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La cedevolezza nell’attuazione della norma comunitaria offre solo una “possibilità” di intervento per il

SEGUITO DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE

II. Con il decreto legge n. 297 del 2006, adottato il 27

6.2 I principi di sussidiarietà e leale collaborazione nel potere sostitutivo preventivo ex art. 117 comma 5, della

6.2.4. La cedevolezza nell’attuazione della norma comunitaria offre solo una “possibilità” di intervento per il

legislatore regionale: una competenza “condizionata” .

Analizzando la disciplina dell’art. 117, comma 5, Cost. e della relativa normativa statale di attuazione, si deduce che la medesima è prevalentemente improntata al meccanismo della cedevo

regionali ai fini del recepimento delle direttiv

le questioni eccepite dalle regioni per incompetenza, rilevando

lezza

Il quinto comma dell’art. 117, mentre, da un lato, riconosce alle Regioni la potestà attuativa della normativa comunitaria, dall’altro, introduce la facoltà dello Stato – da sempre esercitata – di intervenire in materie

e comunitarie459.

Gli atti normativi statali adottati si applicano solo per le Regioni nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della rispettiva normativa comunitaria. I medesimi perdono efficacia dalla data di entrata in vigore di ciascuna normativa regionale di attuazione, così assumendo carattere preventivo e cedevole. A garanzia della competenza regionale, la natura sostitutiva del potere esercitato e il carattere cedevole delle disposizioni devono essere esplicitamente indicati negli atti adottati. Trattandosi di norme suppletive e cedevoli, destinate, quindi, a lasciare il campo alla eventuale successiva normativa regionale o provinciale di recepimento, il trend che la Corte costituzionale ha manifestato è stato quello di ritenere non fondate

459 FURLAN F., Recenti sviluppi in materia di attribuzione della normativa comunitaria da parte delle Regioni, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun., 2005, il quale sottolinea come nel tempo si sia legittimata “la creazione di una generale competenza di “seconda istanza” dello

Stato centrale a fronte del mancato adeguamento degli enti substatali, che si è concretizzata attraverso l’esercizio di poteri di diversa natura, suppletivi, sostitutivi ovvero repressivi”.

come non si sia prodotta alcuna lesione nella sfera di competenza in ragione del carattere cedevole delle disposizioni statali460.

Tale disciplina del potere sostitutivo di cui all’art. 117, comma 5, ha certamente il pregio di contribuire ad evitare che lo Stato italiano risulti inadempiente rispetto al recepimento della normativa comunitaria, consentendo che di fronte ad un’inerzia regionale entri in vigore la normativa statale461. Tuttavia, la prassi in questione comporta conseguenze negative sul potere di attuazione del diritto comunitario da parte delle Regioni. Non sempre l’atto statale indica il carattere sostitutivo e cedevole, oppure indica in modo eccessivamente generico le disposizioni del proprio atto che riguardano ambiti di competenza regionale. La stessa Corte Costituzionale è intervenuta, diversamente da un parere espresso dal Consiglio di Stato462, per affermare che la clausola di cedevolezza può non essere inserita nella normativa sostitut

interpretazione delle singole Regioni l’individuazione degli spazi di

iva463.

Si viene così ad incrementare all’interno dell’ordinamento lo stato di incertezza nel riparto delle competenze statale e regionali. La clausola di cedevolezza lascia all’opera di

460 Cfr. ad es. sent. n. 406 del 2001, ma si tratta di orientamento consolidato fin dalla sentenza n. 349 del 1991. Contrariamente, nella sentenza n. 371 del 2001, la Corte dichiara una stabile alterazione dell’assetto delle competenze delineato dallo statuto speciale della Provincia di Trento e dalle norme di attuazione statutaria ad opera di un regolamento governativo recante norme di attuazione del regolamento CE n. 2815/98. A tal proposito, cfr. nota a sentenza di CELOTTO A., E’ ancora legittima la “sostituzione preventiva” dello Stato alle Regioni nell’attuazione del diritto comunitario?, in Giur. Cost., 2001, il quale afferma che “la decisione della Corte di disattendere la configurazione in termini di suppletività della normativa statale

va pertanto intesa come un segnale politico del giudice costituzionale al Parlamento ed al Governo”, nel senso di “non approfittare con eccessiva leggerezza e correntezza della presenza di una normativa comunitaria, per occupare tout court e con discipline tendenzialmente stabili le materie di competenza regionale”.

