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Gli ulteriori sviluppi legislativi

SISTEMA PRERIFORMA

5. Modalità di attuazione della normativa comunitaria nell’ordinamento italiano

5.4 Gli ulteriori sviluppi legislativi

In relazione alla sostituzione nei confronti delle funzioni amministrative delegate il legislatore statale è intervenuto prima con l’art. 4 del D.P.R. n. 616 del 1977 e successivamente con l’organica definizione di potere sostitutivo, in generale, con la L. n. 400 del 1988, il cui art. 2, comma 3, lett. f) che ha dettagliatamente

252 CARETTI P., Il potere sostitutivo statale: un problema di garanzie procedurali o sostanziali per l’autonomia regionale?, in Le Regioni, fasc. 6, 1990, p. 1845.

specificato presupposti e condizioni di esercizio, limitatamente alle sole funzioni amministrative. La norma prevede, segnatamente, che “sono sottoposte alla deliberazione del Consiglio dei Ministri le proposte

che il ministro competente formula per disporre il compimento degli atti in sostituzione dell’amministrazione regionale, in caso di persistente inattività degli organi nell’esercizio delle funzioni delegate, qualora tali attività comportino adempimenti da svolgersi entro i termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi”.

Innanzitutto, la norma citata dispone che deve trattarsi di funzione amministrativa delegata “obbligatoria”, ovvero vincolata nell’an e da esercitarsi in un termine perentorio. Il suo esercizio è, dunque, subordinato all’inattività regionale. In mancanza di una specifica statuizione, si ritiene che la diffida è un atto facoltativo, affidato alla discrezionalità insindacabile del Governo. Nella successiva fase procedimentale si inscrive la proposta del ministro competente per materia, all’emanazione degli atti sostitutivi ad opera del Consiglio dei ministri, la cui deliberazione presenta un contenuto articolato: accerta la sussistenza dei presupposti legali e sostituisce l’attività amministrativa delegata rimasta inattuata.

L’espansione della sfera di attribuzione regionale, sul piano amministrativo, verificatasi a seguito della legge n. 59 del 1997 (Legge “Bassanini”), specie sul piano amministrativo, ha reso le interferenze più estese con le competenze statali e con l’ordinamento comunitario. Sorge l’interesse per gli enti locali nel senso che questi tendono ad assumere molte delle responsabilità prima affidate alle Regioni, mentre alle Regioni è assicurata una maggiore ampiezza delle competenze legislative. La legge n. 59/97 ha affidato al Governo un ampio potere sostitutivo nei confronti dei compiti e delle funzioni spettanti alle Regioni ed agli enti locali in caso di “pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali”.

Sostanzialmente conformativa agli indirizzi della giurisprudenza costituzionale è anche la previsione di una disciplina normativa generale del potere sostitutivo, definita all’art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1998253, dettata nell’ambito del conferimento di funzioni amministrative alle Regioni e agli enti locali. L’art. 5254, antecedente immediato del successivo articolo 120, co. 2 della

253 Art. 5, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, (rubricato “poteri sostitutivi”), recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”. A commento del d.lgs. 112/98 si vedano, fra gli altri, M. CAMMELLI, Commento all’art. 5, in FALCON G. (a cura di), Lo Stato

autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998, Bologna, 1998; M. CAMMELLI, Poteri sostitutivi (art. 5), in Le Regioni, 1998; G. FALCON, Il decreto 112 e il percorso istituzionale italiano, in Le Regioni, 1998; G. MELONI, Il conferimento delle funzioni amministrative agli Enti locali nelle leggi regionali di attuazione del D.lgs. n. 112/1998, in

www.amministrazioneincamino.luiss.it; G. PITRUZZELLA, Commentario al decreto legislativo 31marzo 1998, n. 112 recante

conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 Commento all’art. 10, in Le Regioni, 1998.

254 Tale disposizione prevede che, “con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata

inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato rispettivamente alla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito nominata “conferenza Stato-regioni e alla conferenza Stato-città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall’art. 8, comma 3, della legge 15.3.1997, n. 59. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente”. .

Costituzione, disciplina i poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle Regioni e degli Enti locali nel momento in cui la loro accertata inattività comporti l’inadempimento degli obblighi comunitari o internazionali, ovvero il pericolo di gravi pregiudizi agli interessi nazionali.

