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6. La coscienza come mistero

6.1 Ciò che si dice della coscienza

Sia a livello intuitivo, sia scansionando rapidamente le principali considerazioni filosofiche intorno all’argomento, è facile trovare una lunga lista di proprietà, attributi e caratteristiche che vengono ascritte alla coscienza con una certa frequenza. La cosa non stupisce dal momento che chiunque sa dare alla coscienza un posto abbastanza preciso nella rete di fenomeni esperienziali che riguardano gli esseri viventi. Ognuno di noi fa un’esperienza in prima persona della coscienza, e sulla base di questa si capisce bene che esiste una profonda differenza tra un sasso, una pianta e un animale, o tra una persona viva e una morta. Come nota Searle, sebbene sia estremamente difficile trovare una definizione analitica per la coscienza, non è altrettanto arduo formularne una definizione di senso comune. Egli, per esempio, parla di coscienza riferendosi a

«quegli stati di sensibilità e consapevolezza che caratteristicamente iniziano quando ci svegliamo da un sonno senza sogni e continuano fino a quando andiamo nuovamente a dormire, o cadiamo in un coma o moriamo, o in qualche modo diventiamo “incoscienti”»143

Una simile descrizione, per quanto a primo impatto possa apparire imprecisa, ha il vantaggio di delimitare piuttosto nettamente l’oggetto della nostra indagine dal momento che tutti abbiamo ben presente che c’è una bella differenza nel comportamento che abbiamo dormendo e in quello che abbiamo una volta svegli. Cercando di addentrarci nello specifico, possiamo raggruppare le nostre intuizioni della coscienza intorno ad alcune caratteristiche principali:

1. è un fenomeno mentale; 2. è qualitativa;

3. è associata alla soggettività;

143

Searle 1998, p. 3.Si tratta di una definizione che Searle ama utilizzare, la ritroviamo, ad esempio, anche in Searle-Freeman 1998, p. 718, e Searle 1993, p. 3.

4. elabora informazioni;

5. è caratterizzata da un contenuto intenzionale.

Cosa significa tutto ciò? Cerchiamo di esaminare sinteticamente queste caratteristiche. Innanzitutto, considerare la coscienza come un fenomeno mentale implica l’utilizzo dell’aggettivo mentale in contrapposizione a ciò che è fisico, vale a dire al substrato materiale di cui si compongono il cervello e il corpo in generale. Un conto è parlare di pensieri, ragionamenti, credenze e desideri, un conto è parlare di cellule, neuroni, sinapsi e così via. Ci sono svariati modi di spiegare come sia possibile un’interazione tra questi due piani e, come vedremo meglio tra poco, proprio questa suddivisione sta alla base di uno dei problemi centrali della coscienza, cioè il rapporto mente/corpo. Naturalmente, contrapporre il mentale al fisico lascia sottointeso un assunto ancora più basilare, vale a dire che la coscienza appartiene all’uomo e, in una certa misura, agli animali144. Escludendo i pochi sostenitori del panpsichismo, al giorno d’oggi c’è un generale accordo sul fatto che la coscienza si origini nel cervello.

La caratteristiche successive, cioè l’essere qualitativa e l’essere associata alla soggettività, appartengono ad un medesimo nucleo concettuale e, in prima approssimazione, possiamo leggerle come modi diversi di dire all’incirca la stessa cosa: avere una coscienza implica una proprietà prospettica, cioè l’avere un punto di vista in prima persona. Nel suo articolo più famoso, What is it like to

be a bat?, Thomas Nagel espose la questione evidenziando il fatto che l’avere

una coscienza implica sempre che si provi qualcosa:

«(…) il fatto, in generale, che un organismo abbia un’esperienza conscia significa, fondamentalmente, che fa un certo effetto essere quell’orga-nismo»145

144 A proposito degli animali le opinioni sono differenti. Più frequentemente si è portati ad accordare un qualche livello di coscienza ai cosiddetti “animali superiori”, ma estendere tale facoltà a tutto il regno animale è più problematico. Lo stesso Freeman sostiene che, vista l’impossibilità di parlare con gli animali, non possiamo avere un’assoluta certezza che abbiano una coscienza (cfr. Searle-Freeman 1998).

Nessuna esperienza, cioè, è mai del tutto riducibile a caratteristiche descrivibili in terza persona: resta sempre un residuo del tutto personale, interiore, privato, e ciò comporta che l’unico modo per sapere quale effetto faccia avere una certa esperienza sia, necessariamente, viverla. Solo così, infatti, è possibile avere una sensazione qualitativa specifica per ogni vissuto, sensazione che non può essere esaurientemente resa con una descrizione esterna, oggettiva, in terza persona. La spiegazione del sapore di un biscotto, per esempio, per quanto ricca di riferimenti alla sua croccantezza, alla sua burrosità, al suo profumo, non sarà mai tanto esplicativa quanto un assaggio vero146.

Così considerata, la coscienza viene intesa nella sua accezione

fenomenica, tuttavia possiamo parlare di coscienza cognitiva se ci riferiamo ad

un diverso ordine di proprietà. Il fatto che la coscienza sia in grado di elaborare

informazioni sposta l’accento sulla sua capacità rappresentazionale,

configurandola come un processo, una funzione in grado di utilizzare dati e contenuti nel ragionamento, nella verbalizzazione e nel controllo dell’azione. In questo modo diventa evidente il legame della coscienza con fenomeni psicologici quali la veglia, l’attenzione, il controllo volontario, la conoscenza147. Non meno importante, infine, è la caratteristica dell’intenzionalità: la coscienza, in qualche modo, è in grado di creare delle immagini mentali che vertono su ciò che fa parte del mondo esterno. Apparentemente non solo siamo in grado di formare in noi stessi una certa immagine del gatto che vediamo dalla finestra: possiamo anche formare quest’immagine ricordando di aver visto il suddetto gatto qualche giorno fa, oppure immaginare di vederlo anche se davanti a noi di gatti non ce ne sono affatto.

146 A titolo indicativo, alcuni articoli famosi sul punto di vista in prima persona e sui qualia sono: Block-Fodor 1972, Nagel 1974, Block 1979, Jackson 1982, Levine 1983, Dennett 1988.

147

Riguardo la distinzione tra due tipi di coscienza si vedano, per esempio: Block 1995 e Chalmers 1999.