SEGUITO DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE
I. Tra le prime applicazioni del potere sostitutivo, di cui
all’art. 8 della L. 131/2003, volto ad intervenire nelle situazioni d’urgenza, ha trovato espressione nel D.L. 16 agosto 2006, n. 251408 (Disposizioni urgenti per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento
nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica) e nel D.L. n. 297/2006, entrambi riferiti alla
medesima vicenda.
Il primo è stato adottato per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla direttiva 79/409 in materia di conservazione della fauna selvatica. Si parla di tentativo in quanto il decreto legge de quo non è stato convertito in legge ed è, dunque, decaduto in data 17 ottobre 2006409.
Pare opportuno, innanzitutto, rendere brevemente conto del quadro normativo in cui tali decreti si inseriscono. Al riguardo, è necessario prendere le mosse dalla direttiva 2 aprile 1979,
407 A tal proposito SCACCIA, op. cit., afferma che “allorquando la Costituzione ha conferito poteri normativi primari al Governo, ha sempre ribadito con la massima enfasi la natura eccezionale del conferimento. La doppia negazione con cui si aprono gli articoli 76 (L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo) e 77 (Il Governo non può, senza delegazione delle Camere) non è frutto di mero accidente e suggerisce, anzi impone di interpretare le norme costituzionali attributive di poteri normativi al Governo nel senso conforme alla regola secondo la quale esso (soggetto lessicale dell’art. 120 Cost.) non è abilitato ad esercitare funzioni di rango legislativo se non in presenza di una espressa, inequivoca autorizzazione costituzionale. Un’autorizzazione che - lo dimostra proprio la divisione registrata in dottrina circa la definizione dei contenuti del potere sostitutivo - non è certo rinvenibile ictu oculi nell’art. 120, secondo comma, della Costituzione”.
408 Il decreto legge n. 251/2006 non è stato convertito in legge. Ciò risulta dal comunicato del Ministro della Giustizia pubblicato nella G.U. 18 ottobre 2006, n. 243. Sugli effetti della mancata conversione, cfr. STEFUTTI V., Art. 10, comma 3
della legge 11 febbraio 1992 n. 157. L’interpretazione autentica della giurisprudenza, in www.dirittoambiente.it.
79/409/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli
uccelli selvatici). Tale direttiva ha trovato in Italia una prima
attuazione con la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) la quale
è stata contestata dalla Commissione europea che ha avviato una procedura d’infrazione a causa del mancato recepimento dell’art. 9 della direttiva in questione, concernente il regime delle deroghe operate dagli Stati membri. A tale sollecitazione si è risposto mediante l’approvazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione
della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE), il cui art. 1 aveva aggiunto alla legge n.
157/1992 l’art. 19 bis. Quest’ultima disposizione ha disciplinato il regime delle deroghe affidandone l’esercizio alle Regioni. L’attuazione da parte di queste ultime del regime delle deroghe è stato, in più di una occasione, ritenuto non soddisfacente da parte della Commissione europea, la quale ha attivato numerose procedure di infrazione.
Per far fronte a tale situazione il Governo ha approvato il D.L. n. 251/2006 che ha modificato il già citato art. 19 bis.
Siffatto provvedimento è stato considerato necessario al fine di superare, nel termine fissato di due mesi, le procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea derivanti dalla inadempienza dello Stato italiano in merito al regime delle deroghe ai divieti di caccia imposti dalla normativa comunitaria.
Il decreto legge in esame trova corretta giustificazione nell’evitare che l’ulteriore perdurare dello stato di inadempimento da parte della Repubblica Italiana, durante il tempo della stagione venatoria 2006/2007, venendo ad intaccare direttamente l’obiettivo della tutela della biodiversità410, comportasse la non approvazione, da parte della Commissione europea, dei Programmi di sviluppo rurale con conseguenze gravi sull’intero settore agricolo nazionale.
Pur mancando il richiamo all’art. 120 Cost., l’art. 8 del decreto legge disponeva un “intervento sostitutivo urgente” (come del resto si ricava dalla sua rubrica). L’assoluta urgenza è il presupposto dell’art. 8, comma 4, della l. n. 131/2003 e tale elemento è fondante del decreto legge in oggetto.
In questo caso, possiamo dire fondata la ratio del provvedimento legislativo411 che è intervenuto successivamente all’intervento regionale, dal momento che a ciascuna Regione è stato esplicitamente rimesso di prevedere il proprio nuovo sistema di deroghe, in accordo con le proprie specificità.
Nella specie, l’art. 8 impone l’adeguamento, da parte delle Regioni, del proprio ordinamento alle prescrizioni della direttiva de
qua, nonché dell’art. 19 bis, come modificato dal medesimo
decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Precisamente, le Regioni avrebbero dovuto procedere
410 La biodiversità è uno dei temi strategici della nuova programmazione 2007-2013, definita dal regolamento n. CE/1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005.
411 BILANCIA P., Obblighi comunitari sulla caccia: un decreto legge prevede un intervento sostitutivo “urgente” e l’abrogazione di leggi regionali
all’adeguamento “abrogando o modificando le proprie leggi, le delibere e gli
atti applicativi, nonché i calendari venatori nelle parti difformi dalle suddette disposizioni”. Inoltre, il citato art. 8 prevedeva che “in attesa di tale adeguamento e al fine di assicurare l’immediato rispetto dell’ordinamento comunitario, sono sospesi gli effetti delle deroghe adottate dalle regioni in difformità delle richiamate disposizioni”. Tale disposizione sembrava
giustificata dal periodo di attesa di tale adeguamento e al fine di assicurare l’immediato rispetto dell’ordinamento comunitario.
