• Non ci sono risultati.

4.2 – Certezze e pregiudizi nel Settecento italiano: il Cimitero della Casa santa degli Incurabil

La morte e i sepolcri: una realtà composita

I. 4.2 – Certezze e pregiudizi nel Settecento italiano: il Cimitero della Casa santa degli Incurabil

detto delle 366 fosse a Napoli

1

Progettato dall’architetto fiorentino Ferdinando Fuga, autore del cimitero dell’Ospedale di Santo Spirito a Roma (Figg. 1, 2), il modello partenopeo approfondisce la nuova impostazione elaborata dal Fuga intorno al 1740 per il caso romano, ponendosi quale paradigma per le successive elaborazioni progettuali italiane.2 Fuga disegnò nel 1762 il

progetto destinato ad un cimitero extra muros per le pendici meridionali della collina napoletana di Poggioreale,3 impianto che fu realizzato a

partire dal 4 settembre 1762 e che rimase in uso fino al 1890.4

La macchina funebre, che applica le istanze igieniste dell’Illuminismo, fu elaborata su ordine di Carlo III di Borbone,5 il quale riponeva nel Fuga

1 Noto anche quale Cimitero del Tredici, come sottolinea Roberto Pane: il nome Tredici, riportato anche dal Milizia, è una aferesi dialettale di Lautrec, nome del maresciallo di Francia che pose l’assedio alla città nel 1528, accampandosi nel luogo stesso dove poi sorse il cimitero. Si veda Roberto Pane, Ferdinando Fuga, Edizioni Scientifiche Italiane,

Napoli 1956, p. 104. Raffaele Mormone lo definisce, inoltre, Cimitero degli Incurabili, mentre altre fonti lo citano quale cimitero del popolo, in quanto destinato a ospitare i corpi degli appartenenti alle classi meno agiate. Cfr. Bertolaccini, Primi atti, cit., p. 18. Sul

tema specifico rimando a Pasquale roSSi, Il contesto urbano degli Incurabili attraverso la

cartografia storica, in Adriana valerio. L’Ospedale del Reame. Gli Incurabili a Napoli.

Storia e Arte, vol. I, Editore Il Torchio della Regina, Napoli 2010, pp. 281-296.

2 PortoGheSi, Presentazione, cit., p. 5 e sg. Per approfondimenti rimando a Paolo

Giordano, Il disegno dell’architettura funebre. Napoli_Poggio Reale, il Cimitero

delle 366 Fosse e il Sepolcreto dei Colerici, Alinea Editrice, Firenze 2006, p. 90 e

sgg. Cfr. inoltre Bertolaccini, Primi atti, cit., p. 17 e sgg.

3 La collina era stata scelta tre secoli prima da Alfonso II, quale luogo ove costruire la villa reale. Si veda Leonardo Benevolo, Commune sepulcretum, in Giordano, Il

disegno, cit., p. 13.

4 Bertolaccini, Città e cimiteri, cit., p. 24. Per una analisi della Napoli ottocentesca rimando

a Pasquale roSSi, ‘Abbellimento’ e attrezzature pubbliche a Napoli al tempo di Ferdinando

II, in Alfredo Buccaro, Gennaro Matacena (a cura di), Architettura e urbanistica nell’età

borbonica. Le opere dello stato, i luoghi dell’industria, Electa, Napoli 2004, pp. 156-164.

5 Figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese. Fig. 1. F. Fuga, Cimitero

dell’arciconfraternita dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, veduta prospettica, 1745

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

Edizioni Kappa, Roma 2004, p. 22)

Fig. 2. F. Fuga, Cimitero

dell’arciconfraternita dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, pianta e sezione, 1745