461 Anche la giurisprudenza amministrativa accoglie con favore il potere suppletivo del legislatore statale e il meccanismo della cedevolezza; si veda chiaramente sul punto, sentenza TAR Sicilia, n. 273, 11 gennaio 2010, la quale sintetizza la giurisprudenza finora intervenuta sul punto (Corte Costituzionale n. 126 del 24 aprile 1996; Corte Cost. 425 del 1999; Cons. Stato, Adunanza generale, n. 2 del 25 febbraio 2002), evidenziando il fondamento costituzionale del potere suppletivo del legislatore statale a fronte dell’inerzia delle regioni, anche a statuto speciale, nel recepimento di norme comunitarie. Nella specie, si trattava di comprendere la normativa applicabile nella Regione Sicilia in materia di energia atteso che la medesima Regione non ha ancora esercitato la potestà legislativa di dettaglio per il recepimento dei principi stabiliti dal d.lgs. n. 387/2003 né per il recepimento della direttiva n. 2001/77/CE. Così spiega la sentenza: “Il fondamento, esplicitato, per effetto della

legge costituzionale del 2001, dal primo comma dell’art. 117, è causalmente riconducibile alla responsabilità sovranazionale e internazionale che fa capo integralmente e unitariamente allo Stato-persona per le carenze nel rispetto dei relativi impegni”. Riprendendo il contenuto

dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato n. 2/2002, il Collegio ha ritenuto che: (i)all’attuazione delle direttive comunitarie, nelle materie attribuite alle regioni o Province autonome, in via esclusiva o concorrente, siano competenti le regioni e province autonome; (ii)ove le regioni non abbiano provveduto, sussiste il potere dovere dello Stato al fine di rispettare i vincoli comunitari, di attuare tali direttive; (iii) le norme poste dallo Stato in via sostitutiva siano applicabili solo nell’ambito dei territori delle regioni e province autonome che non abbiano provveduto e siano cedevoli. Tale previsione del potere sostitutivo rende espressa una norma riconducibile agli artt. 11 e 117 Cost. cioè al generale potere dovere dello stato di rispettare i vincoli comunitari. Nel caso di specie, – afferma il TAR – la fonte legislativa statale assume natura suppletiva sia pur in difetto di un’espressa qualificazione del carattere cedevole delle norme del d.lgs. 387/2003 e della direttiva de qua.

462 Consiglio di Stato, Adunanza generale, parere n. 2 del 25 febbraio 2002, cons. n. 3, in cui si afferma che lo Stato può intervenire con norme cedevoli in materie regionali,anche preventivamente, ma a condizione che tali norme producano effetto solo alla scadenza dell’obbligo comunitario di attuazione della direttiva e che l’atto normativo statale contenga una clausola espressa di cedevolezza.

463 Corte Costituzionale, sentenza n. 399 del 2006, cons. in diritto n. 2.2, in cui dichiara, contrariamente a quanto previsto dalla l. n. 11/2005, che la clausola di cedevolezza, pur non essendo contenuta nel decreto legislativo impugnato, è comunque presente nella legge comunitaria, la quale attribuisce delega al Governo per l’attuazione della direttiva e pertanto “deve ritenersi tuttora efficace ed incide sull’interpretazione dell’impugnato decreto legislativo”.

propria competenza e di possibile intervento non contribuendosi ad instaurare una evoluzione paritaria dei rapporti Stato-Regioni464.

