l’ordinamento francese che può essere ancora considerato il prototipo di ordinamento giuridico unitario, nonostante che, dagli anni ’80, il decentramento amministrativo si sia sensibilmente sviluppato, determinando sia un graduale aumento delle competenze degli enti locali che l’istituzione delle regioni.
L’assetto ordinamentale su base unitaria e il rilevato ossequio alla tradizione ha comportato non solo un atteggiamento di resistenza a cessioni di potestà legislativa verso il basso95, ma anche una forte riluttanza nei confronti del loro spostamento verso l’alto, ossia a favore dell’Unione europea96.
Appare, pertanto, peculiare il sistema francese in tema di poteri locali che si ripercuote sulle relazioni con l’Unione europea e con il diritto comunitario. Si rappresenta, infatti, una situazione di difficile coabitazione tra l’unitarietà dell’ordinamento e l’integrazione comunitaria.
Invero, scarsa è la partecipazione dei poteri locali con riferimento alla trasposizione nell’ordinamento nazionale delle norme europee97 e scarsa la responsabilità locale nel processo decisionale comunitario per effetto delle limitate competenze legislative delle Regioni. Il ruolo delle collettività territoriali nel processo di decisione comunitaria, sia nella fase ascendente che nella fase discendente, risulta estremamente ridotto se posto in comparazione con le competenze degli enti territoriali degli altri Stati membri.
Il processo di trasposizione nell’ordinamento interno della normativa europea, invero, come quello di elaborazione della posizione nazionale in sede europea, sono accentrati nelle mani dell’esecutivo nazionale. In particolare, la responsabilità dell’attuazione del diritto comunitario è assegnata al Secretariat general du comitè interministeriel (SGCI), posto sotto la diretta responsabilità del Primo Ministro e si svolge attraverso articolate fasi che comportano un attento studio dell’impatto che la normativa da trasporre può avere nell’ordinamento interno, la valutazione del rispetto dei principi comunitari di sussidiarietà e
95 Nell’ordinamento francese, infatti, con specifico riferimento al sistema dei pubblici poteri locali, difettano alcune categorie proprio del nostro diritto pubblico. Si pensi, ad esempio, alla mancanza di un potere normativo autonomo delle collettività territoriali; all’assenza di una relazione gerarchica o sussidiaria tra i diversi livelli di governo locale (comuni, dipartimenti, regioni) – ogni livello di governo, infatti, è pariordinato agli altri e spiega una relazione dialettica direttamente con gli organi centrali (attraverso la figura del prefetto).
96 Sul punto cfr. F. CHALTIEL, La constitution francaise et l’Union europeenne. A propos de la revision constitutionelle du 25 janvier
1999, in Revue du Marchè commun et de l’Union europeenne, 1999.
proporzionalità e, nei casi più complicati, coinvolge il Consiglio di Stato, nell’esercizio della sua funzione consultiva.
La disciplina dei rapporti delle collettività territoriali si desume dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato in merito alla prevalenza del diritto internazionale e comunitario rispetto al diritto nazionale98.
Il diritto comunitario, specie quello della concorrenza, ha notevolmente influenzato l’azione pubblica locale, mettendo in crisi tradizionali modalità di intervento delle collettività locali nell’economia. Si pensi, ad esempio, al settore dei servizi pubblici99, alle regole relative all’evidenza pubblica per gli appalti di lavori, servizi e forniture, alla questione degli aiuti di Stato alle imprese
ento e la possibilità di essere sottoposta a sanzion udere l’applic itario posson .
Una limitata forma di partecipazione delle collettività territoriali all’attuazione, in fase discendente, del diritto comunitario, è offerta dall’articolo 44 della legge n. 2004-809 del 13 agosto 2004. La disposizione prevede che, sulla base di una delega sperimentale, dunque solo temporanea, le Regioni possano svolgere autonomamente funzioni di gestione e spesa dei fondi strutturali comunitari, che in precedenza erano di esclusiva competenza statale, sulla base di una convenzione che stabilisce il programma e le condizioni per l’adempimento degli obblighi comunitari. L’attribuzione della funzione di gestione e di spesa comporta anche la responsabilità della collettività interessata per l’eventuale inadempim
i finanziarie.