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

la massima fiducia, e realizzata durante la reggenza di Ferdinando IV, a conclusione di un maestoso piano assistenziale dalla forte impronta pubblica e civile, destinato a fronteggiare l’accoglienza, la malattia e la morte della plebe nella capitale del Regno delle Due Sicilie.6 La

sua costruzione era infatti legata al Real Albergo dei Poveri, eretto nel 1751 al fine di ospitare i meno abbienti, il cui numero ebbe una nefasta impennata nel 1764, con la diffusione delle “febbri putride” che nell’arco di sette mesi andarono a sommarsi alla importante carestia, in corso in città da un decennio. I decessi erano tali che nel 1764 il cimitero, pronto per metà, iniziò a svolgere la propria funzione, dal momento che in città si contavano 175 decessi giornalieri. Nel Seicento il sito di Poggioreale aveva ospitato la chiesa di Santa Maria del Pianto, nella quale nel 1656 avevano trovato sepoltura le salme degli appestati. Si precisa che il cimitero di Fuga doveva servire le carceri, gli ospedali e i poveri, poiché la nobiltà trovava ancora sepoltura nelle chiese.

La stesura del progetto si ispira al Real Albergo dei Poveri, cui era idealmente connesso. La conformazione replica il cimitero della arciconfraternita dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia (Figg. 1, 2), mentre la definizione di macchina funebre sintetizza il programma funzionale e la vocazione della struttura: il recinto porticato racchiude

6 Bertolaccini, Città e cimiteri, cit., p. 24.

Fig. 3. F. Fuga, Cimitero delle trecentosessantasei fosse a Napoli, pianta, 1762

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

Edizioni Kappa, Roma 2004, p. 26) Fig. 4. F. Fuga, Cimitero delle

trecentosessantasei fosse a Napoli, pietra tombale di una bocca di fossa, 1762 (foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

una austera ampia corte quadrata lastricata di pietra lavica grigia (Fig. 3),7 ove sono disposte in file regolari 360 lastre tombali, che chiudono

altrettante bocche di fossa (Fig. 4), accessi attraverso i quali venivano calati i cadaveri nelle sotterranee camere sepolcrali, concepite quali fosse comuni o profondi pozzi ipogei,8 con la facies di capienti locali

voltati, capaci di accogliere ognuno più di 100 cadaveri in quanto estese 4,20 per 4,20 metri e profonde 8 metri.9

Sei ulteriori bocche di fossa sono in un corpo di fabbrica rettangolare (Figg. 5, 6) coperto con tetto a due falde inclinate, che chiude e separa il cimitero dalla città.10 Tale edificio ospita l’ingresso, la casa del

custode, la camera mortuaria e la cappella, mentre al centro della corte si eleva un lampione di ghisa a tre fiamme. Le 366 fosse corrispondono ai giorni dell’anno (considerando anche i bisestili) e permettono la tumulazione quotidiana in una unica e specifica camera sepolcrale (Fig. 4). Ogni lastra tombale reca infatti inciso nella pietra un numero, che corrisponde alla sequenza dei giorni dell’anno, priva di nomi e date. Un argano (Fig. 7) solleva la pietra relativa al giorno di sepoltura e i corpi, avvolti in semplici sudari, vengono calati entro la camera sepolcrale e coperti di calce viva. Solo dopo un anno, lasso di tempo stimato per la completa decomposizione, la lastra potrà essere risollevata e la camera sepolcrale, riaperta, ospiterà nuove sepolture.11 Nella grande

corte le fosse sono disposte in 19 file, ognuna delle quali presenta 19 bocche, mentre lo spazio della fossa centrale ospita il lampione. La numerazione delle fosse segue l’ordine delle iscrizioni bustrofediche, cambiando direzione ad ogni fila, per consentire di lasciare posizionati i macchinari necessari per sollevare la lastra tombale, calare i cadaveri e, quindi, richiudere la fossa, sempre in prossimità della ultima bocca, utilizzata il giorno precedente. Il calendario perpetuo che tale macchina istituisce osserva un rigoroso anonimato, incapace di ricordare storie individuali e metafora della caducità di una umanità ordinaria, alla

7 Interessante la scelta del quadrato per la analogia con il successivo Cimitero di San Cataldo a Modena, recentemente ampliato da Aldo Rossi secondo il modulo quadrato. 8 Pur fondato sul sistema delle fosse comuni, che sarebbe stato abolito dal decreto napoleonico, il cimitero anticipa di 42 anni le innovazioni importate dalla Francia, poiché allontana le sepolture dalla città partenopea verso la collina.