L’intervento statale preventivo, in passato, era ammesso in termini molto ampi: prima, come presupposto necessario per l’adozione di leggi regionali di dettaglio (DPR 616), poi come presupposto per l’intervento delle sole Regioni a statuto ordinario, quindi come intervento facoltativo dello Stato per tutelare esigenze di carattere unitario o per dettare norme di principio inderogabili.

Oggi, invece, quel potere statale è ricondotto nell’alveo dei poteri sostitutivi, in quanto le norme statali producono effetto solo dopo il verificarsi dell’inadempimento, come richiesto dal comma 5, art. 117. Inoltre, la normativa che lo Stato intenda dettare a scopo cautelare, per prevenire l’inadempimento causato da ritardi o inadempienze dei legislatori regionali, è necessariamente cedevole.

Nonostante i progressi in termini di tutela degli interessi regionali, la disciplina descritta appare ancora carente se si utilizza il parametro delle esperienze federali degli altri Stati membri dove i poteri sostitutivi sono solo successivi, in quanto ammessi a inadempimento accertato.

E’ per tali ragioni che la procedura di attuazione della normativa europea così strutturata nel nostro ordinamento, fondata, dunque, sull’intervento legislativo preventivo dello Stato e sul carattere della cedevolezza, offre alle Regioni solo una “possibilità” di attuazione della normativa europea. E’, a tal proposito, che sembra potersi mutuare l’espressione kelseniana della “competenza condizionata” in virtù della quale l’attribuzione spetta all’ente a condizione, appunto, che la eserciti.

Alla luce di quanto appena detto, il potere/dovere di attuazione della normativa comunitaria e internazionale da parte delle Regioni e Province autonome che, con la riforma del Titolo V, viene elevato a garanzia costituzionale, può, pertanto, subire un ridimensionamento, trasformandosi in un mero “onere” o mera facoltà della Regione la quale interverrà, sostituendosi alla normativa statale, solo ove la stessa sia pronta e disponibile ad esercitare il proprio potere, che si traduce nella partecipazione della Regione alla fase di trasposizione della normativa comunitaria.

Ciò posto, nel nostro ordinamento, il regime esistente sconta un tasso di statalismo ancora evidente, potendo le autorità centrali interferire nelle materie di competenza regionale esclusiva o concorrente, prima ancora che si produca l’inadempimento e anche senza dimostrare l’esistenza di esigenze specifiche, diverse dal mero rischio di inadempimento. Ulteriore ragione per cui, in questa sede, si sostiene la motivazione degli atti sostitutivi legislativi.

A prescindere dall’intervento, se successivo o preventivo, viene, pertanto, sostenuta la legittimità del potere sostitutivo in ragione della responsabilità dello Stato nella sua unità e non delle

464 CONGA C. M., Il principio di “leale collaborazione”tra Stato e Regioni in ordine all’adempimento degli obblighi comunitari, in

singole Regioni465 di fronte alla Comunità europea. Inoltre, si è osservato che l’eventuale intervento sostitutivo del legislatore statale non determina uno spostamento di competenza a favore della legge statale, potendo il legislatore regionale, attraverso l’uso dei normali poteri, riappropriarsi della materia temporaneamente occupata dallo Stato466.

Tuttavia, l’intervento del legislatore statale in via preventiva, che sta diventando sempre più una prassi ordinaria, sembra assimilarsi ad un’avocazione legislativa legittimata dalla presenza di superiori interessi generali. Il fatto che il riassetto di competenze incidenti su settori di pertinenza comunitaria non sia dedotto in Costituzione scarica nelle mani del legislatore ordinario statale una sorta di competenza della competenza467, ossia il potere di decidere il soggetto deputato alla cura degli interessi nazionali secondo libere decisioni del legislatore stesso468.