Siffatto potere sostitutivo, attivabile in caso di possibile compromissione dell’interesse nazionale, si pone come norma di chiusura del massiccio trasferimento di funzioni e compiti operato in virtù del principio unificante dell’interesse nazionale.

Segnatamente, il primo comma assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva.

Diversamente, il terzo comma dell’art. 5 prevede una procedura semplificata per i casi di assoluta urgenza, in cui, escludendosi l’applicazione del primo comma, il Consiglio dei Ministri adotta il provvedimento sostitutivo che ha immediata esecuzione ed è comunicato direttamente alla Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Stato-città che ne possono chiedere il riesame entro i successivi quindici giorni. Pertanto, si prescinde dall’assegnazione al soggetto inadempiente di un congruo termine per provvedere e della preventiva audizione dello stesso prima di procedere all’adozione della misura sostitutiva.

Mentre il primo comma poteva ritenersi rispettoso del principio di leale collaborazione perché assicurava la partecipazione dell’ente territoriale interessato al procedimento, parte della dottrina aveva ritenuto, invece, che la disposizione del terzo comma legittimasse l’intervento statale a prescindere dai casi di inerzia degli enti territoriali, ogni volta che vi fosse l’urgenza di provvedere.

Per la prima volta, si amplia l’ambito soggettivo dei destinatari del potere sostitutivo dato che l’art. 5 apre alle Regioni e agli Enti locali; sul piano oggettivo, invece, si supera il limite obbligato del riferimento a funzioni delegate o alle ipotesi di adempimento agli obblighi comunitari. Il conferimento di funzioni amministrative agli Enti locali nell’ambito di materie disciplinate dal diritto comunitario pone il problema dell’inadempimento da parte di questi ultimi delle funzioni conferite e conseguentemente della responsabilità che può derivarne in capo allo Stato di fronte alle Istituzioni comunitarie.

L’art 9 della Legge “La Pergola” è stato poi modificato dall’art. 13 L. 14 aprile 1998, n. 128 il quale sancisce che tutte le Regioni e Province autonome, nelle materie di loro competenza esclusiva e concorrente, possano dare attuazione alle direttive comunitarie, abrogando il doppio regime per Regioni ordinarie e speciali. Si assiste, quindi, ad una parificazione di tutte le competenze regionali, prevedendo che tutte le Regioni possano identicamente dare attuazione immediata alle direttive, sia nell’ambito della competenza esclusiva che nell’ambito della competenza concorrente, dovendo solo indicare, nelle rispettive leggi, il numero identificativo della direttiva attuata; veniva meno,

pertanto, il vincolo di subordinazione alle legge comunitaria255 che condizionava precedentemente i legislatori regionali.

Quanto poi all’esecuzione, attuazione in via amministrativa, la prima innovazione consiste ovviamente nell’ampliamento del campo di intervento regionale per l’attuazione in via amministrativa di atti comunitari, in corrispondenza con l’ampliamento generalizzato della loro dotazione complessiva di competenze a seguito del massiccio conferimento di funzioni amministrative realizzato con i vari provvedimenti legislativi della riforma Bassanini. Disposizioni espressamente riservate agli obblighi comunitari (art. 1, comma 4, L. 59/97 e art. 2, DPR 112 del 1998) prevedono che allo Stato restino riservati solo il “coordinamento con l’Unione europea e i compiti preordinati ad assicurare a

livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull’Unione europea”,

mentre ogni altra attività di esecuzione sia ripartita tra Stato e Regioni ed enti locali a seconda delle rispettive competenze. Sembra dunque che, per l'intero spettro delle funzioni amministrative conferite, i compiti di attuazione in via amministrativa degli obblighi comunitari restano assegnati alle Regioni (e agli enti minori), restando riservati allo Stato - relativamente alle funzioni conferite - soltanto il potere di indirizzo e coordinamento e il potere sostitutivo (in via amministrativa), per i quali sono anche previste nuove modalità procedurali (rispettivamente, art. 8, legge n. 59 del 1997, e art. 5, D.P.R. n. 112 del 1998).

Nell’ambito del potenziamento della Conferenza Stato-regioni, la riforma Bassanini ha attribuito ad essa la facoltà di esprimere parere obbligatorio, non solo sugli indirizzi generali della politica di attuazione statale, ma anche in ordine ai singoli atti attuativi dello Stato e, precisamente, sullo schema di disegno di legge comunitaria annuale (art. 5, comma , lett. b) D.P.R. n. 281/97, legge n. 128/1998), nonché sugli schemi di disegni di legge, decreti legislativi o regolamenti del Governo in materie regionali, dunque anche su quelli attuativi di norme comunitarie (D.P.R. n. 281/1997, art. 2, comma 3).