Ma vi è di piu! La medesima disposizione prevedeva che “decorso inutilmente il termine suindicato, le leggi e gli atti regionali difformi
da tali disposizioni si intendono abrogati e annullati”. E’ proprio
quest’ultimo profilo che ha suscitato le maggiori preoccupazioni412, ossia la circostanza che l’esercizio del potere sostitutivo comporti l’abrogazione di leggi regionali. Si è trattato, infatti, del primo caso di abrogazione espressa - tra fonti eterogenee - di norme legislative regionali da parte di una norma statale che ha aperto la via ad una rottura dei principi che regolano le antinomie tra le fonti del diritto413. In altri termini, l’incompatibilità tra leggi regionali e normazione legislativa statale non può comportare l’abrogazione di leggi regionali, sia pure in ragione del mancato adeguamento agli obblighi comunitari, in quanto ciò costituisce un vulnus dell’ordinamento regionale414. Ciò in ragione del fatto che l’assetto delineato dall’art. 117 Cost., costituendo il fondamento di una potestà legislativa paritaria tra Stato e Regioni, impedisce ogni possibilità di abrogazione diretta tra legge statale e regionale.
Né tanto meno è corretto il riferimento all’annullamento. Tale esito, infatti, conseguendo all’invalidità dell’atto, può essere solo dichiarato dalla Corte Costituzionale o dal giudice amministrativo eventualmente competente in relazione ad atti amministrativi.
Analizzando il disposto del decreto legge de quo alla luce dell’art. 120, co. 2, Cost., si ritiene che esso abbia dato luogo ad una fattispecie di sostituzione legislativa per effetto della situazione di urgenza che caratterizza la vicenda; circostanza che si pone in totale divergenza con quella parte della dottrina che riconduce alla medesima disposizione soltanto la sostituzione amministrativa.
Maggiore attenzione occorre porre alla procedura seguita per l’adozione del decreto. E’ possibile osservare, infatti, come l’atto sostitutivo in questione sia stato comunicato alla Conferenza
412 BILANCIA P., op. cit. , p. 4-5.
413 La Legge Scelba del 1953 prevedeva l’adeguamento della legislazione regionale concorrente ai principi delle leggi cornice entro 90 giorni, pena la abrogazione delle norme in contrasto. A tal proposito già CRISAFULLI sollevava il dubbio se si potesse parlare “di vera abrogazione o di altre forme di cessazione di efficacia o di invalidazione successiva delle norme regionali contrastanti con i nuovi principi che dovrebbe essere dichiarata dalla Corte costituzionale”.
414 BILANCIA P., Obblighi comunitari, cit., p. 5; in senso contrario S. PAJNO, La sostituzione, op. cit., p. 311-312, in cui l’A., riflettendo sul portato normativo dell’art. 120, co. 2, Cost., afferma che gli strumenti di sostituzione straordinaria, previsti dalla Costituzione, consistono proprio “nell’autorizzare, in presenza di particolari presupposti legittimanti, lo sconfinamento dello Stato
rispetto al riparto di competenze ordinariamente stabilito”. Pertanto, “l’atto normativo statale che esercita il potere sostitutivo ex art. 120 è una fonte competente…e dunque può produrre anche effetti abrogativi nell’ambito di tale sistema”, in quanto “si inserisce a pieno titolo nel sistema delle fonti della Regione rispetto alla quale è avvenuta la sostituzione”. In tal senso si esprime anche CALINI C. B., Il D.L. 16 agosto 2006, n. 251…., la quale, tuttavia, nota come “la previsione dell’inefficacia delle leggi regionali difformi in luogo dell’abrogazione e dell’annullamento, sarebbe stata ugualmente funzionale al raggiungimento dello scopo ma sicuramente più rispettosa del principio di proporzionalità”.
Stato-Regioni, ai sensi del comma 4 dell’art. 8 della legge n. 131/2003, che giustifica il ricorso al potere sostitutivo “inaudita
altera parte”. La Conferenza non ha però richiesto il riesame
dell’atto, esprimendo parere favorevole condizionato sul disegno di legge di conversione415.
Un problema alquanto dubbioso sotteso alla vicenda de qua, è quello connesso alla individuazione dell’assoluta urgenza che ha provocato l’intervento sostitutivo del Governo. Sul punto, occorre rilevare che le procedure di infrazione, avviate dalla Commissione in relazioni alle leggi regionali, al momento dell’adozione del decreto, non erano terminate con sentenze che accertavano l’infrazione. Di conseguenza, non sussisteva, a carico dell’ordinamento italiano, l’obbligo di adottare i provvedimenti conseguenti alla decisione della Corte di Giustizia. In mancanza di una sentenza della Corte di Giustizia che accerti l’infrazione, e, dinanzi all’entrata in vigore di leggi regionali contrastanti con il diritto comunitario, il Governo non avrebbe potuto fare uso dello strumento del potere sostitutivo, poiché si sarebbe trattato di un inadempimento commissivo. Lo strumento a sua disposizione sarebbe stato, invece, il ricorso alla Corte costituzionale per violazione dell’art. 117, primo comma.