Sebbene il potere delle collettività territoriali di dare applicazione al diritto comunitario resti limitato, il Consiglio di Stato, conformandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia100, ha riconosciuto loro il potere/dovere di escl
azione del diritto nazionale non conforme al diritto comunitario101.
Considerato il limitato ruolo svolto dalle collettività territoriali nell’attuazione del diritto europeo, sono rare le ipotesi di responsabilità locale per inattuazione o cattiva attuazione degli obblighi comunitari. Tuttavia le violazioni del diritto comun
o essere causa di annullamento degli atti da parte del Consiglio di Stato in sede di controllo sulla legalità degli atti.
Il controllo di legalità è disciplinato dall’art. 72 Cost. e dall’articolo L 3132-1 del codice generale delle collettività territoriali: il rappresentante dello Stato, della Regione o del Dipartimento può deferire al tribunale amministrativo, attraverso un ricorso per eccesso di potere, gli atti delle collettività territoriali che devono essere trasmessi loro obbligatoriamente per diventare esecutivi. Con sentenza del 25 febbraio 1982, il Consiglio
98 Con la sentenza del 7 dicembre 1984, il Consiglio di Stato, dichiarando la sua competenza a verificare la legittimità di un atto amministrativo regolamentare rispetto ad una direttiva comunitaria non recepita, ha affermato per la prima volta, la prevalenza del diritto comunitari sulle fonti di diritto amministrativo nazionale. L’interpretazione del diritto nazionale conforme alla normativa comunitaria è stata introdotta con la sentenza del 22 dicembre 1989.
99 La c.d Legge Sapin del 1993 ha inciso profondamente sui servizi pubblici locali in una direzione conforme al principio della concorrenza proprio del diritto comunitario.
100 Sentenza 22 giugno 1989, Fratelli Costanzo, C-103/88.
costituzionale ha precisato che tale controllo risponde all’obiettivo di assicurare il rispetto delle leggi e, soprattutto, la salvaguardia degli interessi nazionali. Nei casi in cui, con il controllo di legalità, sia stata
abbiano fatto una corretta applicazione del diritto nazionale, indirettamente responsabili della violazio
o rilevant
ti interni hanno, dunque, la possibilità di “disinnescare” buona
sciuta alle Reg
accertata la assoluta inattuazione del diritto comunitario, i prefetti esercitano un potere sostitutivo.
Inoltre, la violazione del diritto comunitario da parte delle collettività territoriali può verificarsi in via indiretta attraverso l’applicazione di disposizioni di legge nazionale che non recepiscano o violino il contenuto di direttive comunitarie. In tali ipotesi, allo scopo di incorrere in responsabilità, è riconosciuta alle collettività territoriali di disapplicare la normativa nazionale non conforme e applicare il diritto comunitario. Tale potere riconosciuto alle collettività territoriali trova fondamento nella giurisprudenza comunitaria recepita dai tribunali amministrativi francesi. La Corte di Giustizia, nella sentenza del 10 aprile 1984 ha imposto l’obbligo del rispetto del diritto comunitario “a tutte le autorità degli Stati membri”. In tal modo, le collettività territoriali, godendo del potere di disapplicare la normativa nazionale incompatibile col diritto comunitario, finiscono per esercitare un ruolo di sostituzione nei confronti del legislatore nazionale che abbia violato o non abbia applicato gli obblighi comunitari. L’eventuale mancato esercizio di tale potere sostitutivo potrebbe rendere gli enti territoriali, che pure
ne del diritto comunitario102.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, possiamo concludere affermando che la sostituzione svolge un ruol
e negli ordinamenti federali e regionali che vivono, per la loro natura intrinseca, la forte tensione tra centro e autonomia.
In definitiva, negli ordinamenti federali, la sostituzione delle autorità federali nell’esercizio di competenze regionali è autorizzata solo quando la Corte di Giustizia (nel caso dell’Austria e del Belgio) o i giudici costituzionali (nel caso tedesco) accertino l’inadempimento di un obbligo comunitario causato dagli enti federati, con la conseguenza che i poteri sostituivi non vengono quasi mai praticamente utilizzati. Utilizzando tali strumenti, gli ordinamen
parte delle pressioni all’accentramento derivanti dall’Unione europea.
Alla luce di quanto sopra esposto, preme evidenziare che tutti gli ordinamenti sottoposti al nostro esame riconoscono forme, più o meno incisive, di responsabilità finanziaria in caso di inadempimento agli obblighi comunitari, come forte deterrente alla violazione. Pertanto, balza in modo lampante agli occhi la corrispondenza tra potere e responsabilità degli enti territoriali.
