da una parte, la visione maistriana ebbe una forte connotazione politica e concepì la nazione come un prodotto sociale derivato dall’azione del sovrano. Dall’altra, Manzoni, nelle

Osservazioni sulla morale cattolica, prese le distanze da Sismonde de Sismondi, così

come da de Maistre e Lamennais, spostandosi dal terreno storico a quello della rivelazione; da questo orizzonte escluse la legittimazione religiosa della sovranità politica e si mosse in direzione dell’alterità tra verità religiose e sovranità, e quindi tra leggi e morale evangelica. La vera religione non aveva bisogno, per Manzoni, di prescrizioni politiche, ma il ruolo di mediazione spettava alla coscienza degli uomini71.

69 Ivi, p. 65.

70 Ibidem. 71 Ivi, pp. 66-70.

79 Nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, lo scrittore italiano sostenne che l’identità nazionale poteva esistere e vivere in modo autonomo dai detentori dell’autorità e del potere, in quanto, a suo avviso, le nazioni erano entità originarie e irriducibili le une alle altre.

Un altro esempio dell’anima reazionaria è costituito da un brano tratto dal libello

La restituzione de’ beni ecclesiastici necessaria alla salute di quelli che ne han fatto acquisto senza il consenso e l’autorità della Santa Sede apostolica, datato 1824 e

scritto dal domenicano Filippo Anfossi (1748-1825)72; al capo II, intitolato Se i beni

ecclesiastici sieno Nazionali, e quali ne sia il fine, e quali gli amministratori, l’autore

afferma:

A sfuggire le pene, che intima la Chiesa a coloro, che la privarono de' beni suoi, v'ebber di quelli, che li dissero Nazionali: ma vi vuol poco a capire, quanto sia impropria, e ingiusta una tale denominazione. Altro è la Chiesa, altro la Nazione; altro sono i beni Ecclesiastici, altro i Nazionali. La Chiesa è l'unione di tutti i Fedeli sotto dei loro rispettivi Pastori uniti al Vicario di Gesù Cristo, che è il solo Romano Pontefice Successor di S. Pietro: La Nazione è l'unione dei sudditi sotto lo stesso legittimo Governo. La Nazione è diversa secondo la diversità de Governi, e le diverse Provincie e i Regni: ma la vera Chiesa è in tutti i Governi la stessa; così è diversa la Nazione Inglese dalla Spagnuola, questa dalla Francese, la Francese dalla Italiana, e così delle altre: ma la vera Chiesa di Gesù Cristo è in tutto il mondo, e in tutte le Nazioni la stessa; in tutte quelle cioè, che hanno la medesima Fede, e riconoscono il medesimo Capo, che fa le sue veci. Quindi siccome ciascuna Nazione ha i suoi beni per sostenersi; così deve averli la Chiesa […].73

È qui esplicita l’adesione ad una concezione politica dell’idea di nazione, intesa come unione di sudditi sotto lo stesso governo, e quindi nettamente separata e in antitesi rispetto all’idea di Chiesa, intesa a sua volta come comunità di credenti74.

72 Cfr. DBI, vol. 3, 1961, ad vocem, a cura di Mario Rosa (consultato online).

73 F. Anfossi, La restituzione de’ beni ecclesiastici necessaria alla salute di quelli che ne han fatto acquisto senza il consenso e

l’autorità della Santa Sede apostolica, Francesco Bourlié, Roma 1824, pp. 3-4.

74 In realtà c’è un aspetto linguistico che dovrebbe indurci in sospetto. Per quanto riguarda la situazione italiana, coerentemente con l’aspetto “governativo” esposto in precedenza, l’autore avrebbe dovuto parlare di “nazioni”, dal momento che più di uno erano i governi che reggevano i vari stati della penisola. Il fatto di parlare di una sola nazione lascia sospettare che in realtà il concetto racchiudesse qualcosa di più del semplice “la nazione è diversa secondo la diversità de’ governi”.

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