Lo stesso decreto, inoltre, ha riconosciuto alla Conferenza, ma con particolare cautela, di esprimere pareri anche sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, nelle materie di competenza regionale, danno attuazione alle direttive comunitarie ed alle sentenze della Corte di Giustizia (art. 5, comma 2, D.P.R. n. 281 del 1997): nel caso però non si tratta di pareri obbligatori, ma di pareri da pronunziare soltanto su richiesta dei Presidenti regionali e col consenso del Governo. E' superfluo sottolineare la grande importanza della partecipazione della Conferenza alla determinazione - sia pure e sempre con poteri consultivi - del contenuto di singoli atti che in qualunque modo riguardino le Regioni. Il parere della Conferenza costituisce una importante soluzione al fine di evitare illegittime ingerenze da parte dello Stato

255 Sull'argomento si veda GUIZZI V., Manuale di diritto e politica dell'Unione europea, Napoli, p. 468 il quale descrive la legge comunitaria annuale quale vera e propria pietra angolare del sistema di adeguamento dell'ordinamento comunitario a quello interno.

in materia di competenza regionale, sia pur non si riconosca alcuna vincolatività.

6. Il potere sostitutivo come espressione di

collaborazione tra enti nella giurisprudenza costituzionale.

L’iniziale orientamento della Corte Costituzionale trovava una certa difficoltà a calare l’istituto della sostituzione in un ordinamento predisposto sulla separazione rigida di competenze, come era l’assetto costituzionale prima del 2001, in considerazione della sua volontà di affermare un modello di relazioni orientato al superamento del principio della separazione delle competenze e costruito piuttosto sul coordinamento e sulla collaborazione256.

Il legislatore degli anni ’80 era stato, peraltro, attento nel prevedere modalità d’esercizio dei poteri sostitutivi accompagnate da congrue garanzie partecipative per l’ente regionale: ciò trova conferma attraverso la valorizzazione di un principio, quello di leale collaborazione, che acquista progressiva centralità nell’ordinamento.

L'applicazione della leale cooperazione nella figura giuridica della sostituzione trova fondamento nelle parole di Borsi257, il quale anticipando quanto avrebbe enucleato successivamente la Corte Costituzionale sul rapporto di leale collaborazione, come modulo attraverso il quale può essere raggiunto quell’ideale contemperamento fra esigenze unitarie e di tutela degli enti minori, aveva avuto modo di rilevare come “la

conferma, la correzione, sia pure l’annullamento di atti illegali, od inopportuni, la sostituzione dell’attività di dati organi da parte di altri organi, debbono direttamente riportarsi sotto l’idea centrale di cooperazione amministrativa e non già ridursi a semplici qualifiche di controllo”.

L’excursus degli interventi legislativi in ordine al potere sostitutivo pone l’attenzione su un dato fondamentale, riscontrabile nelle ultime sentenze della Corte Costituzionale. Quest’ultima, infatti, ha suggerito il trapasso – in relazione all’istituto della sostituzione, a forte vocazione collaborativa – da una concezione del modello di relazioni tra centro e periferia improntato secondo lo schema di rigida separazione (pensato in un’ottica di competenze rigidamente divise) ad un modello improntato alla logica del coordinamento e della collaborazione.

L’impianto costituzionale, fondato sulla tensione tra Stato e Regioni, il rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio (definito nella sentenza 214 del 1985258), la funzione di indirizzo e coordinamento e gli interventi sostitutivi costruiva un sistema in cui lo Stato finiva per ricoprire un ruolo superiore rispetto al gioco delle autonomie. Tale costruzione ha reso necessario apportare alcuni correttivi e temperamenti per

256 MAINARDIS C., I poteri sostitutivi statali: una riforma costituzionale con (poche) luci e (molte) ombre, in Le Regioni, 6/2001.