9 Bertolaccini, Città e cimiteri, cit., p. 26 e Giordano, Il disegno, cit., p. 32 e sg.

10 Giordano, Il disegno, cit., p. 61.

11 Bertolaccini, Città e cimiteri, cit., p. 27.

Fig. 5. F. Fuga, Cimitero delle trecentosessantasei fosse a Napoli, corte interna, 1762

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

Edizioni Kappa, Roma 2004, p. 26)

Fig. 6. F. Fuga, Cimitero delle trecentosessantasei fosse a Napoli, portale di ingresso, 1762

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

quale non si vuole riconoscere valore e dignità del vissuto terreno. Assenti i nomi dei defunti, l’unico riferimento offerto ai congiunti è costituito dal giorno del decesso, ad informarli che il corpo giace in uno spazio limitato sottostante una determinata buca.12 Fuga cancella,

così, ogni pretesa individualistica e ogni forma di autocelebrazione, evidenziando, invece, la inesorabile ciclicità del tempo e creando una architettura laica e razionale, che sarà il modello per la progettazione di impianti cimiteriali collettivi.13 Quatremère de Quincy individua

nel Cimitero di Napoli una macchina perfetta in virtù della modalità delle inumazioni qui attiva, modello da imitare quando si progettano grandi impianti cimiteriali, ove si abbia quale interesse prioritario la salubrità.14

Al 1889 risale il Cimitero di Santa Maria della Pietà, collocato alla sommità della collina di Poggioreale a ridosso del Cimitero Monumentale, finalizzato a consentire degna sepoltura ai non abbienti, sostituendo il cimitero di Fuga, oramai inadeguato ad ospitare salme nella parte ipogea che lo costituisce. Dal punto di vista insediativo, il nuovo cimitero consta di una pianta lunga e stretta, che si adagia sul declivio collinare mediante una serie di terrazzamenti. Questi ospitano i campi di inumazione rettangolari, ubicati ai lati del viale principale del cimitero, che si diparte dalla esedra di ingresso per giungere alla sommità della collina, ove è ubicata una sala mortuaria. Il viale è ritmato al centro da una rotonda recante un gruppo scultoreo, che ne interrompe la assialità e la continuità visiva. L’ingresso è fiancheggiato da due piccoli corpi di fabbrica simmetrici rettangolari

12 Benevolo, Commune sepulcretum, in Giordano, Il disegno, cit., p. 13.

13 Bertolaccini, Città e cimiteri, cit., p. 27.

14 Une vaste enceinte creusée en autant de souterreins que l’année compt de jours,

offre trois cens soixante et cinq ouvertures rangées et distribuées symmetriquement sur sa superficie. Chaque ouverture est fermée par une pierre qui lui sert de couvercle. C’est à ce dépôt commun que de tous les quartiers de la ville ou amène tous les corps à inhumer. Chaque jour ou ouvre une de ces fosses, que l’on referme et que l’on scelle cha que jour: mais avant cette clôture, on prend la pècaution de jetter dans la fosse une certain quantité de chaux, qui avant que l’année soit révolue, a consumé les corps de manière que lorsq’on en fait de nouveau l’ouvertur l’année suivante, on n’a à craindre aucun des effets de la putrefaction. On ne propose à imiter cette méthode d’inhumation, qu’aux villes dont l’immense population ne permet de mettre aucun intérêt avant celui de la salubrité. La citazione è tratta da Antoine-

Chrysostome de QuatreMère de Quincy, Encyclopédie Méthodique. Architecture,

Panckoucke Libraire, Paris 1788, p. 680 e sg. Fig. 7. F. Fuga, Cimitero delle

trecentosessantasei fosse a Napoli, argano, 1762

(foto: tratta da Laura BERTOLACCINI,

Città e cimiteri. Dall’eredità medievale alla codificazione ottocentesca,

con tetto a falde inclinate, che si affacciano su un piazzale ad esedra delimitato dal muro di cinta. Tali edifici mostrano in prospetto due coppie di paraste con croci greche; sono suddivisi in due riquadri sovrapposti e conclusi dal frontone triangolare, sottolineato dal pesante cornicione.15 Il muro perimetrale del cimitero incorpora nello

spessore una teoria di loculi sovrapposti, visibili solo dall’interno del campo, caratterizzato dalla impronta razionale e naturalistica.16