Soluzione diversa aveva adottato l’ordinamento italiano nella Costituzione originaria del ‘48 nella quale non veniva ricono
ioni a Statuto ordinario – a differenza di quelle Speciali – una diretta competenza esecutiva delle norme comunitarie.
102 Cfr. Procedure per la partecipazione delle autorità regionali e locali al processo europeo di “policy making”nei vari Stati membri, in Studi CdR, 2005.
Quindi rilevante era la differenza di soluzione tra Austria, Repubblica federale di Germania, Spagna e Belgio da un lato e Italia dall’altro, che poneva quest’ultima in una situazione di debolezza nei confronti sia del livello comunitario che del livello statale interno. Così, mentre in quegli ordinamenti, la norma comunitaria viene direttamente eseguita dai livelli regionali, qualora disciplini materie di competenza regionale, in Italia si produceva un’ulteriore interposizione statale attraverso la legge statale di recepim
nte, ciò dipendeva dall’assenza di un criterio interno di ripar
o normativo del livello statale, ha fini
sunti vincoli comunitari quel principio di autonomia istituzio
cezionalità dei poteri sostitutivi statali nei confronti delle re
ento degradando, sul piano delle fonti, la legge regionale ad atto normativo di grado secondario.
La posizione delle Regioni italiane, prima del 2001, era da considerare arretrata rispetto agli altri livelli di governo degli altri Stati; sicurame
to delle attribuzioni fondato sulla esclusività, bensì sulla concorrenza.
L’adozione del criterio dell’esclusività giustifica pienamente l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del livello statale verso i livelli regionali nel caso di carente o mancata esecuzione delle norme comunitarie in ragione del principio di collaborazione. Il criterio di riparto fondato sulla concorrenza di più fonti normative sulla stessa materia, vigente in Italia e anche in Spagna, presupponendo un previo intervent
to per provocare una esautorazione delle competenze regionali anche di tipo esecutivo.
Per quanto riguarda lo strumento del parallelismo delle competenze, la Corte costituzionale italiana ha ammesso la derogabilità del riparto interno di competenze in favore delle Regioni; poi, ha aderito al principio opposto per cui una norma comunitaria non è idonea ad incidere sull’articolazione delle competenze fra Stato e Regioni. Nella pronuncia più importante, si legge che “le norme comunitarie possono legittimamente prevedere, per esigenze organizzative dell’Unione europea, forme attuative di sé medesime, e quindi normative statali derogatrici di tale quadro della normale distribuzione costituzionale delle competenze interne, salvo il rispetto dei principi costituzionali fondamentali e inderogabili”103. Questo orientamento è stato criticato in quanto espone l’ordinamento nazionale ad una permanente destabilizzazione e riallocazione dall’alto delle competenze interne. La Corte Costituzionale in questo modo nega in nome di pre
nale degli Stati membri che la stessa Unione europea riconosce.
Per quanto riguarda lo strumento del potere sostitutivo, ossia dalla ec
gioni, rimando ai capitoli successivi in ordine al sistema preriforma.
103 Corte Cost., 17 aprile 1996, n. 126, punto 5, lett. c) della motivazione. Orientamento ribadito dalla sentenza 20 novembre 2006 n. 398, ove si precisa che “le esigenze unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della competenza ad attuare una direttiva comunitaria – in deroga al quadro costituzionale interno di ripartizione della funzione legislativa – devono discendere con evidenza dalla stessa norma comunitaria, sulla base di esigenze organizzative che ragionevolmente facciano capo all’Unione europea”.
Nonostante la politica comunitaria regionale sia finalizzata a sostenere le entità territoriali degli Stati membri, è tuttavia mancato un ruolo attivo delle stesse in sede europea e ciò suscita non pochi dubbi circa la piena democratizzazione dell’esperienza europea. Uno dei maggiori ostacoli all’affermazione delle funzioni comunitarie delle Regioni rispetto all’ingerenza dei poteri centrali è rappresentato dall’assenza di omogeneità tra le stesse, nonostante sista il Comitato delle Regioni. C’è diversità nel tessuto normativo dei singoli Stati104.
e
CAPITOLO SECONDO