La sostituzione preventiva, ammessa dall’art. 117 quinto comma, introduce deroghe al generale riparto di competenze legislative nel caso di inadempienza nell’attuazione di accordi internazionali e atti comunitari. Così il parallelismo tra affari europei e affari interni, esistente negli Stati federali e in Spagna, manca nel nostro ordinamento. Le questioni sopranazionali conservano, dunque, una specialità rispetto agli affari interni che legittima il regime derogatorio.

Si può in definitiva affermare come il principio di sussidiarietà si stia allontanando sempre più dalla sua impostazione originaria che favoriva il livello più prossimo alla persona e alla comunità, e si stia evolvendo, in senso dinamico,469 con un moto ascendente, in un’accezione simile all’evoluzione registrata dall’ordinamento comunitario che ha permesso l’accentramento in capo ai corpi europei delle competenze.

La legge “La Loggia” prevede, infatti, la possibilità che siano gli stessi enti da sostituire a richiedere al Governo di attivare la relativa procedura (art. 8, 1 co., l. 131 del 2003). Anche sulla base di questa ultima previsione si comprende, allora, come l'attenzione del legislatore si sia soffermata non tanto sulla funzione repressiva

465 BASSANINI F., Il ruolo delle regioni nell’attuazione delle norme comunitarie, in Le Regioni fra Stato e Comunità locali, Bologna, 1976; CLARIZIA A., op. cit.; MONACO R., L’esecuzione delle direttive comunitarie nell’ordinamento italiano, in Foro It., 1976; PINELLI C., Stato e Regioni, op. cit.; ANCORA T., Regione e CEE – Controlli sostitutivi, Dir. e Società, 1987.

466 ZAGRELBESKY V., Manuale di diritto costituzionale, I, Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1987.

467 D’ATENA A., L’esecuzione, cit., p. 1259, il quale esprime preoccupazione sul fatto che in questo modo la legge dello Stato, non solo potrebbe introdurre congegni di tipo sostitutivo anche in settori estranei all’ambito di incidenza delle fonti comunitarie, ma potrebbe altresì assoggettare l’esercizio delle competenze proprie delle Regioni a condizioni e limiti non contemplati dal sistema costituzionale.

468 RUGGERI sostiene l’intervento in via preventiva. Gli atti sostitutivi devono esibire caratteri propri, come la motivazione, l’intrinseca obiettiva congruità o proporzionalità rispetto al fine, metodo della partecipazione dell’ente.

469 CARINCI F., Il principio di sussidiarietà verticale nel sistema delle fonti, in ADL Argomenti di diritto del lavoro, 2006, p. 1497 ss. Secondo l’Autore il principio di sussidiarietà “può essere usato in senso statico o dinamico: statico, se l’ordinamento lo usa in modo rigido e fisso, per cui non è permesso alcuno scorrimento dall’uno all’altro livello; dinamico, se lo utilizza in modo flessibile e mobile, per cui è ammesso tale scorrimento. Ed è nel suo utilizzo dinamico che meglio emerge il carattere duplice del principio di sussidiarietà verticale: in primis negativo, nel senso di escludere uno spostamento di competenza dal livello inferiore a quello superiore; ma poi anche positivo nel senso di ammetterlo quando sia richiesto dal carattere dello scopo perseguito o dall’ambito del territorio interessato. Il rischio nasce dal fatto che il carattere negativo sia prevaricato da quello positivo, con conseguente progressivo svuotamento del livello inferiore a pro di quello superiore, sì da realizzare un risultato del tutto opposto”.

dell'attività surrogatoria, quanto piuttosto sull'interesse, che dovrebbe essere proprio di tutti gli enti che compongono la Repubblica (art. 114 Cost.), alla tutela del patrimonio di principi fondamentali, costituenti la base di legittimazione dell'ordinamento470.

La sostituzione si tratta di una forma di controllo che sta assumendo un notevole incremento e compare come l’esito naturale dell’evoluzione in senso autonomistico del nostro ordinamento e della costituzionalizzazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza come principi cardine dell’articolazione e dell’esercizio delle funzioni amministrative.

7. Schema di disegno di legge di modifica alla legge n.