La prima struttura cimiteriale progettata a Napoli dopo il decreto napoleonico è il Cimitero Monumentale o Gran Cimitero, disegnato nel 1813 dall’architetto Francesco Maresca.17 Nel Regno di Napoli la

disposizione napoleonica fu recepita nel 1806, analogamente al Regno di Italia, ma era stata ampiamente anticipata, come sopra dimostrato, dall’architetto Fuga. Il cimitero del 1813 è composto da un vestibolo antistante, da una chiesa centrale e da due bracci di abitazioni (Fig. 8). Alla destra della chiesa è presente uno spazio murato rettangolare, capace di ospitare 183 fosse di fabbrica coverte a lamia con chiusini

di pietra e basolati corrispondenti, destinate alle sepolture distinte, con pagamento del diritto.18 Un ulteriore spazio rettangolare sorge a

sinistra della chiesa e ospita 100 fosse, ove le congregazioni avrebbero potuto erigere i propri monumenti, previa richiesta. Maresca afferma che tale progetto sarebbe stato realizzato sulla cima della collina, ove si sarebbe giovato di aria libera e ventilata, evitando la prossimità agli acquedotti pubblici cittadini che percorrevano la collina. Il progetto delinea un parco funebre di alto valore paesaggistico, ambientale e architettonico, il cui ingresso coincide con il sito che, fino al 1789, aveva ospitato la Villa di Poggio Reale, progettata da Giuliano da Maiano alla fine del Quattrocento. L’impianto realizzato da Maresca comprende la chiesa madre, la doppia scalinata monumentale, il grande cortile che costituisce il sagrato della chiesa, chiuso sui versanti occidentale e orientale dai recinti di due corti funebri o chiostri “minori”. Questo impianto architettonico, caratterizzato da un aulico linguaggio classico e dominante il sottostante declivio, è costituito da due avancorpi protesi a formare un cortile frontale aperto, che accoglie i visitatori e

15 Giordano, Il disegno, cit., p. 80.

16 Ibidem, p. 82. 17  Ibidem, p. 66.

abbraccia l’asse prospettico dell’antistante Golfo. I lavori iniziarono nel 1813 e fu realizzato il viale di accesso, mentre il chiostro orientale fu terminato nel 1818 e l’occidentale, unitamente al basamento della chiesa, nel 1820. Spentosi Maresca, i lavori furono interrotti nel 1821, per riprendere nel 1825 con Luigi Malesci e Ciro Cucciniello, i quali terminarono la chiesa e ampliarono l’impianto funebre a nord della stessa. Nel novembre 1837 venne inaugurata la grande corte rettangolare porticata cioè il chiostro maggiore, che inglobava la chiesa,19 come dimostra la planimetria del Nuovo Camposanto di

Napoli rilevata nel 1844 dall’architetto Ignazio Rispoli (Fig. 8), ove è illustrata la infrastrutturazione del cimitero monumentale nelle sue varie componenti. L’impianto assume il ruolo di caposaldo tipologico con il chiostro maggiore, vera agorà cimiteriale, ove si celebrano i riti legati al passaggio solenne dalla vita alla morte. Il chiostro completa la polis funebre, dotata di un neoclassico tempio cristiano dalle alte colonne di ordine dorico. La chiesa mostra un disegno di muratura isodoma, realizzato in intonaco di calce con fasce orizzontali di varie dimensioni; il fregio decorativo, che alterna triglifi e metope, chiude il prospetto (Fig. 9) sotto il tetto a falde inclinate.20