257 BORSI U., Intorno al cosiddetto controllo sostitutivo, in Studi senesi, 1916.

258 CARLASSARE L., La “preferenza” come regola dei rapporti tra fonti statali e regionali nella potestà legislativa ripartita, in Le Regioni, 1986, p. 235; ANZON A., Mutamento dei “prinicpi” fondamentali delle materie regionali e vicende della normazione di dettaglio, in Giur. Cost., 1985; CUOCOLO F., Il difficile rapporto fra leggi statali e leggi regionali, in Giur. Cost. 1985, p. 1660.

ricostruire un sistema per il quale tali interventi non si ponessero solo come momento punitivo dell’inerzia regionale259.

Stretta dalle difficoltà nel trovare il fondamento del meccanismo del potere sostitutivo in quanto non facilmente coerente col principio di separazione delle competenze, la Corte ha cercato di superare questa contraddizione facendo emergere dal sostrato costituzionale la valorizzazione del principio di leale collaborazione tra istituzioni; quest’ultimo, precipitato anch’esso, come il principio di sussidiaretà, dell’ordinamento comunitario, interviene per operare quale principio regolatore dei rapporti tra Stato e regioni laddove non vi sia una separazione netta tra i rispettivi ambiti di competenza260. E’ al principio di leale collaborazione che andrebbe ricollegato il potere sostitutivo, non in quello di supremazia dello Stato, in un quadro generale in cui quello della “concorrenza” diviene il criterio ordinatore delle competenze statali e regionali, secondo un’accezione atipica per l’Italia, ma fatto proprio da altri ordinamenti (dove tuttavia funziona come criterio che si aggiunge al riparto separato di competenze).

Il punto d’arrivo della giurisprudenza costituzionale, in una costruzione dogmatica dell’istituto del potere sostitutivo, può essere rinvenuto nella sentenza n. 177 del 1988261, in cui la Corte si pronuncia sulla legittimità dell’esercizio della sostituzione definendola come una funzione di portata eccezionale, strumentale alla tutela di limiti imposti costituzionalmente all’autonomia regionale, la quale può avere ad oggetto attività regionali vincolate nell’an per legge o per la natura degli interessi da tutelare ed il cui esercizio deve avvenire secondo modalità procedurali che rispettino il principio di leale collaborazione nelle relazioni tra Stato- Regioni262 affinché siano rispettate le prerogative riconosciute agli enti autonomi. Tale orientamento muove dall’assunto che “il controllo sostitutivo nell’ambito dei rapporti tra Stato e

Regioni, in relazione alle materie proprie di queste, assume connotazioni particolari legate al fatto che tale potere ha di fronte a sé un’autonomia politica e amministrativa costituzionalmente definita e garantita”.

259 CARAVITA B., I “poteri sostitutivi” dopo le sentenze della Corte Costituzionale, Politica del Diritto, n. 2, 1987, p. 321.

260 Corte Costituzionale, sentenza 151/1986, afferma che il rapporto tra competenze statali e regionali non può essere valutato alla stregua di modelli di netta separazione ma ricostruito alla luce del principio cooperativo. SCUDIERO M., Il

concorso di competenze tra Enti pubblici nelle materie regionali e il buon andamento della pubblica amministrazione, in Le Regioni, 1991, p.

643. Sul regionalismo cooperativo e sulle differenti forme di attuazione, CASSESE S., SERRANI, Regionalismo moderno:

cooperazione tra Stato e Regioni e tra Regioni in Italia, in Le Regioni, 1980, p. 398; CARROZZA, Principio di collaborazione e sistema delle garanzie procedurali, in Le Regioni, 1989, p. 473.

261 A commento della sentenza v. MEZZANOTTE C., Interesse nazionale e scrutinio stretto, in Giur. Cost., 1988 e TRIMARCHI BANFI, Nuovi risvolti positivi per l’interesse nazionale? in Le Regioni, 1988.

262 In tale pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma statale (art. 5 della legge 22 dicembre 1984, n. 892) nella parte in cui la stessa disposizione disponeva che ove le regioni e le province autonome non provvedessero a bandire il concorso per l’assegnazione delle farmacie vacanti o di nuova istituzione entro un termine legislativamente previsto, il Commissario di Governo, previa diffida, avrebbe provveduto, entro trenta giorni dal predetto termine, a nominare il commissario ad acta incaricato dell’indizione del bando di concorso e dell’espletamento del medesimo fino all’assegnazione delle farmacie ai venditori. Secondo la Corte tale disposizione doveva ritenersi illegittima “in quanto diretta ad istituire una forma di controllo sostitutivo attribuito ad un organo (il Commissario del Governo) inidoneo ad esserne titolare, essendo per un verso sprovvisto dei poteri che rappresentano una necessaria premessa per la titolarità di una qualche specie di controllo sostitutivo verso le regioni e, per altro verso, non identificantesi in nessuno degli organi che l’art. 92 Cost. comprende nel concetto di Governo, non essendo il controllo sostitutivo, previsto dall’art. 5, in fatto riconducibile ai poteri che la Costituzione attribuisce al commissario medesimo”.

