6. La coscienza come mistero
6.4 Premesse al problema mente/corpo
Chiedersi come spiegare le relazioni tra due fenomeni – mentale e materiale – che intuitivamente ci appaiono così diversi, richiede di prendere posizione rispetto all’utilizzo di alcuni termini:
1. mente e corpo sono due livelli, due mondi, due proprietà?
2. la relazione che sussiste tra di essi è di tipo causale? E se sì, cosa si intende per causalità?
Esiste un copioso numero di etichette da applicare a seconda delle risposte date a queste due domande: a seconda del tipo di risposte è possibile individuare correnti diverse tanto all’interno dell’ambiente scientifico quanto in quello della
filosofia della mente. Dal momento che ai fini della nostra ricerca non è essenziale analizzare l’intero campionario, eviteremo di soffermarci nei dettagli di quest’intricata articolazione e ci limiteremo a mettere in evidenza la suddivisione che pone la differenza più importante su cui si gioca la validità delle varie interpretazioni filosofiche sull’argomento162: quella tra dualisti e
162 Come da manuale, la suddivisione principale è posta tra i dualisti e i monisti, dove i primi affermano che nel mondo ci sOno due tipi diversi di fenomeni, cioè la mente e il corpo, mentre i secondi riconducono entrambi i fattori ad un solo tipo di sostanza, che può essere la mente – e allora vengono detti idealisti – oppure la materia – e quindi si parla di materialisti.
L’idea di base dei dualisti si basa sulla forte intuizione secondo la quale le nostre esperienze coscienti non sono dello stesso tipo degli oggetti fisici del mondo (Cfr. Searle 2005, p. 42). I dualisti generalmente vengono suddivisi in due rami principali. Chi afferma che la mente e il corpo appartengano a due tipi di sostanze differenti è detto “dualista della sostanza”, mentre chi sostiene che una stessa sostanza possa avere contemporaneamente sia una proprietà fisica che una proprietà mentale è detto “dualista di proprietà”( Ad esempio: Sir John Eccles è un dualista della sostanza, mentre Colin McGinn, Thomas Nagel, David Chalmers, J. Kim sono considerati talvolta dualisti di proprietà (si veda ad esempio Searle 1998, pp. 109-110 e Varela 1996, p. 332).
All’interno del materialismo le correnti si moltiplicano: si parla di comportamentismo, fisicalismo, funzionalismo, eliminativismo, riduzionismo, ecc. In generale per il materialismo la sola realtà che esiste è quella fisica, materiale, e perciò anche gli stati mentali devono essere in realtà riconducibili a stati fisici. In questo modo, perciò, i comportamentisti (ad esempio J. B. Watson e B.F. Skinner) affermano che la mente può essere ridotta al comportamento del corpo, mentre i fisicalisti (o teorici dell’identità, ad esempio J.J.C. Smart), sostengono che gli stati mentali sono identici agli stati del cervello. Questi ultimi sono dell’idea che tutto ciò che esiste debba necessariamente appartenere al regno ontologico della fisica. Partendo da questo presupposto si hanno due diverse sfumature del fisicalismo: il riduzionismo e l’eliminativismo. I riduzionisti mirano a ridurre gli stati mentali ai loro analoghi fisici, identificati con proprietà cerebrali, gli eliminativisti – ad esempio i coniugi Paul e Patricia Churchland - considerano invece impossibile tale riduzione e proclamano perciò che gli stati mentali, sebbene sembrino reali, in realtà non esistono affatto.
I funzionalisti, combinando in parte le posizioni comportamentista e fisicalista, ritengono che ciò che rende mentale uno stato fisico del cervello è la funzione che esso ricopre nella vita di un organismo. A seconda del ruolo causale che un certo stato cerebrale possiede all’interno dell’organizzazione cognitiva del soggetto, perciò, ci sarà un peculiare stato funzionale che determina, per l’appunto, ciò che noi intuitivamente chiamiamo stato mentale. Sostanzialmente è in base alla funzione svolta nel comportamento complessivo dell’organismo che gli stati cerebrali sono anche stati mentali. Quest’idea è a fondamento del funzionalismo computazionale, secondo il quale il cervello, alla stregua di un computer, è il sostrato materiale in cui la mente funziona come un programma. Praticamente il cervello è l’hardware e la mente è il software. Nel funzionalismo i nomi si moltiplicano: D. Lewis, Fodor, Putnam, Chomsky, Dennett, Lycan, Edelmann, Baars, ecc
Naturalmente bisogna sempre fare molta cautela con queste suddivisioni: difficilmente un ricercatore propone il suo pensiero sbandierando l’etichetta con cui vuole essere classificato e spesso accade che venga considerato in un modo da qualcuno e in tutt’altro modo da qualcun altro. Ad esempio possiamo pensare al caso di Crick. Costui si proclama un riduzionista e generalmente è considerato tale. Varela, ad esempio, elabora una schematizzazione sommaria suddividendo le varie posizioni rispetto alla coscienza in quattro grandi categorie e colloca Crick e Koch insieme a Churchland tra i riduzionisti. Searle fa notare che, tuttavia, ci sono buone ragioni per considerarlo un emergentista, poiché non cerca di mostrare che la coscienza non
materialisti. L’idea di base dei dualisti si basa sulla forte intuizione che le nostre esperienze non sono dello stesso tipo degli oggetti fisici del mondo e quindi nel mondo abbiamo a che fare con due tipologie di entità del tutto differenti; per i materialisti, al contrario, la sola realtà che esiste è quella fisica e quindi anche gli stati mentali sono, alla fine, riconducibili a stati fisici. A prima vista queste due intuizioni sembrano coprire l’intero spettro di possibilità interpretative della realtà e generalmente vengono poste in termini di aut-aut, tuttavia esiste un terzo filone che si discosta da questo quadro bipartito: il filone emergentista. Esso tenta di conciliare la tesi della sostanza unica con l’evidenza di piani di descrizione differenti e irriducibili l’uno all’altro. Esistono diverse varianti dell’emergentismo, ma in prima approssimazione possiamo dire che l’idea generale della proposta emergentista è che, quando la composizione fisica di un sistema raggiunge un grado di complessità adeguato, da esso emergono delle proprietà causalmente efficaci. In questa prospettiva, inoltre, gli stati cognitivi possono essere considerati proprietà emergenti di sistemi complessi in cui ad interagire non sono solo le componenti cerebrali ma anche il corpo nel suo insieme. L’auto-organizzazione, la spontaneità, l’irriducibilità e l’imprevedibilità sono termini chiave in questo contesto, perciò non è un caso che Freeman stesso si riconosca in uno dei filoni emergentisti, cioè in una forma di connessionismo caratterizzata da sistemi dinamici auto-organizzanti163.
Vediamo dunque più nei dettagli cosa si intenda con emergentismo e poi, sulla base di ciò, cerchiamo di spiegare più chiaramente come Freeman si ponga a proposito del problema mente/corpo.
esiste, bensì rileva che le sensazioni complesse sono proprietà emergenti che si originano nel cervello grazie all’interazione delle diverse parti (cfr. Varela 1996, p. 332, Searle 1998 p. 22). 163 Cfr. Freeman-Skarda 1990. Qui i due autori distinguono due tipi modelli connessionisti: uno che usa elementi simbolici per produrre comportamenti e uno che è invece privo di simili forme rappresentative. I sistemi dinamici auto-organizzanti rientrano appunto in questo secondo modello.