Al famoso cimitero di Ferdinando Fuga è affiancato, sulla medesima collina, il seriore Sepolcreto dei Colerici, progettato da Leonardo Laghezza su ordine della municipalità in conseguenza di una violenta epidemia di colera, che imperversò su Napoli nell’ottobre 1837, determinando il decesso di 18.000 individui: al cimitero di Fuga, non più in grado di assorbire le salme, nel 1837 si accostò la nuova sede cimiteriale. La selezione del sito collinare, che già aveva accolto i defunti della prima ondata epidemica del 1836 in ampie e profonde fosse,21 immediatamente sovrastante il cimitero settecentesco, fu

determinata da ragioni di sicurezza, igiene e riservatezza.22 Anche il

19 Ibidem, p. 67. 20 Ibidem, p. 70.

21 Carlo celano, Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli

raccolte dal Canonico Carlo Celano divise dall’autore in dieci giornate per guida e comodo de’ viaggiatori con aggiunzioni de’ più notabili miglioramenti posteriori fino al presente estratti dalla storia de’ monumenti e dalle memorie di eruditi scrittori Napolitani per cura del Cav. Giovanni Battista Chiarini, Vol. II, Stamperia Floriana,

Napoli 1856, p. 694 e sg.

22 Giordano, Il disegno, cit., p. 61.

Fig. 8. I. Rispoli, Gran Cimitero di Napoli progettato da F. Maresca nel 1813, rilievo della pianta, 1844 (foto: tratta da Paolo GIORDANO,

Il disegno dell’architettura funebre. Napoli_Poggio Reale, il Cimitero delle 366 Fosse e il Sepolcreto dei Colerici,

Alinea Editrice, Firenze 2006, p. 66)

Fig. 9. F. Maresca, Gran Cimitero di Napoli, portale di ingresso, 1813 (foto: tratta da Paolo GIORDANO,

Il disegno dell’architettura funebre. Napoli_Poggio Reale, il Cimitero delle 366 Fosse e il Sepolcreto dei Colerici,

nuovo camposanto, risposta alle istanze della società preindustriale e borghese, guarda al Golfo di Napoli e alla città dal versante orientale della collina, ma dal punto di vista della concezione architettonica si configura diametralmente opposto al cimitero di Fuga. È infatti espressione del Romanticismo sublime ottocentesco: si tratta di un parco funebre recintato di forma irregolare, esteso 8000 metri quadri, con cappella e sobrio portale all’ingresso, donde una ripida rampa conduceva alla soprastante radura, che era bipartita in due grandi aree, la occidentale ricca di aiuole dalla forma a fagiolo, destinata ad accogliere piccoli monumenti funebri per la nobiltà e la borghesia, la orientale con ampi spazi battuti di calce e lapillo, adibita a fosse comuni dedicate alla inumazione della classe meno abbiente, dei sacerdoti e dei medici, periti nel curare e seppellire le vittime della epidemia.23 Nel parco funebre napoletano domina la vegetazione:

lo popolano secolari alberi dal fusto alto, monumenti funebri impreziositi da lapidi e sculture, sobrie e composte tombe e cappelle che sono esclusivamente epigee,24 ove lo stagionale fiorire e appassire

della vegetazione rammenta la ciclicità della vita, mentre le tombe monumentali individuali assicurano immortalità al defunto,25 giusta

l’intento foscoliano.

Al 1878 risale, infine, il Cimitero Israelitico, ubicato nella parte bassa della collina di Poggioreale. Occupa l’area di una antica strada extraurbana, del cui tracciato risente nell’impianto rettangolare stretto e fortemente allungato, una lunga corte a cielo aperto, che ricorda l’impianto stradale e suggerisce l’idea dell’incedere e del percorrere. L’edificio di ingresso consta di tre parti ed un solo piano: un atrio centrale di ingresso, affiancato da corpi di fabbrica rettangolari. L’atrio ospita quattro colonne e ha l’aspetto di un sobrio prospetto tripartito neoclassico con colonne doriche, ove un leggero avanzamento della parte centrale costituisce un avancorpo definito da due paraste reggenti una alta trabeazione lineare, che sorregge un corpo attico recante una targa con la qualificazione del cimitero.

23 Ibidem, p. 62. 24 Ibidem, p. 33. 25 Ibidem, p. 35.