Nella ricostruzione del potere sostitutivo dello Stato alla luce della figura della “collaborazione” tra Stato e Regioni, lo Stato si sostituirebbe alle Regioni, non già per realizzare un proprio fine, comprimendo indebitamente l’autonomia dell’Ente territoriale minore, bensì per realizzare obiettivi comuni, indicati nella stessa legge che lo autorizza a sostituirsi263.

La fattispecie dell’inadempimento regionale agli obblighi internazionali e comunitari meglio si attaglia alla previsione di un potere sostitutivo statale facendo sparire le disarmonie con la figura della collaborazione e le autonomie264.

Non può essere solo l’interesse nazionale a giustificare la collaborazione tra Enti, in quanto esso permetterebbe al potere sostitutivo di essere l’espressione di un potere di riespansione della formazione statale sulle materie che, solo perché vengano ad essere regolate dal diritto comunitario, automaticamente diverrebbero di interesse nazionale265. Delle due l’una: o la materia, in quanto trasferita alla regione, resta affidata alla cura di quell’ente territoriale, salva la necessità per lo Stato di sostituirsi alla Regione inadempiente per l’insorgere di un altro limite, quello degli obblighi internazionali; o essa, proprio perché divenuta oggetto di formazione comunitaria, passerebbe ab initio allo Stato, secondo quanto disponeva in proposito il D.P.R. 11/72.

La leale collaborazione si traduce nella seguente sequenza: l’obbligo per la Regione di adeguare la propria normativa a quella comunitaria, fondato sulle limitazioni derivanti, come per lo Stato, così anche per le Regioni, dall’art. 11 Cost. nonché sul limite degli obblighi internazionali, l’inadempimento regionale a tale obbligo a cui consegue l’azionamento di un meccanismo che, previo contraddittorio con la regione interessata, garantisce l’adempimento regionale, e con esso lo Stato di fronte alla Comunità Europea, tutto ciò consente di svelare la matrice integralmente garantistica del potere sostitutivo.

Con l’ammissibilità del potere sostitutivo che permette il raccordo tra Stato e Regioni in virtù del principio della leale collaborazione, si veniva ad innovare “contra constitutionem” l’insieme dei raccordi tassativi definiti in Costituzione. Tale apertura era possibile rilevando la elasticità del sistema dei raccordi istituzionali delineato nel vecchio Titolo V della Costituzione266 che va ad ampliare i casi di raccordo purchè rispettosi del sistema costituzionale delle Autonomie.

In via preliminare, la Corte ha statuito che il potere sostitutivo deve valutarsi alla stregua di un potere collegato a posizioni di controllo o di vigilanza che esuli da relazioni di tipo gerarchico e che sia esercitato solo in relazione ad attività sostanzialmente prive di discrezionalità nell’an, ossia attività che le Regioni hanno il dovere di compiere, perché sottoposte per legge a

263 CHIMENTI, Sul potere sostitutivo nei confronti delle Regioni previsto dal disegno di legge sulle zone umide, in Riv. trim. dir. pubbl., 1975, p. 353.

264 PINELLI C., Stato, Regioni e obblighi comunitari, Diritto e società, 1980, fasc. 4, p. 829.

265 PINELLI C., op. cit.

266 PALADIN L., La riforma regionale tra Costituzione e prassi, in Attualità e attuazione della Costituzione, Bari, 1979, p. 113. Inoltre, C. PINELLI, non esclude l’ammissibilità di ulteriori raccordi Stato-regioni in quanto la sostituzione è insita nel limite degli obblighi internazionale, op. cit., p. 829 ss.

termini perentori o perché, per la natura degli atti da compiere, che, ove non realizzate, possano pregiudicare il soddisfacimento di interessi essenziali affidati alla responsabilità statale.

Appare comunque evidente dalle pronunce della Corte Costituzionale in materia che, per poter considerare l’esercizio della potestà sostitutiva dello Stato una legittima espressione dei poteri allo stesso conferiti al fine di tutela dell’unità nazionale, la